1. Processo amministrativo – Giudizio impugnatorio – Interesse a ricorrere – Lottizzante  – Richiesta revoca P.d.L. – Diniego  – Sussistenza


2. Processo amministrativo – Giudizio impugnatorio – Interesse a ricorrere – Lottizzante  – Richiesta revoca P.d.L. – Diniego  – Ricorso –  Omessa impugnazione atti esecutivi del P.d.L. – Inammissibilità  – Fattispecie


3. Procedimento amministrativo – Provvedimento – Istanza di autotutela – Valutazione interesse pubblico – Necessità  – Conseguenze

1. Sussiste l’interesse del lottizzante all’impugnazione del diniego opposto dal Comune nei confronti dell’istanza di revoca del Piano di lottizzazione, nonostante la cessione delle aree di proprietà  nell’ambito del procedimento di lottizzazione, in quanto l’istanza è volta al ritiro del P.d.L. con la conseguente eventualità  della caducazione della convenzione di lottizzazione, quindi delle cessioni in essa contenute e retrocessione delle aree.


2. E’ inammissibile il ricorso avverso il diniego di autotutela opposto dal Comune e volto alla revoca di un piano di lottizzazione, accettato e in parte eseguito, quando la lesione degli interessi dei ricorrenti non è stata prodotta dal piano stesso, nè dalla successiva “circolare” comunale che in via interpretativa ha esteso la porzione di territorio da sottoporre a lottizzazione, quanto piuttosto dal rilascio a terzi del permesso di costruire svincolato dalla lottizzazione, ove detti titoli edilizi non siano stati, a loro volta,  impugnati (nel caso di specie, i ricorrenti, proprietari di suoli edificabili per i quali era stato approvato il P.d.L. e sottoscritta la relativa convenzione, a seguito di una circolare interpretativa delle N.T.A. con la quale il Comune estendeva l’area da sottoporre a lottizzazione all’intera maglia di territorio, lamentavano il rilascio a terzi di permessi di costruire, con possibilità  di utilizzare illegittimamente coefficienti di edificazione doppi rispetto a quelli consentiti dal piano, senza però provvedere alla impugnazione dei relativi provvedimenti concessori).


3. Nella considerazione dell’interesse pubblico, imprescindibile per l’esercizio dell’autotutela, la perduranza del piano di lottizzazione appare corrispondente all’interesse pubblico, mentre il suo annullamento, viceversa, comporterebbe il venir meno della disciplina dei suoli con pregiudizio all’ordinario sviluppo del territorio.
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Vedi Cons. St., sez. IV, ric. n. 2172 – 2013, udienza pubblica 1 luglio 2014, sentenza 15 settembre 2014, n. 4676 – 2014.
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N. 01933/2012 REG.PROV.COLL.
N. 01768/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1768 del 2011, integrato da motivi aggiunti, proposto da: 
Costruzioni Ricciardi S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, e Michele Ricciardi in proprio, rappresentati e difesi dagli avv. Francesco Bruno, Franco Gaetano Scoca, con domicilio eletto presso l’avv. Alberto Bagnoli in Bari, via Dante, 25; 

contro
Comune di Andria in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Giuseppe De Candia, con domicilio eletto presso l’avv. Enzo Augusto in Bari, via Abate Gimma, 147; 

nei confronti di
Anna Daluiso, Celestiana Daluiso, Riccardo Favullo, Vigagima S.r.l.; 

per l’annullamento
della deliberazione della Giunta comunale di Andria n. 156 del 9.6.2011, trasmessa con la lettera racc. a.r. del 10.6.2011 – prot. n. 49413, a firma del Dirigente del Settore Ufficio di piano e pianificazione strategica, ricevuta il 17.6.2011, avente ad oggetto: “istanza motivata ex l. n. 241/90 ditta Costruzioni Ricciardi s.r.l. ” presa d’atto della relazione del settore ufficio di piano e pianificazione strategica dell’11.4.2011 ”prot. n. 31544”;
ove occorra, della relazione del Settore Ufficio di piano e pianificazione strategica dell’ 11.4.2011 ” prot. n. 31544, fatta propria dalla Giunta comunale di Andria;
di ogni altro atto presupposto, consequenziale o, comunque, connesso, ancorchè allo stato non conosciuto;
con i motivi aggiunti depositati il 23.5.2012 per l’annullamento
della deliberazione del Consiglio comunale di Andria n. 5/2012 avente ad oggetto “”istanza motivata ex l. n. 241/90 ditta Costruzioni Ricciardi s.r.l. ” determinazioni”, notificata il 12.4.2012 quale allegato alla nota del 12.4.2012 a firma del Segretario Comunale p.t. del Comune di Andria.
 

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Andria;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 4 ottobre 2012 la dott. Francesca Petrucciani e uditi per le parti i difensori avv.ti Francesco Bruno, Franco Gaetano Scoca, Giuseppe De Candia;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 

FATTO
Con il ricorso in epigrafe la società  Costruzioni Ricciardi S.r.l. e Michele Ricciardi hanno impugnato la delibera con la quale la Giunta comunale di Andria ha respinto l’istanza di revoca ex art. 21 quinquies L. 241/90 del Piano di lottizzazione, esteso al comparto di zona B 5, approvato con delibera del Consiglio comunale di Andria n. 117 del 6.12.1999.
I ricorrenti hanno esposto di essere proprietari di suoli edificatori situati nell’abitato di Andria, in zona tipizzata dal vigente PRG come zona B 3 – 4 – 5 – di completamento; in tale zona, secondo l’art. 6.6bis delle N.T.E. del PRG, è possibile intervenire in maniera diretta nell’ambito di maglie costituenti “tessuto edificato”, cioè nelle maglie in cui la superficie edificata corrisponda almeno ai 2/3 dell’estensione, e con strumento urbanistico esecutivo (piano di lottizzazione) per tutte le altre aree; secondo l’art. 6.5 lett. b) delle N.T.E. lo strumento esecutivo “deve essere esteso al comparto di minimo intervento, costituito da maglia urbanisticamente definita da viabilità  esistente e/o di previsione di PRG o, in alternativa, da comparto di minimo intervento ex art. 51 della L.R. 56/80”.
Con la delibera n. 117/99 il Consiglio Comunale aveva approvato il Piano di lottizzazione, con allegato schema di convenzione, esteso al comparto di zona B5 e delimitato dalle vie Catullo, Democrito e Solone del PRG di Andria, individuato ai sensi dell’art. 6.5 delle N.T.E. nell’ambito della più ampia maglia B3-4-5.
Tale piano comprendeva per intero le aree dei ricorrenti e di altri proprietari ricadenti nel comparto oggetto di pianificazione, rientrante nella maglia, molto più estesa, tipizzata B3-4-5, di cui il primo costituiva solo una porzione.
Dopo la sottoscrizione della convenzione il piano di lottizzazione era stato attuato in minima parte, con la costruzione di un solo fabbricato, in virtù di permesso rilasciato nel 2003 alla ricorrente Costruzioni Ricciardi s.r.l., mentre per il resto era rimasto inattuato.
Il Comune, con la circolare del 9.3.2004 a firma del Dirigente del Settore Pianificazione del territorio, concernente gli interventi in zona B3-4-5, era intervenuto per chiarire l’individuazione del “comparto” di intervento cui estendere lo studio di lottizzazione, da individuarsi con l’intera maglia e non ad una sola porzione di essa, come invece avvenuto per il P.d.L. in questione; dalla circolare citata si ricavava pertanto che il Piano di Lottizzazione approvato con la delibera 117/99 si fondava su un’erronea individuazione della zona di intervento (il comparto in luogo dell’intera maglia) più limitata rispetto a quella rilevante a fini urbanistici per la pianificazione attuativa.
Dopo l’emissione di tale circolare il Comune aveva rilasciato permessi di costruire in favore sia di proprietari di suoli ricompresi nel comparto, e quindi nel P.d.L., ma non aderenti allo stesso in quanto preesistenti, per la demolizione e ricostruzione, sia a proprietari di aree poste fuori dal comparto lottizzato, ma all’interno della maglia B 3-4-5; i ricorrenti avevano quindi presentato una istanza motivata di revoca del Piano di lottizzazione e, in via subordinata, l’annullamento in autotutela dei permessi di costruire rilasciati a terzi dopo l’approvazione del Piano.
Con raccomandata del 13.1.2011 il Dirigente del Settore Ufficio di piano e pianificazione strategica del Comune di Andria aveva comunicato l’apertura di idonea istruttoria sull’istanza, e con la successiva missiva dell’11.4.2011 aveva rimesso gli atti agli organi competenti per la valutazione nel merito dell’istanza.
Con il provvedimento impugnato la Giunta comunale aveva deliberato di far propria la relazione del Dirigente del Settore Ufficio di piano e pianificazione strategica e di ritenere perdurante la validità  del P.d.L., respingendo l’istanza dei ricorrenti.
Avverso la delibera impugnata sono state articolate, in unico motivo, le seguenti censure: violazione delle LL.RR. Puglia nn. 6/85 e 56/80, violazione ed erronea applicazione delle previsioni del PRG di Andria, violazione dei principi generali in materia di corretta pianificazione urbanistica, violazione dell’art. 21 quinquies della L. n. 241/90, violazione degli artt. 21 octies e 21 nonies L. 241/90, violazione degli artt. 1, comma 1, e 3 L. 241/90, eccesso di potere per disparità  di trattamento ed ingiustizia manifesta, eccesso di potere per carente e difettosa istruttoria, erronea presupposizione, difetto di motivazione, contraddittorietà , violazione del giusto procedimento, violazione dei principi generali di imparzialità , proporzionalità , ragionevolezza, efficacia e buon andamento della P.A., violazione degli artt. 3 e 97 Cost..
In primo luogo la Giunta aveva errato impegnandosi a proporre al Consiglio comunale apposita deliberazione sull’istanza dei ricorrenti, poichè l’art. 5, comma 13, lett. B) del D.L. 70/2011 prevede che l’approvazione dei piani attuativi compete alla Giunta Comunale, così come l’art. 10 della L.R. Puglia n. 21/2011.
Nel merito, la relazione dirigenziale fatta propria dalla Giunta aveva concluso di non ritenere accoglibile l’istanza dei ricorrenti sulla base di una serie di ragioni, la prima delle quali è che la procedura per l’approvazione del P.D.L. si sarebbe svolta correttamente; tale assunto si poneva, tuttavia, in contraddizione con quanto affermato nelle premesse della relazione, ovvero che l’individuazione del comparto di minimo intervento era stata operata sulla base di un criterio errato, come confermato dalla circolare del 9.3.2004, che aveva comportato la coesistenza del regime più restrittivo del P.d.L. previgente con i permessi di costruire rilasciati direttamente dopo la circolare stessa.
La circolare e le premesse della relazione confermavano quindi l’illegittimità  dell’individuazione del comparto operata nel P.d.L. come non coincidente con l’intera maglia ma solo con una parte di essa.
In particolare la circolare del 9.3.2004 era intervenuta a chiarire il contenuto dell’art. 6.5, lett. B), delle N.T.E., secondo cui lo strumento esecutivo “deve essere esteso al comparto di minimo intervento, costituito da maglia urbanisticamente definita da viabilità  esistente e/o di previsione di PRG o, in alternativa, da comparto di minimo intervento ex art. 51 della L.R. 56/80”; secondo la circolare per comparto di minimo intervento doveva intendersi tutta l’area oggetto di retinatura nelle tavole di zonizzazione del PRG, ovvero la maglia “definita da viabilità  esistente o di previsione che può includere altra viabilità , esistente o di previsione, che non assume il significato di limite della maglia (e quindi di comparto di minimo intervento) in quanto essa stessa retinata”; alla maglia così definita andava esteso lo strumento urbanistico esecutivo.
Tale mutamento di interpretazione rispetto a quella seguita per l’approvazione del precedente P.d.L. aveva consentito poi il rilascio di numerosi permessi di costruire diretti, sul presupposto dell’edificazione della maglia oltre i 2/3 (ritenendo edificate tutte le costruzioni previste dal P.d.L. che invece era rimasto nella sostanza inattuato, fatta eccezione per un edificio), pur vigendo il preesistente P.D.L. approvato sulla base della diversa individuazione del comparto; si imponeva pertanto una nuova valutazione dell’interesse pubblico alla armonica pianificazione del territorio.
Infatti, ove il P.d.L. non fosse stato ritenuto revocato, il Comune avrebbe dovuto chiedere ai proprietari di aree ricomprese nella maglia di aderire allo strumento esecutivo e predisporne la variante, non potendo rilasciare, in difetto, i titoli abilitativi diretti.
Si palesava, quindi, una disparità  di trattamento, creatasi con la conferma del P.d.L. per i ricorrenti e il rilascio di permessi diretti ad altri soggetti, con indice di fabbricabilità  doppio e procedura semplificata dalla non necessità  di prevedere le opere di urbanizzazione.
La legittimità  del Piano di lottizzazione, per come ritenuta dal Comune, poneva in una condizione di illegittimità  i permessi successivamente rilasciati in maniera completamente avulsa da tale pianificazione.
Nella relazione fatta propria dalla delibera impugnata, invece, si affermava che “la lottizzazione ha legittimato gli interventi diretti e il suo eventuale annullamento porrebbe tutto quanto, compresa la stessa lottizzazione, in condizioni di illegittimità “; di contro in condizione di illegittimità  già  versavano sicuramente i permessi già  rilasciati dopo l’approvazione del P.d.L. e da quest’ultimo svincolati, così come il P.d.L. di cui il Comune aveva confermato la validità , in quanto ancorato ad una errata individuazione del comparto minimo di intervento.
L’eventuale annullamento del P.d.L. non avrebbe inciso, in ogni caso, sull’unico permesso rilasciato sulla base del piano che, al pari degli altri rilasciati in via diretta, avrebbe potuto usufruire del concetto di “tessuto edificato” così come elaborato dal Comune nella circolare del 9.3.2004, con conseguente possibilità  anche di convalida del titolo; inoltre sarebbe stato possibile anche un annullamento solo parziale del piano, nella parte inattuata, facendo ivi riespandere lo ius edificandi, con la stipula di una nuova convenzione di lottizzazione.
Infine il provvedimento impugnato si basava sulla clausola della convenzione che prevedeva la non retrocessione delle aree cedute al Comune per urbanizzazioni e standard, ma in realtà  tale pattuizione riguardava solo le aree per le urbanizzazioni secondarie, in quanto quelle per le urbanizzazioni primarie non erano state mai effettivamente cedute e lo stesso Comune aveva lasciato lettera morta le disposizioni del Piano, senza mai attivarsi per far valere le eventuali inadempienze.
Si è costituito il Comune di Andria eccependo la carenza di interesse a ricorrere di Michele Ricciardi in proprio, la carenza di interesse al ricorso e chiedendo il rigetto dell’impugnazione.
Alla camera di consiglio del 10.11.2011 i ricorrenti hanno rinunciato all’istanza cautelare proposta con il ricorso.
I ricorrenti hanno proposto motivi aggiunti contro la delibera del Consiglio comunale di Andria n. 5/2012 che si è espressa in senso conforme alla delibera di giunta impugnata con il ricorso principale; tale atto è stato gravato per i medesimi motivi esposti nel ricorso.
All’esito della successiva camera di consiglio del 7.6.2012 è stata respinta la richiesta di consulenza tecnica d’ufficio chiesta dai ricorrenti.
Alla pubblica udienza del 4.10.2012 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
Vanno previamente esaminate le eccezioni pregiudiziali sollevate dal Comune resistente, che devono essere respinte in quanto infondate.
Con riferimento alla legittimazione di Michele Ricciardi in proprio il Comune ha evidenziato che questi, avendo ceduto con la lottizzazione le proprie aree in parte al Comune, in parte all’altro lottizzante Pasquale Zotti, non avrebbe interesse a ricorrere.
Tuttavia il Ricciardi ha proposto, insieme alla società  Costruzioni Ricciardi, l’istanza di revoca o annullamento in autotutela del Piano di lottizzazione approvato nel 1999, il cui diniego è oggetto dei provvedimenti impugnati: ciò è sufficiente a fondare l’interesse anche del Ricciardi in proprio all’impugnazione, vuoi perchè destinatario dei provvedimenti gravati, vuoi perchè l’istanza di autotutela mirava proprio al ritiro del P.d.L., con la conseguente eventualità , secondo quanto prospettato dai ricorrenti, della caducazione anche della convenzione di lottizzazione, delle cessioni in essa contenute e retrocessione delle aree.
Quanto alla carenza di interesse derivante dalla mancata impugnazione della circolare del 9.3.2004, i ricorrenti hanno specificato che il disposto della circolare rappresentava una sopravvenienza favorevole nei loro confronti, con conseguente difetto di interesse all’impugnazione di tale atto; la questione può comunque essere superata in questa sede per essere esaminata unitamente al merito del ricorso.
Va premesso, per operare una più chiara ricostruzione della vicenda, che con istanza del 6 maggio 2005 i privati lottizzanti, sostenendo l’erroneità  dell’individuazione del comparto di cui al p.d.l. approvato in relazione all’individuazione delle maglie urbanistiche nelle zone B3, B4 e B5, secondo quanto precisato nella circolare comunale del 2 marzo 2004, hanno già  chiesto la revoca degli atti relativi alla lottizzazione; con successiva istanza del 27 ottobre 2005 la società  Costruzioni Ricciardi S.r.l. e il Ricciardi hanno chiesto il rilascio di permesso di costruire un fabbricato per civili abitazioni e negozi sul predetto suolo per complessivi 4 piani fuori terra.
Con sentenza n. 82 del 3 marzo 2006 questo Tribunale ha accolto il ricorso proposto avverso il silenzio-rifiuto serbato sull’istanza di permesso di costruire (ritenendo peraltro “¦in ragione della peculiarità  della fattispecie in esame, nonchè per consentire all’Amministrazione una compiuta valutazione diretta di tutti i presupposti per il rilascio del permesso di costruire, di (non) esercitare la facoltà  di valutazione di fondatezza o meno della pretesa sostanziale sottostante e della compatibilità  urbanistica dell’intervento proposto”); con la determinazione dirigenziale n. 21428 di prot. del 12 aprile 2006 è stato negato il permesso di costruire sul rilievo che il suolo di cui alla particella n. 3175 è stato ceduto al Comune di Andria per l’esecuzione di opere di urbanizzazione secondaria, con conseguente sua “incompatibilità  urbanistica” e difetto di legittimazione sostanziale dei richiedenti in quanto non proprietari della medesima; con la sentenza n. 1631/2007 questo Tribunale ha respinto il ricorso avverso il diniego di permesso di costruire, rilevando che non si era concluso favorevolmente per gli interessati il procedimento iniziato per la revoca del Piano di lottizzazione e che il diniego era quindi legittimo.
Tanto premesso va, in primo, luogo evidenziato che oggetto del diniego impugnato nel caso di specie è un’istanza di autotutela con la quale i ricorrenti hanno chiesto nuovamente, non avendo l’amministrazione provveduto sulla prima istanza del 2005, in via principale la revoca – per la riconsiderazione dell’interesse pubblico attuale -, in via subordinata l’annullamento per illegittimità  sopravvenuta del P.d.L. approvato con la delibera 117/99.
Ciò in quanto la sopravvenuta circolare del 9.3.2004 avrebbe fatto emergere un errore nella individuazione del comparto di minimo intervento da comprendere nel piano, che avrebbe dovuto coincidere con un’intera maglia di PRG, completamente retinata nelle tavole di PRG e circoscritta da viabilità  esistente o di previsione, mentre era stato invece delimitato in una sotto-porzione della stessa.
Si verte pertanto nell’ipotesi di esercizio di un potere altamente discrezionale dell’amministrazione, sia perchè il potere sollecitato è quello di autotutela, sia per l’ampiezza della sfera valutativa lasciata all’amministrazione nella materia urbanistica per le scelte di pianificazione, con la conseguente stretta delimitazione delle censure formulabili avverso il provvedimento conclusivo.
Passando ad esaminare quindi i motivi di ricorso, può essere superata la censura di incompetenza avendo poi il Consiglio comunale provveduto in senso conforme alla delibera di Giunta.
Nel merito i ricorrenti hanno contestato, in primo luogo, l’assunto – contenuto nella relazione dirigenziale richiamata dalle delibere impugnate – secondo cui la procedura per l’approvazione del P.d.L. si sarebbe svolta correttamente; tale assunto si porrebbe in contraddizione con quanto affermato nelle premesse della relazione, ovvero che l’individuazione del comparto di minimo intervento è stata operata sulla base di un criterio errato, come confermato dalla circolare del 9.3.2004, che ha comportato la coesistenza del regime più restrittivo del P.d.L. previgente con i permessi di costruire rilasciati direttamente dopo la circolare stessa.
Sul punto va tuttavia evidenziato che è pacifico che il Piano fosse conforme all’interpretazione all’epoca vigente della disciplina urbanistica applicabile nella zona e che nessuna contestazione è stata mai sollevata dai ricorrenti con riferimento al Piano di lottizzazione approvato: lo strumento esecutivo è stato inizialmente attuato con la stipula della convenzione di lottizzazione e la realizzazione dell’edificio della società  Costruzioni Ricciardi, senza nessun contrasto in ordine all’individuazione dell’area compresa nella lottizzazione.
Risulta quindi corretta la motivazione del provvedimento impugnato nella parte in cui afferma il regolare svolgimento del procedimento di lottizzazione, avendo gli stessi ricorrenti sottoscritto la convenzione ed eseguito il Piano senza gravare alcun atto della procedura; inammissibili sarebbero comunque in questa sede le relative censure, mai fatte valere in precedenza.
I ricorrenti hanno poi affermato che l’interesse all’annullamento del Piano – e quindi la lesione dei loro interessi – sarebbe sorto successivamente, con l’emissione da parte del Comune della circolare interpretativa del 9.3.2004 che ha ridefinito il concetto di comparto minimo di intervento per la lottizzazione; anche in questo caso, però, dopo l’adozione di tale atto non è stato impugnato nè il Piano, assumendosene il contrasto con la nuova interpretazione, nè la circolare stessa; i ricorrenti hanno sostenuto, al riguardo, che tale circolare avrebbe rappresentato un’interpretazione più favorevole della disciplina, e che quindi per tale ragione non doveva – nè poteva – essere all’epoca impugnata, ma l’assunto si pone in contraddizione proprio con la tesi secondo cui solo l’interpretazione contenuta nella circolare avrebbe comportato l’interesse a veder annullati gli atti della procedura e con l’omessa impugnazione, a quel punto, del P.d.L..
Dalla lettura dei successivi punti in cui si articola il ricorso emerge tuttavia più chiaramente che i ricorrenti non lamentano tanto l’errata perimetrazione del Piano (che avrebbe dovuto essere fatta valere o nell’immediatezza dell’approvazione o all’indomani dell’emissione della circolare che ha individuato in modo diverso la maglia interessata) quanto piuttosto la disparità  di trattamento venutasi a creare con il rilascio di numerosi permessi di costruire diretti in favore di altri soggetti, che hanno potuto sfruttare una volumetria doppia rispetto a quella prevista dal Piano.
I ricorrenti hanno infatti lamentato che, ove il P.d.L. non fosse stato ritenuto revocato, il Comune avrebbe dovuto chiedere ai proprietari di aree ricomprese nella maglia di aderire allo strumento esecutivo e predisporne la variante, non potendo rilasciare, in difetto, i titoli abilitativi diretti, operando altrimenti una disparità  di trattamento, con la conferma del P.d.L. per i ricorrenti e il rilascio di permessi diretti ad altri soggetti, con indice di fabbricabilità  doppio e procedura semplificata dalla non necessità  di prevedere le opere di urbanizzazione.
Nel ricorso si rileva quindi che i permessi rilasciati in via diretta sono affetti da illegittimità  in quanto svincolati dalla lottizzazione che invece avrebbe dovuto interessare l’intera maglia secondo la nuova interpretazione contenuta nella circolare del 2004.
Emerge quindi chiaramente dall’esposizione dei motivi di ricorso che la lesione dell’interesse dei ricorrenti non è stata prodotta tanto dal Piano di lottizzazione, all’epoca accettato e parzialmente eseguito, nè dalla successiva circolare, alla quale invece viene attribuito un senso più favorevole presupponendo la maggiore estensione della maglia da sottoporre a lottizzazione, quanto piuttosto dal rilascio a terzi di permessi di costruire svincolati dalla lottizzazione, con possibilità  di utilizzare coefficienti di edificazione doppi rispetto a quello consentito dal Piano.
Risulta quindi evidente che l’impugnativa doveva essere appuntata avverso tali atti, che invece, al pari dei precedenti, non sono stati mai gravati dai ricorrenti; questi ultimi, infatti, non possono certo dolersi in questa sede, postulando l’illegittimità  dei titoli rilasciati a terzi, di non aver potuto usufruire anch’essi delle stesse condizioni, poichè ciò implicherebbe, secondo la stessa prospettazione del ricorso, un interesse all’estensione ai ricorrenti delle medesime illegittime condizioni, evidentemente contrario all’interesse pubblico attuale.
Ed infatti, nell’affermare che la circolare del 2004 ha adottato una interpretazione della disciplina favorevole per i ricorrenti, che anzi ne chiederebbero l’applicazione, questi palesano che secondo tale interpretazione si sarebbe dovuto provvedere alla lottizzazione anche della restante parte della maglia, alle stesse condizioni di quella già  lottizzata, ma naturalmente i ricorrenti non possono far valer alcun interesse rilevante in tal senso avendo già  partecipato alla lottizzazione delle aree di loro proprietà .
Il ricorso risulta quindi, da un lato, inammissibile, risultando l’interesse dei ricorrenti leso non dalla perdurante validità  del piano, e quindi dal diniego di autotutela, ma dal rilascio di altri permessi di costruire in via diretta, svincolati dalla lottizzazione; dall’altro infondato, in quanto i provvedimenti impugnati si presentano immuni da censure nella parte in cui, nella considerazione dell’interesse pubblico attuale, imprescindibile per l’esercizio del potere di autotutela, evidenziano che la perdurante vigenza del Piano corrisponde all’interesse pubblico e che, anzi, il suo annullamento comporterebbe l’illegittimità  dell’edificato e il venir meno della disciplina applicabile ai suoli, con conseguente pregiudizio all’ordinato sviluppo del territorio.
Il ricorso va quindi respinto.
Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Terza)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge;
condanna i ricorrenti alla rifusione in favore del Comune di Andria delle spese di lite, che si liquidano in complessivi euro 3.000 oltre accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità  amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 4 ottobre 2012 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Pietro Morea, Presidente
Giuseppina Adamo, Consigliere
Francesca Petrucciani, Referendario, Estensore
 
 
 
 

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 15/11/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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