1. Procedimento amministrativo – Provvedimento – Obbligo di osservare normativa vigente al momento dell’emanazione – Necessità
2. Edilizia e urbanistica – Piani urbanistici – Programma di rigenerazione urbana ex l.r. Puglia 21/2008 – Formazione – Fase decisoria – Sopravvenute modifiche ex l.r. 14/2009 – Rilevanza
3. Edilizia e urbanistica – Piani urbanistici – Programma di rigenerazione urbana ex l.r. Puglia 21/2008 – Aree a destinazione agricola – Variazione urbanistica – Disciplina
1. La p.A., sulla quale incombe – a norma dell’art.97 Cost.- l’obbligo di osservare la legge, deve necessariamente tener conto, nel momento in cui provvede, delle normativa vigente e delle qualificazioni giuridiche che essa impone (CdS A.P. 22/7/1999 n.20).
2. Premesso che la disciplina dei programmi integrati di rigenerazione urbana inizialmente contenuta nella legge regionale 29 luglio 2008, n. 21 (“Norme per la rigenerazione urbana”), è stata integrata e modificata dalla legge regionale 30 luglio 2009, n. 14 (“Misure straordinarie e urgenti a sostegno dell’attività edilizia e per il miglioramento della qualità del patrimonio edilizio residenziale”), la fase decisoria di un piano di rigenerazione urbana non può che essere soggetta alla disciplina vigente al momento della deliberazione definitiva (L.R. 14/2009), anche se la fase istruttoria si è svolta nella vigenza della precedente normativa ( L.R. 21/2008).
3. Ai sensi dell’articolo 2, comma terzo, della legge regionale n. 21/2008, i programmi di rigenerazione urbana non possono comportare varianti urbanistiche per trasformare in aree edificabili aree a destinazione agricola, comunque definite negli strumenti urbanistici comunali, fatta eccezione per quelle contigue necessarie alla realizzazione di verde e servizi pubblici nella misura massima del 5 per cento della superficie complessiva dell’area d’intervento.
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Vedi C.d.S, sez. IV, sentenza 22 maggio 2014, n. 2643 – 2014; ordinanza 10 aprile 2013, n. 1309 – 2013; ric. n. 1216 – 2013.
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N. 01751/2012 REG.PROV.COLL.
N. 00749/2010 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 749 del 2010, proposto da Matteo La Porta, Michele La Porta, Luigi La Porta, Rachele Ciavarella, Leonarda Tricarico, Lucia Tricarico, Giuseppina Tricarico e Giuseppe Nardella, rappresentati e difesi dall’avv. Gianfranco Di Mattia, con domicilio eletto presso l’avv. Roberto Savino in Bari, corso Vittorio Emanuele n. 143 (Studio dell’avv. Giacomo Porcelli);
contro
Comune di San Marco in Lamis, rappresentato e difeso dall’avv. Maria Emanuela Pinto, con domicilio eletto presso l’avv. Michele Piazzolla in Bari, via N. Piccinni n. 59;
per l’annullamento
– della delibera di C.C. n. 19 del giorno 11/2/2010, resa esecutiva in data 8/3/2010, avente ad oggetto: “Programma integrato di rigenerazione urbana relativo alla zona di Porta San Severo ” adozione-”
– di ogni altro atto presupposto, consequenziale e comunque connesso ancorchè ignoto, in quanto lesivo
e per l’accertamento
– della regolarità tecnica e formale del programma integrato di rigenerazione urbana presentato in data 14/7/2009.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di San Marco in Lamis;
Visto l’atto di rinuncia al mandato dell’avvocato Pasquale Spagnoli, originario difensore del Comune di San Marco in Lamis, in data 7 luglio 2011-24 maggio 2012;
Vista la costituzione in giudizio in data 23 aprile-2 maggio 2012 del nuovo difensore, avvocato Maria Emanuela Pinto;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 4 ottobre 2012 il cons. Giuseppina Adamo e uditi per le parti i difensori, avv.ti Gianfranco Di Mattia e Maria Emanuela Pinto;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
I signori Matteo La Porta, Michele La Porta, Luigi La Porta, Rachele Ciavarella, Leonarda Tricarico, Lucia Tricarico, Giuseppina Tricarico e Giuseppe Nardella, quali proprietari di immobili nel territorio di San Marco in Lamis, zona Porta S. Severo, in data 14 luglio 2009 hanno proposto l’adozione di un piano integrato di rigenerazione urbana in variante al vigente piano di fabbricazione, a norma dell’articolo 6 della legge regionale 20 luglio 2008 n. 21.
Dopo varie sollecitazioni e un apposito atto di diffida del giorno 8 gennaio 2010 a deliberare sul piano presentato, la proposta è stata respinta con deliberazione del Consiglio comunale 11 febbraio 2010 n. 19, sulla scorta del parere negativo espresso dal Responsabile del Settore urbanistica, il quale ha ritenuto che “sono previsti incrementi volumetrici delle preesistenze superiori ai limiti previsti per le premialità di cui all’art. 9 della L.R. 14/2009 e non risulta rispettato il limite di cui all’art. 2, comma 3, della L.R. 21/2008”. In ogni caso l’Organo collegiale, ritenendo opportuno un intervento di recupero della zona, in sè oggettivamente degradata (come si evince d’altronde anche dal documento programmatico preliminare al P.U.G., adottato, ai sensi della legge urbanistica regionale n. 20/2001, con delibera consiliare 29 luglio 2008 n. 68), ha precisato che, in caso di ripresentazione dell’istanza, il progetto dovrà essere adeguato alle indicazioni del Responsabile del Settore urbanistica e dovrà attenersi alle ulteriori prescrizioni, reputate “minime e inderogabili”:
– “ampliamento della superficie interessata al programma integrato di rigenerazione urbana”;
– “le volumetrie non devono interrompere le scalinate provenienti da monte”;
– “parte degli spazi pubblici devono essere dislocati su via San Severo al fine di migliorare il decoro dell’ingresso cittadino”.
Gli istanti hanno impugnato l’anzidetto atto alla stregua dei seguenti motivi:
1) violazione e falsa applicazione degli articoli 42 e 97 della Costituzione e della legge 7 agosto 1990 n. 241 (con riguardo al mancato rispetto del termine di 90 giorni per pronunciarsi sul P.I.R.U. proposto e alla mancata nomina del responsabile); eccesso di potere per travisamento dei fatti, per ingiustizia manifesta, per difetto di motivazione e per sviamento;
2) violazione e falsa applicazione degli articoli 42 e 97 della Costituzione, della legge 7 agosto 1990 n. 241, della legge regionale n. 21/2008 e della legge regionale n. 14/2009; eccesso di potere per l’errato apprezzamento dei presupposti di fatto e di diritto, per ingiustizia manifesta, per difetto di motivazione e per sviamento (sarebbe inconferente il richiamo alla legge regionale n. 14/2009 sia perchè non applicabile, ratione temporis, sia perchè i ricorrenti non si avvalgono di alcuna premialità ; gli stessi non hanno modificato aree a destinazione agricola in edificabili, avendole invece destinate a verde e servizi, per cui il parere del Responsabile del Settore urbanistica, espresso senza aver richiesto alcun chiarimento agli interessati, sarebbe incongruo);
3) violazione e falsa applicazione della legge regionale n. 21/2008; eccesso di potere per falsa presupposizione, per travisamento dei fatti, per ingiustizia manifesta e per sviamento (la relazione dell’Assessore all’urbanistica, dottor Michele Merla, non rappresenterebbe un’esposizione corretta e compiuta del piano proposto).
Si è costituita l’Amministrazione municipale, chiedendo il rigetto del ricorso.
L’istanza cautelare è stata respinta con ordinanza 8 luglio 2010 n. 519, “Considerato che la P.A., sulla quale incombe – a norma dell’art.97 Cost.- l’obbligo di osservare la legge, deve necessariamente tener conto, nel momento in cui provvede, delle normativa vigente e delle qualificazioni giuridiche che essa impone (CdS A.P. 22/7/1999 n.20);
Che, per l’effetto, il Comune di San Marco in Lamis non può rispettare, nella fattispecie concreta i parametri di una legge regionale pregressa (L.R. 21/08) dovendo adeguarsi alle prescrizioni di cui alla L.R. 14/2009”.
Acquisito il parere ex articolo 49 del decreto legislativo n. 267/2000, a seguito dell’ordinanza istruttoria n. 270/2011, sulle conclusioni delle parti, la causa è stata riservata la decisione all’udienza del 4 ottobre 2012.
2. I motivi sono infondati.
2.1. Quanto al primo, è evidente che il termine (di 90 giorni) previsto dall’articolo 3, primo comma, dalla legge regionale n. 21/2008 non può qualificarsi come perentorio, visto che non risulta alcun dato letterale o sistematico da cui dedursi che il relativo mancato rispetto produca, quale effetto, la decadenza. D’altra parte, ove in un procedimento non venga nominato il responsabile affidatario, ai sensi dell’articolo 5, secondo comma, della legge 7 agosto 1990 n. 241, esso viene a coincidere con “il funzionario preposto alla unità organizzativa”, ovvero, nel caso di specie con il Responsabile del Settore urbanistica.
2.2. All’esame delle restanti censure occorre premettere che i dati rilevanti per la decisione vengono offerti nello stesso atto introduttivo del giudizio, non avendo le parti prodotto la documentazione progettuale, neppure insieme con la perizia tecnica di parte, che invero si limita a ripetere le affermazioni difensive degli istanti.
In particolare sembra dedursi dal ricorso, in fatto, che l’area interessata dal programma integrato di rigenerazione urbana sia estesa metri quadri 4783, in parte tipizzata come zona di espansione (con indice 1,4 metri cubi/metri quadri) e in parte (metri quadri 800) come zona agricola.
Per quanto riguarda l’edificazione dei terreni, dalla rappresentazione attoria si ricavano i seguenti elementi (pagina 3 del ricorso):
– “volumi esistenti mc. 6000”;
– “volumi da demolire e ricostruire mc. 4000”;
– “volumi di nuova previsione mc. 12.000”.
Secondo la prospettazione di parte quindi la volumetria totale dovrebbe ammontare a “mc. 22.000”.
La disciplina dei programmi integrati di rigenerazione urbana si rinviene innanzitutto nella legge regionale 29 luglio 2008, n. 21 (“Norme per la rigenerazione urbana”), nonchè nella legge regionale 30 luglio 2009, n. 14 (“Misure straordinarie e urgenti a sostegno dell’attività edilizia e per il miglioramento della qualità del patrimonio edilizio residenziale”).
Quest’ultima normativa è stata richiamata nel parere negativo del Responsabile del Settore urbanistica, mentre gli istanti ne contestano l’applicabilità ratione temporis.
Sul punto si è già espressa alla Sezione in sede cautelare, confermando la pertinenza del richiamo operato nel parereex articolo 49 del decreto legislativo n. 267/2000. Tale conclusione non può che condividersi considerando che, nella fattispecie concreta, il procedimento, nella sua fase d’iniziativa e d’istruttoria, si era svolta in parte prima dell’entrata in vigore ma la fase decisoria non poteva che essere soggetta alla disciplina vigente al momento della deliberazione, ovvero (anche) alla legge regionale 30 luglio 2009, n. 14.
In radice però i deducenti negano di usufruire della premialità .
àˆ da osservare che in realtà il parere, nella parte in cui si riferisce all’articolo 9 della legge regionale 30 luglio 2009, n. 14, è da intendersi nel senso che, anche se si tenesse conto della misura premiale il 45%, prevista dall’articolo 9, terzo comma, l’intervento svilupperebbe una volumetria superiore al consentito.
In ogni caso, poichè non risulta la sussistenza delle condizioni per la concessione di tale surplus edificatorio (quali principalmente la delocalizzazione in zone urbanisticamente più idonee e le caratteristiche di edilizia sostenibile dei fabbricati), in effetti di tale premialità non si può tenere in alcun modo conto, per cui la verifica dell’assentibilità del piano deve effettuarsi in base agli indici planovolumetrici ordinari.
Da questo punto di vista, anche in assenza di approfondimenti istruttori, non può che risaltare l’incongruità (in eccesso) della volumetria da sviluppare e della volumetria globale degli edifici, come risultanti dal piano, a fronte di un indice di zona (non meglio specificato rispetto a quanto sopra riportato) di 1,4 metri cubi/metri quadri.
Da tali premesse discende l’inconsistenza delle contestazioni dei ricorrenti con riguardo a tale parte della motivazione. Non diversa comunque è la conclusione del Collegio in ordine all’ulteriore argomento secondo il quale, al contrario di quanto sostenuto dall’Amministrazione, i proponenti non avrebbero modificato aree a destinazione agricola in edificabili, non attenendosi così all’articolo 2, comma terzo, della legge regionale n. 21/2008, per il quale “¦ I programmi non possono comportare varianti urbanistiche per trasformare in aree edificabili aree a destinazione agricola, comunque definite negli strumenti urbanistici comunali, fatta eccezione per quelle contigue necessarie alla realizzazione di verde e servizi pubblici nella misura massima del 5 per cento della superficie complessiva dell’area d’intervento”.
Il dato normativo è del tutto chiaro; perciò, una volta che i ricorrenti non abbiano fornito un’inequivoca prova dell’effettiva utilizzazione a verde e servizi pubblici nella misura massima consentita, non vi è spazio per l’accoglimento del motivo. Ciò in relazione alla circostanza evidenziata dall’Amministrazione (che si tratterebbe di una zona impervia con pendenza di oltre il 40%), che trova conferma nelle prescrizioni (definite “minime e inderogabili”) impartite dal Consiglio comunale nella delibera n. 19/2010, nell’ipotesi di una futura rielaborazione del progetto, in relazione alla collocazione e le modalità di realizzazione del piano nella sua parte non edificatoria.
Infine è da escludersi la violazione di garanzie procedimentali nell’operato del Responsabile del Settore urbanistica e nello stesso svolgimento della seduta consiliare (ad opera dell’Assessore proponente). In effetti, gli istanti non sono riusciti a dimostrare che quanto riferito dagli Uffici e dagli Organi municipali nel corso dell’iter si discosti dalla realtà , mentre, d’altra parte, in presenza dei presupposti di fatto, come emersi nella vicenda (e non smentiti dalle deduzioni di parte), la normativa di settore non lascia spazio a valutazioni e ponderazioni discrezionali.
Il ricorso dunque è da rigettare.
Le spese seguono la soccombenza, come da liquidazione in dispositivo che tiene conto altresì dei criteri enunciati dal decreto 20 luglio 2012 n. 140.
P.Q.M.
il Tribunale amministrativo regionale per la Puglia (Sezione terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese di giudizio in favore del Comune di San Marco in Lamis nella misura di € 3.000,00, oltre CPI e IVA.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 4 ottobre 2012 con l’intervento dei magistrati:
Pietro Morea, Presidente
Giuseppina Adamo, Consigliere, Estensore
Francesca Petrucciani, Referendario
L’ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 10/10/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)