1. Pubblica Sicurezza – Licenza di porto d’armi – Rinnovo – Giudizio di inaffidabilità – Fattispecie
2. Procedimento amministrativo – Preavviso di rigetto ex art. 10 – bis L. n. 241/1990 – Osservazioni dell’interessato – Onere di adeguata considerazione a carico della p.A.
1. In materia di rinnovo della licenza di porto d’armi, ancorchè ricorra ampia discrezionalità dell’Amministrazione nella valutazione relativa all’affidabilità di un soggetto al porto delle armi, è necessario che siffatta discrezionalità venga esercitata correttamente, con adeguata istruttoria e valutazione dei presupposti e con idonea logica motivazione, atteso che il pericolo di abuso delle armi, che costituisce giusta e responsabile preoccupazione per le autorità incaricate del rispetto dell’ordine pubblico e delle incolumità delle persone, non solo deve essere comprovato ma richiede una adeguata valutazione non del singolo episodio ma anche della personalità del soggetto sospettato che possa giustificare un giudizio necessariamente prognostico sulla sua sopravvenuta inaffidabilità , atteso che la mera denuncia all’Autorità giudiziaria non è circostanza che da sola possa giustificare la revoca ovvero il diniego del porto d’armi (nel caso di specie, il TAR ha dichiarato l’illegittimità del provvedimento con cui la Questura di Bari aveva negato il rinnovo della licenza di porto di fucile per uso caccia presentata dal ricorrente, titolare della licenza da circa trentasei anni, esclusivamente e sostanzialmente sul presupposto di una denuncia e di una segnalazione sporta neppure nei suoi confronti, ma nei confronti del figlio).
2. Le osservazioni presentate dall’interessato a seguito della comunicazione dell’art. 10 bis della legge n. 241 del 1990 devono formare oggetto di adeguata considerazione da parte della p.A., non potendo la stessa limitarsi a dichiarare apoditticamente di aver letto tali osservazioni.
N. 01627/2012 REG.PROV.COLL.
N. 01856/2011 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1856 del 2011, proposto da:
Grazio Muolo, rappresentato e difeso dagli avv.ti Giuseppe Sardano e Alberto Sardano, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Vito Nanna in Bari, via Cardassi, n. 26;
contro
Ministero dell’Interno – Questura di Bari, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Bari, domiciliato per legge in Bari, via Melo, 97;
per l’annullamento,
previa sospensione dell’efficacia,
“- della nota Cat. 6F/Pas/2011 del 09.06.2011 notificata in data 3/8/2011 con la quale il Questore della Provincia di Bari ha respinto l’istanza prodotta dal ricorrente intesa ad ottenere il rinnovo della licenza di porto di fucile uso caccia;
nonchè
– di ogni altro atto presupposto,conseguente e/o connesso anche se non direttamente conosciuto.”
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’Interno;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Vista l’ordinanza n. 942 del 25 novembre 2011 di accoglimento dell’istanza incidentale di sospensione cautelare ai soli fini del riesame e di fissazione dell’udienza pubblica del 7 giugno 2012 per la discussione del ricorso nel merito;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 7 giugno 2012 la dott.ssa Rosalba Giansante e udito per la parte ricorrente il difensore, l’avv. Marcello Petrosillo, su delega dell’avv. Giuseppe Sardano; nessuno è comparso per l’Amministrazione resistente;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con ricorso ritualmente notificato il 19 ottobre 2011 e depositato nella Segreteria del Tribunale il 3 novembre 2011, il sig. Grazio Muolo ha chiesto l’annullamento della nota cat. 6F/Pas/2011 del 9 giugno 2011, notificata il 3 agosto 2011, con la quale il Questore della Provincia di Bari ha respinto l’istanza prodotta da esso ricorrente intesa ad ottenere il rinnovo della licenza di porto di fucile uso caccia, sulla base della seguente motivazione: “Acquisite le opportune informazioni e tenuto conto che lo stesso non da affidamento di non abusare del titolo richiesto in quanto convivente con il figlio Domenico, denunciato il 3.11.2007 per furto e segnalato il 19.3.2011 per violazione dell’art. 75 del D.P.R./90 (norme sugli stupefacenti)”.
A sostegno del gravame, con due motivi di ricorso, sono state articolate le seguenti censure, sotto diversi profili: violazione di legge e/o falsa applicazione degli artt. 11 e 43 del T.U.L.P.S. approvato con R.D. n. 773 del 1931, violazione di legge e/o falsa applicazione degli artt. 24 e 27, comma 2, Cost., eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione, errore sui presupposti e conseguente travisamento, inesistenza dei presupposti di fatto e di diritto, illogicità , sviamento, ingiustizia grave e manifesta.
Si è costituito a resistere in giudizio il Ministero dell’Interno, a mezzo dell’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Bari, chiedendo il rigetto del gravame.
Entrambe le parti hanno prodotto documentazione e l’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Bari ha depositato la relazione illustrativa del 28 ottobre 2011 con la quale la Questura di Bari ha insistito sulla legittimità del provvedimento impugnato.
Alla camera di consiglio del 24 novembre 2011, con ordinanza n. 942, è stata accolta la domanda incidentale di sospensione cautelare nei limiti dell’ordine all’Amministrazione di riesaminare il provvedimento oggetto di gravame, alla luce di quanto esposto nell’ordinanza stessa.
L’Amministrazione resistente non ha depositato il provvedimento riesaminato per l’udienza di discussione.
All’udienza pubblica del 7 giugno 2012 la causa è stata chiamata e assunta in decisione.
Il ricorso è fondato e deve, pertanto, essere accolto.
Con il primo motivo di ricorso il ricorrente ha dedotto le seguenti censure: I. violazione di legge e/o falsa applicazione degli artt. 11 e 43 del T.U.L.P.S. approvato con R.D. n. 773 del 1931, violazione di legge e/o falsa applicazione degli artt. 24 e 27, comma 2, Cost., eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione, errore sui presupposti e conseguente travisamento, inesistenza dei presupposti di fatto e di diritto, illogicità , sviamento, ingiustizia grave e manifesta.
Il sig. Muolo lamenta che il Questore di Bari avrebbe respinto la sua richiesta sulla base della motivazione sopra riportata, ritenendo sostanzialmente che esso ricorrente non desse più affidamento di non abusare del titolo richiesto, fondando tale giudizio negativo non sulla sua condotta ma su quella del figlio; peraltro rileverebbe solo una denuncia a carico del figlio Muolo Domenico; a fronte di tale motivazione parte ricorrente rappresenta di essere incensurato, come peraltro tutti i componenti della sua famiglia, di essere titolare del porto d’armi per uso caccia, per il quale aveva chiesto il rinnovo per cui è causa, da circa trentasei anni, di non convivere con il citato figlio Muolo Domenico, che non sarebbe pregiudicato ma sarebbe stato solo denunciato, e che le armi in suo possesso sarebbero tutte custodite in un armadio di sicurezza le cui chiavi sarebbero in suo esclusivo possesso.
Con il secondo motivo di ricorso sono state dedotte le seguenti censure: II. violazione di legge e/o falsa applicazione degli artt. 11 e 43 del T.U.L.P.S. approvato con R.D. n. 773 del 1931, violazione di legge e/o falsa applicazione degli artt. 24 e 27, comma 2, Cost., eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione, errore sui presupposti e conseguente travisamento, inesistenza dei presupposti di fatto e di diritto, illogicità , sviamento, ingiustizia grave e manifesta.
Parte ricorrente lamenta che le uniche fattispecie nelle quali la giurisprudenza amministrativa, da esso richiamata, avrebbe tenuto in considerazione i rapporti di parentela sarebbero rappresentati da casi in cui i familiari sarebbero stati condannati per gravi delitti, ipotesi che non si rinverrebbe nella fattispecie oggetto di gravame nella quale suo figlio, Muolo Domenico, risulterebbe solo denunciato.
Colgono nel segno le censure di cui al primo motivo di ricorso con le quali parte ricorrente ha dedotto l’illegittimità del provvedimento impugnato per eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione, errore sui presupposti e conseguente travisamento, inesistenza dei presupposti di fatto e di diritto, ingiustizia grave e manifesta, atteso che il provvedimento oggetto di gravame si fonda esclusivamente e sostanzialmente sul presupposto di una denuncia e di una segnalazione sporta neppure nei suoi confronti, ma nei confronti del figlio, Muolo Domenico.
Il Questore della Provincia di Bari ha infatti respinto l’istanza di rinnovo della licenza di porto di fucile uso caccia prodotta dal sig. Grazio Muolo, titolare della licenza stessa da circa trentasei anni, circostanza questa non contestata dall’amministrazione resistente, sulla base della seguente motivazione: “Acquisite le opportune informazioni e tenuto conto che lo stesso non da affidamento di non abusare del titolo richiesto in quanto convivente con il figlio Domenico, denunciato il 3.11.2007 per furto e segnalato il 19.3.2011 per violazione dell’art. 75 del D.P.R./90 (norme sugli stupefacenti)”.
Il Collegio, aderendo all’orientamento della giurisprudenza amministrativa già fatto proprio non solo da questo Tribunale ma anche da questa Sezione, ritiene che ancorchè nella materia in esame ricorra ampia discrezionalità dell’Amministrazione nella valutazione relativa all’affidabilità di un soggetto al porto delle armi, è necessario che siffatta discrezionalità venga esercitata correttamente, con adeguata istruttoria e valutazione dei presupposti e con idonea logica motivazione, atteso che “il pericolo di abuso delle armi, che costituisce giusta e responsabile preoccupazione per le autorità incaricate del rispetto dell’ordine pubblico e delle incolumità delle persone, non solo deve essere comprovato ma richiede una adeguata valutazione non del singolo episodio ma anche della personalità del soggetto sospettato che possa giustificare un giudizio necessariamente prognostico sulla sua sopravvenuta inaffidabilità , atteso che la mera denuncia all’Autorità giudiziaria non è circostanza che da sola possa giustificare la revoca ovvero il diniego del porto d’armi” (cfr. ex multis sentenze Sezione III n. 432 del 10 marzo 2011 e n. 3888 del 10 novembre 2010).
Nella fattispecie oggetto di gravame i vizi di difetto di istruttoria e di motivazione sono palesi in quanto la denuncia non riguarda neppure il richiedente, ma il figlio.
A tale circostanza occorre aggiungere che la Questura, come già evidenziato nell’ordinanza n. 942 del 25 novembre 2011, con la quale questa Sezione ha accolto la domanda incidentale di sospensione cautelare ai fini del riesame, pur dichiarando apoditticamente nel provvedimento impugnato di avere letto le osservazioni prodotte dal ricorrente in riscontro alla comunicazione inviatagli dalla Questura stessa ai sensi dell’art. 10 bis della legge n. 241 del 1990, non ha tenuto in alcuna considerazione quanto in esse dichiarato; in particolare non ha tenuto conto nè della risolutiva circostanza che suo figlio, Muolo Domenico, non risultava più convivente con esso ricorrente, Muolo Grazio, nè, ai fini della valutazione della affidabilità e, quindi, della personalità di esso ricorrente, che esso fosse titolare della licenza di fucile per uso caccia da circa trentasei anni e che le armi in suo possesso, utilizzate per l’attività venatoria, erano custodite in un armadio di sicurezza blindato acquistato nel 1997, come risulta dalla relativa fattura depositata in giudizio ed allegata alle stesse osservazioni, circostanza quest’ultima che denota, al contrario, la diligenza del ricorrente medesimo, nella custodia delle armi.
Conclusivamente, il Collegio ritiene che i profili di illegittimità dedotti con le sopra illustrate censure abbiano una indubbia valenza assorbente rispetto alle altre di cui ai due motivi di gravame, sicchè la fondatezza delle dedotte censure comporta l’accoglimento del ricorso stesso e, conseguentemente, l’annullamento del provvedimento impugnato, senza necessità di pronunziarsi su quelle ulteriori dedotte.
Quanto alle spese, tenuto conto della condanna già liquidata nella fase cautelare a favore di parte ricorrente e considerato che non vi è stata ulteriore attività difensiva da parte di entrambe le parti, si ritiene che sussistono giusti motivi per compensare integralmente le spese tra le parti stesse.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto annulla il provvedimento impugnato.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 7 giugno 2012 con l’intervento dei magistrati:
Pietro Morea, Presidente
Giuseppina Adamo, Consigliere
Rosalba Giansante, Referendario, Estensore
L’ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 30/08/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)