Pubblico impiego – Rapporto di servizio – Sanzione disciplinare della destituzione – Legittimità – Requisiti
àˆ legittima la sanzione disciplinare della destituzione dal Corpo di Polizia assunta nel rispetto dei principi di gradualità e proporzionalità e qualora non risulti affetta da vizi sindacabili ad externo in sede di giurisdizione generale di legittimità , secondo i consueti limiti della manifesta illogicità , contraddittorietà , ingiustizia manifesta, arbitrarietà ovvero irragionevolezza o irrazionalità .
N. 01291/2012 REG.PROV.COLL.
N. 00700/2011 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 700 del 2011, proposto da:
M.P., rappresentato e difeso dagli avv.ti Simone Grassi e Nunzio Palmiotto, con domicilio eletto presso l’avv. Davide D’Ippolito, in Bari, via Principe Amedeo, 50;
contro
Ministero dell’Interno, Ministero dell’Interno – Dipartimento Pubblica Sicurezza, Questura di Bari, tutti rappresentati e difesi dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Bari, domiciliataria per legge in Bari, via Melo, 97;
per l’annullamento
– del decreto n. 333-D/8539 emesso l’11/01/2011 dal Capo della Polizia – Direttore Generale della Pubblica Sicurezza, notificato in data 17/01/2011, col quale è stata inflitta la sanzione disciplinare della destituzione con decorrenza 17/01/2011;
– della delibera del Consiglio Provinciale di Disciplina dell’11/12/2010, con cui si proponeva di adottare detta sanzione disciplinare e, sostanzialmente, si assumeva la decisione finale del relativo procedimento;
– di ogni ed altro atto antecedente, conseguente, presupposto o comunque connesso a quelli impugnati.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell’Interno, del Dipartimento di Pubblica Sicurezza e della Questura di Bari;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 10 maggio 2012 il dott. Paolo Amovilli e udito per le parti il difensore avv.to Nunzio Palmiotto;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. In data 12 gennaio 2002 il ricorrente, all’epoca assistente della Polizia di Stato in servizio presso il Compartimento di Polizia Stradale di L’Aquila – sezione Polizia Stradale di Campobasso, veniva rinviato a giudizio per concussione e tentata concussione continuata, e sospeso cautelativamente dal servizio ai sensi dell’art. 9 D.P.R. 737/1981.
Con sentenza n. 580/2005, la sezione penale del Tribunale di Campobasso condannava l’odierno ricorrente alla pena di due anni e tre mesi di reclusione, in quanto ritenuto responsabile dei reati ascritti, dichiarando altresì l’interdizione dai pubblici uffici.
Decorso il periodo massimo di sospensione cautelare, dal 12 gennaio 2007 il P. veniva riammesso in servizio.
Con sentenza n. 174/2010, la Corte di Appello di Campobasso confermava la sentenza di primo grado, pur dichiarando la pena inflitta condonata ai sensi dell’art. 1 della legge 241/2006.
Indi, a seguito di procedimento disciplinare conclusosi con decreto n. 333-D/8539 emesso dal Capo della Polizia – Direttore Generale della Pubblica Sicurezza in data 11 gennaio 2011, su proposta del Consiglio Provinciale di Disciplina, veniva inflitta la sanzione disciplinare della destituzione, con decorrenza 17 gennaio 2011.
Il ricorrente impugna il suddetto decreto del Capo della Polizia, unitamente alla delibera del Consiglio Provinciale di disciplina del 11 dicembre 2010, deducendo censure così riassumibili:
I. violazione di legge con riferimento agli artt. 19 e 213 del D.P.R. 25 ottobre 1981 n. 737, iter disciplinare viziato da omissione dell’ istruttoria con violazione del diritto di difesa e del principio del contraddittorio: la sanzione impugnata sarebbe frutto di una istruttoria del tutto carente, in quanto acriticamente effettuata sulle sole risultanze penali, senza compiere una autonoma valutazione della fattispecie, comprensiva di elementi che seppur estranei alla valutazione fatta dal giudice penale, dovrebbero essere compiutamente valutati in sede disciplinare;
II. violazione e falsa applicazione dell’art. 1 D.P.R. n. 737/1981, difetto di istruttoria, eccesso di potere per difetto di motivazione e contraddittorietà dell’azione amministrativa: nel procedimento disciplinare in esame non sarebbe stata presa in considerazione l’ineccepibile condotta del P. successiva al rientro in servizio ed ai fatti penalmente rilevanti, circostanza che avrebbe invece consentito la graduazione della sanzione eventualmente applicabile.
Si sono costituiti il Ministero dell’Interno e la Questura di Bari, evidenziando in sintesi:
– la gravità dei fatti commessi dal P., come accertati con sentenza penale di condanna passata in giudicato;
– l’efficacia ai sensi dell’art. 653 c.p.p. del giudicato penale anche nel giudizio disciplinare, quanto all’accertamento della sussistenza del fatto, della sua illiceità penale e della commissione da parte dell’imputato;
– l’autonoma istruttoria compiuta dall’Amministrazione in seguito al giudicato penale, sulla base di un rigoroso iter logico deduttivo che ha condotto a qualificare come incompatibile con le funzioni proprie di un operatore di polizia la commissione dei reati di concussione e tentata concussione continuata.
Le parti hanno svolto difese in vista della pubblica udienza del 10 maggio 2012, nella quale la causa è passata in decisione.
2. Il ricorso è infondato e va respinto.
Dalle sentenze penali depositate in giudizio emerge che l’odierno ricorrente è stato condannato per i reati di concussione e tentata concussione continuata, per fatti commessi nell’arco di un periodo temporale compreso tra il 2000 ed il 2001.
In particolare, dal giudicato penale emerge come il P. abbia da un lato indotto un autotrasportatore a consegnargli la somma di lire 50.000 abusando dei propri poteri, dall’altro più volte tentato di indurre altri autotrasportatori durante i controlli di polizia stradale a versare somme di denaro sotto la velata minaccia di effettuare controlli sempre più serrati e severi.
Come noto, ai sensi dell’art. 653 comma 1 bis, c.p.p., nel testo risultante dalle modifiche introdotte con la l. 27 marzo 2001 n. 97, la sentenza irrevocabile di condanna, indipendentemente dall’essere stata emessa su istanza concorde delle parti, ha efficacia di giudicato nel giudizio disciplinare quanto all’accertamento dei fatti, alla illiceità degli stessi ed all’affermazione che il soggetto condannato li ha commessi (Consiglio di Stato sez. IV, 05 febbraio 2009, n. 661 ; id. sez. IV, 7 luglio 2009 n. 4359; T.A.R. Lazio, Roma, sez. I, 18 novembre 2005, n. 11563).
Le suesposte risultanze penali, quanto alla sussistenza del fatto materiale penalmente perseguito, hanno rappresentato l’antecedente storico-logico della successiva valutazione disciplinare, conclusasi con una autonoma e discrezionale valutazione della gravità dei medesimi, tale da ritenersi incompatibile sotto il profilo morale con lo svolgimento delle funzioni proprie di un operatore di polizia, tenuto altresì conto dei diversi precedenti disciplinari a carico del P..
A fronte della gravità dei fatti commessi (concussione e tentata concussione continuata), la circostanza della mancata rilevanza del comportamento successivo alla riammissione in servizio assume carattere del tutto recessivo – diversamente da quanto sostenuto dalla difesa del ricorrente – risultando la sanzione della destituzione impugnata assunta nel rispetto dei principi di gradualità e proporzionalità , non emergendo comunque vizi sindacabili ab externoin sede di giurisdizione generale di legittimità , secondo i consueti limiti della manifesta illogicità , contraddittorietà , ingiustizia manifesta, arbitrarietà ovvero irragionevolezza o irrazionalità pacificamente applicabili alla fattispecie (ex multis T.A.R. Lazio, Roma, sez. II 3 marzo 2011 n. 1982; Consiglio di Stato sez. VI, 14 febbraio 2008, n. 512, id., sez. IV, 21 agosto 2006, n. 4841; id., 30 giugno 2005, n. 3544; id., 16 gennaio 1990, n. 21; id., sez. IV, 30 gennaio 2005, n. 3544; T.A.R. Lazio, Roma, sez. I 6 dicembre 2010, n. 35392).
Ne consegue, pertanto, che la sanzione della destituzione qui impugnata risulta immune da tutte le censure di cui ai motivi di gravame.
3. Per i suesposti motivi il ricorso è infondato e va respinto.
Le spese seguono la soccombenza, secondo dispositivo, tenuto conto, quanto alla quantificazione, della particolarità della materia trattata.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Prima) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna il ricorrente alla refusione delle spese processuali in favore del Ministero dell’Interno, quantificate in 1.500 euro, oltre agli accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 10 maggio 2012 con l’intervento dei magistrati:
Savio Picone, Presidente FF
Paolo Amovilli, Referendario, Estensore
Francesco Cocomile, Referendario
L’ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 27/06/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)