1. Giustizia e processo  – Ottemperanza sentenza – Applicazione  art. 114, comma 4, lettera e) c.p.a. – Conseguenze
2. Giustizia e processo –  Ottemperanza sentenza –  Art. 114, comma 4, lettera e) c.p.a. – Natura e finalità 
3. Giustizia e processo – Ottemperanza sentenza –  Art. 114, comma 4, lettera e) c.p.a. – Portata applicativa

 1. La sanzione di cui all’art. 114, comma 4, lettera e) ha introdotto, in via generale, nel processo amministrativo, l’istituto della cd. penalità  di mora, già  regolato per il processo civile, con riguardo alle sentenze aventi per oggetto obblighi di fare infungibile o di non fare, dall’art. 614 bis del codice di procedura civile, aggiunto dall’art. 49 della legge 18 giugno 2009, n. 69; in particolare il giudice, con la sentenza di ottemperanza, può fissare, salvo che ciò sia manifestamente iniquo, e se non sussistono altre ragioni ostative, su richiesta di parte, la somma di denaro dovuta dal resistente per ogni violazione o inosservanza successiva, ovvero per ogni ritardo nell’esecuzione del giudicato, con una statuizione costituisce titolo esecutivo.


2. La sanzione di cui all’art. 114, comma 4, lettera e), del codice del processo amministrativo costituisce una misura coercitiva indiretta a carattere pecuniario, modellata sulla falsariga dell’istituto francese dell’astreinte, che mira a vincere la resistenza del debitore, inducendolo ad adempiere all’obbligazione sancita a sua carico dall’ordine del giudice. Essa assolve ad una finalità  sanzionatoria e non risarcitoria in quanto non mira a riparare il pregiudizio cagionato dall’esecuzione della sentenza ma vuole sanzionare la disobbedienza alla statuizione giudiziaria e stimolare il debitore all’adempimento (C.d.S., Sezione V, n. 6688 del 20 dicembre 2011). Riprova di questa qualificazione giuridica e connotazione funzionale dell’istituto è la circostanza che, nel dettare i criteri guida per la quantificazione dell’ammontare della sanzione, l’art. 614 bis, comma 2, del codice di procedura civile considera la misura del danno quantificato e prevedibile solo uno dei parametri di commisurazione in quanto prende in considerazione anche altri profili, estranei alla logica riparatoria, quali il valore della controversia, la natura della prestazione e ogni altra circostanza utile, tra cui si può annoverare il profitto tratto dal creditore per effetto del suo inadempimento.


3. Nell’ambito del processo amministrativo, l’istituto di cui all’art. 114, comma 4, lettera e) presenta una portata applicativa più ampia che nel processo civile, in quanto esso non ha riprodotto il limite, stabilito della norma di rito civile, della riferibilità  del meccanismo al solo caso di inadempimento degli obblighi aventi per oggetto un non fare o un fare infungibile.
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Vedi Cons. di Stato, sez. III, sentenza 29 ottobre 2012 5517 – 2012 ordinanza n. 1 giugno 2012 n. 2121 ric. n.3622 – 2012

                                           
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N. 00313/2012 REG.PROV.COLL.
N. 01998/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex art. 114 c.p.a.;
sul ricorso numero di registro generale 1998 del 2011, proposto da: 
Agroalimentare Pugliese s.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’avv. Luigi D’Ambrosio, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Bari, piazza Garibaldi, n. 23; 

contro
Regione Puglia, Regione Puglia, in persona del Presidente della Giunta Regionale, legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’avv. Andrea Gissi, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Enzo Cutrignelli in Bari, via Villari , n. 10; 

per l’ottemperanza
“della sentenza del T.A.R. Puglia – Bari, sez. III, n. 324 del 10.2.2010, confermata dal Consiglio di Stato, sez. V, con sentenza n. 1633 del 16.3.2011.”
 

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della Regione Puglia;
Viste le memorie difensive;
Visto l’art. 114 c.p.a.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 26 gennaio 2012 la dott.ssa Rosalba Giansante e uditi per le parti i difensori, l’avv. Luigi d’Ambrosio per la parte ricorrente e l’avv. Paolo Nasca, su delega dell’avv. Andrea Gissi, per la Regione resistente;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 

FATTO e DIRITTO
Espone in fatto la Agroalimentare Pugliese s.r.l., società  operante nel settore della produzione di olio, che con sentenza n. 324 del 10 febbraio 2010 la Sezione III di questo Tribunale, in accoglimento del ricorso n. 334 del 2009 da essa ricorrente proposto, aveva annullato la determinazione n. 33 del 22 marzo 1999 con cui la Regione Puglia aveva disposto la revoca parziale del contributo concessole in attuazione del P.O.P. 1994-1999- Fondo Feoga – Obiettivo 5° – Sottoasse 4.4 – misura 4.4.2; che tale sentenza era stata confermata dal Consiglio di Stato, Sezione V, con sentenza n. 1633 del 16 marzo 2011, con la quale la Regione Puglia era stata altresì condannata alle spese di lite.
Riferisce che in data 21 marzo 2011 aveva diffidato Regione Puglia a provvedere al pagamento del contributo oggetto della revoca parziale; che in riscontro l’Avvocatura regionale, con nota prot. n. 6099 del 24 marzo 2011, aveva invitato l’Ufficio Provinciale Agricoltura (U.P.A.) di Bari del Servizio Agricoltura delle Aree Politiche per lo Sviluppo Rurale della Regione resistente “a voler dare esecuzione alla suindicata sentenza contattando l’avv. d’Ambrosio al fine di stabilire le modalità  di pagamento delle somme dovute.”; che con nota prot. n. 60029 del 26 luglio 2011 il suddetto Ufficio Provinciale Agricoltura le aveva comunicato “che non sussistono possibili provvedimenti in merito, poichè questo Ufficio con determina n. 9 del 09.04.2002 ha revocato totalmente il contributo e richiesto la restituzione delle somme già  erogate per le motivazioni riportate nella predetta determina.”.
Aggiunge parte ricorrente di aver contestato le ragioni opposte dalla Regione alla mancata esecuzione della sentenza diffidandola, nel contempo, a provvedere entro il termine di trenta giorni con l’avvertimento che, in mancanza, sarebbe stata proposta azione di esecuzione; che con successiva nota prot. n. 85121 del 5 settembre 2011 lo stesso Ufficio Provinciale Agricoltura le aveva comunicato “che non sussistono possibili provvedimenti vista la Determina dirigenziale n. 9 del 09.04.2002, che ebbe a revocare totalmente il contributo e per la quale pende giudizio innanzi al Tribunale di Bari, giusta nota dell’avv. Andrea Gissi datata 08/09/2011”.
La Agroalimentare Pugliese s.r.l. ha quindi proposto il presente ricorso, ritualmente notificato in data 4 novembre 2011 e depositato nella Segreteria del Tribunale il 30 novembre 2011, con il quale ha chiesto l’esecuzione della sentenza della Sezione III di questo Tribunale n. 324 del 10 febbraio 2010, confermata dal Consiglio di Stato, Sezione V, con sentenza n. 1633 del 16 marzo 2011, depositata in giudizio in data 28 novembre 2011, notifica alla Regione Puglia munita di formula esecutiva; ha chiesto inoltre la dichiarazione di nullità  delle suddette note prot. n. 60029 del 26 luglio 2011 e prot. n. 85121 del 5 settembre 2011 dell’Ufficio Provinciale Agricoltura (U.P.A.) di Bari del Servizio Agricoltura delle Aree Politiche per lo Sviluppo Rurale della Regione Puglia in quanto da essa ritenute palesemente elusive del giudicato per cui è causa; la società  ricorrente ha chiesto altresì la nomina di un Commissario ad acta e la fissazione di una somma da porre a carico di parte resistente per ogni violazione successiva, ovvero per ogni ritardo nella esecuzione.
Si è costituita a resistere in giudizio la Regione Puglia; essa ha ribadito quanto rappresentato nelle sopra richiamate note, per le quali la ricorrente ha chiesto la dichiarazione di nullità , rappresentando altresì che nel giudizio pendente innanzi al Tribunale di Bari avverso la determina dirigenziale n. 9 del 9 aprile 2002, con la quale era stato revocato totalmente il contributo per cui è causa, era stata fissata l’udienza del 26 marzo 2012 per la precisazione delle conclusioni ed ha chiesto il rigetto del ricorso.
Entrambe le parti hanno prodotto documentazione.
Alla camera di consiglio del 26 gennaio 2012 la causa è stata chiamata e assunta in decisione.
Il ricorso è fondato e deve, pertanto,essere accolto.
Deve, infatti, essere accolta la domanda con cui parte ricorrente chiede l’esecuzione della sentenza della Sezione III di questo Tribunale n. 324 del 10 febbraio 2010, passata in giudicato, come peraltro ritenuto dall’Avvocatura regionale nella citata nota prot. n. 6099 del 24 marzo 2011, versata in atti da parte ricorrente, a nulla rilevando, a fronte del giudicato formatosi sulla sentenza stessa, l’attuale pendenza del giudizio innanzi al Tribunale di Bari avverso la determina dirigenziale di revoca totale del contributo per cui è causa n. 9 del 9 aprile 2002; ciò in quanto rimangono salvi i provvedimenti che l’Amministrazione riterrà  di adottare in conformità  alla pronuncia del Tribunale di Bari, a conclusione del giudizio avverso la determina dirigenziale n. 9 del 9 aprile 2002.
Il Collegio deve, conseguentemente, condannare la Regione Puglia al pagamento della relativa somma e precisamente l’importo di lire 1.163.025.000 – euro 600.639,37 – di cui alla determinazione n. 33 del 22 marzo 1999, comunicatale con nota prot. n. 8378 del 24 marzo 1999, annullata con la sentenza di cui si chiede l’esecuzione con l’odierno gravame, oltre agli interessi legali e rivalutazione monetaria dal 24 marzo 1999 fino al soddisfo, con ordine all’Amministrazione resistente di dare esecuzione alla predetta sentenza entro giorni trenta dalla notificazione ad istanza di parte o dalla comunicazione in via amministrativa della presente sentenza.
Decorso infruttuosamente il termine di cui sopra, ai medesimi adempimenti provvederà , sostitutivamente, in qualità  di Commissario ad acta, il Dirigente dell’Ufficio Finanziario della Prefettura di Bari, che entro sessanta giorni dalla scadenza del termine precedente darà  corso al pagamento, compiendo tutti gli atti necessari; a tal fine, il Commissario potrà  accedere agli atti dei vari uffici della Regione Puglia ed avvalersi dei relativi apparati burocratici ai cui titolari è fatto espresso obbligo di corrispondere, nei tempi minimi necessari, quanto richiesto.
Alla luce di quanto sopra, deve altresì essere accolta la domanda con cui parte ricorrente chiede la dichiarazione di nullità  delle note prot. n. 60029 del 26 luglio 2011 e prot. n. 85121 del 5 settembre 2011 dell’Ufficio Provinciale Agricoltura (U.P.A.) di Bari del Servizio Agricoltura delle Aree Politiche per lo Sviluppo Rurale della Regione Puglia, in quanto elusive del giudicato, in applicazione dell’art. 114, comma 4, lettera b), c.p.a., trattandosi di atti relativi all’esatta ottemperanza della sentenza di cui parte ricorrente ha chiesto l’esecuzione.
Il Collegio deva infine accogliere anche la richiesta, formulata dalla società  ricorrente, di applicazione nei confronti dell’amministrazione resistente della sanzione di cui all’art. 114, comma 4, lettera e), del codice del processo amministrativo.
Il Collegio, concordando con quanto già  ritenuto da questa Sezione con la sentenza n. 168 del 13 gennaio 2012, deve evidenziare che la norma citata ha introdotto, in via generale, nel processo amministrativo, l’istituto della cd. penalità  di mora, già  regolato per il processo civile, con riguardo alle sentenze aventi per oggetto obblighi di fare infungibile o di non fare, dall’art. 614 bis del codice di procedura civile, aggiunto dall’art. 49 della legge 18 giugno 2009, n. 69; in particolare il giudice, con la sentenza di ottemperanza, può fissare, salvo che ciò sia manifestamente iniquo, e se non sussistono altre ragioni ostative, su richiesta di parte, la somma di denaro dovuta dal resistente per ogni violazione o inosservanza successiva, ovvero per ogni ritardo nell’esecuzione del giudicato, con una statuizione costituisce titolo esecutivo.
Trattasi di una misura coercitiva indiretta a carattere pecuniario, modellata sulla falsariga dell’istituto francese dell’astreinte, che mira a vincere la resistenza del debitore, inducendolo ad adempiere all’ obbligazione sancita a sua carico dall’ordine del giudice; come di recente puntualizzato dal Consiglio di Stato (cfr. Sezione V, n. 6688 del 20 dicembre 2011), tale misura assolve ad una finalità  sanzionatoria e non risarcitoria in quanto non mira a riparare il pregiudizio cagionato dall’esecuzione della sentenza ma vuole sanzionare la disobbedienza alla statuizione giudiziaria e stimolare il debitore all’adempimento.
Riprova di questa qualificazione giuridica e connotazione funzionale dell’istituto è la circostanza che, nel dettare i criteri guida per la quantificazione dell’ammontare della sanzione, l’art. 614 bis, comma 2, del codice di procedura civile considera la misura del danno quantificato e prevedibile solo uno dei parametri di commisurazione in quanto prende in considerazione anche altri profili, estranei alla logica riparatoria, quali il valore della controversia, la natura della prestazione e ogni altra circostanza utile, tra cui si può annoverare il profitto tratto dal creditore per effetto del suo inadempimento.
Deve ritenersi che, nell’ambito del processo amministrativo, l’istituto presenti un portata applicativa più ampia che nel processo civile, in quanto l’art. 114, comma 4, lettera e), del codice del processo amministrativo non ha riprodotto il limite, stabilito della norma di rito civile, della riferibilità  del meccanismo al solo caso di inadempimento degli obblighi aventi per oggetto un non fare o un fare infungibile.
Tale soluzione va ricondotta alla peculiarità  del rimedio dell’ottemperanza che, grazie al potere sostitutivo esercitabile dal giudice in via diretta o mediante la nomina di un commissario ad acta, non sconta, a differenza del giudizio di esecuzione civile, l’ostacolo della non surrogabilità  degli atti necessari al fine di assicurare l’esecuzione in re del precetto giudiziario. Ne deriva che, nel sistema processual-amministrativo, lo strumento in esame non mira a compensare gli ostacoli derivanti dalla non diretta coercibilità  degli obblighi di contegno sanciti dalla sentenza del giudice civile mentre del rimedio processual-civilistico condivide la generale finalità  di dissuadere il debitore dal persistere nella mancata attuazione del dovere di ottemperanza.
Nel caso in esame risultano sussistenti i tre presupposti stabiliti dal citato art. 114 c.p.a. per l’applicazione della sanzione: quello positivo della richiesta di parte, formulata con il ricorso, e quelli negativi dell’insussistenza di profili di manifesta iniquità  e della non ricorrenza di altre ragioni ostative.
Infatti la protrazione dell’inadempimento dell’amministrazione, a fronte della pronuncia confermativa del Consiglio di Stato, Sezione V, n. 1633 del 16 marzo 2011, unitamente alla non particolare complessità  degli obblighi comportamentali imposti dalla sentenza da eseguire, consentono di escludere profili di manifesta iniquità  nell’applicazione della norma in questione.
Sotto altro profilo non risultano comprovate e neanche dedotte specificatamente, da parte dell’amministrazione, altre ragioni ostative all’applicazione della sanzione pecuniaria.
Venendo al quantum, facendo riferimento, in difetto di disposizione sul punto da parte del codice del processo amministrativo, ai parametri di cui all’art. 614 bis del codice di procedura civile, si deve invece reputare congrua, in ragione della gravità  dell’inadempimento, del valore della controversia, della natura della prestazione, dell’entità  del danno e delle altre circostanze, oggettive e soggettive, del caso concreto, la misura di € 100 (euro cento) al giorno, da corrispondere per ogni giorno di ritardo nell’esecuzione della sentenza rispetto al termine prima assegnato di trenta giorni dalla notificazione o comunicazione di questa decisione.
La sanzione pecuniaria prenderà , quindi, a decorrere dal trentunesimo giorno e fino all’effettivo pagamento ad opera dell’amministrazione o del Conmmissario ad acta.
Le spese, secondo la regola della soccombenza, devono porsi a carico della parte resistente, nell’importo liquidato nel dispositivo.
Le spese per l’eventuale funzione commissariale andranno poste a carico della Regione Puglia, nell’importo liquidato nel dispositivo, che il Commissario ad acta potrà  esigere all’esito dello svolgimento della funzione commissariale.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Terza) lo accoglie nei sensi di cui in motivazione, dichiarando l’obbligo del Comune di Ruvo di Puglia di dare esecuzione, nel termine e nei limiti di cui in motivazione, alla sentenza della Sezione III di questo Tribunale n. 324 del 10 febbraio 2010, entro giorni 30 dalla comunicazione o notificazione, se anteriore, della presente sentenza.
Per il caso di ulteriore inottemperanza nomina Commissario ad acta il Dirigente dell’Ufficio Finanziario della Prefettura di Bari, che provvederà  nei sensi e nei termini di cui in motivazione.
Dichiara la nullità  delle note prot. n. 60029 del 26 luglio 2011 e prot. n. 85121 del 5 settembre 2011 dell’Ufficio Provinciale Agricoltura (U.P.A.) di Bari del Servizio Agricoltura delle Aree Politiche per lo Sviluppo Rurale della Regione Puglia.
Condanna altresì la Regione Puglia, in caso di ulteriore inottemperanza, al pagamento, in favore della Agroalimentare Pugliese s.r.l., delle somme in motivazione specificate a titolo di sanzione pecuniaria ex art. 114, comma 4, lettera e), del codice del processo amministrativo;
Condanna la Regione Puglia al pagamento in favore di parte ricorrente delle spese di lite, che si liquidano in € 4.000,00 (euro quattromila/00).
Liquida nella somma complessiva di € 1.000,00 (euro mille/00), a carico dell’amministrazione resistente, il compenso che dovrà  corrispondersi al commissario ad acta per il caso in cui, ove la Regione Puglia non ottemperi, si dovesse rendere necessario lo svolgimento della funzione sostitutoria.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità  amministrativa.
 

Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 26 gennaio 2012 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Pietro Morea, Presidente
Giuseppina Adamo, Consigliere
Rosalba Giansante, Referendario, Estensore
 
 
 
 

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 09/02/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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