1. Procedimento amministrativo – Nullità del provvedimento amministrativo – Ex art. 21 septies della L. n. 241 del 1990 – Omessa indicazione della data e del luogo di emissione – Irrilevante
2. Pubblica sicurezza – Domanda di emersione del lavoro irregolare – Ex lege n. 102 del 2009 – Precedenti penali – Dichiarazione di estinzione del reato – Diniego Sanatoria – Legittimità
3. Giustizia e Processo – Questione illegittimità costituzionale art. 1 ter com. 13 lett. C della L. n. 102 del 2009 – Infondatezza -Violazione di fattispecie criminose di diversa gravità – Stessa conseguenza – Diniego sanatoria
1. Non può dichiararsi la nullità di un provvedimento amministrativo che risulti mancante della data e del luogo di emissione dello stesso, atteso che questi elementi non appaiono indispensabili perchè l’atto sia portato ad esecuzione.
2. Deve considerarsi legittimo il diniego di sanatoria ex lege n. 102 del 2009 opposto dalla Prefettura, Sportello Unico per l’Immigrazione, sul presupposto che lo straniero, nel cui interesse sia avanzata la domanda di emersione, abbia riportato precedenti penali, ciò anche nel caso in cui intervenga una dichiarazione di estinzione dei reati per il quale lo stesso sia stato condannato. Invero tale dichiarazione, a differenza della riabilitazione, non dimostra che il reo, avendo stabilmente cambiato vita o comunque essendosi allontanato definitivamente dalle situazioni che l’avevano indotto a delinquere, abbia acquistato una piena credibilità ed affidabilità .
3. E’ infondata la questione di illegittimità costituzionale dell’art. 1 ter, com. 13 lett. C della L. n. 102 del 2009 che considera ostativi al rilascio del “permesso di soggiorno in sanatoria” qualsiasi reato commesso dallo straniero, poichè anche la consumazione di fattispecie criminose di modesta gravità testimonia la propensione a delinquere del soggetto, che appare inaccettabile nell’ambito di un rapporto di lavoro che di fatto mette un domicilio o una persona nella disponibilità del prestatore di lavoro.
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Vedi Cons. di Stato, sez. III, sentenza 19 dicembre 2012, n. 6537 – 2012; ordinanza interlocutoria 14 settembre 2012 n. 3774 – 2012; ric. n. 5856 – 2012;
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N. 00204/2012 REG.PROV.COLL.
N. 01766/2011 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 1766 del 2011, proposto da:
Marine Leshkasheli, rappresentato e difeso dall’avv. Uljana Gazidede, con domicilio eletto presso Uljana Gazidede in Bari, via Calefati, 269;
contro
U.T.G. – Prefettura di Bari, Ministero dell’Interno, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Distr.le Stato Di Bari, domiciliata per legge in Bari, via Melo, 97;
per l’annullamento
– del provvedimento della Prefettura di Bari – UTG Sportello Unico per l’Immigrazione, Prot. n. P-BA/L/N/2009/102585, comunicato mediante lettera raccomandata il 26.07.2011, con cui è stata rigettata alla ricorrente la domanda di emersione (si allega copia del decreto di rigetto della dichiarazione di emersione- doc. n. 2);
– del parere non favorevole espresso dalla Questura di Bari, mai notificato;
– nonchè di ogni altro atto comunque connesso e/o collegato con i provvedimenti di cui innanzi.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di U.T.G. – Prefettura di Bari e di Ministero dell’Interno;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 16 novembre 2011 il dott. Roberta Ravasio e uditi per le parti i difensori avv. Simona De Napoli, su delega dell’avv. U. Gazidede e avv. dello Stato I. Sisto;
Sentite le stesse parti ai sensi dell’art. 60 cod. proc. amm.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con il ricorso in epigrafe indicato la signora Marine Leshkasheli impugna il provvedimento con il quale la Prefettura di Bari, Sportello Unico per l’Immigrazione, ha determinato di non accogliere la domanda di emersione ex L. 102/09 presentata dalla datrice di lavoro della ricorrente, e ciò sul presupposto che la signora Leshkasheli ha un precedente penale per violazione degli artt. 110, 625 e 625 c.p.
Sostiene la ricorrente che il provvedimento impugnato sarebbe nullo per carenza degli elementi essenziali dell’atto, nonchè illegittimo per violazione degli artt. 7 e segg. nonchè dell’art. 10 bis L. 241/90, per difetto di istruttoria e contraddittorietà della motivazione
La ricorrente deduce inoltre la violazione ed errata applicazione dell’art. 1 ter, comma 13, lett. C) della legge n.102/2009, la violazione ed errata applicazione dell’art. 1 ter, comma 7 del D.L. n.78/2009 convertito nella legge n. 102/2009, eccesso di potere per illogicità , carenza di istruttoria e di motivazione, in relazione alla intervenuta estinzione del reato in relazione al quale ha riportato il precedente penale menzionato nel provvedimento penale.
Infine la ricorrente deduce l’illegittimità del provvedimento impugnato in quanto applicativo dell’art. 1 ter comma 13 lett. C) della L. 102/09 del D.L. n. 78/2009, convertito nella legge n. 102/2009, norma da considerarsi costituzionalmente illegittima nella misura in cui non consente di valutare, caso per caso, la effettiva pericolosità dello straniero, esponendolo ad una sazione che vìola i principi di proporzionalità e ragionevolezza nonchè di parità di trattamento, dal momento che alla violazione di reati di diversa gravità la norma in questione fa discendere sempre la stessa conseguenza dannosa, e cioè il diniego di sanatoria.
Si sono costituiti in giudizio per resistere al ricorso la Prefettura ed il Ministero dell’Interno.
Alla camera di consiglio del 16 novembre 2011 il ricorso è stato introitato a decisione.
Esso non merita di essere accolto.
Preliminarmente va affermata la infondatezza del primo motivo di ricorso, a mezzo del quale si denuncia la nullità dell’atto impugnato, ex art. 21 septies L. 241/90, in quanto lo stesso non indica il luogo e la data della sua adozione. A tacer del fatto che tali elementi non appaiono essenziali perchè l’atto di che trattasi sia portato ad esecuzione, osserva il Collegio come il luogo di emissione sia implicito nella indicazione della sede della Autorità emanante, che nel caso di specie è la Prefettura di Bari, mentre la data è visibile in fondo alla prima facciata del provvedimento stesso, nell’angolo di sinistra, laddove si legge “12/07/2010 12:16”. In presenza di siffatti elementi costituiva, semmai, onere della ricorrente dimostrare che il provvedimento impugnato era stato adottato in luogo e data differenti.
Passando alla disamina delle ulteriori doglianze il Collegio rileva quanto segue.
Con sentenza n. 167 del 20 ottobre 2005, divenuta definitiva il 14 gennaio 2006, il Tribunale penale di Bari – Sezione distaccata di Rutigliano, ha applicato alla signora Marine Leshkasheli, ai sensi dell’art. 444 c.p.p., la pena di mesi tre di reclusione oltre ad euro 100,00 di multa per la violazione degli artt. 110, 624 e 625 c.p.p., con beneficio della sospensione condizionale della pena. Risulta inoltre che con ordinanza del 25 maggio 2011 il medesimo Giudice ha dichiarato estinto il reato oggetto della sopra indicata sentenza, constando che nel quinquennio successivo al passaggio in giudicato di essa la ricorrente non ha commesso altri reati.
Orbene, il Collegio rileva che la dichiarazione di estinzione di un reato per il quale un soggetto sia stato giudicato non equivale ad una dichiarazione di riabilitazione, la quale consegue ad una speciale procedura nel corso della quale vengono svolti, tramite gli organi di polizia giudiziaria, vari accertamenti, finalizzati a stabilire se il soggetto, avendo stabilmente cambiato vita o comunque essendosi allontanato definitivamente dalle situazioni che l’avevano indotto a delinquere, abbia acquistato una piena credibilità ed affidabilità . La dichiarazione di estinzione di un reato, che invece consegue alla semplice presa d’atto che il soggetto non risulta aver riportato altri precedenti nè avere carichi pendenti , non può quindi esplicare la medesima efficacia, giacchè – a tacer del fatto che tale dichiarazione potrebbe sempre essere smentita dalla successiva scoperta di fatti di reato risalenti ma non ancora segnalati – nulla dice in ordine alla attuale vita, personalità e frequentazioni del soggetto. Per tali ragioni il Collegio non condivide la Giurisprudenza richiamata nel ricorso introduttivo del giudizio, la quale ha ritenuto di poter equiparare la dichiarazione di estinzione del reato alla riabilitazione.
Va quindi respinto il terzo motivo di ricorso, a mezzo del quale si lamenta che la Prefettura non abbia tenuto conto della intervenuta dichiarazione di estinzione del reato, che peraltro risale ad epoca posteriore al provvedimento impugnato.
Quanto alla asserita incostituzionalità dell’art. 1 ter comma 13 lett. C) della L. 102/09 del D.L. n. 78/2009, convertito nella legge n. 102/2009, osserva il Collegio che il fatto che la norma in questione finisca per trattare allo stesso modo soggetti che abbiano dimostrato una propensione a delinquere anche molto diversa, a tutti negando l’accesso alla sanatoria anche in presenza di precedenti per reati “bagatellari”, dipende unicamente dalla circostanza che non sono date alternative al diniego della sanatoria, di guisa che, una volta stabilito che determinati reati minori sono ostativi al rilascio del permesso di soggiorno di cui alla L. 102/09, non è neppure ipotizzabile un diverso e più grave trattamento – se non quello previsto dalla legge penale – per coloro che abbiano precedenti per i reati più gravi.
Il Collegio ritiene poi manifestamente infondata la questione di costituzionalità della norma anche nella misura in cui nega l’accesso alla sanatoria anche a coloro che abbiano precedenti per reati minori o comunque puniti in concreto con pene contenute, non consentendo di valutare, in base alla tipologìa del reato od alla pena inflitta in concreto, la effettiva pericolosità sociale del soggetto.
Al proposito è agevole osservare che la sanatoria di cui alla L. 102/09 costituisce un istituto di carattere eccezionale, accessibile solo agli stranieri che risultino aver già in corso, alla data di entrata in vigore della legge, un rapporto di lavoro quale collaboratore domestico o badante: non si tratta quindi di una sanatoria generale per tutti gli extracomunitari clandestinamente introdottisi nel territorio dello Stato. Tale constatazione denuncia che la ratio della L. 102/09 non è tanto di consentire la regolarizzazione di questi stranieri, quanto piuttosto quella di far fronte alla carenza di queste figure professionali, che sono ormai molto diffuse e necessarie anche nell’ambito di famiglie a modesto tenore di vita, e che ormai da decenni solo i cittadini extracomunitari sono disponibili ad offrire a tempo pieno e spesso alle tariffe minime sindacali.
Considerato dunque che non si tratta di una sanatoria nell’interesse esclusivo o precipuo dei cittadini extracomunitari e che viene in considerazione un rapporto di lavoro caratterizzato da lunghe permanenze nel domicilio privato del datore di lavoro nonchè, spesso, da situazioni di minorata difesa dello stesso – a cagione di problemi di salute, della età o della solitudine – il Collegio rileva come condivisibilmente il legislatore abbia individuato le fattispecie di reato ostative alla sanatoria senza distinguere tra le forme di reato più o meno gravi: ed invero la consumazione di reati anche di modesta gravità è comunque indice di una propensione a delinquere che appare inaccettabile nell’ambito di un rapporto di lavoro che di fatto mette un domicilio o una persona nella disponibilità del prestatore di lavoro, il quale deve pertanto offrire garanzie di massima credibilità . D’altra parte un sistema che avesse consentito di valutare caso per caso la concreta pericolosità sociale del soggetto avrebbe comportato un aggravio dei procedimenti ed un allungamento dei tempi di decisione, incompatibile con le finalità perseguite dalla sanatoria e con l’interesse dello Stato a perseguire in tempi rapidi i cittadini extracomunitari non meritevoli di soggiornarvi.
Conclusivamente il Collegio ritiene che la questione di costituzionalità sollevata in ricorso introduttivo sia manifestamente infondata.
Consegue da quanto sopra esposto che il provvedimento impugnato ha correttamente negato alla ricorrente la sanatoria ex L. 102/09 sulla base del precedente penale di cui sopra si è dato conto, che ha valenza dirimente.
Ai sensi dell’art. 21 octies L. 241/90, che è espressione di un principio di valenza generale, in ossequio al quale non si deve annullare il provvedimento viziato quando sia evidente che la amministrazione lo potrebbe legittimamente reiterare pur dopo l’annullamento pronunciato in via giurisdizionale, possono essere disattese anche le ulteriori censure articolate in ricorso introduttivo, afferenti la violazione delle garanzie procedimentali nonchè l’illegittimità dell’atto impugnato per contraddittorietà e difetto di motivazione.
Il ricorso va conclusivamente respinto.
La particolarità delle questioni trattate giustifica, tuttavia, la compensazione delle spese del giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Seconda) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 16 novembre 2011 con l’intervento dei magistrati:
Sabato Guadagno, Presidente
Antonio Pasca, Consigliere
Roberta Ravasio, Referendario, Estensore
L’ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 20/01/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)