1. Edilizia e urbanistica – Permesso di costruire – Art. 38 t.u. edilizia – Interpretazione
2. Edilizia e urbanistica – Permesso di costruire – Annullamento giurisdizionale titolo abilitativo edilizio – Adozione misure ripristinatorie – Discrezione Amministrazione
3. Edilizia e urbanistica – Permesso di costruire – Annullamento giurisdizionale titolo abilitativo – Art. 38 t.u. edilizia – Conseguenze
4. Edilizia e urbanistica – Permesso di costruire – Vicini controinteressati – Comunicazione di avvio del procedimento ex art. 7, l. n. 241 del 1990 – Aggravio procedimentale – Ragioni

1. L’art 38 t.u. edilizia rappresenta “speciale norma di favore” (T.A.R. Campania Napoli Sez. II 14 febbraio 2011, n.932) che differenzia sensibilmente la posizione di colui che abbia realizzato l’opera abusiva sulla base di titolo annullato rispetto a coloro che hanno realizzato opere parimenti abusive senza alcun titolo (Consiglio di Stato Adunanza Plenaria 23 aprile 2008, n.4, T.A.R. Campania Napoli, Sez. II, 14 febbraio 2011 n.932), tutelando l’affidamento del privato a poter conservare l’opera realizzata.
2. A seguito di annullamento giurisdizionale di titolo abilitativo edilizio l’Amministrazione non può dirsi vincolata ad adottare misure ripristinatorie, dovendo anzi tale scelta tipicamente discrezionale essere adeguatamente motivata (T.A.R. Abruzzo Pescara,  Sez. I, 11 marzo 2008 n.157, Consiglio di Stato, Sez. IV, 16 marzo 2010, n.1535) quale “extrema ratio” (Consiglio di Stato, Sez. IV, 16 marzo 2010, n.1535) privilegiando ogni volta che ciò sia possibile, la riedizione del permesso di costruire emendato dai vizi riscontrati (Consiglio di Stato,  Sez. IV, 10 aprile 2008 n.1546).
3. A seguito dell’annullamento giurisdizionale, ben possono il privato interessato e l’Autorità  comunale ricondurre a legalità  l’intervento edilizio abusivo (rectius parzialmente abusivo) ed in coerenza con il canone di azione codificato dall’art 38, procedere ove possibile alla rimozione dei vizi del procedimento, ovvero applicare in luogo della sanzione ripristinatoria, la misura riparatoria pecuniaria (T.A.R. Campania Napoli, Sez. II, 14 febbraio 2011, n.932).
4. I vicini controinteressati rispetto al rilascio della concessione edilizia non sono annoverabili tra i soggetti destinatari, ai sensi dell’art. 7, l. n. 241 del 1990, della comunicazione di avvio del procedimento per il rilascio di un titolo edilizio (anche in sanatoria), poichè l’invocata estensione ad essi della predetta comunicazione comporterebbe un aggravio procedimentale in contrasto con i principi di economicità  e di efficienza dell’attività  amministrativa (Consiglio Stato, Sez. IV, 31 luglio 2009, n. 4847; T.A.R. Trentino Alto Adige Trento, Sez. I, 14 ottobre 2010, n. 194; T.A.R. Campania Napoli, Sez. VIII, 12 aprile 2010, n. 1918; T.A.R. Campania Salerno, Sez. II, 16 dicembre 2009, n. 7921), secondo un orientamento “anche qualora si tratti di soggetti in precedenza oppostisi all’attività  edilizia del proprietario confinante” (così T.A.R. Campania Napoli, Sez. VIII, 12 aprile 2010, n. 1918).
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Vedi Cons. di Stato, sez. IV, sentenza 17 settembre 2012 n. 4923 – 2012; ric. n. 1957 – 2012                
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N. 00187/2012 REG.PROV.COLL.
N. 01974/2010 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1974 del 2010, proposto da: 
“Se.Ge.Co. s.r.l.”in persona del legale rappresentante pro tempore rappresentata e difesa dall’avv. Giovanni D’Innella, con domicilio eletto presso Giovanni D’Innella in Bari, via N. Putignani n.136; 

contro
Comune di Cassano delle Murge in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Tommaso Milella, con domicilio eletto presso Nicolo’ De Marco in Bari, via Abate Gimma, 189; 

nei confronti di
“Varvara s.r.l.” in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. Felice Eugenio Lorusso, con domicilio eletto presso Felice Eugenio Lorusso in Bari, via Amendola N.166/5; 

per l’annullamento
previa sospensiva
1) del permesso di costruire n. 64/10 del 23.9.2010, rilasciato dal Comune di Cassano delle Murge alla società  “Varvara s.r.l.” avente ad oggetto: “Edificio da adibire a civile abitazione sito in via Leo”;
2) di ogni altro atto presupposto, conseguenziale e/o connesso, comunque lesivo, ancorchè non conosciuto.
 

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Cassano delle Murge e della controinteressata “Varvara s.r.l.”;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 1 dicembre 2011 il dott. Paolo Amovilli e uditi per le parti i difensori l’avv. Giovanni D’Innella, per la parte ricorrente; l’avv. Felice Eugenio Lorusso, per il Comune resistente.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 

FATTO e DIRITTO
1. Espone la società  ricorrente in qualità  di proprietaria di fabbricato confinante, che la “Varvara s.r.l.” odierna controinteressata, otteneva dal Comune di Cassano Murge il permesso di costruire n.63/2006 del 26 maggio 2009 per la realizzazione di costruzione composta da tre edifici in unico corpo di fabbrica, ciascuno composto da tre piani, oltre ai piani interrati e seminterrati, sul terreno contraddistinto catastalmente al Fg.38 mapp 1744 e 1749.
Con sentenza n.3270 del 30 luglio 2010 – oggetto di appello da parte dell’odierna controinteressata tutt’ora pendente – la II Sezione di questo Tribunale, previa verificazione, annullava il suddetto titolo edilizio in accoglimento del ricorso proposto dall’odierna ricorrente, ravvisando la violazione dei limiti di altezza secondo i criteri di cui all’art 3 NTA, non potendosi far riferimento ai piani di campagna convenzionalmente individuati o artificialmente realizzati, bensì al piano determinato dal naturale andamento del terreno, e accertando la realizzazione di piano seminterrato con altezza di circa mezzo metro superiore a quella assentibile fuori terra, e superamento conseguente dell’altezza massima consentita per il fabbricato.
In seguito, la società  “Varvara” al fine di completare la parte dell’edificio in parte già  realizzata, provvedeva con istanza del 10 settembre 2010 a richiedere nuovo permesso di costruire nella parte non contrastante con le statuizioni di cui alla sent. 3270/2010, peraltro da essa appellata; con provvedimento n.64/2010 il Comune di Cassano delle Murge rilasciava il titolo edilizio, nella parte non contrastante con la sentenza.
In particolare il nuovo titolo edilizio non riguardava i due appartamenti già  realizzati al terzo livello (secondo piano) bensì soltanto: – la superficie seminterrata, i tre appartamenti al piano terra e tre appartamenti al primo piano relativi al primo vano scala prospiciente via Leo; – la realizzazione del corpo di fabbrica relativo al secondo vano scala prospiciente via Leo.
Con ricorso notificato il 2 dicembre 2010 ritualmente depositato, l’odierna ricorrente come sopra rappresentata e difesa, impugna anche il suddetto permesso di costruire 64/2010, chiedendone l’annullamento, deducendo le seguenti articolate censure:
I. Violazione art 7 l.241/90; difetto di istruttoria.
II. Violazione art 36 e 38 d.p.r. 380/2001; eccesso di potere per carenza di istruttoria, travisamento ed erronea valutazione dei fatti, arbitrarietà , illogicità  ed ingiustizia manifesta.
III. Violazione art 22.2 NTA PRG Comune di Cassano delle Murge; eccesso di potere per carenza di istruttoria, travisamento ed erronea valutazione dei fatti, arbitrarietà , illogicità  ed ingiustizia manifesta, inosservanza delle disposizioni delle suindicate NTA.
IV. Violazione art 90 d.p.r. 380/2001, Capitolo 8 d.m. Infrastrutture 14 gennaio 2008, “Circolare esplicativa d.p.r. 380/2001 art 65, 67, 93, 94, 98, 100. Adempimenti afferenti il deposito di progetti di costruzioni in zona sismica. Semplificazione amministrativa”; eccesso di potere per carenza di istruttoria, travisamento ed erronea valutazione dei fatti, arbitrarietà , illogicità  ed ingiustizia manifesta, falsità  dei presupposti.
Sosteneva in necessaria sintesi la difesa della ricorrente l’illegittimità  anche del nuovo titolo abilitativo, autorizzando il Comune la reiterazione dell’intervento edilizio già  oggetto della sentenza n.3270/2010 di annullamento, non passata in giudicato ma comunque tutt’ora efficace perchè non sospesa in appello. Con il nuovo permesso di costruire veniva infatti stralciata idealmente la parte di manufatto accertata come abusiva, assentendo il mantenimento ed il completamento dei piani sottostanti, di fatto autorizzando opere su manufatti illegittimi, che dovrebbero essere demoliti ai sensi degli art 36 e 38 del vigente t.u. edilizia approvato con d.p.r. 6 giugno 2001 n.380. Sul piano più strettamente procedimentale, denunziava l’omissione del contraddittorio istruttorio, da ritenersi necessario in seguito alla sentenza n.3270/2010 resa nei confronti della ricorrente, idonea a differenziare la posizione della Se.Ge.Co. rispetto a quella generica di qualsiasi proprietario confinante.
Si costituiva la controinteressata “Varvara s.r.l.” eccependo preliminarmente il radicale difetto di interesse essendo le doglianze dedotte prive di autonomia e strettamente connesse a quelle già  esaminate dalla sentenza n.3270/2010. Quanto al merito, evidenziava l’infondatezza della pretesa demolitoria, fondata su di una erronea ricostruzione della statuizione pur non passata in giudicato di questo Tribunale, che secondo la ricorrente investirebbe l’illegittimità  del titolo edilizio 63/2006 nel suo complesso, e non limitatamente alla parte relativa al superamento dei limiti di altezza. Prospettava la società  Varvara che l’impugnato permesso di costruire 64/2010 costitusce invece coerente attuazione della sentenza, lasciando intatto il terzo livello dell’opera in questione, e consentendo di portare a termine la realizzazione delle porzioni legittime, nelle more della definizione del giudizio di merito. Rilevava infine come ai sensi dello stesso art 38 d.p.r. 380/2001 l’annullamento di un titolo edilizio non comporta alcun automatico effetto ripristinatorio, dovendo l’Amministrazione motivatamente valutare in alternativa la possibilità  della rimozione dei vizi oltre che la stessa possibilità  del ripristinoante operam, mediante applicazione in alternativa di sanzione pecuniaria.
Si costituiva il Comune di Cassano delle Murge, replicando in sostanza le argomentazioni difensive di parte controinteressata, ivi compresa l’eccezione di carenza di interesse attuale e concreto al ricorso.
Con ordinanza n.82/2011 resa all’esito della Camera di Consiglio del 13 gennaio 2011, questa Sezione respingeva l’istanza cautelare, rilevando pur ad un sommario esame: – che la sentenza 3270/2010 resa inter partes ha annullato il precedente permesso a costruire n.63/2006 limitatamente al profilo della violazione dei limiti di altezza, non investendo quindi l’intervento edilizio nel suo complesso; – che il titolo edilizio n. 64/2010 concerne opere sullo stesso fabbricato atte a completare le parti già  parzialmente realizzate e non direttamente interessate dall’effetto demolitorio di cui alla sentenza n.3270/2010; – che nelle more del giudizio di appello, risulta possibile per il Comune autorizzare il completamento dei suesposti lavori a rischio e pericolo dell’odierna controinteressata, esponendosi all’esercizio dell’eventuale potere sanzionatorio comunale in ipotesi di passaggio in giudicato della sentenza n.3270/2010, secondo i criteri ed i limiti di cui all’art 38 t.u. edilizia.
La IV Sezione del Consiglio di Stato con ordinanza 1779/2011 accoglieva l’appello cautelare della “Se.Ge.Co” , rilevando per la complessità  delle questioni trattate la necessità  di approfondimenti nella sede di merito, sollecitando la fissazione dell’udienza pubblica per la discussione nel merito.
All’udienza pubblica del 1 dicembre 2011 la causa veniva trattenuta per la decisione.
2. Ritiene il Collegio, preliminarmente, di dover partire dall’esame delle statuizioni dispositive e conformative di cui alla sent n.3270/2010, il cui contenuto non è oggetto di interpretazione concorde tra le parti, ma che questo giudice deve ricostruire, trattandosi di questione evidentemente pregiudiziale in senso logico.
La sent. n. 3270/2010 di annullamento del permesso di costruire n.63/2006 rilasciato in favore della “Varvara” in accoglimento del ricorso proposto da “Se.Ge.Co”. ha ritenuto condivisibili le conclusioni di cui alla disposta verificazione in punto di non conformità  tra la normativa di cui alle NTA e il progetto assentito quanto alla individuazione dei criteri per la misurazione delle altezze massime ammissibili, dovendosi intendere per livello del sito circostante “comunque sistemato”soltanto quello determinato dall’andamento naturale del terreno, in pendenza sia in senso longitudinale che trasversale. Risulta infatti un piano seminterrato di circa 1,5 mt avente altezza di circa mezzo metro superiore a quella assentibile fuori terra (90 cm.).
Diversamente dalla tesi di parte ricorrente, la sentenza n.3270/2010, da interpretarsi evidentemente non solo sulla base del dispositivo ma anche alla luce di tutte le statuizioni che lo presuppongono(exmultis T.A.R. Lazio-Roma, sez. III, 24 giugno 2010, n. 20896) pur annullando il titolo edilizio, non accerta l’illegittimità  dell’intervento edilizio nel suo complesso, bensì nella sola parte relativa al superamento dell’altezza massima consentita per il fabbricato, in relazione alla difforme realizzazione del piano seminterrato.
Ne consegue ad avviso del Collegio, come si dirà  meglio in seguito, che non discende dall’annullamento del primo permesso a costruire alcun effetto preclusivo in ordine a qualsiasi attività  edificatoria sul fabbricato per cui è causa, potendo l’Autorità  comunale senza violare i criteri conformativi di cui in sentenza, autorizzare il completamento dei lavori rimasti ineseguiti relativamente al primo ed al secondo livello del fabbricato, nelle more della definizione del giudizio di appello.
3. Ciò premesso, deve essere parzialmente respinta l’eccezione in rito di inammissibilità  per difetto di interesse.
Con il ricorso in epigrafe parte ricorrente lamenta censure soltanto in parte coincidenti con quelle già  esaminate e decise con la sentenza 3270/2010, da ritenersi inammissibili ostandosi il divieto del “ne bis in idem” (T.A.R. Calabria Catanzaro, sez. II, 07 marzo 2011, n. 327, T.A.R. Lazio Roma, sez. III, 06 maggio 2010, n. 9939) e mantendendo comunque interesse a contrastare l’avversato intervento edilizio, secondo il consueto criterio della “vicinitas”, per quanto temperato dalla costante più recente giurisprudenza di questa Sezione (ex multis sent. n.4217 del 16 dicembre 2010)
Vanno pertanto dichiarate inammissibili solamente le censure sub III in tema di violazione delle altezze degli edifici.
Quanto alle rimanenti doglianze, va invece affermato l’interesse attuale e concreto della ricorrente ala decisione del gravame, con conseguente rigetto dell’eccezione di inammissibilità .
4. Nel merito il ricorso è infondato e va respinto.
4.1 Come preliminarmente evidenziato, dalla sentenza n.3270/2010 non discende alcun effetto preclusivo in ordine al completamento dell’intervento edilizio oggetto dell’istanza della ricorrente, in relazione alle parti legittime e non incise dalla statuizione di annullamento. Diversamente opinando la statuizione giurisdizionale di annullamento del primo titolo edilizio comporterebbe uno sproporzionato quanto ingiustificato arresto di ogni iniziativa edilizia sino al definitivo esito del giudizio di merito, in difformità  dallo stesso art 38 t.u. edilizia in materia di interventi eseguiti in base a permesso annullato.
Infatti, il citato art 38 rappresenta “speciale norma di favore” (T.A.R. Campania Napoli sez II 14 febbraio 2011, n.932) che differenzia sensibilmente la posizione di colui che abbia realizzato l’opera abusiva sulla base di titolo annullato rispetto a coloro che hanno realizzato opere parimenti abusive senza alcun titolo (Consiglio di Stato Adunanza Plenaria 23 aprile 2008, n.4, T.A.R. Campania Napoli sez II 14 febbraio 2011 n.932), tutelando l’affidamento del privato a poter conservare l’opera realizzata. In tale ambito, a seguito di annullamento giurisdizionale di titolo abilitativo edilizio – secondo il prevalente indirizzo giurisprudenziale da cui il Collegio non ha motivo di discostarsi – l’Amministrazione non può dirsi vincolata ad adottare misure ripristinatorie, dovendo anzi tale scelta tipicamente discrezionale essere adeguatamente motivata (T.A.R. Abruzzo Pescara sez I 11 marzo 2008 n.157, Consiglio di Stato sez IV 16 marzo 2010, n.1535) quale “extrema ratio” (Consiglio di Stato sez IV 16 marzo 2010, n.1535) privilegiando ogni volta che ciò sia possibile, la riedizione del permesso di costruire emendato dai vizi riscontrati (Consiglio di Stato sez IV 10 aprile 2008 n.1546).
Pertanto a seguito dell’annullamento giurisdizionale (peraltro non definitivo) ben possono il privato interessato e l’Autorità  comunale ricondurre a legalità  l’intervento edilizio abusivo (rectiusparzialmente abusivo) ed in coerenza con il canone di azione codificato dall’art 38, procedere ove possibile alla rimozione dei vizi del procedimento, ovvero applicare in luogo della sanzione ripristinatoria, la misura riparatoria pecuniaria (T.A.R. Campania Napoli sez II 14 febbraio 2011, n.932).
Nella fattispecie per cui è causa, la parziale illegittimità  dell’intervento edilizio assentito con il primo permesso a costruire annullato con sentenza 3270/2010 lascia intatta la discrezionalità  del Comune di adottare misure volte ad assicurare l’adeguamento della situazione di fatto alla disciplina edilizia violata, qui consistente nella violazione dell’altezza massima dell’edificio a causa di erroneo computo dei criteri per determinare l’altezza del fabbricato, contemperando in modo nè illogico e/o irrazionale l’interesse dell’odierna controinteressata alla realizzazione delle rimanenti opere (afferenti il primo ed il secondo livello del fabbricato) comunque già  iniziate ed estranee dai profili di abusività  riscontrati, con espressa salvezza di ulteriori provvedimenti per quanto concerne l’ultimo livello del realizzato edificio.
Del resto, in ipotesi di riforma della sentenza n.3270/2010 in appello, l’odierna controinteressata vedrebbe riespandersi il proprio diritto al completamento dell’intervento edilizio nel suo complesso, mentre in ipotesi di conferma della decisione di primo grado, la medesima potrebbe chiedere ed ottenere l’irrogazione di sanzione pecuniaria in luogo della riduzione in pristino ex art 38 d.p.r. 380/2001, in ossequio a basilari ragioni di adeguatezza, ragionevolezza e proporzionalità , dovendosi conseguire l’interesse pubblico perseguito con il minor sacrificio per l’interessato.
Di tale percorso argomentativo vi è chiara traccia nel provvedimento di rilascio del titolo edilizio qui impugnato, laddove ha consentito la prosecuzione dei lavori limitatamente alla parte non contrastante con quanto statuito dalla sent 3270/2010, con ciò in definitiva se non dando attuazione alla medesima, rinnovando il procedimento di rilascio del titolo edilizio senza violarne i relativi criteri conformativi.
Parimenti infondate sono poi le doglianze di violazione anche dell’art 36 t.u. edilizia, non ricorrendo i presupposti tipici per l’intervento a sanatoria, trattandosi di realizzare opere non realizzate in assenza di permesso a costruire nè in sua difformità .
Sono pertanto conclusivamente infondate tutte le censure sub II e III di violazione degli 36 e 38 d.p.r. 380/2001, art 22.2 NTA PRG Comune di Cassano delle Murge, nonchè di eccesso di potere sotto i profili dedotti.
4.2 Risulta altresì priva di pregio anche la quarta censura, dal momento che tra le attività  oggetto dell’impugnato permesso a costruire non è contemplata alcuna demolizione, come evincibile dalla documentazione depositata in giudizio.
4.3 Parimenti infondata è infine anche la doglianza di carattere formale/procedimentale di violazione del contraddittorio istruttorio di cui all’art 7 l.241/90.
Come noto in linea di principio, per giurisprudenza consolidata, i vicini controinteressati rispetto al rilascio della concessione edilizia non sono annoverabili tra i soggetti destinatari, ai sensi dell’art. 7, l. n. 241 del 1990, della comunicazione di avvio del procedimento per il rilascio di un titolo edilizio (anche in sanatoria) poichè l’invocata estensione ad essi della predetta comunicazione comporterebbe un aggravio procedimentale in contrasto con i principi di economicità  e di efficienza dell’attività  amministrativa (Consiglio Stato, sez. IV, 31 luglio 2009, n. 4847 T.A.R. Trentino Alto Adige Trento, sez. I, 14 ottobre 2010, n. 194 T.A.R. Campania Napoli, sez. VIII, 12 aprile 2010, n. 1918 T.A.R. Campania Salerno, sez. II, 16 dicembre 2009, n. 7921), secondo un orientamento “anche qualora si tratti di soggetti in precedenza oppostisi all’attività  edilizia del proprietario confinante” (così T.A.R. Campania Napoli, sez. VIII, 12 aprile 2010, n. 1918).
Rileva la difesa del ricorrente che a seguito della sentenza di annullamento del permesso a costruire 63/2006 resa inter partes, la posizione di Se.Ge.Co. risulta del tutto differenziata rispetto a quella generica di qualsiasi proprietario confinante, in qualità  di soggetto vittorioso nell’ambito di tal giudizio, facilmente individuabile, non ostandovi alcun aggravio procedimentale.
Ritiene il Collegio che le pur pregevoli argomentazioni difensive di parte ricorrente, in ipotesi condivisibili in punto di violazione dell’obbligo informativo-partecipativo imposto dall’art 7 l.241/90 (Consiglio di Stato 16 marzo 2010 n.1535) non siano sufficienti a condurre all’annullamento del provvedimento impugnato, ai sensi dell’art 21-octies c. 2 secondo allinea, con conseguente infondatezza della censura.
Infatti, pur vertendosi nell’ambito come detto di attività  contraddistinta nella particolare fattispecie da aspetti espressione di scelte tipicamente discrezionali – quale l’opzione alternativa tra le misure idonee all’adeguamento della situazione di fatto alla disciplina edilizia violata nelle more del passaggio in giudicato della sentenza di annullamento – va evidenziato come la difesa dell’Amministrazione resistente e dell’odierna controinteressata abbiano sostanzialmente dimostrato in giudizio, secondo il criterio della “identità  di risultato” (Consiglio di Stato sez VI 17 ottobre 2006 n.6194) come il contenuto dispositivo del provvedimento non avrebbe potuto essere sostanzialmente diverso da quello adottato.
Ne consegue anche l’infondatezza della prima censura.
5. Per i suesposti motivi il ricorso è infondato e va respinto.
Le spese seguono la soccombenza, secondo dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Terza) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna parte ricorrente alla refusione delle spese processuali in favore del Comune di Cassano delle Murge e della controinteressata “Varvara s.r.l.” quantificate in complessivi 3.000,00 euro, oltre agli accessori di legge, di cui 1500,00 in favore del Comune di Cassano delle Murge e 1500,00 in favore della controinteressata “Varvara s.r.l.”.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità  amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 1 dicembre 2011 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Pietro Morea, Presidente
Paolo Amovilli, Referendario, Estensore
Francesca Petrucciani, Referendario
 
 
 
 

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 13/01/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 
 

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