1. Giustizia e processo – Opere abusive – Ordine di demolizione – Istanza di sanatoria – Interesse processuale all’annullamento dell’atto sanzionatorio originariamente adottato – Non sussiste
2. Edilizia e urbanistica – Istanza di condono – Carenza dei presupposti di legge per la condonabilità  delle opere – Formazione dell’assenso tacito – Impossibilità 

1. Deve essere dichiarato improcedibile per difetto d’interesse il ricorso avverso l’ordine di demolizione se, in epoca successiva alla presentazione del ricorso, il ricorrente abbia presentato l’istanza di condono. Infatti, l’esercizio della facoltà  di regolarizzare la propria posizione da parte del privato impedisce l’esercizio del potere repressivo dell’Amministrazione e comporta la traslazione dell’interesse ad impugnare verso il futuro provvedimento che, eventualmente, respinga la domanda medesima, disponendo nuovamente la demolizione dell’opera edilizia ritenuta abusiva.
2.  L’assenso tacito sull’istanza di condono di cui all’art. 32 comma 37 D.L. 269/2003 non può ritenersi formato allorquando difettino i presupposti per la condonabilità  delle opere, tra cui la loro ultimazione prima del termine previsto dalla legge.

N. 00172/2012 REG.PROV.COLL.
N. 01838/2003 REG.RIC.
N. 01100/2007 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1838 del 2003, proposto da: 
Mennea Salvatore e Cataldo Lucia, rappresentati e difesi dall’avv. Domenico Porcelluzzi, con domicilio eletto con l’avv. Domenico Porcelluzzi in Bari, presso l’avv. Trisorio Liuzzi in via A. Gimma, 59; 

contro
Comune di Barletta in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Isabella Palmiotti, con domicilio eletto con l’avv. Isabella Palmiotti in Bari, presso l’avv. de’ Robertis in via Davanzati, 33; 


sul ricorso numero di registro generale 1100 del 2007, proposto da: 
Mennea Salvatore e Cataldo Lucia, rappresentati e difesi dall’avv. Domenico Porcelluzzi, con domicilio eletto con l’avv. Domenico Porcelluzzi in Bari, presso l’avv. Trisorio Liuzzi in via A. Gimma, 59; 

contro
Comune di Barletta in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv. Isabella Palmiotti, Domenico Cuocci Martorano, con domicilio eletto con l’avv. Domenico Cuocci Martorano in Bari, presso l’avv. De Robertis in via Davanzati 33; 

per l’annullamento
quanto al ricorso n. 1838 del 2003:
dell’ordinanza di demolizione, prot. n. 28023, datata 13.08.2003 e notificata il 19.08.2003 a firma dell’arch. F. Gianferrini, Dirigente del Settore XII Urbanistica del Comune di Barletta, relativa ad opere edili di proprietà  dei ricorrenti e poste in Barletta in contrada S. Lazzaro, nonchè di ogni altro atto a questa connesso, contestuale presupposto e/o successivo, in specie della delibera di C.C. n. 62 del 30.07.1999, non conosciuta;
quanto al ricorso n. 1100 del 2007:
del diniego parziale di sanatoria di opere abusive.
 

Visti i ricorsi e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Barletta;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 1 dicembre 2011 la dott. Francesca Petrucciani e uditi l’avv. Pietro Fiorella, su delega dell’avv. Domenico Porcelluzzi, per la parte ricorrente, e l’avv. Domenico Cuocci Martorano, in sostituzione dell’avv. Isabella Palmiotti, per il Comune resistente;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 

FATTO
Con il ricorso n. 1838/2003 i coniugi Salvatore Mennea e Lucia Cataldo hanno impugnato l’ordinanza di demolizione delle opere edili eseguite sul suolo di loro proprietà , esponendo di aver realizzato sul loro fondo, in modo difforme dalla D.I.A. presentata, una doppia recinzione, con una prima chiusura più ampia composta da tre pareti in cemento alte 2,5 metri e da una quarta parete a giorno, e una recinzione più interna della medesima altezza.
A sostegno del ricorso sono state articolate le seguenti censure:
A. illegittimità  derivata dalla delibera di C.C. n. 62 del 3.7.99 per:
1. violazione dell’art. 3 L. 241/90, essendo stata soppressa la Commissione edilizia senza motivo;
2. violazione dell’art. 41 L. 449/97 in relazione all’art. 41 L.R. 56/80, essendo obbligatorio il parere della Commissione edilizia;
3. eccesso di potere e violazione degli artt. 7 e 13 L. 241/90, avendo l’arch. Gianferrini svolto sia le funzioni consultive che quelle di organo emanante il provvedimento nell’ambito dello stesso procedimento;
B. illegittimità  per vizi propri per:
4. violazione degli artt. 3, 10, 22, 31, 37 d.p.r. 380/2001, violazione dell’art. 3 L. 241/90, eccesso di potere per difetto di presupposto, disparità  di trattamento e manifesta iniquità , in quanto le opere contestate non avrebbero potuto essere qualificate come “nuova costruzione” non rappresentando un rilevante incremento rispetto alla costruzione autorizzata, di tal che non avrebbe dovuto essere applicata la sanzione della demolizione, non essendo necessario il permesso di costruire;
5. eccesso di potere per contrasto con il precedente provvedimento implicito di assenso dulla D.I.A., violazione dell’art. 22 d.p.r. 380/2001;
6. violazione degli artt. 7 e 8 L. 241/90.
Si è costituito il Comune di Barletta chiedendo il rigetto del ricorso.
Con il ricorso n. 110/2007 è stato invece impugnato il successivo diniego di condono dell’8.5.2007.
A sostegno dell’impugnazione sono state proposte le seguenti doglianze:
1. violazione dell’art. 31 L. 47/85 e dell’art. 32 d.l. 269/2003, eccesso di potere, in quanto l’intervento in questione consisterebbe nella mera edificazione di muri perimetrali per l’essiccamento di prodotti agricoli all’interno, e quindi doveva ritenersi già  ultimato e non, invece, ancora in fase di realizzazione;
2. violazione dell’art. 32 comma 37 d.l. 269/2003 per intervenuta formazione del silenzio assenso sull’istanza di condono;
Anche nel secondo ricorso si è costituito il Comune chiedendone il rigetto.
Con ordinanza n. 705/2007 è stata respinta la domanda cautelare formulata con il secondo ricorso.
L’atto di acquisizione gratuita del suolo al patrimonio del Comune è stato gravato con separato ricorso straordinario al Capo dello Stato.
Alla pubblica udienza dell’1.12.2011 i ricorsi sono stati riuniti e trattenuti in decisione.
DIRITTO
Il ricorso n. 1838/2003 deve essere dichiarato improcedibile per sopravvenuto difetto di interesse, avendo i ricorrenti, in epoca successiva alla presentazione del ricorso, presentato istanza di condono, poi respinta con il provvedimento impugnato con il ricorso n. 1100/2007.
La giurisprudenza amministrativa ha infatti affermato costantemente che deve essere dichiarato improcedibile il ricorso avverso l’ordine di demolizione “allorquando risulti presentata una domanda di sanatoria (sia per l’accertamento di conformità  che per il “condono”) in data precedente alla introduzione del ricorso stesso e successivamente alla data del provvedimento di ripristino. E ciò in quanto l’esercizio della facoltà  di regolarizzare la propria posizione da parte del privato impedisce l’esercizio del potere repressivo dell’Amministrazione, almeno fino a quando la stessa non si pronunci in senso negativo sulla istanza medesima, ed, inoltre, in quanto l’applicazione di detto principio determina, sotto l’aspetto processuale, la sopravvenuta carenza d’interesse all’annullamento dell’atto sanzionatorio in relazione al quale è stata prodotta la suddetta domanda di sanatoria e la traslazione e differimento dell’interesse ad impugnare verso il futuro provvedimento che, eventualmente, respinga la domanda medesima, disponendo nuovamente la demolizione dell’opera edilizia ritenuta abusiva” (Consiglio di Stato, sez. VI, 12 novembre 2008, n. 5646; negli stessi termini T.A.R. Calabria Catanzaro, sez. II, 07 novembre 2008, n. 1482; T.A.R. Campania Napoli, sez. IV, 07 novembre 2008, n. 19352; T.A.R. Sicilia Catania, sez. I, 04 novembre 2008 , n. 1911; T.A.R. Lazio Roma, sez. II, 15 settembre 2008 , n. 8306).
Venendo all’esame del ricorso n. 1100/2007, con il primo motivo i ricorrenti hanno sostenuto che l’intervento in questione consisterebbe nella mera edificazione di muri perimetrali per l’essiccamento di prodotti agricoli all’interno, e che quindi doveva ritenersi già  ultimato e non, invece, ancora in fase di realizzazione, con conseguente ammissibilità  dell’istanza di condono.
Tale assunto tuttavia risulta smentito dal verbale del sopralluogo effettuato dai vigili urbani in data 27.5.2003 (e quindi dopo la scadenza del termine per l’ultimazione delle opere ai fini del condono): da tale atto, infatti, si evince che le opere erano ancora in corso di realizzazione, e che “su un battuto di calcestruzzo di mq 100 circa si stava realizzando in manufatto della dimensione di m. 9,55 x 10,50 circa e dell’altezza di m. 2,50 circa, costituito da due pareti facenti parte della recinzione in c.a. della dimensione di m. 9,55 per 2,50 circa, da una parete della dimensione complessiva di m. 6,50 x 2,50 circa su cui è stato ricavato un vano porta, da 10 pali in ferro con sezione a forma di H di m. 4,50 circa conficcati nelle predette pareti e da una trave di ferro con sezione a forma di H della lunghezza di m.10,50 saldati su due pali di ferro”.
La descrizione riportata e la documentazione fotografica allegata comprovano la sussistenza di travi finalizzate alla copertura della struttura, sconfessando così la tesi del completamento della stessa con l’ultimazione delle murature perimetrali; inoltre il verbale dà  atto che i lavori erano in corso di realizzazione alla fine di maggio 2003, e quindi in epoca successiva al termine previsto dalla normativa sul condono; tali circostanze depongono pertanto per la non ultimazione delle opere prima del 31.3.2003.
Va infine aggiunto che i ricorrenti nè al momento del sopralluogo, nè nel ricorso n. 1838/2003 hanno mai fatto menzione della destinazione delle opere eseguite e quindi della loro ultimazione con la posa delle pareti, circostanza che invece sarebbe stata rilevante anche per valutare la natura delle opere nel giudizio sull’ordinanza di demolizione.
Tale assunto è stato invece introdotto solo con il ricorso n. 1100/2007 avverso il diniego di condono, per sostenere che i lavori non erano in corso ma conclusi, con deduzione che si palesa quindi strumentale.
Tali argomentazioni conducono anche al rigetto del secondo motivo di ricorso, vertente sulla violazione dell’art. 32 comma 37 d.l. 269/2003 per intervenuta formazione del silenzio assenso sull’istanza di condono.
L’assenso tacito, infatti, non può ritenersi formato allorquando difettino i presupposti per la condonabilità  delle opere, tra cui la loro ultimazione prima del termine previsto dalla legge.
Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Terza)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, dichiara improcedibile il ricorso n. 1838/2003;
respinge il ricorso n. 1100/2007;
condanna i ricorrenti alla rifusione in favore dell’amministrazione resistente delle spese di lite, che si liquidano in complessivi euro 3.000 oltre accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità  amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 1 dicembre 2011 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Pietro Morea, Presidente
Paolo Amovilli, Referendario
Francesca Petrucciani, Referendario, Estensore
 
 
 
 

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 13/01/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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