1. Sanità  e farmacie  – Strutture accreditate dal Servizio Sanitario Nazionale  – Diritto alla salute –  Rispetto di standard organizzativi, strutturali e tecnologici – Verifica prestazioni a consuntivo
2. Sanità  e farmacie  – Strutture accreditate dal Servizio Sanitario Nazionale – Categorie giuridiche dell’accreditamento e del contratto – Differenze
3. Sanità  e farmacie – Strutture accreditate dal Servizio Sanitario Nazionale  – Determinazione tetti di spesa – Retroattività  e tutela dell’affidamento del privato – In caso di rideterminazione con nuovi criteri – Irretroattività  – Conseguenze
4. Sanità  e farmacie – Strutture accreditate dal Servizio Sanitario Nazionale – Accordi contrattuali – Azione di nullità  ex art. 1418 comma 1 c.c. – Termine decadenziale
5. Sanità   e farmacie – Strutture accreditate dal Servizio Sanitario Nazionale  – Domanda risarcitoria – In caso di lesione di un interesse legittimo – Principio dispositivo ex art. 2697 c.c.

1. Il contenuto essenziale del diritto alla salute sia nella dimensione legislativa – che costituisce principio fondamentale della legge statale, essendo la “tutela della salute” materia concorrente con vincolo regionale costituito dai principi fondamentali posti da norme statali (Corte Cost. 8 luglio 2010 n. 245, id. 13 novembre 2009 n. 295) – sia nella dimensione regolamentare, deve attestarsi e correlarsi a standard organizzativi, strutturali e tecnologici delle prestazioni, transitando dall’accertamento della appropriatezza clinica a quella organizzativa e temporale, in sede di corrispettivo preventivato (rectius in sede di formazione del contratto/accordo) da verificare a consuntivo sulla base dei risultati raggiunti e delle attività  effettivamente svolte.
2. Le categorie giuridiche dell’accreditamento e del contratto sono legate da un nesso di presupposizione, nel senso che la prima precede sia logicamente che cronologicamente la seconda e non, invece, da un nesso di necessaria consequenzialità , nel senso che alla prima debba obbligatoriamente fare seguito la seconda; l’accreditamento delle strutture infatti è atto discrezionale avente ad oggetto la verifica della funzionalità  di queste ultime rispetto agli indirizzi di programmazione regionale ex art 8-quater c.1, senza costituire vincolo ad erogare le prestazioni a carico del SSN; di contro, il contratto investe un numero determinato e limitato di strutture; esso ha lo scopo, da una parte, di contenere i livelli di spesa entro i margini di sicurezza concordati, dall’altra di assicurare efficacemente i livelli di assistenza con la possibilità  di accrescere gli standard qualitativi.
3. In generale è legittima la determinazione dei tetti di spesa con effetto retroattivo, escludendosi la rilevanza dell’affidamento del privato il quale, nelle more della determinazione definitiva del budget, può fare affidamento sulle somme assegnate per l’anno precedente. Differente è il caso in cui la somma spettante sia rideterminata secondo criteri del tutto innovativi e risulti drasticamente decurtata ad anno abbondantemente in corso, per di più se detti criteri sono stati adottati disattendendo le intese intervenute con le organizzazioni di categoria, potendo in tal caso la Regione  farne applicazione soltanto a partire dalla comunicazione del tetto definitivo per i restanti mesi dell’anno, e non già  retroattivamente.
4. L’azione di nullità  ex art. 1418 comma 1 c.c. per violazione di norme imperative di accordo ex art 11 l.241/90 deve contemperarsi con la generale regola del termine decadenziale per la tutela delle posizioni di interesse legittimo derivanti dall’accordo stesso, specie allorquando con tale azione si facciano valere non già  vizi propri bensì derivanti dalla determinazione preliminare di cui al comma 4 bis dell’art 11 l.241/90, atto autoritativo da impugnarsi nel termine di decadenza.
5. Non può essere accolta la domanda risarcitoria formulata in via generica e sfornita di prova relativa alla lesione di un interesse legittimo, dovendosi applicare a tale tutela il principio dispositivo di cui all’art 2697 c.c. esteso a tutti gli elementi costitutivi della pretesa, non già   il principio dispositivo con metodo acquisitivo riferibile alla sola tutela giurisdizionale amministrativa demolitoria (Consiglio di Stato sez. IV 4 maggio 2005 n.2136, id. sez. V 17 ottobre 2008 n.5098, id. sez IV 4 febbraio 2006
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Vedi Cons. di Stato, sez. III, udienza pubblica 11 dicembre 2014; ric. n. 3330 – 2012; ricorso proposto dall’Azienda sanitaria locale n. 3979 – 2012.sentenza 23 dicembre 014, n. 166 – documento non disponibile sul sito istituzionale di Giustizia amministrativa.
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N. 00166/2012 REG.PROV.COLL.
N. 01607/2010 REG.RIC.
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1607 del 2010, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
Antonio Gabrieli, Junio Valerio Guidotti, Carlo Girolamo Nicita, Giorgio De Benedetto, Antonio De Vitis, Vito Mazzei, rappresentati e difesi dall’avv. Giulio Petruzzi, con domicilio eletto presso l’avv. Maurizio Di Cagno in Bari, via Nicolai, 43; 
contro
Regione Puglia, rappresentato e difeso dall’avv. Sabina Ornella Di Lecce, con domicilio eletto presso l’avv. Sabina Ornella Di Lecce in Bari, via Dalmazia 70;
Azienda Sanitaria Locale Lecce, rappresentato e difeso dall’avv. Giovanna Corrente, con domicilio eletto presso l’avv. Giovanna Corrente in Bari, via M. Celentano, 27; 
nei confronti di
Adolfo De Serio, Lucio Cesario Dell’Anna; 
per l’annullamento
della delibera della giunta regionale pugliese n° 1500 del 25 giugno 2010, pubblicata sul B.U.R.P. n° 118 del 9 luglio 2010;
ove occorra, e per quanto divenuta lesiva in esito alle nuove determinazioni, della delibera di G.R.P. n° 2671 del 28/12/2009, che applicava i criteri di cui alla precedente delibera di G.R.P. n° 1494/09, già  impugnata con ricorso straordinario al Capo dello Stato;
di ogni atto precedente, seguente e comunque connesso a quelli impugnati, con specifico riferimento agli atti applicativi della ASL Lecce, con particolare riferimento alla DGR n° 2929 dell’8/10/2009 e della dgr 3041 del 19/10/2010;
dei singoli contratti per adesione, preordinati e predisposti dalla ASL, senza alcuna possibile interazione da parte delle strutture ricorrenti, stipulati con clausola di riserva, che si allega, e solo al fine di evitare la sospensione dell’accreditamento;
nonchè per l’accertamento
del diritto dei ricorrenti ad erogare prestazioni sanitarie per l’anno 2010 con riferimento alla domanda di sanità  già  avanzata dai loro singoli pazienti, senza alcuna preclusione e limitazione, quanto meno per le prestazioni prenotate fino al mese di dicembre 2010;
nonchè ancora, per l’accertamento
del diritto dei ricorrenti ad erogare prestazioni senza alcuna limitazione, quanto meno fino all’approvazione del Documento di Indirizzo Economico e Finanziario per il 2010;
nonchè ancora, per il risarcimento dei danni
rivenienti dalle comunicazioni ai pazienti, imposte dalle AASSLL, secondo cui non sarebbe più possibile l’erogazione di prestazioni a far tempo dal mese di ottobre 2010.
nonchè ancora, per i danni subìti e subendi dalle strutture ricorrenti, in ragione della mancata programmazione, concertazione ed attuazione della normativa nazionale di riferimento.
con la immediata precisazione che i danni vengono richiesti quanto meno nella misura impiegata dalla regione Puglia per attivare nuovi budgets a favore di strutture appena accreditate (trattasi di fondi destinati originariamente alle strutture ricorrenti, i cui tetti di spesa risultano invece addirittura decurtati in ragione di queste improvvide devoluzioni);
Con il III atto di motivi aggiunti depositato il 19 maggio 2011 si chiede l’annullamento:
della delibera del D.G. dell’ASL LE n. 81 del 22.3.2011, successivamente conosciuta, avente ad oggetto: “Rideterminazione tetti di spesa anno 2010 delle strutture ambulatoriali private provvisoriamente/istituzionalmente accreditate – DGR n. 1500/2010. Atto immediatamente esecutivo”.

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Puglia e dell’ Azienda Sanitaria Locale Lecce;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 15 dicembre 2011 la dott. Francesca Petrucciani e uditi l’avv. Alberto Pepe, anche su delega dell’avv. Giulio Petruzzi, per la parte ricorrente, l’avv. Sabina Ornella Di Lecce, per la Regione Puglia, e l’avv. Nino Matassa, su delega dell’avv. Giovanna Corrente, per l’Asl Lecce;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO
I ricorrenti hanno impugnato le delibere della Giunta regionale pugliese n. 1500/2010 e, ove lesiva, n. 2671/2009, attuativa della precedente n. 1494/2009 già  impugnata con ricorso straordinario al Capo dello Stato, gli atti applicativi della ASL Lecce (DGR 2929/2009 e 3041/2010), e i singoli contratti per adesione; hanno chiesto altresì l’accertamento del loro diritto ad erogare prestazioni sanitarie per l’anno 2010, almeno in relazione alle prestazioni già  prenotate entro il mese di dicembre, e ad erogare prestazioni senza limitazioni fino all’approvazione del Documento di Indirizzo Economico e Finanziario per l’anno 2010; hanno domandato infine il risarcimento dei danni conseguenti alle comunicazioni ai pazienti dell’impossibilità  di erogare prestazioni a decorrere dall’ottobre 2010.
I ricorrenti operano infatti come strutture provvisoriamente accreditate dal Servizio Sanitario Nazionale nelle branche rispettivamente di competenza ed hanno esposto che la Regione Puglia con la deliberazione 2671 del 28 dicembre 2009, oltre a stabilire che le ASL avrebbero provveduto alla sottoscrizione degli accordi contrattuali con le strutture private accreditate facendo riferimento al tetto di spesa 2008 confermato per il 2009 con una decurtazione del 2 %, determinava di procedere alla predisposizione di modalità  e griglie utili per l’applicazione dei criteri previsti nella delibera di Giunta Regionale 1494/2009.
Quindi con la L.R. 12 del 2010 la Regione aveva predisposto un piano di rientro sanitario per il triennio 2010-2012 al fine di colmare le perdite maturate negli esercizi precedenti ed ottenere l’erogazione di nuovi fondi dal Governo; il piano tuttavia non era stato ritenuto idoneo dal Governo, che aveva fissato una nuova verifica al 21.12.2010.
L’art. 3 della L.R. 12/10, richiamando l’art. 8 quinquies del d.lgs. 502/92, prevede che negli accordi contrattuali stipulati con gli erogatori privati accreditati deve essere garantito il rispetto del limite di remunerazione delle strutture in base al tetto di spesa e ai volumi di attività  predeterminati annualmente; è vietata l’erogazione e la remunerazione di prestazioni sanitarie effettuate al di fuori dei tetti di spesa massimi.
I ricorrenti hanno quindi dedotto che, non avendo la Regione ancora approvato il Documento di indirizzo economico finanziario per il 2010, avevano erogato le prestazioni per tale anno basandosi sull’unico parametro disponibile, ovvero il tetto di spesa del 2009, applicandolo sull’intero anno.
La Regione aveva quindi emanato la delibera 1500/2010 regolando gli accordi contrattuali con le strutture accreditate pur in assenza del DIEF 2010.
La deliberazione 1500 del 25 giugno 2010 stabiliva di procedere alla modifica della integrazione della delibera GR 2671/2009, precisando che il tetto di spesa 2008 confermato per l’anno 2009, deve intendersi come fondo aziendale di branca per l’anno 2008 confermato per l’anno 2009¦.decurtato del 2% e non già  come tetto di spesa assegnato al singolo erogatore, nonchè di introdurre nuove griglie rispetto a quelle di cui alla del GR 2671/2009.
A sua volta il fondo unico aziendale è stato ripartito in 5 sub-fondi aziendali di branca, con riferimento al fabbisogno di prestazioni rilevato nel proprio territorio, e la quota destinata a ciascun fondo è stata suddivisa in due parti uguali, la prima attribuita previa delineazione di distretti per gruppi omogenei di prestazioni, la seconda assegnata secondo le risultanze delle griglie di valutazione predisposte dalla delibera 1500/2010, con punteggi attribuiti dalle ASL.
Con le delibere n.2929/2010 e 3041/2010 il Direttore Generale dell’ASL Bari sulla base della del. GR 1500/2010 citata, accertava che in sede di attribuzione dei tetti di spesa sarebbero stati assegnati per il periodo gennaio-settembre 2010 i 9/12 del tetto già  deliberato per l’anno 2009, e per il periodo ottobre-dicembre 2010, i 3/12 del nuovo tetto fissato per l’anno 2010 secondo i criteri della delibera 1500.
Quindi alle strutture che al 30 settembre 2010 avevano già  raggiunto il tetto veniva preclusa ogni ulteriore attività .
A sostegno del ricorso sono state dedotte le seguenti articolate censure:
1. Violazione art 2 L.R. Puglia 12/2010, eccesso di potere per sviamento, contraddittorietà , illogicità  ed ingiustizia manifesta, violazione del giusto procedimento, in quanto gli atti impugnati non comportavano alcun risparmio di spesa ma semplicemente aumentavano i tetti di spesa per le strutture più piccole riducendo quelli delle strutture più grandi, e senza alcuna predeterminazione della spesa in quanto la determinazione dei tetti era giunta nel mese di ottobre dell’anno 2010; inoltre era stata eliminata la remunerazione con lo sconto del 70% sulle prestazioni extra budget, mentre la ricaduta degli utenti sulle strutture pubbliche implicava un aumento dei costi per la sanità  pubblica;
2. eccesso di potere per illogicità  ed ingiustizia manifesta, sviamento, violazione del giusto procedimento, erronea presupposizione di fatto e di diritto, violazione dell’art. 8 d.lgs. 502/92, violazione dell’art. 3 comma 26 della L.R. 4/2007, in quanto le motivazioni della delibera erano di avvicinare la sede delle strutture alla residenza dei cittadini e di abbandonare il riferimento al dato storico dell’anno 1998 per determinare il tetto di spesa come sollecitato per garantire la libera concorrenza, ma i meccanismi scelti dalla regione non soddisfacevano comunque tali obiettivi;
3. violazione degli artt. 1, 9, 10, 11 e 51 dello Statuto, violazione dell’art. 97 Cost. eccesso di potere, non essendovi programmazione a causa della emanazione del DIEF a fine anno e non essendo garantita la concertazione con le organizzazioni sindacali;
4. violazione dell’art. 6 comma 7 L. 724/94, degli artt. 8 e ss. D.lgs. 502/92, in relazione alla legge delega, violazione dell’art. 25 della L.R. 28/2000, dell’art. 11 della L.R. 32/2001, e dell’art. 30 della L.R. 4/2003, eccesso di potere, violazione dell’art. 3 L. 241/90 e dell’art. 97 Cost., essendo del tutto mancata la concertazione con le organizzazioni sindacali;
5. violazione del giusto procedimento e del principio di buon andamento ex art. 97 Cost., eccesso di potere, difetto di motivazione, essendovi contrasto tra la delibera 1500 e gli atti applicativi, in quanto la delibera ha disciplinato l’intero periodo annuale mentre gli atti applicativi avevano diviso l’anno 2010 in due periodi, fino a settembre e da ottobre a dicembre;
6. eccesso di potere per sviamento, contraddittorietà , illogicità , ingiustizia manifesta, erronea presupposizione, in quanto la ASL Lecce ha individuato la presunta quota unitaria di spesa sommando le prestazioni erogate per distretto e dividendole per il numero dei cittadini ivi residenti, quindi ha moltiplicato tale quota per il numero dei residenti per ottenere l’indice percentuale di ciascun distretto rispetto al totale della spesa e, infine, ha ripartito il valore del fondo di branca a ciascun distretto in base al peso percentuale rilevato; secondo la delibera 1500 invece doveva tenersi conto solo dei residenti nella Provincia di Bari e doveva essere determinata la spesa totale per le prestazioni erogate sul territorio regionale calcolando poi l’incidenza percentuale della stessa riferita alla popolazione di ciascun distretto; inoltre le risorse erano state distribuite in parti uguali tra le strutture dello stesso Comune mentre tale criterio non era previsto dall’atto regionale;
7. eccesso di potere, violazione dell’art. 30 comma 5 L.R. 4/2003, per l’illegittimità  della ripartizione del punteggio in termini percentuali del 50% affidata alla valutazione delle griglie previste dalla delibera regionale, che prevedevano punteggi del tutto sperequati tra le varie caratteristiche richieste per le strutture;
8. violazione degli artt. 1175, 1176, 1337, 1338, 1339, 1344 c.c., violazione dell’art. 1218 c.c., eccesso di potere;
9. violazione del principio di leale collaborazione, eccesso di potere per contraddittorietà  ed inversione procedimentale, essendo l’intera operazione illegittima per la mancanza del DIEF;
10. eccesso di potere per erronea presupposizione di fatto, illogicità  ed ingiustizia manifesta, non essendo state previste alcune branche.
Si sono costituite sia l’ASL Lecce che la Regione Puglia, quest’ultima eccependo in rito l’inammissibilità  del gravame per mancata impugnazione delle presupposte deliberazioni GR 1494 e 2671/2009 ed eccependo comunque l’infondatezza nel merito; infatti a dire della difesa regionale, i provvedimenti impugnati danno attuazione al disposto di cui all’art 18 l.r. 26/2006 circa il superamento del criterio storico del fatturato realizzato da ciascuna struttura nel 1998, secondo precise indicazioni della stessa Autorità  Garante della Concorrenza e del Mercato (parere AS451 del 24 aprile 2008) al fine di garantire condizioni concorrenziali nel mercato della fornitura di analisi cliniche nel territorio regionale.
Il nuovo sistema, a dire della Regione, tiene conto sia della presenza di nuovi soggetti accreditati, sia della valorizzazione delle attività  territoriali che delle prestazioni introdotte nel nomenclatore dopo il 1998. Quanto alla retroattività  delle determinazioni contestate, viene invocata la consolidata giurisprudenza del GA in materia di fissazione autoritativa dei tetti di spesa, secondo cui la retroattività  non vale ad impedire agli interessati di disporre di un qualunque punto di riferimento regolatore per lo svolgimento della loro attività , potendo far affidamento sulla entità  delle somme contemplate per le prestazioni delle strutture sanitarie dell’anno precedente, diminuite della riduzione della spesa sanitaria effettuata dalle norme finanziarie dell’anno in corso.
Con il primo atto di motivi aggiunti del 24.12.2010 è stata impugnata la nota della ASL Lecce prot. 168773 del 22.10.2010 e gli allegati contratti provvisori, deducendone la illegittimità  sia derivata dagli atti presupposti impugnati con il ricorso principale, sia autonoma, per i seguenti motivi:
1 a. violazione dei principi in materia di irretroattività  degli atti amministrativi, perplessità , irrazionalità  e contraddittorietà  dell’azione amministrativa, eccesso di potere e sviamento, violazione dell’art. 11 comma 4 bis L. 241/90, per la tardiva determinazione dei tetti di spesa dell’anno 2010 pervenuta ai ricorrenti con la nota impugnata alla fine del mese di ottobre, avendo la ASL applicato ai primi 9 mesi del 2010, sul presupposto della irretroattività  del nuovo tetto, il tetto del 2009 decurtato del 2%, con disposizione contenuta nel contratto ma non sorretta da alcuna determinazione preliminare dell’ente;
1 b. eccesso di potere per violazione delle delibere 1494/09 e 1500/2010 in materia di calcolo della quota pro capite a livello distrettuale, contraddittorietà , difetto di motivazione, violazione del principio di libera scelta e dell’art. 8 bis d.lgs. 502/92;
1 c. difetto di istruttoria e motivazione, difformità  dalla delibera 1500/2010, violazione dei principi di trasparenza e buon andamento, non essendo stati suddivisi i subfondi di branca in gruppi di prestazioni omogenee e non essendo state operate in fase istruttoria verifiche sui dati auto dichiarati dalle strutture.
Con i motivi aggiunti del 2.3.2011 sono stati impugnati la nota della ASL Lecce n. 162 dell’11.1.2011, con cui è stato comunicato che, a seguito dell’approvazione del DIEF, il contratto provvisorio stipulato con la ricorrente è divenuto definitivo, e il DIEF approvato con la delibera di G.R. n. 2866/2010, nella parte in cui implicitamente confermerebbe la disciplina posta dalle delibere 2671/09 e 1500/2010; tali provvedimenti sono stati impugnati sia in via derivata, per le medesime censure già  sollevate con l’atto introduttivo, quanto in via autonoma, per:
1. violazione dei principi in tema di irretroattività  degli atti amministrativi, contraddittorietà , eccesso di potere, violazione dell’art. 11 comma 4 bis L. 241/90;
1 b. eccesso di potere per violazione delle delibere 1494/09 e 1500/2010 in materia di calcolo della quota pro capite a livello distrettuale, contraddittorietà , difetto di motivazione, violazione del principio di libera scelta e dell’art. 8 bis d.lgs. 502/92;
1 c. difetto di istruttoria e motivazione, difformità  dalla delibera 1500/2010, violazione dei principi di trasparenza e buon andamento, non essendo stati suddivisi i subfondi di branca in gruppi di prestazioni omogenee e non essendo state operate in fase istruttoria verifiche sui dati auto dichiarati dalle strutture.
Con i successivi motivi aggiunti del 18.5.2011 è stata impugnata la delibera della ASL Lecce n. 81 del 22.3.2011, avverso la quale sono state dedotte le censure già  proposte con i precedenti motivi aggiunti ed ulteriori doglianze, in particolare:
2.eccesso di potere per violazione della delibera 1500/2010 e per falsa presupposizione in fatto e in diritto, perplessità  e contraddittorietà , violazione dell’affidamento, in quanto secondo la D.G.R. 1500/2010 la rilevazione della spesa doveva essere correlata la consumo effettivo delle prestazioni da parte dei cittadini residenti in ciascun ambito distrettuale, con riferimento ad ogni singola branca, mentre nel caso di specie la ASL aveva fatto una media di tutte le branche, alterando così la distribuzione delle risorse finanziarie tra le stesse, e aveva ripartito il tetto in parti uguali tra le strutture, mentre tale criterio non era stato previsto dalla Regione;
3. eccesso di potere per violazione della D.G.R. 2866/2010, carenza di istruttoria e motivazione, erronea presupposizione, violazione dell’art. 22 L.R. 8/04, violazione dell’art. 8 quinquies d.lgs. 502/92, perplessità , violazione dell’affidamento, disparità  di trattamento, ingiustizia manifesta, avendo la delibera previsto l’applicazione per il 2011 del tetto di spesa del 2010, con gli abbattimenti previsti dal DIEF 2010 che però andavano calcolati sul fatturato del 2008 e non sul tetto di spesa del 2010, e senza calcolo mensile.
Con ordinanza n. 826/2010 dell’11.11.2010 il Collegio ha respinto l’istanza cautelare avanzata dai ricorrenti, rilevando che la determinazione dei tetti di spesa, ex art.25 L.R. 28/2000 è demandata al Documento di Indirizzo Economico Funzionale (D.I.E.F.) annualmente stabilito e che pertanto le deliberazioni adottate dall’ASL in riferimento all’anno 2010, peraltro con carattere di provvisorietà  e riferite al conseguimento di obbiettivi specifici, debbono essere contestualizzate alla luce delle suddette previsioni, al fine del conseguimento dell’interesse pubblico al contenimento della spesa, e che gli accordi contrattuali riconducibili al disposto di cui all’art.11 L. 241/90, così come le determinazioni provvisorie assunte nelle more dell’approvazione del DIEF, debbono ritenersi adottati rebus sic stantibus in relazione al verifica del fabbisogno secondo le scelte ampiamente discrezionali di programmazione sanitaria, annualmente determinati determinata a consultivo.
All’udienza pubblica del 15 dicembre 2011 la causa veniva trattenuta per la decisione.
DIRITTO
Vanno preliminarmente affrontate le eccezioni di inammissibilità  sollevate dalla difesa della Regione per la mancata impugnazione delle deliberazioni di G.R. 1494 e 2671/2009, aventi ad oggetto, rispettivamente, le linee guida per gli accordi contrattuali anno 2009 e la relativa applicazione.
Non ritiene il Collegio che le suesposte deliberazioni siano legate da vincolo di presupposizione idoneo a determinare l’inammissibilità  del gravame.
Con il ricorso in epigrafe la società  ricorrente non ha contestato le modalità  di determinazione del tetto complessivo di spesa della branca, bensì il modo ed i criteri con cui lo stesso è stato suddiviso tra le varie strutture in violazione dei principi e delle norme di cui alla l.r. 38/94 nonchè in violazione di quanto previsto in materia di accordi contrattuali dalla vigente regolamentazione richiamata anche dalla DGR 1494/2009.
Quanto alle griglie di valutazione tendenti all’assegnazione di un punteggio ai soggetti accreditati, i criteri indicati con la deliberazione 2671 del 28 dicembre 2009 risultano poi sostanzialmente modificati con l’impugnata DGR 1500/2010 che ha disposto nuove griglie a seguito della concertazione con le organizzazioni di categoria, tanto che la ricorrente si duole tra l’altro proprio dell’inosservanza di quanto elaborato in sede di concertazione rispetto ai contenuti trasfusi nella DGR 1500/2010.
Soltanto con la deliberazione 1500 del 25 giugno 2010 la Regione stabiliva di procedere alla modifica della integrazione della delibera di G.R. 2671/2009, precisando che il tetto di spesa 2008 confermato per l’anno 2009, “deve intendersi come fondo aziendale di branca per l’anno 2008 confermato per l’anno 2009 decurtato del 2% e non già  come tetto di spesa assegnato al singolo erogatore”, previsione dotata di evidente autonoma lesività  in danno della ricorrente.
Ne consegue l’infondatezza dell’eccezione.
Venendo al merito, il ricorso è fondato e merita accoglimento, per le seguenti considerazioni.
Questa Sezione ha già  affrontato, con la sentenza n. 907/2011, analoghi ricorsi con i quali è stata impugnata la delibera regionale n. 1500/2010; vanno pertanto qui richiamate le argomentazioni già  svolte.
In particolare la complessa controversia all’esame del Collegio investe in via principale la legittimità  dell’istituzione di un fondo aziendale regionale nelle sue articolazioni capaci di definire le linee essenziali di ripartizione delle risorse pubbliche tra le strutture accreditate. Più precisamente, l’allegato A della delibera GR 25 giugno 2010 n. 1500 suddivide il fondo unico aziendale in 5 sub-fondi di branca, ciascuno dei quali ulteriormente diviso in due parti uguali (fondi A e B) ad eccezione della Patologia clinica. In particolare il fondo A) è assegnato in base alla “valutazione della potenzialità  del distretto”, effettuando il calcolo della spesa sostenuta con riferimento alla popolazione residente e alle prestazioni richieste e aggregando le prestazioni omogenee, per poi operarne la redistribuzione pro quota a ciascun Comune del distretto e in favore delle strutture ivi insediate ovvero, in mancanza, insistenti nel Comune vicino. Il fondo B) è invece ripartito in base alle griglie di valutazione predisposte e comporta l’assegnazione di un punteggio ai soggetti accreditati, tenendo conto di molteplici fattori qualitativi (dotazioni; unità  di personale e tipologia del rapporto di lavoro; collegamento al CUP; accessibilità  della struttura; correttezza del rapporto con l’utenza; rispetto degli istituti contrattuali; ulteriori standard finalizzati all’accoglienza, quali sale d’attesa, biglietto elimina code, riscaldamento e climatizzazione, apertura al sabato e misura degli spazi).
Punto di partenza dell’analisi delle censure mosse dalla ricorrente alle nuove modalità  di ripartizione del fondo aziendale deve essere, secondo il Collegio, l’art 8-quinquies d.lgs. 502/92 e s.m. – la cui violazione costituisce motivo di gravame – il quale prescrive che le Regioni definiscano l’ambito di applicazione degli accordi contrattuali ed individuino i soggetti interessati.
In attuazione di quanto previsto dal comma 1 le Regioni e le ASL definiscono accordi e stipulano contratti con le strutture private che indicano:
a) gli obiettivi di salute e i programmi di integrazione dei servizi;
b) il volume massimo di prestazioni che le strutture presenti nell’ambito territoriale della medesima unità  sanitaria locale, si impegnano ad assicurare, distinto per tipologia e per modalità  di assistenza. Le regioni possono individuare prestazioni o gruppi di prestazioni per i quali stabilire la preventiva autorizzazione, da parte dell’azienda sanitaria locale competente, alla fruizione presso le strutture o i professionisti accreditati;
c) i requisiti del servizio da rendere, con particolare riguardo ad accessibilità , appropriatezza clinica ed organizzativa, tempi di attesa e continuità  assistenziale;
d) il corrispettivo preventivato a fronte delle attività  concordate, globalmente risultante dalla applicazione dei valori tariffari e della remunerazione extra-tariffaria delle funzioni incluse nell’accordo, da verificare a consuntivo sulla base dei risultati raggiunti e delle attività  effettivamente svolte secondo le indicazioni regionali di cui al comma 1, lettera d) ;
e) il debito informativo delle strutture erogatrici per il monitoraggio degli accordi pattuiti e le procedure che dovranno essere seguite per il controllo esterno della appropriatezza e della qualità  della assistenza prestata e delle prestazioni rese, secondo quanto previsto dall’articolo 8- octies .
e-bis) la modalità  con cui viene comunque garantito il rispetto del limite di remunerazione delle strutture correlato ai volumi di prestazioni, concordato ai sensi della lettera d), prevedendo che in caso di incremento a seguito di modificazioni, comunque intervenute nel corso dell’anno, dei valori unitari dei tariffari regionali per la remunerazione delle prestazioni di assistenza ospedaliera, delle prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale, nonchè delle altre prestazioni comunque remunerate a tariffa, il volume massimo di prestazioni remunerate, di cui alla lettera b), si intende rideterminato nella misura necessaria al mantenimento dei limiti indicati alla lettera d), fatta salva la possibile stipula di accordi integrativi, nel rispetto dell’equilibrio economico-finanziario programmato.
In particolare, il suddetto articolo al comma 2 lett. c) prevede un meccanismo di selezione e di dinamicità  dal lato dell’offerta, prescrivendo che ogni struttura privata secondo i criteri di efficienza e di efficacia dia conto del servizio da rendere con particolare riguardo ad accessibilità , appropriatezza clinica ed organizzativa, tempi di attesa e continuità  assistenziale (richiamati dall’art. 18 l.r. 9 agosto 2006 n. 26 e dalla l.r. 12/2010).
Ciò significa che il contenuto essenziale del diritto alla salute sia nella dimensione legislativa – che costituisce principio fondamentale della legge statale, essendo la “tutela della salute” materia concorrente con vincolo regionale costituito dai principi fondamentali posti da norme statali (Corte Cost. 8 luglio 2010 n. 245, id. 13 novembre 2009 n. 295) – sia nella dimensione regolamentare deve attestarsi e correlarsi a standard organizzativi, strutturali e tecnologici delle prestazioni, transitando dall’accertamento della appropriatezza clinica a quella organizzativa e temporale, in sede di corrispettivo preventivato (rectius in sede di formazione del contratto/accordo) da verificare a consuntivo sulla base dei risultati raggiunti e delle attività  effettivamente svolte.
Infatti il predetto articolo al c. 2 lett. e) prevede il debito informativo delle strutture erogatrici per il monitoraggio degli accordi pattuiti e le procedure che dovranno essere seguite per il controllo esterno dell’appropriatezza e della qualità  dell’assistenza prestata e delle prestazioni rese secondo quanto previsto dall’art 8-octies.
Orbene tali requisiti statali (in particolare l’appropriatezza delle prestazioni e continuità  assistenziale) comportano in sede di formazione contrattuale una verifica preliminare piena e completa dell’adeguatezza delle prestazioni sanitarie rilevabile:
– dal protocollo redatto per ogni singola unità  operativa di ciascuna struttura sanitaria che costituisce il percorso diagnostico terapeutico del governo clinico dell’azienda;
– dal processo di formazione continua delle professionalità  sanitarie.
Senza la predetta verifica si attua un meccanismo che, da una parte, viola i principi stabiliti dalla legge dello Stato, dall’altra compromette il mercato sanitario perchè non realizza quel dato comparativo necessario a selezionare le strutture di qualità .
Va sottolineato che i predetti requisiti – che costituiscono vincolo assoluto per le Regioni – sono stabiliti a garanzia del contenimento della spesa pubblica e dello sviluppo del mercato, come disegnato dal legislatore statale; essi però nella specie, non hanno funzionato perchè nè le autorizzazioni sanitarie nè gli accreditamenti sono stati pressochè mai negati, e le strutture private tutte immediatamente accreditate, hanno definitivamente saturato un mercato sbarrando l’accesso ai nuovi ingressi, in violazione delle regole che lo stesso legislatore ha imposto quali principi fondanti del servizio sanitario.
E’ accaduto in particolare che al momento della formazione del contratto, l’assenza di selezione sull’appropriatezza delle prestazioni, ha azzerato del tutto la legge di mercato ed ha comportato, nel circuito sanitario, un appiattimento che oltre a non controllare i risultati raggiunti in termini di efficienza, ha eliminato del tutto il controllo interno ed esterno dell’appropriatezza delle prestazioni.
Sotto altro profilo, va rammentato che le categorie giuridiche dell’accreditamento e del contratto sono collocate su piani diversi, legati da un nesso di presupposizione, nel senso che la prima precede sia logicamente che cronologicamente la seconda, non invece, da un nesso di necessaria consequenzialità , nel senso che alla prima debba fare seguito la seconda.
Ed invero, l’accreditamento delle strutture è configurato come atto connotato da profili di discrezionalità  amministrativa avente ad oggetto la verifica concernente la funzionalità  degli stessi rispetto agli indirizzi di programmazione regionale ex art 8-quater c.1 (Corte Cost. 2 aprile 2009 n. 94, Consiglio di Stato sez. V 17 febbraio 2010, n. 915) senza costituire vincolo ad erogare le prestazioni a carico del SSN; di contro il contratto, investe un numero determinato e limitato di strutture; esso ha lo scopo, da una parte, di contenere i livelli di spesa entro i margini di sicurezza concordati, dall’altra di assicurare efficacemente i livelli di assistenza con la possibilità  di accrescere gli standard qualitativi.
Tale meccanismo disegnato dal legislatore è stato pienamente compromesso nella Regione Puglia in quanto si è proceduto ad allargare l’ambito dei contratti stipulati sia nel numero delle strutture che nel volume massimo delle prestazioni di ognuna di esse.
A ciò si aggiunge un altro fenomeno di distorsione del mercato, provocato dall’individuazione di un fondo aziendale di risorse pubbliche, la cui ripartizione viene effettuata secondo determinati indici in ragione di tutte le strutture accreditate presenti sul territorio, senza alcun controllo di risultato raggiunto nell’anno precedente, nè di appropriatezza – canone quest’ultimo ineludibile che deve toccare ogni singola struttura -, legittimando la regola che ogni soggetto accreditato abbia diritto a stipulare il relativo contratto, in violazione del principio derivante dall’art. 8 quater c.2 secondo cui la qualità  di soggetto accreditato non costituisce vincolo per le aziende a corrispondere la remunerazione delle prestazioni erogate; secondo altra deduzione è stata violata la regola secondo cui è la programmazione sanitaria annuale che deve indicare i criteri di definizione e di riparto delle risorse pubbliche, in relazione al fabbisogno (rectius quota parte di assistenza preventiva, di cura e di riabilitazione), senza debordare, come è avvenuto, in assenza di essa ad approvare la determinazione di un fondo di risorse e dei relativi criteri.
Più in particolare la ripartizione di un fondo aziendale in sub fondi aventi come punti di riferimento il distretto inteso come valutazione delle potenzialità  di tutte le strutture pubbliche e private accreditate in quel territorio, toglie effetto al principio statale che esige la valutazione della rispondenza delle strutture al fabbisogno tenendo conto anche del criterio della soglia minima di efficienza che deve essere conseguita da parte delle singole strutture sanitarie in modo da assicurare una efficace competizione tra strutture accreditate (art 8-quater d.lgs 229/99 come integrato dall’art. 79 l.133/2008), principio statale che, nella specie, è violato.
Ed invero, se in sede di determinazione dei criteri di ripartizione delle risorse pubbliche difettano le componenti ex art 8-quinquies c.1 e 2 d.lgs. 229/99 e s.m. rappresentate dalla indicazione delle funzioni e delle attività  da potenziare e da depotenziare per ogni singola struttura nonchè dalla verifica dei risultati raggiunti quanto ad appropriatezza clinica ed organizzativa, tempo di attesa e continuità  assistenziale nelle strutture accreditate, segno è che si attuano meccanismi distorsivi dei principi statali e ciò con particolare riguardo all’istituzione del fondo aziendale, il quale si attesta, nella sua determinazione, prevalentemente, sulla allocazione delle risorse nell’ambito territoriale, elevando quest’ultima a componente essenziale del sistema di ripartizione delle risorse in violazione dei principi cardine di appropriatezza delle prestazioni e di accrescimento degli standard qualitativi che costituiscono, come si è detto, l’obiettivo e la scelta di fondo del SSN.
Quanto al criterio utilizzato per il fondo A in base alla valutazione della potenzialità  del distretto, ritiene il Collegio fondata anche la dedotta censura di violazione dell’art 6 c. 6 l.724/94.
Infatti, la scelta di privilegiare le strutture di un determinato distretto comprime il c.d. diritto alla libera scelta del luogo di cura, che ex art 6 c.6 l.724/94 deve essere esercitato “nei confronti di tutte le strutture ed i professionisti accreditati dal SSN” e non limitato all’interno delle strutture localizzate nel distretto.
Alla luce delle suesposte considerazioni, non ritiene il Collegio di poter condividere l’assunto regionale secondo cui il nuovo sistema garantirebbe secondo l’art 18 l.r. 26/2006 il passaggio ad un sistema concorrenziale in grado di consentire l’ingresso di nuovi operatori, invocando la nota AS451 dell’Autorità  Garante della Concorrenza e del Mercato.
Va premessa, sul piano sistematico, l’incertezza in merito alla stessa applicabilità  della normativa comunitaria inerente la tutela della concorrenza all’attività  sanitaria in considerazione del ruolo svolto dalla programmazione pubblica e dalla necessità  di assicurare il doverosi bilanciamento con le esigenze di equilibrio finanziario (T.A.R. Lombardia Milano sez III 16 giugno 2010 n.1891 pur se in riferimento alle strutture sanitarie pubbliche) tra cui la regola di derivazione comunitaria del patto di stabilità . Ne costituisce un serio indizio l’esclusione dei servizi sanitari dall’ambito di applicazione della stessa direttiva 2006/123/CE relativa ai servizi del mercato interno – il cui fine consiste nell’assicurare la libertà  di stabilimento e la libera circolazione dei servizi tra gli Stati membri (punto 1.2 dei considerando della direttiva) – come confermato nel decreto legislativo di attuazione 59/2010 (art 7).
Il passaggio dal criterio fondato sul dato storico del fatturato delle prestazioni rese nell’anno precedente deve risultare oltre che conforme ai principi fondamentali fissati dal legislatore statale ex art. 117 c.3 Cost., complessivamente non affetto da manifesta illogicità  ed irrazionalità , secondo i noti limiti che contraddistinguono l’attività  amministrativa discrezionale di tipo tecnico.
Orbene, non può anche sotto questo profilo non riconoscersi la parziale fondatezza delle doglianze dedotte anche in riferimento al fondo B del fondo unico aziendale, dal momento che alcuni dei punteggi derivanti dall’applicazione delle griglie manifestano elementi di irragionevolezza e sviamento rispetto alle finalità  perseguite.
Si fa riferimento ai 2 punti in più assegnati nel caso in cui le strutture siano localizzate al piano terra rispetto a strutture alloggiate al primo piano dotate di tutti i requisiti di funzionalità  e superamento delle barriere architettoniche, oppure agli 8 punti (lettera G delle griglie) concessi a struttura di oltre 500 mq rispetto a struttura di 299 mq ubicata in ambiente riscaldato e climatizzato con sale di attesa attrezzate di bagno per portatori di handicap.
Parimenti in parte fondata è anche la censura di violazione dell’affidamento del privato in ordine alla prevista retroattività  del nuovo sistema.
Ben conosce il Collegio l’orientamento del tutto consolidato della giurisprudenza amministrativa, peraltro condiviso dalla Sezione, circa la possibilità  di determinazione dei tetti di spesa con effetto retroattivo, escludendosi la rilevanza dell’affidamento del privato, il quale nelle more della determinazione definitiva del budget può fare affidamento sulle somme assegnate per l’anno precedente (ex multis Adunanza Plenaria Consiglio di Stato 2 maggio 2006, n.8, Consiglio Stato , sez. V, 23 marzo 2009 , n. 1758, id sez. V, 28 febbraio 2011 , n. 1252)
Differente però è la fattispecie per cui è causa, dal momento che la somma spettante secondo gli innovativi e controversi criteri contenuti nella DGR 1550 del 30 settembre 2010 come applicati con la deliberazione ASL impugnata risulta drasticamente decurtata nei confronti della ricorrente ad anno abbondantemente in corso, senza che possa essere negata la lesione dell’affidamento, avendo prima la Regione (con DGR 1494/09) solamente stabilito in via del tutto provvisoria i predetti criteri poi in parte applicati con la DGR 2671/09, disattendendo tra l’altro le stesse intese con le organizzazioni di categoria.
Ne consegue che in relazione all’indubbia novità  del nuovo sistema introdotto per la determinazione del budget aziendale, la Regione poteva al più farne applicazione soltanto a partire dalla comunicazione del tetto definitivo per il 2010 per i restanti mesi dell’anno, e non già  retroattivamente per il periodo gennaio-settembre, con conseguente illegittimità  dei provvedimenti impugnati anche sotto tal profilo (in questo senso proprio in riferimento alla DGR 1500/2010 T.A.R. Puglia Lecce 10 gennaio 2011 n. 3 citata dalla difesa regionale).
Quanto alla sorte degli accordi contrattuali impugnati, ritiene il Collegio che l’illegittimità  dei provvedimenti impugnati non possa che determinarne la caducazione per violazione di norme imperative (in particolare art 8-quinquies d.lgs. 502/92), datone l’evidente nesso di presupposizione, reso ancor più pregnante dall’obbligo per i soggetti accreditati di sottoscrivere gli accordi a pena di revoca dell’accreditamento.
Come recentemente statuito da questa Sezione (sent. 25 maggio 2011 n.798) l’azione di nullità  ex art. 1418 comma 1 c.c. per violazione di norme imperative di accordo ex art 11 l.241/90 deve contemperarsi con la generale regola del termine decadenziale per la tutela delle posizioni di interesse legittimo derivanti dall’accordo stesso, specie allorquando con tale azione si facciano valere non già  vizi propri bensì derivanti dalla determinazione preliminare di cui al comma 4 bis dell’art 11 l.241/90, atto autoritativo da impugnarsi nel termine di decadenza.
Nella fattispecie, l’accordo è stato ritualmente impugnato, facendosi valere vizi derivanti dalle deliberazioni preliminari aventi ad oggetto la definizione autoritativa del contenuto quali-quantitativo delle prestazioni.
Quanto alla domanda di accertamento del diritto dei ricorrenti ad erogare prestazioni sanitarie senza limitazioni per l’anno 2010 e fino all’approvazione del DIEF 2010, sulla stessa deve ritenersi sopravvenuto il difetto di interesse a ricorrere con lo spirare dell’annualità  in questione e alla luce della sopravvenuta approvazione del DIEF, poi impugnato con i motivi aggiunti.
Va allo stato invece respinta la domanda di risarcimento del danno di cui ai motivi aggiunti, in quanto formulata in via generica e sfornita di prova, applicandosi alla tutela risarcitoria da lesione dell’interesse legittimo il principio dispositivo di cui all’art 2697 c.c. esteso a tutti gli elementi costitutivi della pretesa, non valendo il principio dispositivo con metodo acquisitivo riferibile alla sola tutela giurisdizionale amministrativa demolitoria (Consiglio di Stato sez. IV 4 maggio 2005 n.2136, id. sez. V 17 ottobre 2008 n.5098, id. sez IV 4 febbraio 2008 n.306).
Per i suesposti motivi il ricorso introduttivo ed i motivi aggiunti vanno accolti, fatta eccezione per la domanda risarcitoria, con l’effetto di annullare le del GR 1500/2010 e le delibere del Direttore generale della ASL Lecce impugnate con i motivi aggiunti nei limiti dell’interesse della ricorrente, nonchè di dichiarare la nullità  in parte qua degli accordi contrattuali conseguentemente sottoscritti.
Sussistono giusti motivi ai sensi del combinato disposto degli art 26 c.p.a. e 92 c.p.c. per compensare le spese del presente giudizio tra le parti in relazione alla complessità  delle questioni dedotte.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Terza)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, accoglie il ricorso introduttivo ed i motivi aggiunti e per l’effetto annulla le deliberazioni GR 1500/2010, 2866/2010, e le delibere della ASL Lecce impugnate con i motivi aggiunti nei limiti dell’interesse dei ricorrenti, e dichiara la nullità  degli accordi contrattuali conseguentemente sottoscritti tra le parti;
dichiara improcedibili per sopravvenuto difetto di interesse le domande di accertamento formulate con il ricorso principale;
Respinge la domanda risarcitoria;
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità  amministrativa.

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