Commercio, industria, turismo – Attività  di coltivazione di  cava non regolarmente autorizzata – Domanda di prosecuzione dell’attività  di coltivazione ai sensi dell’art. 35 della L.R. 37/85 – Non si giustifica

A mente dell’art. 35 della L.R. 37/85, entrata in vigore il 20 giugno 1985, per tutte le cave legalmente in attività  a tale ultima data la “prosecuzione” della coltivazione era condizionata al fatto che nei sei mesi successivi i gestori presentassero domanda di autorizzazione alla Regione. Tale domanda, tuttavia, essendo finalizzata alla mera “prosecuzione” della coltivazione, poteva avere ad oggetto solo l’attività  così come sino a quel momento regolarmente autorizzata: infatti, solo con riferimento ad una attività  già  precedentemente autorizzata, sia pure in costanza di un diverso impianto normativo, si giustificava la possibilità  di proseguire l’estrazione nelle more della conclusione del procedimento di rilascio della nuova autorizzazione.

N. 00002/2012 REG.PROV.COLL.
N. 00394/2004 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 394 del 2004, proposto da: 
Escal Srl, rappresentata e difesa dagli avv. Giulio D’Antuono e Ileana Ramundo, con domicilio eletto in Bari, presso lo studio dell’avv. G. Garofalo, via De Rossi, 66; 

contro
Regione Puglia, rappresentata e difesa dall’avv. Francesco Paparella, con domicilio eletto presso Francesco Paparella in Bari, via Venezia, 14; 
Assessorato Industria, Commercio ed Artigianato della Regione Puglia

per l’annullamento
– della determina del dirigente dell’Ufficio Minerario Regionale della Regione Puglia n. 103 del 28.11.03 notificata a mezzo posta il 15.12.03 nella parte in cui ordina la sospensione dei lavori di coltivazione dell’area di cava nei terreni di cui alla p.lla 560 del foglio di mappa 20 del Comune di Manfredonia (FG);
– dell’atto del dirigente dell’Ufficio Minerario Regionale della Regione Puglia del 9.12.03, prot. n. 38/MIN/FG/170, comunicato il successivo 11.12.03, con il quale è stato notificato il verbale di accertamento infrazioni n. 16/03 ed intimato il pagamento della sanzione pecuniaria;
– del verbale di accertamento infrazioni n. 16/03 redatto in data 9.7.03 e notificato l’11.12.03 nella parte in cui si afferma che gli scavi di cava avrebbero interessato la p.lla n. 560 del fl. 20 del Comune di Manfredonia e che detta area sarebbe estranea all’area denunciata quale cava in attività  ex art. 35 della L.R. n. 37/85;
 

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della Regione Puglia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 12 ottobre 2011 la dott.ssa Roberta Ravasio e udito per l’amministrazione resistente l’avv. E. Godini, su delega dell’avv. F. Paparella;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 

FATTO e DIRITTO
1. Con il provvedimento in epigrafe indicato la Regione Puglia ha intimato alla ricorrente la sospensione della attività  di coltivazione di una cava di materiale lapideo situata in Comune di Manfredonia, località  “Posta del fosso”, limitatamente ai fondi individuati in catasto terreni al Foglio 20, mapp. 208, 209 e 560, fondi non inclusi nel piano originario di coltivazione e per i quali la Regione non avrebbe ancora rilasciato una autorizzazione all’ampliamento dell’area pertinente alla cava.
2. In sintesi la ricorrente deduce di svolgere attività  di estrazione calcarea da oltre trent’anni sui fondi individuati al catasto del Comune di Manfredonia al Foglio n. 20, mapp. 299, 300 (oggi 562 e 563),301, 302, 303 (oggi 264 e 265) e 304 (oggi 266 e 267); di aver tempestivamente richiesto, all’indomani della entrata in vigore della L.R. 37/85, l’autorizzazione alla prosecuzione della coltivazione; di aver integrato tale domanda nel corso del 1989, indicando nel piano di coltivazione anche il mapp. 560, acquistato poco tempo prima dalla ricorrente al fine di disporre di un’area di coltivazione più vasta; di aver infine inoltrato, il 7 aprile 1999, domanda di autorizzazione all’ampliamento al fine di includere nella cava anche i mapp. 208 e 209.
Nel corso di un accesso in loco effettuato il 9 luglio 2003 i tecnici della Regione rilevavano che la utilizzazione dei mapp. 560, 208 e 209 non era mai stata autorizzata, e pertanto elevavano il verbale di accertamento di infrazione n. 16 del 9 luglio 2003, cui seguiva l’ordinanza di sospensione del 28 novembre 2003, entrambi oggetto di gravame nei limiti in cui hanno ad oggetto il mapp. 560.
3. A sostegno del ricorso la ricorrente deduce la violazione dell’art. 35 della L.R. 37/85 nonchè eccesso di potere per difetto di istruttoria, irrazionalità , travisamento e difetto di motivazione: a suo dire il mapp. 560 era già  indicato e compreso nella domanda di autorizzazione alla prosecuzione della coltivazione, presentata ai sensi dell’art. 35 della L.R. 37/85, e poichè la presentazione di tale domanda abilitava immediatamente alla prosecuzione della coltivazione, pur in pendenza del procedimento, l’utilizzazione di tale particella da parte della ricorrente era legittima.
La ricorrente sostiene inoltre che il silenzio serbato per 15 anni dalla Amministrazione regionale aveva generato un affidamento sulle legittimità  dell’utilizzo del mapp. 560.
Infine l’autorizzazione all’ampliamento si sarebbe perfezionata, relativamente al citato mapp. 560, per silenzio-assenso.
4. L’Amministrazione regionale si è costituita in giudizio per resistere al ricorso.
5. Il ricorso non può essere accolto.
6. Risulta dai documenti prodotti in giudizio che il fronte di cava autorizzato con provvedimento sindacale dell’8 marzo 1980 non comprendeva il mapp. 560: esso, del resto, è stato acquistato dalla ricorrente in epoca certamente successiva al 16 febbraio 1986, data in cui la ESCAL s.n.c. stipulava il relativo preliminare di acquisto che non prevedeva il trasferimento immediato del possesso del terreno. Di conseguenza, può essere ben possibile che la ricorrente già  utilizzasse il mapp. 560 nel corso del 1989, ma è fuori di dubbio che esso non poteva essere incluso nel piano di coltivazione allegato alla domanda di autorizzazione che la ricorrente depositò il 30 dicembre 1985.
A questo punto va rammentato che a mente dell’art. 35 della L.R. 37/85, entrata in vigore il 20 giugno 1985, per tutte le cave legalmente in attività  a tale ultima data la “prosecuzione” della coltivazione era condizionata al fatto che nei sei mesi successivi i gestori presentassero domanda di autorizzazione alla Regione. Tale domanda, tuttavia, essendo finalizzata alla mera “prosecuzione” della coltivazione, poteva avere ad oggetto solo l’attività  così come sino a quel momento autorizzata: e del resto, solo con riferimento ad una attività  già  precedentemente autorizzata, sia pure in costanza di un diverso impianto normativo, si giustificava la possibilità  di proseguire l’attività  in pendenza di procedimento.
Di contro con riferimento ad eventuali modifiche del piano di coltivazione mai autorizzate in precedenza, ancorchè già  eventualmente poste in essere, i gestori erano tenuti a presentare una domanda di autorizzazione separata, non più ai sensi dell’art. 35 L. 37/85, bensì ai sensi dell’art. 8, la quale ultima non attribuiva il diritto a dare immediatamente corso alle modifiche stesse.
E’ pertanto da escludere che la domanda presentata il 30 dicembre 1985 ex art. 35 L.R. 37/85 o eventuali integrazioni della stessa abbiano potuto radicare il diritto della ricorrente ad utilizzare il mapp. 560.
7. A questo punto occorre valutare se in relazione al fondo di che trattasi sia stata presentata una domanda di autorizzazione specifica sulla quale si sia formato un assenso.
Risulta dai documenti prodotti dalla ricorrente che in data 21 maggio 1987 essa, “in ottemperanza all’impegno preso verbalmente con il vostro Geometra Sig. De Santis Giorgio il 4/12/1986”, trasmetteva una serie di documenti, e cioè: copia atto di proprietà  del sedime della cava; estratti di mappa catastale; carta topografica; planimetrìa quotata dei terreni autorizzati; piano di coltivazione e relazione tecnica esplicativa; progetto esecutivo per la sistemazione a fine coltivazione; relazione tecnica-economica-finaziaria; idoneità  tecnica ed economica della società . Tale documento non contiene affatto una richiesta di modificazione o di ampliamento della cava, e tanto meno vi sono riferimenti espressi al mapp. 560, o al mapp. 112 da cui è stato frazionato.
In data 4 luglio 1989, invece, la ricorrente trasmetteva alla Regione una missiva del seguente tenore: “Con riferimento alla lettera protocollo n. 0986/M del 30/5/89, di codesto ufficio, uniamo il piano di coltivazione della cava nonchè una breve relazione di accompagnamento. L’esigenza di disporre l’area contermine alla cava, data l’esiguità  di quella disponibile, ci ha portati all’acquisto di Ha. 2.00.000 (ettari due) nella particella 112 del Foglio 20. A riguardo Vi uniamo copia del preliminare di vendita in attesa di inviarVi copia autentica dell’atto definitivo di acquisto ” Alla missiva veniva allegato il piano di coltivazione, la relativa relazione esplicativa ed il preliminare di vendita del 1986.
Orbene, non si vede come una tale missiva possa essere considerata alla stregua di una domanda di ampliamento della cava con riferimento al fondo di recente acquisto, del quali ivi si parla come a voler rispondere a chiarimenti.
Una domanda di ampliamento relativa al mapp. 560, quindi, non risulta essere mai stata presentata, e pertanto non può essersi formata alcuna autorizzazione per silentium.
8.Quanto poi al fatto che il silenzio mantenuto dalla Regione avrebbe ingenerato un affidamento circa la legittimità  della utilizzazione del mapp. 560, il Collegio è dell’opinione che nella fattispecie non sussista alcun affidamento legittimo, degno come tale di tutela.
Il fatto che la ricorrente non abbia presentato una domanda di ampliamento specifica per il mapp. 560 non ha scusanti dal momento che la ricorrente era ben consapevole del fatto che tale fondo non era incluso nell’originaria autorizzazione del 1980 e che ogni modifica del piano di coltivazione avrebbe dovuto essere previamente autorizzata. D’altro canto la pretesa di includere il mapp. 560 nella autorizzazione ex art. 35 L.R. 37/85 non solo non ha alcun aggancio normativo, ma neppure si giustifica alla luce di una risalente utilizzazione di esso, stante che il possesso del mapp. 560 è stato pacificamente acquisito in epoca posteriore alla entrata in vigore della L.R. 37/85.
Nessun elemento autorizzava la ricorrente a credere che l’utilizzazione già  in atto del mapp. 560 potesse dirsi legittima. Di conseguenza l’affidamento che essa può aver riposto non merita di essere tutelato per le dianzi esposte ragioni, di carattere assorbente.
9. Il ricorso va conclusivamente respinto.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna la ricorrente alla rifusione delle spese processuali i favore della Regione Puglia, spese che si liquidano in € 2.500,00 (euro duemilacinquecento) oltre accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità  amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 12 ottobre 2011 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Sabato Guadagno, Presidente
Antonio Pasca, Consigliere
Roberta Ravasio, Referendario, Estensore
 
 
 
 

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 02/01/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

Share on facebook
Facebook
Share on twitter
Twitter
Share on linkedin
LinkedIn
Share on whatsapp
WhatsApp

Tag

Ultimi aggiornamenti

Galleria