1. Procedimento amministrativo  – Concorsi – Ricercatore universitario – Esercizio di discrezionalità  tecnica da parte della commissione – Criteri di valutazione di titoli e pubblicazioni
2. Procedimento amministrativo  – Concorsi – Ricercatore universitario – Esercizio di discrezionalità  tecnica da parte della commissione  – Criteri di valutazione di titoli e pubblicazioni – Superamento del principio della prevalenza del titolo di dottorato di ricerca – Motivazione rafforzata
3.  Procedimento amministrativo  – Concorsi – Ricercatore universitario – Esercizio di discrezionalità  tecnica della commissione  – Valutazione comparativa – Criteri e modalità 
4. Giustizia e processo – Procedimento amministrativo  – Concorsi – Ricercatore universitario – Discrezionalità  tecnica della commissione  – Limiti di sindacabilità  da parte del G.A. – Carenza di allegazione documentale da parte del ricorrente  – Inammissibilità  del motivo di impugnazione
5. Giustizia e processo – Concorsi – Azione di risarcimento del danno – Rigetto quale conseguenza del rigetto dell’azione di impugnazione – Identità  di presupposti – Necessità 

1. La commissione giudicatrice di un concorso per ricercatore universitario, nell’esercizio della sua discrezionalità  tecnica, esprime, sui titoli e le pubblicazioni, una valutazione comparativa globale e non analitica essenzialmente di natura qualitativa circa la preparazione dei candidati, con specifico riferimento alla loro attitudine alla ricerca scientifica, che insieme all’esito della discussione pubblica, concorre alla formazione del giudizio di prevalenza di un candidato sull’altro. 
2. Nel concorso diretto all’assegnazione di un posto di ricercatore universitario il possesso del titolo di dottore di ricerca, pur non garantendo un diritto di precedenza rispetto ad altri candidati che ne siano sprovvisti, assume una particolare pregnanza ai fini di una valutazione complessiva dell’attitudine del candidato alla ricerca, che impone all’organo valutatore di prenderlo in considerazione. Ne consegue che, nel caso in cui la commissione opti per una scelta che si discosti dall’applicazione di tale principio, preferendo un candidato che sia privo del titolo di dottore di ricerca, è tenuta a fornire una motivazione rafforzata di tale scelta.
3. La valutazione comparativa della commissione consta dei giudizi  individuali di ciascun componente della stessa che refluiscono in quello complessivo espresso in sede collegiale dall’organo, unico centro di imputazione del giudizio comparativo finale censurabile. La valutazione espressa dalla commissione non perde il suo carattere comparativo qualora si sia formata con l’espressione di giudizi assoluti per ciascun candidato. La valutazione comparativa concerne la procedura concorsuale nel suo complesso ed è emanata all’esito del raffronto delle valutazioni globali effettuate, prima individualmente da ciascun commissario e dopo collegialmente, su ciascun candidato, in modo da esprimere un giudizio conclusivo di prevalenza di un candidato rispetto agli altri.
4. La generica contestazione dell’attività  di valutazione operata dalla commissione non consente di individuare alcun legame concreto di strumentalità  tra quanto lamentato dal ricorrente e l’interesse perseguito con il motivo di impugnazione dedotto.  Il giudizio della commissione, afferente all’esercizio della discrezionalità  tecnica, è sindacabile dal giudice limitatamente a vizi tali da configurare un palese eccesso di potere. La sussistenza di tali vizi deve emergere dalla stessa documentazione prodotta in giudizio dal ricorrente, in difetto della quale, la censura è inammissibile per carenza di interesse(*).
5. Il rigetto della domanda di annullamento reca con sè il rigetto della domanda risarcitoria avanzata dal ricorrente.

N. 01695/2011 REG.PROV.COLL.
N. 00309/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 309 del 2011, proposto da: 
Giorgio Fabre, rappresentato e difeso dagli avv.ti Franco Gaetano Scoca, Francesco Vetrò e Fabrizio Lofoco, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Bari, via Pasquale Fiore, n. 14; 
contro
Università  degli Studi di Bari “Aldo Moro”, in persona del Rettore, legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avv.ti Gaetano Prudente e Cecilia Antuofermo, con domicilio eletto presso gli Uffici della propria Avvocatura, Palazzo Ateneo, in Bari, Piazza Umberto I, n. 1;
Ministero dell’Istruzione, dell’Università  e della Ricerca; 
nei confronti di
Michele Donno, rappresentato e difeso dall’avv. Giovanni Pellegrino, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Maurizio Di Cagno in Bari, via Nicolai, n. 43; 
per l’annullamento,
previa sospensione dell’efficacia,
“del decreto rettorale n. 8996 del 16 novembre 2010, in G.U. – IV Serie Speciale n. 97 del 7 dicembre 2010, con il quale sono stati approvati gli atti della valutazione comparativa a n. 1 posto di Ricercatore universitario presso la Facoltà  di Scienze della Formazione per il settore scientifico – disciplinare M-STO/04 – Storia Contemporanea, indetta dall’Università  degli Studi di Bari “Aldo Moro” con decreto Rettorale n. 12029 del 10.12.2009, in G.U. – IV Serie Speciale n. 98 del 22 dicembre 2009, e, contestualmente, dichiarato vincitore della stessa il Dott. Michele Donno;
nonchè per la condanna
dell’Università  degli Studi di Bari “Aldo Moro” al risarcimento dei danni subiti e subendi dal Dott. Fabre, in quanto illegittimamente cagionati dai provvedimenti impugnati.”
 

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Università  degli Studi di Bari e di Michele Donno;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Vista l’ordinanza n. 234 del 10 marzo 2011 con la quale si dà  atto della rinuncia all’istanza incidentale di sospensione cautelare e si fissa l’udienza pubblica del 20 ottobre 2011 per la discussione del ricorso nel merito;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 20 ottobre 2011 la dott.ssa Rosalba Giansante e uditi per le parti i difensori, l’avv. Francesco Vetrò per la parte ricorrente, l’avv. Lucrezia Saracino, su delega dell’avv. Gaetano Prudente per la parte resistente e l’avv. Maurizio Di Cagno, su delega dell’avv. Giovanni Pellegrino, per il controinteressato;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 

FATTO
Espone in fatto il dott. Giorgio Fabre di aver partecipato alla procedura di valutazione comparativa per la copertura di un posto di Ricercatore universitario presso la Facoltà  di Scienze della Formazione per il settore scientifico – disciplinare M-STO/04 – Storia Contemporanea, indetta dalla Università  degli Studi di Bari “Aldo Moro” con decreto Rettorale n. 12029 del 10 dicembre 2009, pubblicato nella G.U. – IV Serie Speciale n. 98 del 22 dicembre 2009.
Riferisce altresì che con decreto rettorale della citata Università , n. 8996 del 16 novembre 2010, pubblicato nella G.U. – IV Serie Speciale n. 97 del 7 dicembre 2010, sono stati approvati gli atti della suddetta procedura di valutazione comparativa e, contestualmente, è stato dichiarato vincitore della stessa il dott. Michele Donno.
Il ricorrente ha quindi proposto il presente ricorso, ritualmente notificato il 4 febbraio 2011 e depositato nella Segreteria del Tribunale il 18 febbraio 2011, con il quale ha chiesto l’annullamento del predetto decreto rettorale dell’Università  degli Studi di Bari “Aldo Moro” n. 8996 del 16 novembre 2010 nonchè la condanna della citata Università  al risarcimento dei danni subiti e subendi da esso ricorrente, illegittimamente cagionati dal (i) provvedimento (i) impugnato (i).
A sostegno del gravame il ricorrente ha dedotto i seguenti motivi di censura: I. violazione e falsa applicazione dell’art. 2 del D.M. 28 luglio 2009 recante “Parametri per la valutazione dei titoli e delle pubblicazioni dei candidati nelle procedure di valutazione comparativa per posti di ricercatore universitario”, contraddittorietà  esterna, eccesso di potere per travisamento dei fatti e difetto di istruttoria, difetto di motivazione; II. eccesso di potere per illogicità , erroneità  e contraddittorietà ; III. eccesso di potere per arbitrarietà  e disparità  di trattamento, contraddittorietà  esterna; in riferimento alla richiesta di condanna al risarcimento dei danni si è riservato la loro quantificazione in corso di causa.
Si è costituito a resistere in giudizio il controinteressato, il dott. Michele Donno, che ha inoltre depositato una memoria per la camera di consiglio eccependo l’inammissibilità  del ricorso, deducendo in via subordinata la sua infondatezza e, conseguentemente, chiedendo il rigetto del gravame.
Si è altresì costituita a resistere in giudizio l’Università  degli Studi di Bari “Aldo Moro” eccependo l’inammissibilità  del ricorso per carenza di interesse in quanto il ricorrente non trarrebbe nessuna utilità  da un eventuale annullamento della procedura per cui è causa; ad avviso di parte resistente esso non solo non avrebbe conseguito un giudizio positivo, ma non sarebbe in possesso dei titoli preferenziali indicati dalla Commissione individuati dalla normativa statale di riferimento (art. 7 del bando di concorso, art. 1, comma 7 della legge n. 230 del 2005 e art. 2 del D.M. 89/2009); ha chiesto altresì il rigetto del ricorso.
Alla camera di consiglio del 10 marzo 2011, con ordinanza n. 234, si è dato atto della rinuncia all’istanza incidentale di sospensione cautelare e si è fissata l’udienza pubblica del 20 ottobre 2011 per la discussione del ricorso nel merito.
Parte ricorrente, parte resistente e controinteressato hanno prodotto documentazione.
Il dott. Fabre ed il dott. Donno hanno entrambi depositato una prima memoria ed una seconda memoria di replica per l’udienza di discussione.
Il controinteressato nella memoria depositata il 19 settembre 2011 ha eccepito l’improcedibilità  del ricorso per mancata impugnazione del decreto rettorale n. 9324 del 29 novembre 2010, depositato in giudizio dall’Università  degli Studi di Bari “Aldo Moro” in data 7 marzo 2011.
Alla udienza pubblica del 20 ottobre 2011 la causa è stata chiamata e assunta in decisione.
DIRITTO
Il Collegio ritiene, innanzitutto, di poter prescindere dall’esame delle eccezioni di rito di inammissibilità  e improcedibilità  sollevate dall’Università  degli Studi di Bari “Aldo Moro” e dal dott. Donno essendo il ricorso infondato nel merito.
Nel merito, come anticipato, l’odierno gravame è infondato e deve, pertanto, essere respinto.
Con il primo motivo di ricorso il ricorrente deduce le seguenti censure: violazione e falsa applicazione dell’art. 2 del D.M. 28 luglio 2009 recante “Parametri per la valutazione dei titoli e delle pubblicazioni dei candidati nelle procedure di valutazione comparativa per posti di ricercatore universitario”, contraddittorietà  esterna, eccesso di potere per travisamento dei fatti e difetto di istruttoria, difetto di motivazione; il ricorrente lamenta la mancata considerazione e, quindi, valutazione di alcuni titoli e di diverse pubblicazioni da parte della Commissione giudicatrice, nonostante esplicitamente indicati nella documentazione presentata in sede di concorso e previsti come titoli valutabili; inoltre evidenzia che più volte la Commissione avrebbe ribadito, come risulterebbe nei verbali richiamati, il mancato conseguimento del titolo di Dottore di ricerca da parte di esso ricorrente; il possesso del Dottorato di ricerca da titolo aggiuntivo rispetto ai requisiti richiesti per la partecipazione sarebbe stato considerato elemento imprescindibile, realizzando in tal modo una vera e propria discriminazione nei suoi confronti in quanto unico candidato non in possesso del suddetto titolo.
Con il secondo motivo di ricorso il ricorrente deduce l’illegittimità  del provvedimento impugnato in quanto assume essere affetto dal vizio di eccesso di potere per illogicità , erroneità  e contraddittorietà ; il dott. Fabre lamenta che la mancata e quindi erronea valutazione di tutti gli elementi di valutazione si sarebbe riflessa sia sui giudizi dei singoli membri che della Commissione collegialmente; in particolare nei giudizi individuali ciascun Commissario qualificherebbe la sua produzione in termini sostanzialmente negativi e, per certi versi addirittura denigratori, presumibilmente a causa della sua professione di giornalista; i giudizi di due Commissari sulla sua produzione scientifica sarebbero contraddittori in quanto secondo uno sarebbero risultati di notevole interesse, espressione di un autentico interesse storiografico e per un altro avrebbero avuto carattere prevalentemente giornalistico; inoltre il giudizio reso dalla Commissione sarebbe altresì insufficiente laddove non dedicherebbe alcuna valutazione alla rilevanza scientifica della collocazione editoriale di ciascuna pubblicazione e alla sua diffusione all’interno della comunità  scientifica.
Con il terzo motivo di ricorso il ricorrente deduce le seguenti censure: eccesso di potere per arbitrarietà  e disparità  di trattamento, contraddittorietà  esterna in quanto la Commissione avrebbe dovuto motivare, seppure il numero delle pubblicazioni non costituirebbe in sè un elemento dirimente ai fini del giudizio di preferenza, le ragioni che l’hanno determinata a nominare vincitore un candidato con una sola pubblicazione degna di menzione, seppure in possesso del titolo di Dottore di ricerca e di successivo assegno di ricerca, con un numero esiguo di pubblicazioni, rispetto ad altri candidati ed al pari di esso ricorrente; a quanto sopra il dott. Fabre aggiunge la circostanza che il giudizio espresso nei suoi confronti, la cui produzione che testimonia “un autentico interesse storiografico”, ha raggiunto “risultati di notevole interesse” non sarebbe stata resa nei confronti di nessun altro candidato, nemmeno nei confronti del vincitore del concorso; inoltre molti altri candidati, al pari del dott. Fabre, avrebbero presentato un curriculum di studi e di ricerca migliore di quello del vincitore, in particolare, a titolo esemplificativo ci sarebbero più di dieci candidati che avrebbero presentato, a parità  di giudizi elogiativi da parte della Commissione, più pubblicazioni del controinteressato, dott. Michele Donno ed in molti casi molti più titoli oltre quello, di pari livello del Dottore di ricerca.
I suddetti motivi di ricorso, che il Collegio ritiene opportuno esaminare congiuntamente al fine di una completa analisi della vicenda dedotta nel presente giudizio, sono tutti privi di pregio.
Si ritiene di dover innanzitutto fare una premessa di ordine generale e di richiamare la normativa applicabile alla fattispecie oggetto di gravame.
La premessa di ordine generale concerne la considerazione secondo cui, per costante condivisa giurisprudenza, nelle procedure concorsuali il giudizio della commissione comporta una valutazione essenzialmente qualitativa della preparazione scientifica dei candidati ed attiene quindi alla sfera della discrezionalità  tecnica, censurabile unicamente sul piano della legittimità , per evidente superficialità , incompletezza, incongruenza, manifesta disparità , emergenti dalla stessa documentazione, tali da configurare un palese eccesso di potere, senza che con ciò il giudice possa o debba entrare nel merito della valutazione (cfr. ex multis da ultimo T.A.R. Sicilia, Catania, 10 febbraio 2011, n. 292, Consiglio Stato, Sezione IV, 3 agosto 2010, n. 5165).
Per quanto riguarda la normativa, il d.l. 10 novembre 2008 n. 180 – Disposizioni urgenti per il diritto allo studio, la valorizzazione del merito e la qualità  del sistema universitario e della ricerca – convertito nella legge 9 gennaio 2009, n. 1, al comma 7 dell’art. 1, recante Disposizioni per il reclutamento nelle università  e per gli enti di ricerca, dispone: “Nelle procedure di valutazione comparativa per il reclutamento dei ricercatori bandite successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto, la valutazione comparativa è effettuata sulla base dei titoli e delle pubblicazioni dei candidati, ivi compresa la tesi di dottorato, discussi pubblicamente con la commissione, utilizzando parametri, riconosciuti anche in ambito internazionale, individuati con apposito decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università  e della ricerca, avente natura non regolamentare, da adottare entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, sentito il Consiglio universitario nazionale.”
Il parametri previsti dalla suddetta norma sono stati individuati con D.M. 28 luglio 2009 che, dopo avere all’art. 2, comma 1, elencato gli elementi, debitamente documentati, sulla cui base le commissioni giudicatrici delle procedure di valutazione comparativa per il reclutamento dei ricercatori universitari indette dopo l’entrata in vigore del decreto-legge 10 novembre 2008, n. 180, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 gennaio 2009, n. 1, avrebbero dovuto effettuare analiticamente la valutazione comparativa dei titoli dei candidati, al comma 2, che in particolare in questa sede interessa, prevede: “Ai sensi dell’art. 1, comma 7, della legge 4 novembre 2005, n. 230, costituiscono titoli preferenziali il dottorato di ricerca, le attività  svolte in qualità  di assegnasti contrattisti ai sensi dell’art. 51, comma 6, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, di borsisti post-dottorato ai sensi della legge 30 novembre 1989, n. 398, nonchè di contrattisti ai sensi dello stesso art. 1, comma 14 della legge 4 novembre 2005, n. 230.”.
In riferimento alla normativa da ultimo richiamata, ed espressamente richiamata anche all’art. 7 – Valutazione comparativa – dal bando della procedura di valutazione comparativa per la copertura di un posto di Ricercatore universitario presso la Facoltà  di Scienze della Formazione per il settore scientifico – disciplinare M-STO/04 – Storia Contemporanea presso l’Università  degli Studi di Bari “Aldo Moro” di cui al decreto Rettorale n. 12029 del 10 dicembre 2009, pubblicato nella G.U. – IV Serie Speciale n. 98 del 22 dicembre 2009, nonchè dal verbale n. 2 della Commissione esaminatrice del 26 agosto 2010, il Collegio, concordando con la prospettazione di parte resistente, aderisce alla giurisprudenza che ritiene che nel concorso indetto per l’assegnazione di posti di ricercatore universitario il possesso del dottorato di ricerca e le attività  svolte come assegnista, pur non garantendo di per sè un diritto di precedenza rispetto ai candidati sprovvisti di analoghi titoli, assumono, nelle procedure di valutazione dei candidati ricercatori universitari, una particolare pregnanza, che impone all’organo valutativo di prenderli espressamente in considerazione.
Ne consegue che ciò non preclude che, in linea di principio, la Commissione possa preferire un candidato privo dei titoli suddetti, ma una consimile soluzione necessita di una motivazione “rafforzata” che renda compiutamente conto delle ragioni sottese alla scelta (cfr. T.A.R. Piemonte Torino, sez. I, 14 gennaio 2011 , n. 22).
Applicando le suddette coordinate al caso in esame, diversamente da quanto assume il ricorrente in ricorso, la Commissione correttamente si è limitata a porre sempre in evidenza la mancanza del titolo preferenziale mentre solo ove avesse preferito il dott. Fabre avrebbe dovuto motivare la scelta, come detto, in modo più pregnante, non essendo in possesso del dottorato di ricerca.
Sono pertanto infondate le censure di violazione e falsa applicazione dell’art. 2 del D.M. 28 luglio 2009, dedotte nel primo motivo di ricorso nonchè le ulteriori doglianze di cui al primo e terzo motivo di ricorso concernenti la mancata considerazione e, quindi, valutazione di alcuni titoli e di diverse pubblicazioni da parte della Commissione giudicatrice, nonostante esplicitamente indicati nella documentazione presentata in sede di concorso.
La doglianza è smentita dall’esame dei giudizi dei singoli commissari e dal giudizio della commissione sui titoli, in cui si evidenziano le attività  scientifiche e didattiche svolte e i titoli ritenuti rilevanti, ed è sulla base di tutti tali elementi che è stato formulato il relativo giudizio del ricorrente e naturalmente di tutti gli altri candidati.
Secondo l’orientamento del Consiglio di Stato dal quale il Collegio non ha motivo di discostarsi, nelle procedure di valutazione comparativa per i posti di ricercatore e professore universitario, non occorre una valutazione analitica dei singoli titoli, occorrendo invece un accertamento globale e complessivo finalizzato a verificare l’attitudine dei candidati alla ricerca scientifica (cfr. Consiglio di Stato, Sezione VI, 29 aprile 2009, n. 2705).
Tali conclusioni sembrano peraltro ammesse dallo stesso dott. Fabre laddove nelle censure dedotte al terzo motivo di ricorso afferma che “seppure il numero delle pubblicazioni non costituisce in sè un elemento dirimente ai fini del giudizio di preferenza¦”.
Il Collegio deve inoltre evidenziare che la sopra richiamata normativa, laddove prevede che “la valutazione comparativa è effettuata sulla base dei titoli e delle pubblicazioni dei candidati, ivi compresa la tesi di dottorato, discussi pubblicamente con la commissione”, è chiara nel riconoscere che la valutazione compiuta dalla Commissione in ordine al valore scientifico dei titoli e delle pubblicazioni concorre, insieme all’esito della discussione pubblica, alla formazione del giudizio di prevalenza di un candidato sull’altro.
Quanto sopra è stato espressamente previsto sempre nel suddetto verbale n. 2 nel quale la Commissione, anche in conformità  all’art. 8 del bando – accertamento della regolarità  e pubblicità  degli atti – ha precisato: “che sulle pubblicazioni, ivi compresa, la tesi di dottorato, nonchè sui titoli, illustrati e discussi dal candidato davanti alla Commissione giudicatrice, ogni commissario esprimerà  il proprio giudizio individuale e la Commissione quello complessivo finale. In base ai giudizi collegiali, la Commissione procederà  alla valutazione comparativa dei candidati, al termine della quale, con deliberazione assunta a maggioranza dei componenti, indicherà  il vincitore della procedura.”.
Al riguardo devesi rilevare che la Commissione ha operato in conformità  a quanto da essa previsto nel suddetto verbale, in conformità  alla normativa ed al bando in esso richiamati, come si evince dai verbali prodotti in giudizio, peraltro anche dallo stesso ricorrente, ed in particolare dal verbale n. 4, (discussione finale) del 15 ottobre 2010, dal relativo allegato 1 contenente i giudizi complessivi formulati dai singoli componenti della commissione stessa ed il giudizio collegiale, nonchè dalla relazione finale dell’8 novembre 2010, bando e verbali, si precisa, non impugnato dall’odierno ricorrente.
Nè può accogliersi la doglianza del dott. Fabre relativa alla contraddittorietà  dei giudizi fra due componenti della Commissione nel giudizio espresso nei suoi confronti in quanto eventuali possibili diversità  di giudizi fra commissari sono fisiologici ed è anche per questo che la normativa prevede il giudizio collegiale che puntualmente risulta effettuato per tutti i candidati.
La prevalente giurisprudenza condivisa dal Collegio, richiamata peraltro anche dal controinteressato, ritiene di conseguenza che, in linea di principio, i giudizi individuali rifluiscono nel giudizio collegiale perdendo in esso la loro rilevanza, sicchè ogni censura deve essere diretta verso il giudizio espresso in sede collegiale, non inficiabile per la contraddittorietà  con i medesimi giudizi individuali, proprio perchè, come nella fattispecie oggetto di gravame, essi costituiscono dei presupposti di partenza destinati ad evolvere nella discussione collegiale e ad essere superati dalla riflessione e dall’espressione di giudizio imputata in via definitiva soltanto all’organo nel suo insieme (cfr. ex multis Consiglio di Stato, Sezione VI, 27 febbraio 2008, n. 699).
Deve ritenersi altresì priva di pregio la censura di carenza di motivazione di cui al terzo motivo di ricorso con la quale parte ricorrente lamenta che la Commissione avrebbe dovuto motivare le ragioni che l’hanno determinata a nominare vincitore un candidato con una sola pubblicazione degna di menzione, seppure in possesso del titolo di Dottore di ricerca e di successivo assegno di ricerca, con un numero esiguo di pubblicazioni, rispetto ad altri candidati ed al pari di esso ricorrente; sostanzialmente ciò di cui si duole parte ricorrente è che i giudizi sarebbero riferiti nominativamente a ciascun candidato e, singolarmente presi, privi di qualsivoglia riferimento agli altri, non consentirebbero di capire l’iter logico alla stregua del quale il controinteressato ha prevalso su esso ricorrente e sugli altri candidati.
Il Collegio ritiene di dover evidenziare che aderisce alla giurisprudenza che è dell’avviso che la “valutazione comparativa” concerne la procedura concorsuale nel suo complesso, nel senso che questa deve svolgersi in modo da consentire che emergano, nel raffronto dei singoli giudizi (individuali, prima, e collegiali, poi) i candidati da ascrivere al novero degli idonei, rispetto a quelli che tale idoneità  non conseguano o la conseguano in misura (relativamente) insufficiente (cfr. Consiglio di Stato, Sezione VI, 29 aprile 2009, n. 2705 che richiama un precedente della stessa Sezione VI, 22 aprile 2004, n. 2364 richiamata da ultimo anche dal T.A.R. Sicilia, Catania, 10 febbraio 2011, n. 292 cit.)
Concordando con la richiamata giurisprudenza si ritiene maggiormente aderente alla ratio della procedura, nonchè dotato di maggiore trasparenza, il procedimento logico di muovere dalla formulazione di giudizi assoluti per ciascun candidato, giacchè un siffatto criterio consente alla Commissione proprio di raffrontare le valutazioni globali ed esprimere quel giudizio conclusivo di prevalenza di uno o più candidati rispetto agli altri, che costituisce l’essenza della procedura comparativa.
Il che, del resto, trova conforto normativo proprio nell’art. 4, comma 13, del d.p.r. n. 117 del 2000, in base al quale “al termine dei lavori la commissione previa valutazione comparativa, con deliberazione assunta a maggioranza dei componenti, ¦ individua inequivocabilmente i nominativi di non più di due idonei nelle valutazioni comparative per professore associato¦ e per professore ordinario, fatto salvo quanto previsto dall’articolo 5, comma 2, della legge 3 luglio 1998, n. 210”.
Ne discende che il metodo seguito dalla Commissione non può essere considerato ex se illegittimo, salva la verifica, in sede di sindacato giurisdizionale, della correttezza e della congruità  delle valutazioni finali, alla luce dei giudizi di valore espressi in ordine a ciascun candidato (cfr. Consiglio di Stato, Sezione VI, 29 aprile 2009, n. 2705 cit.)
Ora, nel caso di specie, dall’esame dei verbali della procedura concorsuale, si evince che sono stati espressi giudizi individuali e collegiali su titoli ritenuti valutabili (verbale n. 2 dell’11 ottobre 2010 – Individuazione titoli ritenuti valutabili e valutazione pubblicazioni – All. 9 Donno e All. 11 Fabre) e sulla illustrazione e discussione sui titoli (verbale n. 3 del 13 ottobre 2010 All. 8 Donno e All. 10 Fabre).
Il Collegio, ricordando che la già  richiamata normativa (art. 1, comma 7, del d.l. 10 novembre 2008 n. 180 convertito nella legge 9 gennaio 2009, n. 1) dispone che nelle procedure di valutazione comparativa per il reclutamento dei ricercatori la valutazione comparativa è effettuata sulla base dei titoli e delle pubblicazioni dei candidati, ivi compresa la tesi di dottorato, che costituisce titolo preferenziale (ai sensi del comma 2 del D.M. 28 luglio 2009), discussi pubblicamente con la commissione, ritiene che, raffrontando i giudizi di cui ai citati verbali, non si ravvisino evidenti illogicità , irrazionalità  o manifeste disparità  tali da configurare un palese eccesso di potere censurabile sul piano della legittimità  (cfr. T.A.R. Puglia, Sezione III, 22 settembre 2011, n. 1380).
Anzi già  dal giudizio sulla illustrazione e discussione sui titoli, di cui occorre precisare il dott. Fabre non fa alcuna menzione nel ricorso, è palese la differenza dei giudizi in favore del vincitore, sia per i giudizi individuali che per il giudizio collegiale.
Limitandosi, per sinteticità , a riportare i soli giudizi collegiali riportati nel verbale n. 3 del 13 ottobre 2010, l’allegato 10 relativo al dott. Fabre recita: “Il candidato, che non è in possesso del dottorato, illustra i titoli, nessuno di quelli indicati come preferenziali, e sostiene la discussione in maniera sufficiente”; l’allegato 8 relativo al dott. Donno invece recita: “Il candidato nella discussione espone con grande vivacità  le sue tesi e discute poi le questioni poste muovendosi con disinvoltura fra fonti e storiografia”.
In riferimento alla mancata valutazione di alcuni titoli il Collegio si è già  espresso; si ritiene di dover aggiungere che è infondata in punto di fatto l’affermazione di cui al terzo motivo di ricorso fatta dal ricorrente laddove afferma che il giudizio espresso nei suoi confronti, la cui produzione che testimonia “un autentico interesse storiografico”, ha raggiunto “risultati di notevole interesse” non sarebbe stata resa nei confronti di nessun altro candidato, nemmeno nei confronti del vincitore del concorso; ciò nel senso che il giudizio riportato del controinteressato e dagli altri candidati non è formulato in modo identico, ma questo non significa che quello espresso nei confronti del vincitore sia qualitativamente inferiore, come si evince dai rispettivi giudizi collegiali riportati nel relativo verbale.
Nel verbale n. 2 l’allegato 9 relativo al dott. Donno infatti recita: “¦Da questo, e dagli altri suoi lavori, emerge una rilevante figura di studioso, capace di rileggere la storia politica italiana in un’ottica particolarmente ampia, e di collocarla in un contesto che va oltre quello dell’ambito strettamente nazionale”.
In riferimento infine alla censura dedotta al terzo motivo di ricorso con al quale il dott. Fabre lamenta che molti altri candidati, al pari di esso ricorrente, avrebbero presentato un curriculum di studi e di ricerca migliore di quello del vincitore, in particolare, a titolo esemplificativo ci sarebbero più di dieci candidati che avrebbero presentato, a parità  di giudizi elogiativi da parte della Commissione, più pubblicazioni del controinteressato, dott. Michele Donno, ed in molti casi molti più titoli oltre quello, di pari livello del Dottore di ricerca, essa deve ritenersi inammissibile in quanto genericamente formulata.
Il ricorrente, infatti, si è limitato ad indicare genericamente i dieci candidati, sia i casi di candidati in possesso di più titoli oltre quello, a suo avviso di pari livello di Dottore di ricerca, ma, non indicando i relativi nominativi ed i titoli a cui intendeva riferirsi, non ha consentito al Collegio di effettuare la valutazione necessaria al fine di verificare eventuali evidenti illogicità , irrazionalità  o manifeste disparità  tali da configurare un palese vizio di eccesso di potere censurabile sul piano della legittimità  da parte di questo adito giudice.
Conclusivamente, per i suesposti motivi, il ricorso deve ritenersi in parte infondato ed in parte inammissibile.
Al rigetto della domanda impugnatoria segue il rigetto della domanda di risarcimento del danno avanzata dal ricorrente.
Le spese, secondo la regola della soccombenza, devono porsi a carico della parte ricorrente, nell’importo liquidato nel dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Terza) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, in parte lo respinge ed in parte lo dichiara inammissibile, nei termini precisati in motivazione.
Respinge la domanda risarcitoria.
Condanna il dott. Giorgio Fabre al pagamento delle spese processuali e degli onorari di giudizio, che liquida in complessivi € 4.000,00 (quattromila/00), di cui € 2.000,00 (duemila/00) in favore dell’Università  degli Studi di Bari “Aldo Moro” e € 2.000,00 (duemila/00) in favore del dott. Michele Donno.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità  amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 20 ottobre 2011 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Pietro Morea, Presidente
Paolo Amovilli, Referendario
Rosalba Giansante, Referendario, Estensore
 
 
 
 

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 10/11/2011
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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