1. Edilizia e urbanistica – Variante puntuale al PRG di ritipizzazione di un singolo suolo a seguito della scadenza del vincolo di inedificabilità – Mancata approvazione della Regione per motivi attinenti all’impatto della nuova tipizzazione nel tessuto urbano – Illegittimità – Ragioni
2. Edilizia e urbanistica – Art. 16, co.10, della l. Regione Puglia n. 56/1980 – Va interpretato alla luce dell’impianto della L.U. (art. 10 l.n. 1150/1942) ed al canone costituzionale della sussidiarietà – Sindacato della Regione in sede di approvazione della variante di ritipizzazione limitato alla valorizzazione degli interessi non eminentemente locali – Conseguenze
1. La delibera di Giunta regionale di non approvazione di una variante al PRG per ritipizzazione di un suolo con destinazione vincolistica decaduta, variante a suo tempo adottata dal Commissario ad acta, in vece del Comune, a seguito di giudizio di ottemperanza proposto dal proprietario, non può essere motivata nel senso che la ritipizzazione inficerebbe il disegno urbanistico complessivo cittadino, vuoi perchè la modifica del tessuto urbanistico è un portato necessario della ritipizzazione, vuoi perchè una variante puntuale, concernente un’unica particella collocata in zona periferica, non può in ogni caso cagionare lo stravolgimento dell’impostazione del piano.
2. La norma dell’art.16, co.10, della l.r.n. 56/1980, per la quale “La Giunta Regionale – previa motivazione di eventuali decisioni difformi rispetto al parere del CUR – può apportare al PRG le sole modifiche conseguenti all’ accoglimento delle osservazioni di cui al precedente 4º comma e quelle necessarie per coordinare le scelte del PRG con quelle operate da altri piani territoriali e con le prescrizioni della presente legge”, contiene un’ipotesi derogatoria – dunque di stretta interpretazione – della competenza comunale di pianificazione del territorio e della sua zonizzazione che è destinata a recedere soltanto ove siano in gioco interessi non essenzialmente locali (canone ermeneutico desumibile anche dalle norme dell’art.10 l.n. 1150/1942 nonchè degli artt. 114 e 118 Cost. come innovati dalla legge costituzionale 18.10.2001, n. 3 e dal principio di sussidiarietà ivi formalmente recepito). Ne discende l’illegittimità del diniego regionale di approvazione della variante al piano per la ritipizzazione del suolo in proprietà dei ricorrenti, in quanto fondato sulla critica della zonizzazione adottata dal Comune (tramite l’intervento del Commissario ad acta) che, sorretta da congrua istruttoria, non può essere sindacata dalla Regione.
N. 01208/2011 REG.PROV.COLL.
N. 00970/2007 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 970 del 2007, proposto da Buonvino Anna, rappresentata e difesa dall’avv. Emanuele Tomasicchio, elettivamente domiciliata in Bari alla via Imbriani 26 presso lo studio dell’avv. S. Dodaro;
contro
Regione Puglia;
Comune di Bari;
per l’annullamento
della delibera della Giunta regionale n. 481 del 13.4.2007, avente per oggetto “Bari Variante al Piano regolatore Generale per ritipizzazione suolo Buonvino Anna. Non approvazione e rinvio degli atti”, pubblicata sul Bollettino ufficiale della Regione Puglia n. 72 del 16.5.2007;
– di ogni altro atto ad essa connesso, presupposto e/o consequenziale, ancorchè non conosciuto, ivi compresi, ove occorra e per quanto di ragione, la relazione dell’Ufficio del Settore Urbanistico regionale competente (S.U.R.) n. 07 del 18.10.2006, nonchè il parere n. 27 del 16.11.2006 reso dal C.U.R., ai sensi dell’art 16, comma 8, della L.R. Puglia n. 56/1980, atti richiamati ob relationem nella delibera di G.R. impugnata.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 18 maggio 2011 il cons. Giuseppina Adamo e udito l’avv. Emanuele Tomasicchio;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Sul ricorso n. 2048/2003, proposto dalla signora Anna Buonvino, odierna ricorrente, proprietaria dei suoli nel territorio di Bari, località Mungivacca, accatastati al foglio 61, particelle 301, 302, 305, 113, 214, 82, 93, 84, 85 e 43, la terza Sezione di questo Tribunale ha pronunciato la sentenza 4 febbraio 2004 n. 391.
L’interessata si doleva del silenzio-rifiuto, opposto dal Comune di Bari alla sua istanza, notificata il 3 novembre 2003, volta ad ottenere che fosse rinnovata la destinazione urbanistica dei propri suoli in Bari, ormai non più gravati dai vincoli, che furono preordinati dal Prg all’espropriazione o che dallo stesso Prg furono “posti come “Aree di Rispetto a protezione delle principali vie di comunicazione”.
La pronuncia ha innanzi tutto riconosciuto “la posizione legittimante del privato, cui si ricollega nella specie l’obbligo del Comune di procedere alla nuova pianificazione dell’area rimasta priva di disciplina urbanistica”, fondandola sulla “normativa di settore dettata dall’art. l della legge 19 novembre 1968, n. 1187, che abilita l’interessato a promuovere l’adozione di varianti urbanistiche finalizzate alla ritipizzazione delle aree su cui insistono beni gravati da vincoli preordinati all’espropriazione, ma decaduti non essendo stato predisposti piani attuativi nel quinquennio successivo alla loro introduzione (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 17 luglio 2002, n. 3999)”.
Ha peraltro osservato: “I presupposti, sopra ricordati, per l’esperimento del rito abbreviato, diretto a sanzionare l’inerzia dell’amministrazione comunale, però, non si sono avverati in relazione al comportamento omissivo serbato dal Comune di Bari nonostante – l’asserita – sopravvenuta, inefficace inclusione di aree della ricorrente nella fascia di rispetto della viabilità e – il denunciato – venire meno della destinazione ad “attività primarie di tipo A” di altri suoli della ricorrente stessa nel territorio del Comune di Bari, anch’esso causato dal verificarsi della decadenza comminata dalla legge n. 1187/1968″; ciò in quanto detti vincoli “non sono preordinati all’espropriazione, ma, concretizzando un modo d’essere della proprietà immobiliare e investendo, inoltre, una pluralità indifferenziata di proprietari, hanno, invece, carattere conformativo del suolo, sia la “zona di rispetto viario”, che gli altri limiti generali di inedificabilità impressi dalla pianificazione territoriale all’attività edilizia in funzione dell’ordinato sviluppo delle aree abitate e della salvaguardia dei valori ambientali esistenti; ed in proposito, perciò, non è configurabile un obbligo di ritipizzazione, perchè, non sono assimilabili ai vincoli del p.r.g. ai quali si applica il principio della decadenza quinquennale ai sensi dell’art. 2 della legge 1968 n. 1187, sia la fascia di rispetto viario, che i vincoli di inedificabilità conseguenti alla destinazione urbanistica impressa dal Prg ad una determinata zona del territorio comunale, essendo stati stabiliti, l’una e gli altri, per durare invece a tempo indeterminato, secondo la testuale previsione dell’art. 11 della legge 17 agosto 1942, n. 1150 (cfr., Cons. Stato, Sez. IV, 22 marzo 2001, n. 1686, e sez. V, 6 ottobre 2000, n. 5326; Tar Milano, Sez. II, 9 aprile 2002, n. 1390; Tar Bologna, Sez. I, 20 settembre 2002, n. 1180; Tar Bari, sez. II, Bari, 5 marzo 2001, n. 600)”.
In conclusione il T.A.R. ha accolto il primo capo di domanda limitatamente a quella parte dell’istanza “volta ad ottenere la ritipizzazione del proprio suolo, contrassegnato in catasto al foglio n. 61, p.lla 302, riservato a “verde pubblico – verde urbano” dal prg con previsione risalente, però, all’anno 1976, ma inattuata”, respingendo “il secondo capo di domanda nella parte in cui si è richiesto l’accertamento del diritto della ricorrente ad ottenere “ove possibile, il conferimento alle (aree di proprietà della ricorrente) di una destinazione urbanistica a suscettività edificatoria””.
àˆ stato perciò dichiarato “illegittimo il silenzio mantenuto dal Comune di Bari sull’istanza¦volta ad ottenere la ritipizzazione del suolo di proprietà della ricorrente, Buonvino Anna, contrassegnato in catasto al foglio n. 61, p.lla 302, riservato dal prg a “verde pubblico – verde urbano””, ordinando “al Comune di Bari di provvedere sulla predetta istanza con riguardo alla particella 302 entro 90 gg. dalla comunicazione della presente sentenza”.
Non avendo l’Amministrazione municipale ottemperato, il commissario ad acta, nominato dal T.A.R. Puglia, Sezione terza, con ordinanza n. 685/2004, ha provveduto alla tipizzazione urbanistica della particella 302, conferendole la destinazione C3 (con l’indice 0,3 mq/mc previsto dalle norme tecniche di attuazione del piano regolatore).
Detto provvedimento del I dicembre 2004 è stato affisso all’albo pretorio e pubblicato su due quotidiani ed infine trasmesso alla Regione Puglia per l’approvazione, ex articolo 16 della legge regionale 31 maggio 1980 n. 56.
Vista l’inerzia dell’Ente, la ricorrente era costretta già il 20 giugno 2005 a diffidarlo a concludere il procedimento.
La vicenda sfociava nella sentenza n. 1902/2006, con la nomina di un commissario ad acta in sostituzione della Regione inadempiente.
Il commissario, dott. Nicola Covella, delegato del Prefetto di Bari, s’insediava nel settembre 2006.
Nonostante i contributi istruttori forniti dall’istante e le osservazioni presentate, sulla base della relazione istruttoria sfavorevole del S.U.R., datata 18 ottobre 2006 (fatta propria dal C.U.R. nel proprio parere del 16 novembre 2006), la Giunta regionale (infine riappropriatasi delle competenze attribuitele dalla normativa, seppur in presenza del commissario ad acta) ha negato la propria approvazione, rinviando gli atti al Comune con la delibera n. 481 del 13 aprile 2007, in questa sede gravata.
L’interessata deduce una serie di motivi di violazione di legge e di eccesso di potere che devono reputarsi fondati.
Già ictu oculis emergono dalla lettura dell’atto gravato le gravi incongruenze sul piano logico-giuridico del provvedimento, da sole sufficienti a giustificarne l’annullamento.
Affermare, come fa il Settore urbanistico regionale, che la tipizzazione commissariale rappresenta “un inficiamento del disegno urbanistico complessivo del settore cittadino” non esprime in sè un concetto intelligibile: la conclusione infatti può significare o che ogni tipizzazione rispetto ai piani urbanistici, come storicamente dati, sia inammissibile (ma ciò contrasterebbe con l’art. 2 della legge 1968 n. 1187, come costituzionalmente interpretato) oppure che essa costituisca uno stravolgimento dell’impostazione del piano, connotazione difficilmente concepibile in rapporto ad un’unica particella catastale collocata in una zona periferica, nel tempo (e anche attualmente) utilizzata in modo misto e assai diversificato.
Per quanto riguarda la puntualizzazione individuata dal Settore urbanistico alla lettera B), è altrettanto palese che la Regione non vanta alcun titolo per attribuire una particolare, propria qualificazione (in questo modo ingiustificatamente sminuendone la portata) alla variante relativa alla proprietà della signora Buonvino e alle valutazioni in ordine agli standards “in primis perchè non proposte dai competenti organi tecnico-amministrativi comunali”.
Il provvedimento commissariale del I dicembre 2004 (mai impugnato ed anzi emesso a seguito di un’istruttoria condotta in piena collaborazione con la Ripartizione Territorio e qualità edilizia del Comune di Bari), secondo i normali canoni giuridici, è pienamente imputabile all’Ente municipale nell’esercizio del potere di adozione della variante urbanistica, sicchè non vi è spazio per improprie considerazioni della Regione su atti spettanti ad altre autorità (sol perchè non emessi dagli – inadempienti – organi ordinari), se non nei limiti attribuiti in materia dalla legge e ribaditi da questo Tribunale nella sentenza n. 1902/2006.
In realtà , l’illegittimità della delibera gravata discende nel suo complesso dal modo in cui la Regione ha ritenuto di poter esercitare il proprio potere di approvazione, che si rivela non conforme nè alla legge urbanistica regionale, nè alla pronuncia n. 1902/2006, la quale aveva dichiarato l’obbligo di provvedere, ma sempre nell’ambito e nel rispetto dell’articolo 16 della legge 31 luglio 1980 n. 56.
Al proposito non è qui il caso di ripercorrere le tappe della normativa urbanistica pugliese, che si è sempre contraddistinta per la complessità nell’impostazione e per l’originalità delle soluzioni, nè di ricordare come tale attività legislativa si sia rapportata con il dibattito dottrinario sulla natura e sul procedimento del piano regolatore e, in generale, sul concetto stesso di urbanistica.
àˆ sufficiente rammentare in questa sede che l’articolo 16, al decimo comma, prevede: “La Giunta Regionale – previa motivazione di eventuali decisioni difformi rispetto al parere del CUR – può apportare al PRG le sole modifiche conseguenti all’ accoglimento delle osservazioni di cui al precedente 4º comma e quelle necessarie per coordinare le scelte del PRG con quelle operate da altri piani territoriali e con le prescrizioni della presente legge”.
Tale norma, intenzionalmente formulata in modo ampio, dev’essere comunque interpretata tenendo presente che la giurisprudenza non ha mai abbandonato l’idea tradizionale secondo la quale la pianificazione del territorio, ovvero le scelte discrezionali sulla sua utilizzazione spettino al comune. Idea rispetto alla quale l’introduzione nel corpo della legge 17 agosto 1942 n. 1150 (attraverso l’articolo 3 della legge 6 agosto 1967 n. 765) della possibilità di apportare modifiche d’ufficio al piano adottato, in sede di approvazione, configura un correttivo, ma anche una parziale deroga alla ripartizione delle competenze in materia.
Di conseguenza, l’articolo 16 dev’essere letto in diretta connessione con l’articolo 10 della legge n. 1150/1142, risultando solo così conforme ad un assetto costituzionale, che, già prefigurato nella normativa urbanistica statale attraverso i principi da essa desumibili, risulta oggi confermato (in un sistema dotato di maggiore elasticità ) dagli articoli 114 e 118 della Costituzione, come innovati dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001 n. 3, e dallo stesso principio di sussidiarietà , ivi formalmente recepito.
In base al richiamato articolo 10 della legge n. 1150/1142, “¦possono essere apportate al piano, su parere del Consiglio superiore dei lavori pubblici e sentito il Comune, le modifiche che non comportino sostanziali innovazioni, tali cioè da mutare le caratteristiche essenziali del piano stesso ed i criteri di impostazione, le modifiche conseguenti all’accoglimento di osservazioni presentate al piano ed accettate con deliberazione del Consiglio comunale, nonchè quelle che siano riconosciute indispensabili per assicurare:
a) il rispetto delle previsioni del piano territoriale di coordinamento a norma dell’articolo 6, secondo comma;
b) la razionale e coordinata sistemazione delle opere e degli impianti di interesse dello Stato;
c) la tutela del paesaggio e di complessi storici, monumentali, ambientali ed archeologici;
d) l’osservanza dei limiti di cui agli articoli 41-quinquies, sesto e ottavo comma e 41-sexies della presente legge”.
Il senso complessivo della disposizione è che essa è posta a tutela d’interessi non essenzialmente locali, in nome dei quali la regione è abilitata ad apportare modifiche anche rilevanti e sostanziali al piano urbanistico, rimanendo pur sempre normalmente riservate all’ente municipale le scelte relative alla gestione e all’utilizzazione del territorio e quindi, innanzi tutto, alla sua zonizzazione.
In concreto, è dunque in questo contesto che la Regione avrebbe dovuto esercitare le proprie prerogative, nel rispetto quindi non solo della disciplina vigente, ma anche dei canoni di proporzionalità e di logicità . Ciò significa, in particolare, che essa non può rimettere in discussione le scelte municipali, ormai consolidatesi, espresse dall’atto commissariale del I dicembre 2004; avrebbe potuto invece (sulla base però di dati positivi esternati attraverso un’adeguata motivazione) anche negare la propria approvazione, ma non di certo semplicemente sminuendo la portata del provvedimento di adozione della variante, che, corredato da una pertinente ricostruzione dell’iter logico seguito, invero rappresenta il risultato di una congrua istruttoria effettuata in collaborazione con l’ufficio tecnico comunale. Inoltre tale risultato – occorre ricordare – non è smentito (ed è anzi confermato) dagli atti prodotti dalla ricorrente (deliberazioni della G.R. 10 febbraio 2004 n. 33 e 7 marzo 2005 n. 275), comportanti cambi di destinazione (di rilevante portata anche in termini di edificabilità ) in aree vicine o limitrofe a quelle di proprietà della signora Buonvino, nei quali è attestata la sufficienza delle aree a standard prima e dopo la data del 1º dicembre 2004 con argomenti identici a quelli sviluppati dall’istante, sia in sede procedimentale sia in sede processuale.
In conclusione, il ricorso dev’essere accolto e, per l’effetto, è d’annullare la delibera 13 aprile 2007 n. 481 della Giunta regionale, che dovrà dunque nuovamente provvedere alla conclusione del procedimento nei limiti di legge.
Le spese seguono la soccombenza nei confronti della Regione Puglia, che ha emesso l’atto illegittimo; sussistono invece le ragioni che giustificano la compensazione nei confronti del Comune di Bari.
P.Q.M.
il Tribunale amministrativo regionale per la Puglia (Sezione prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla la delibera 13 aprile 2007 n. 481 della Giunta regionale.
Condanna la Regione Puglia al pagamento delle spese processuali in favore della ricorrente, nella misura di € 4000,00 (quattromila/00), più CU, CPI e IVA, come per legge. Compensa per il resto.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 18 maggio 2011 con l’intervento dei magistrati:
Giuseppina Adamo, Presidente FF, Estensore
Savio Picone, Referendario
Francesco Cocomile, Referendario
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IL PRESIDENTE, ESTENSORE |
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DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 11/08/2011
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)