Espropriazione per pubblica utilità  – Dichiarazione di pubblica utilità  – Scadenza – Proroga – Presupposti – Conseguenze – Fattispecie

Ai sensi dell’art. 13, co.5,  del d.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, deve ritenersi  legittima, perchè scaturente da “giustificate ragioni”,  la proroga adottata dopo la scadenza della dichiarazione di pubblica utilità  dell’opera ogni qualvolta si verifichino circostanze che impediscano all’Autorità  competente di concludere il procedimento di espropriazione con il controllo diretto dei tempi prescritti dalla legge, rendendo peraltro il relativo provvedimento di natura vincolata, dunque non passibile di annullamento per vizi formali – quali l’omesso invio dell’avviso di avvio del procedimento – ai sensi della norma di cui all’art. 21 octies comma 2 della L.n. 7 agosto 1990, n. 241 (nella specie il TAR ha ritenuto legittima la proroga tardiva della dichiarazione di pubblica utilità  poichè, a seguito dell’approvazione del progetto fonte della dichiarazione di pubblica utilità , sarebbe stato apposto un vincolo idrogeologico sull’area destinata alla realizzazione dell’opera nonchè  nuove prescrizioni per la realizzazione dei lavori con conseguente  rallentamento nella consegna, negli  espropri  e nell’esecuzione dell’opera).

Pubblicato il 09/03/2017
N. 00211/2017 REG.PROV.COLL.
N. 01516/2013 REG.RIC.
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1516 del 2013, proposto da: 
Michele Dibenedetto, rappresentato e difeso dagli avvocati Francesco Caputi Iambrenghi, Giuseppe Tempesta, con domicilio eletto presso lo studio Francesco Caputi Iambrenghi in Bari, via Abate Eustasio n. 5; 

contro
R.F.I. spa, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’avvocato Maria Goffredo, con domicilio eletto presso il suo studio in Bari, via Egnatia n.15; 
Comune di Barletta, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati Giuseppe Caruso e Isabella Palmiotti, con domicilio eletto presso lo studio Raffaele De Robertis in Bari, via Davanzati, n.33; 

per l’annullamento, previa sospensione dell’efficacia,
– della delibera n. 3 del 16.1.2013 del Referente del progetto direzione investimenti – progetto soppressione P.L. della R.F.I. s.p.a. di “proroga del termine per il completamento delle espropriazioni occorrenti per la realizzazione di due cavalcavia al km. 587+173 e 588+919 e di un sottovia carrabile al km. 595+260 [¦] sostitutivi dei passaggi a livello posti al km 587+173, 588+919 e 596+144 della linea Ancona-Bari in Comune di Barletta, già  fissato con delibera n. 13 in data 25.2.2008 [¦], ai fini della dichiarazione di pubblica utilità , fino al 24.2.2015”;
– di ogni atto presupposto, connesso o consequenziale, anche se non conosciuto, compresa la relazione del Responsabile del procedimento espropriativo del 21.12.20102
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di R.F.I. Rete Ferroviaria Italiana, Gruppo Ferrovie dello Stato e del Comune di Barletta;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 8 febbraio 2017 la dott.ssa Desirèe Zonno e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 

FATTO e DIRITTO
Con il ricorso introduttivo del presente giudizio, parte ricorrente ha impugnato la delibera del Referente del Progetto Soppressione P.L. di Rete Ferroviaria Italiana s.p.a. – Direzione Investimenti, di proroga biennale del termine per il completamento delle espropriazioni occorrenti per la realizzazione di due cavalcavia e di un sottovia carrabile, con relative rampe di raccordo, su suoli di sua proprietà , sostitutivi dei passaggi a livello ivi situati. 
Il provvedimento impugnato si inserisce nel solco di un ampio procedimento amministrativo, finalizzato alla soppressione di sei passaggi a livello allocati sul territorio del Comune di Barletta, che trae origine dalla sottoscrizione, nell’anno 1991, del relativo protocollo d’intesa tra il predetto Comune ed RFI s.p.a.
Con l’entrata in vigore della L. n. 354/1998, denominata “Piano triennale per la soppressione di passaggi a livello sulle linee ferroviarie dello Stato. Misure di potenziamento di itinerari ferroviari di particolare rilevanza”, RFI s.p.a. diede avvio al procedimento preordinato alla localizzazione delle opere sostitutive dei passaggi a livello situati sul territorio pugliese, nonchè all’apposizione del vincolo espropriativo, predisponendo i relativi progetti preliminari. 
Nell’ambito dei progetti inerenti il territorio del Comune di Barletta, rientra il passaggio a livello sito al Km 596+144 della linea ferroviaria Ancona – Bari, ricadente su suolo di proprietà  dell’odierno ricorrente.
In seno alla Conferenza di Servizi convocata dal Ministero dei Trasporti e delle Infrastrutture, con D.M. n. 1298/1999, per la valutazione e l’approvazione dei richiamati progetti, le amministrazioni partecipanti assentirono agli stessi. 
Poichè gli interventi inerenti i suoli di parte ricorrente non erano conformi agli strumenti urbanistici del Comune di Barletta, fece seguito, con delibera di Giunta Regionale n. 564 del 17.4.2003, l’approvazione della relativa variante al P.R.G., con conseguente delibera di G.C. n. 126 del 12.6.2003, del ridetto Comune, di modifica del P.U.G. e approvazione del progetto definitivo predisposto da RFI s.p.a., comportante apposizione del vincolo ablatorio sulle aree interessate.
Con delibera n. 13 del 25.2.2008 di RFI s.p.a., è intervenuta la dichiarazione di pubblica utilità , costituente dies a quo rispetto al termine quinquennale di cui all’art. 9 D.P.R. n. 327/2001, cui ha fatto seguito il decreto di occupazione di urgenza del 10.11.2009, stante la necessità  di dare avvio ai lavori di realizzazione dell’opera infrastrutturale, con conseguente immissione nel possesso in data 1.12.2009.
Giova dare atto che, nelle more del procedimento descritto, su diverse aree ricadenti nel territorio del Comune di Barletta – ivi compresa quella oggetto del presente giudizio – l’Autorità  di Bacino per la Regione Puglia è addivenuta all’apposizione di vincolo idrogeologico; ciò ha comportato un notevole rallentamento dei lavori volti alla realizzazione del progetto, dovuti alle numerose prescrizioni cui la ridetta Autorità  di Bacino ha subordinato gli stessi.
Pertanto, in accoglimento della richiesta del Responsabile del procedimento, motivata con riferimento alla circostanza che i lavori erano in fase di completamento, nonchè alla difficoltà  di addivenire alla conclusione degli accordi sulle indennità  – stante la natura urbanizzata/industriale di parte delle aree interessate – il Referente per il Progetto Soppressione P.L. ha emesso la gravata delibera, disponente la proroga del termine per la conclusione del procedimento ablatorio fino al 24.02.2015.
Le doglianze cui parte ricorrente affida il proprio ricorso sono così sintetizzabili:
– Violazione degli artt. 7 e 10 L. n. 241/1990 ed, in generale, dei principi del giusto procedimento, per avere la RFI s.p.a. omesso di comunicare l’avvio del procedimento di proroga del termine per il completamento del procedimento di espropriazione;
– Violazione degli artt. 13, co. 5, D.P.R. n. 327/2001 e 3 L. n. 241/1990, stante l’asserita insussistenza dei “casi di forza maggiore” o di altre “giustificate ragioni”, al cui ricorrere è invece subordinata la prorogabilità  del suddetto termine. 
Si sono costituiti in resistenza tanto la RFI quanto il Comune di Barletta, sostenendo la rilevanza meramente formale dell’omissione procedimentale imputata, nonchè la sussistenza delle “giustificate ragioni” richieste dal citato art. 13, consistenti:
– nella pendenza della fase di completamento dei lavori al momento della richiesta; 
– nella riscontrata necessità  di conformarsi a numerose prescrizioni poste dall’Autorità  di Bacino a tutela della pubblica sicurezza; 
– nelle difficoltà  concernenti la conclusione degli accordi relativi alle indennità . 
All’udienza camerale del 18.12.2013, è stato disposto l’abbinamento al merito dell’istanza cautelare.
Alla pubblica udienza dell’8.2.2017, la causa è stata trattenuta in decisione.
Il ricorso è infondato, con conseguente sua reiezione.
Sono, infatti, destituiti di fondamento entrambi i motivi di gravame cui esso è affidato. 
àˆ infondata la doglianza con la quale parte ricorrente censura la condotta omissiva della RFI s.p.a. che, in violazione dell’art. 7 L. n. 241/1990, non ha comunicato al proprietario espropriando l’avvio del procedimento di proroga del termine di completamento della procedura ablatoria. 
Il ricorrente si duole della violazione, da parte di RFI s.p.a., del principio di democraticità  del procedimento amministrativo e delle garanzie partecipative, che avrebbe cagionato l’impossibilità , da parte sua, di presentare memorie scritte e documenti, secondo quanto previsto dall’art. 10 L. n. 241/1990. 
Invero, l’art. 14, co. 1, L. n. 15/2005, con l’introduzione dell’art. 21 octies L. n. 241/1990, ha decretato l’esistenza, nel nostro ordinamento, dei cc.dd. vizi non invalidanti del provvedimento amministrativo, affermando conseguentemente un principio di natura sostanzialistica, in virtù del quale la violazione delle regole partecipative va valutata, quanto all’effetto demolitorio del provvedimento, avendo riguardo alla concreta possibilità  per l’interessato di apportare elementi almeno astrattamente idonei ad incidere sul contenuto finale dell’atto conclusivo del procedimento.
L’odierno ricorrente si è, invero, limitato a contestare la mera circostanza della mancata comunicazione di avvio del procedimento, senza peraltro assolvere all’onere di indicare, quanto meno in termini di allegazione processuale, quali elementi conoscitivi egli avrebbe fornito, ove il procedimento gli fosse stato previamente comunicato, al fine di condurre il soggetto procedente ad una decisione diversa da quella di fatto assunta.
La sussistenza di tale onere di allegazione, infatti, non è esclusa dalla mera circostanza che la seconda parte del comma II dell’art. 21 octies gravi l’amministrazione dell’onere di provare, invece, “che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato”. Tale prova deve avere ad oggetto, in buona sostanza, la natura vincolata del provvedimento adottato, sotto il profilo giuridico, secondo quanto testualmente previsto dalla prima parte del II comma in esame, ovvero sotto il profilo fattuale, come emerge dalla lettura della seconda parte del citato comma.
La giurisprudenza amministrativa ha ritenuto che a tale seconda classe appartengano gli atti di proroga dei termini di pubblica utilità . In tal senso si è espresso il Consiglio di Stato affermando che: “Stante il principio secondo il quale il provvedimento amministrativo non è comunque annullabile per mancata comunicazione dell’avvio del procedimento qualora sia fornita la prova o, comunque, risulti che il contenuto dispositivo del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso (come prevede esplicitamente l’art. 21 octies L. n. 241/1990), non può che evidenziarsi come, in presenza delle condizioni imposte dalla previgente normativa, una volta che la società  concessionaria abbia dato prova dell’esistenza dei presupposti necessari, l’atto di proroga dei termini di validità  della dichiarazione di pubblica utilità  si configuri come atto sostanzialmente dovuto da parte dell’autorità  espropriante.
In un tale contesto, le ragioni che potrebbero giustificare la partecipazione procedimentale, e quindi l’apporto collaborativo o oppositivo dell’interessato [¦] perdono rilevanza, stante la loro concreta inidoneità  a portare nuovi elementi di giudizio sulla scelta dell’amministrazione.” (c.f.r. Cons. Stato, sez. IV, n. 4301/2012).
Laddove, peraltro, si volesse ritenere che le allegazioni partecipative siano quelle stesse fatte valere con il ricorso, la loro infondatezza conduce ad identiche conclusioni.
Giova, infatti, rilevare che, nel caso di specie, lo stato di avanzamento dei lavori all’epoca dell’emissione del provvedimento conclusivo, ormai in fase di completamento, vale di per sè a renderlo, di fatto, vincolato, essendo evidente che, rebus sic stantibus, l’odierno ricorrente non avrebbe potuto fornire nessun concreto apporto, sicchè la sua partecipazione al procedimento non avrebbe in alcun caso potuto determinare un diverso esito dello stesso.
Si rivela, pertanto, infondato anche il secondo motivo di gravame, con il quale parte ricorrente censura la violazione dell’art. 13, co. 5, D.P.R. n. 327/2001, nonchè dell’art. 3, L. n. 241/1990.
àˆ, in primo luogo, insussistente il lamentato vizio di omessa motivazione, essendo la stessa contenuta per relationem nel gravato provvedimento, stante il richiamo operato da quest’ultimo alla relazione giustificativa per il Referente del Programma soppressione P.L. del 21.12.2012, a firma del responsabile del procedimento.
La lettura della richiamata relazione evidenzia, poi, l’insussistenza del secondo vizio lamentato, ovverosia l’assenza dei presupposti cui l’art. 13, co. 5, D.P.R. n. 327/2001 subordina la proroga del termine di conclusione del procedimento ablatorio.
Detta relazione motiva la richiesta di proroga evidenziando, da un lato, la pendenza della fase conclusiva dei lavori – che sono stati effettivamente completati pochi mesi dopo l’emanazione del provvedimento per cui è causa – dando atto delle ragioni, estranee alla sfera di controllo di RFI s.p.a. ed attinenti principalmente al notevole aggravio determinato dall’imposizione del vincolo idrogeologico, che hanno causato il ritardo nella consegna dell’opera e, conseguentemente, nell’esecuzione dei frazionamenti; dall’altro, essa dà  conto dell’oggettiva difficoltà  incontrata dall’autorità  espropriante nella conclusione degli accordi per la corresponsione delle indennità  di esproprio. 
àˆ palese la ricorrenza delle “giustificate ragioni” richieste dal citato art. 13, co 5, D.P.R. n. 327/2001. 
àˆ, in primo luogo, evidente – al contrario di quanto dedotto dall’odierno ricorrente – l’estraneità  delle ragioni addotte a giustificazione della richiesta di proroga, rispetto alla sfera di controllo di RFI s.p.a.
In secondo luogo, occorre operare un bilanciamento degli interessi che l’odierna vicenda pone in contrapposizione.
L’interesse privato dell’odierno ricorrente, attinente alla tutela del proprio diritto di proprietà  privata di un suolo ormai irrimediabilmente trasformato, ha natura meramente economica ed è prontamente ristorabile mediante l’indennizzo espropriativo, peraltro parametrato al valore venale del bene.
Esso è, dunque, certamente recessivo rispetto all’interesse pubblico alla conservazione di un’opera ormai portata a quasi totale compimento, la cui demolizione comporterebbe una evidente violazione dei principi di buon andamento, efficienza ed economicità  ex art. 97 della Costituzione.
Opera, peraltro, rispondente all’esigenza di tutela di beni della vita di rango costituzionale, quali la pubblica sicurezza e la salute, in considerazione dei benefici che opere di questo genere comportano in termini di riduzione dell’inquinamento atmosferico, nonchè di incremento dell’ efficienza della viabilità  pubblica e privata.
In conclusione, alla luce di tutto quanto rappresentato in ordine alla natura meramente formale della censura relativa all’omessa comunicazione di avvio del procedimento, nonchè della evidente preminenza degli interessi pubblici di rango costituzionale coinvolti nell’odierna vicenda, il ricorso non è meritevole di accoglimento e deve, pertanto, essere respinto.
Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna Michele Dibenedetto alla rifusione, in favore dei resistenti, delle spese di lite, che si liquidano in euro 1.500,00 in favore di R.F.I. spa ed euro 1.500,00, in favore del Comune di Barletta, oltre IVA, CAP e spese generali in misura massima, se dovuti, come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità  amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 8 febbraio 2017 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Angelo Scafuri, Presidente
Desirèe Zonno, Consigliere, Estensore
Maria Grazia D’Alterio, Referendario
 
 
 
 

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
Desirèe Zonno Angelo Scafuri
 
 
 
 
 

IL SEGRETARIO

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