1. Contratti pubblici – Concessione – Esecuzione – Risoluzione – Per scadenza contratto di affitto di azienda di società subentrata – Illegittimità – Ragioni
2. Contratti pubblici – Gara – Requisiti di ordine generale – Richiesta di ammissione al concordato preventivo in bianco – Esclusione – Illegittimità – Ragioni
1. àˆ illegittima la risoluzione del contratto pronunziata dal Comune per la ritenuta perdita dei requisiti di partecipazione del concessionario del servizio di riscossione dei tributi locali che, dopo essere subentrato a seguito dell’affitto dell’azienda del precedente concessionario che versava in fase di risanamento aziendale e poi di concordato preventivo con riserva (o in bianco: art. 161, co.6, L.F.) ed aver pattuito una durata dell’affitto in dodici mesi, abbia comunque ottenuto la proroga del suddetto contratto d’affitto dal suo dante causa, laddove la mancata dimostrazione di quest’ultimo della autorizzazione alla proroga da parte degli organi fallimentari competenti attiene alla procedura di concordato e alle sue dinamiche interne.
2. In caso di domanda di concordato preventivo “in bianco” (per cui l’art. 161, comma 6, L.F. prevede che l’imprenditore possa depositare la domanda di concordato, riservandosi di presentare la proposta di concordato preventivo, il relativo piano e l’ulteriore documentazione prevista nei termini di legge) è consentita la partecipazione alle procedure di affidamento di contratti pubblici come per le imprese che abbiano già ottenuto il decreto di ammissione al concordato con continuità aziendale, non venendo meno i requisiti di ordine generale previsti dall’art. 38 del D.Lgs. n. 163/2006, trattandosi di due fattispecie sostanzialmente equiparate.
Pubblicato il 02/12/2016
N. 01340/2016 REG.PROV.COLL.
N. 00256/2016 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 256 del 2016, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
Mazal Global Solutions S.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati Marco Napoli, C.F. NPLMRC71E23G812Y, Francesco Muscatello, C.F. MSCFNC66A16G148F, e Antonino Ilacqua, C.F. LCQNNN59D07F158D, con domicilio eletto presso Francesco Muscatello, in Bari, Strada Torre Tresca, 2/A;
contro
Comune di Foggia, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’avvocato Gianluigi Pellegrino, C.F. PLLGLG67T12H501S, con domicilio eletto presso Maurizio Di Cagno, in Bari, via Nicolai, 43;
nei confronti di
A.I.P.A. S.p.A., in liquidazione e concordato preventivo, non costituita in giudizio;
per l’annullamento
della determinazione n. 7 del 22 febbraio 2016, con la quale il Dirigente del Settore Contratti del Comune di Foggia ha risolto in danno di Mazal Global Solutions S.r.l., il contratto per l’affidamento novennale in concessione dei servizi di accertamento, liquidazione e riscossione (volontaria e coattiva) dei tributi dell’Ente;
della nota, di identico contenuto e sempre a firma del medesimo dirigente del 22 febbraio 2016 inviata a mezzo p.e.c.;
di ogni altro atto ad essi preordinato, presupposto, consequenziale e/o comunque connesso;
nonchè, con motivi aggiunti depositati il 17 marzo 2016,
per l’annullamento,
della deliberazione della Giunta Comunale di Foggia n. 13 del 25 febbraio 2016 e della successiva determinazione dirigenziale n. 129 del 7 marzo 2016, con i quali l’Ente intimato ha confermato e integrato la motivazione del provvedimento di risoluzione contrattuale posto in essere ai danni di MAZAL;
di ogni altro atto ad essi preordinato, presupposto, consequenziale e/o comunque connesso;
nonchè, con motivi aggiunti depositati il 30 settembre 2016,
per l’annullamento,
della determinazione dirigenziale n. 951 del 21 settembre 2016;
di ogni altro atto ad essi preordinato, presupposto, consequenziale e/o comunque connesso, con particolare riferimento alla determinazione dirigenziale n. 892 del 2 settembre 2016;
e per la conseguente condanna della Amministrazione al risarcimento del danno in forma specifica o, in subordine, per equivalente economico.
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Foggia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 9 novembre 2016 il dott. Alfredo Giuseppe Allegretta e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale d’udienza;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con ricorso notificato in data 24.2.2016 e depositato in Segreteria in data 26.2.2016, la società ricorrente adiva il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, Sede di Bari, al fine di ottenere le pronunce meglio indicate in oggetto.
La vicenda di causa traeva origine dall’indizione di una procedura aperta per l’affidamento novennale in concessione dei servizi di accertamento, liquidazione e riscossione (volontaria e coattiva) della quasi totalità dei tributi e delle entrate tributarie del Comune di Foggia, nonchè della riscossione delle sanzioni amministrative per violazione dei regolamenti comunali e del Codice della Strada.
All’esito di un pregresso contenzioso giurisdizionale, l’affidamento oggetto della procedura di gara veniva aggiudicato alla società Agenzia Italiana per le Pubbliche Amministrazioni S.p.A. (d’ora in poi, “A.I.P.A.”), cui seguiva contratto di concessione rep. n. 9760 del 14.7.2011.
Con rogito notarile del 22.1.2015 e del 25.5.2015, la società A.I.P.A., nell’ambito di un processo di risanamento aziendale, affittava per la durata di dodici mesi il proprio ramo di azienda relativo alla gestione di tutte le entrate degli Enti Locali al gruppo KGS S.p.A., che successivamente lo “trasferiva” alla controllata Mazal Global Solutions (d’ora in poi, “Mazal”), prevedendo espressamente che l’affitto sarebbe stato strumentale alla successiva e definitiva cessione del ramo stesso.
L’eventuale proroga sarebbe stata espressamente pattuita tra le parti con relativa autorizzazione giudiziale, qualora necessario. Nell’ambito dell’operazione di risanamento, A.I.P.A. avviava in seguito l’iter per l’ammissione alla procedura di concordato preventivo, cui veniva ammessa con decreto del Tribunale di Milano del 4.2.2016.
Con determinazioni dirigenziali n. 1071 del 25.9.2015 e n. 1403 del 30.11.2015, il Comune di Foggia, in forza delle previsioni recate dall’art. 116 del D.Lgs. n. 163/2006, prendeva atto dell’intervenuto subentro della società Mazal nella titolarità del contratto di concessione.
Senonchè, con nota emanata in data 8.2.2016, il Comune di Foggia avviava il procedimento di risoluzione del rapporto concessorio ai sensi della legge n.241/1990, sostenendo che:
– il contratto d’affitto del 22.1.2015 era giunto a scadenza senza l’intervento di una valida proroga, non essendosi perfezionata la definitiva cessione del ramo d’azienda di A.I.P.A. causa la pendenza del concordato preventivo;
– la corrispondenza scambiata tra i legali rappresentanti di A.I.P.A. e di Mazal non costituiva un’espressa pattuizione di proroga perfezionata nelle forme di legge;
– si era, pertanto, prodotta un’automatica retrocessione del ramo d’azienda ad A.I.P.A., la quale, tuttavia, avendo perduto l’iscrizione all’Albo di cui al D.M. n. 289/2000, ed essendo in concordato preventivo, non aveva più i requisiti occorrenti per l’erogazione del servizio.
Conseguentemente, con determinazione n. 7 del 22.2.2016, il Dirigente del Settore Contratti del Comune di Foggia risolveva il contratto.
Nei confronti dei provvedimenti citati, la società ricorrente deduceva i seguenti motivi di illegittimità : violazione del contratto d’affitto d’azienda tra A.I.P.A. e Mazal e dell’art.19 del contratto di concessione tra A.I.P.A. ed il Comune di Foggia; violazione dell’art.16 del Capitolato; violazione dell’art.167 del R.D. n.267/1942 e dell’art.2556 c.c.; violazione dell’art.116 del D.Lgs. n.163/2006; eccesso di potere per carenza di istruttoria; difetto di motivazione e travisamento dei presupposti in fatto e diritto.
In tesi ricorrente, la decisione di risolvere la concessione proveniva unicamente dall’asserita mancata proroga dell’affitto d’azienda tra A.I.P.A. e Mazal, non essendo intervenuta la preventiva autorizzazione degli organi competenti.
Tanto nonostante il liquidatore di A.I.P.A. e il legale rappresentante della Mazal avessero predisposto ed indirizzato al Comune una nota datata 22.1.2016 attestante la pattuizione della proroga del contratto con la prosecuzione dell’attività e della conduzione del ramo d’azienda. Per di più, la nota era stata preceduta da una comunicazione del 22.1.2016 (sottoscritta dal liquidatore di A.I.P.A. e firmata per ricevuta dal legale rappresentante di Mazal) con la quale l’A.I.P.A. confermava che il contratto d’affitto del ramo d’azienda sarebbe proseguito nei termini concordati.
Sostenevano, inoltre, l’infondatezza dell’assunto per cui la proroga sarebbe dovuta essere autorizzata dal Tribunale fallimentare, in quanto l’art. 167 del R.D. 16 marzo 1942, n. 267 e ss.mm.ii. prevedeva che nel corso della procedura di concordato il debitore conservasse l’amministrazione dei suoi beni e l’esercizio dell’impresa, dovendo richiedere l’autorizzazione scritta del Giudice delegato solo per gli atti eccedenti la ordinaria amministrazione (altrimenti inefficaci rispetto ai creditori anteriori al concordato).
In primo luogo, la proroga di un contratto d’affitto non poteva considerarsi “atto eccedente l’ordinaria amministrazione”, in ragione dell’orientamento giurisprudenziale per cui erano atti di ordinaria amministrazione quelli che comportavano la conservazione del patrimonio aziendale (invero, il mantenimento in vita del contratto d’affitto rappresentava unico modo per salvaguardare le concessioni in essere e consentire così la sopravvivenza del ramo d’azienda).
In secondo luogo, il Comune di Foggia non era legittimato a contestare la mancata autorizzazione del Giudice delegato, posto che non era annoverabile tra i creditori anteriori al concordato.
La ricorrente avanzava, altresì, istanza cautelare monocratica ai sensi dell’art. 56 c.p.a., nonchè richiesta di risarcimento del danno nella denegata ipotesi di reiezione dell’istanza cautelare.
Con memoria formale depositata in data 29.2.2016, si costituiva in giudizio il Comune di Foggia, chiedendo la reiezione dell’istanza cautelare eccependo l’inammissibilità e l’infondatezza del ricorso.
Con decreto presidenziale n. 124 del 3.3.2016, l’istanza di misure cautelari monocratiche ex art.56 c.p.a. veniva respinta, in ragione dell’insussistenza di elementi configuranti i presupposti di gravità ed urgenza.
Con memoria depositata in data 5.3.2016, il Comune di Foggia contestava le censure avanzate dalla ricorrente, precisando in primo luogo che alla data del 21.1.2016 (termine dell’anno di validità del contratto d’affitto del ramo d’azienda) non si era verificata alcuna proroga tra A.I.P.A. e Mazal e che la corrispondenza scambiatasi e prodotta in giudizio non era idonea a sostenere il contrario, sussistendo unicamente la manifestazione di volontà di Mazal di proseguire di fatto nell’esecuzione del contratto d’affitto; proposta che A.I.P.A. aveva accettato solo con nota del 22.1.2016 e, dunque, quando il contratto aveva cessato di avere efficacia.
Peraltro, solo in data 5.2.2016 la Mazal aveva trasmesso al Comune un documento (datato 22.1.2016) con cui A.I.P.A. e Mazal comunicavano di aver espressamente pattuito la proroga del contratto.
In tesi, anche ritenendo che fosse stata pattuita una legittima proroga nei termini, A.I.P.A. – avendo presentato domanda di ammissione al concordato – aveva perduto l’abilitazione soggettiva all’esecuzione del contratto, stante la previsione di cui all’art.38, comma 1, lett. a) del D.Lgs. n. 163/2006 e quindi non era più attivamente legittimata a consentire che diversa impresa le subentrasse nell’esecuzione di un appalto pubblico.
Con ricorso per motivi aggiunti del 7.3.2016, la ricorrente integrava il ricorso introduttivo precisando in fatto ed in diritto che:
– a seguito delle affermazioni del Comune (in merito all’invalidità della proroga del contratto per assenza dell’autorizzazione giudiziale), la società aveva richiesto ad A.I.P.A. di attivarsi per ottenere l’autorizzazione giudiziale di cui all’art .167 l.f.; in data 12.2.2016, A.I.P.A. aveva presentato istanza al Giudice delegato, che era stata accolta in data 1.3.2016;
– anche qualora in assenza di proroga si fosse arrivati alla cessazione del contratto, ciò in nessun caso avrebbe potuto determinare la retrocessione automatica del ramo ad A.I.P.A., essendo espressamente pattuito nel contratto che in una simile evenienza il ramo sarebbe stato riconsegnato previo espletamento della procedura di informazione sindacale ed entro il termine di due mesi dalla scadenza del contratto;
– l’Amministrazione aveva inoltre violato l’art. 16 del Capitolato, in quanto detta disposizione condizionava la possibilità di adottare un provvedimento di risoluzione contrattuale all’osservanza di un preciso iter procedurale, in virtù del quale l’Amministrazione avrebbe dovuto respingere le deduzioni difensive sollevate dalla ricorrente in data 18.2.2016, attendere il decorso dei 30 giorni, ovvero la procedura arbitrale, e solo in seguito avrebbe potuto procedere alla risoluzione del contratto.
Con ricorso per motivi aggiunti depositato in data 17.3.2016, la società ricorrente impugnava la deliberazione della Giunta Comunale di Foggia n. 13 del 25.2.2016 e la successiva determinazione dirigenziale n. 129 del 7.3.2016, con le quali il Comune aveva integrato la motivazione della determinazione dirigenziale n. 88 del 22.2.2016.
Censuravano i citati provvedimenti per: violazione dell’art. 116 del D.Lgs. n. 163/2006, violazione del contratto d’affitto, dei principi generali del R.D. n. 267/1942, eccesso di potere per carenza di istruttoria e contraddittorietà , difetto di motivazione e travisamento dei presupposti in fatto e diritto. Contestavano, in particolar modo, l’argomentazione per cui, anche qualora la proroga del contratto fosse stata validamente perfezionata, non avrebbe potuto in ogni caso concludersi positivamente il procedimento ex art. 116 del D.Lgs. n. 163/2006, atteso che, alla data del 22.1.2016, A.I.P.A. aveva perso i requisiti di partecipazione alle gare pubbliche e non poteva validamente trasferire il rapporto.
L’erroneità di siffatta motivazione discendeva, in tesi, da due considerazioni:
– in primo luogo, che al 22.1.2016 non era in corso alcun procedimento ex art. 116, conclusosi già nel mese di novembre 2015, allorquando l’Amministrazione Comunale aveva riconosciuto l’intervenuto subentro di Mazal nella titolarità della concessione;
– in secondo luogo, l’obbligo della stazione appaltante di verificare il possesso dei requisiti richiesti per la partecipazione alla gara dell’affittuaria si aveva con riguardo al momento in cui si era prodotta la modificazione soggettiva, non potendo l’Amministrazione verificare la successiva evoluzione dei requisiti dell’affittante.
Con memoria difensiva depositata in data 19.3.2016, il Comune di Foggia, nel ribadire tutto quanto già esposto e dedotto, puntualizzava che il procedimento ex art. 116 sarebbe dovuto essere riattivato a seguito della proroga del contratto, rappresentando una nuova vicenda negoziale di disposizione dell’azienda.
Con ordinanza collegiale n. 182 del 24.3.2016, il Collegio sospendeva l’efficacia degli atti impugnati, rilevando la sussistenza del fumus boni iuris e del periculum in mora, in quanto, dalla disposta risoluzione l’intero impianto societario di Mazal Global Solutions S.r.l., A.I.P.A. S.p.A. e del concordato preventivo in essere rischiavano di subire una irrimediabile compromissione.
Con memoria difensiva depositata in data 26.7.2016, la società ricorrente comunicava al Collegio che:
– il Tribunale di Milano, Sezione fallimentare, con sentenza n. 416 del 28.4.2016 aveva dichiarato lo stato di insolvenza della società , ravvisando, ad ogni modo, i presupposti di cui all’art. 3, comma 3 del D.L. n. 40/2010, così come convertito in legge n. 73/2010 per l’ammissione di diritto alla procedura di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza di cui al D.L. n. 347/2002 e al D.Lgs. n. 270/1999;
– per la disciplina dell’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza sarebbero persistite le convenzioni vigenti con gli enti locali e, dunque, anche i poteri di riscossione di cui le predette società disponevano anteriormente;
– sia anteriormente sia successivamente all’ammissione alla procedura, il Comune aveva sempre regolarmente ricevuto i versamenti di tutti i tributi e di tutte le entrate, sicchè nessun inadempimento si era mai verificato;
– con atto del 19.7.2016, A.I.P.A. e Mazal, sulla scorta dell’autorizzazione appositamente rilasciata dal Ministero dello Sviluppo Economico, avevano prorogato di un ulteriore anno la durata del contratto d’affitto, valido, dunque, sino al 22.7.2017.
Con memoria depositata in data 5.9.2016, il Comune di Foggia insisteva sulla legittimità della determina n. 129/2016 adottata, in quanto:
– A.I.P.A. aveva dismesso il proprio ramo d’azienda in favore del soggetto KGS nonostante fosse privo dei requisiti di legge per lo svolgimento del servizio di riscossione e senza darne alcuna comunicazione al Comune, disponendo, in aggiunta, che nelle more dell’ottenimento dell’abilitazione la KGS avrebbe svolto per procura il servizio;
– successivamente, A.I.P.A. aveva consentito ad un trasferimento del contratto di cessione per affitto di ramo d’azienda dalla società KGS alla società partecipata Mazal, altrettanto privo dell’abilitazione, e che, nelle more, avrebbe svolto il servizio per procura, e anche di tanto non era stata data comunicazione al Comune;
– contemporaneamente, peraltro, A.I.P.A. aveva perso il requisito generale di affidamento essendo entrata in concordato preventivo, sicchè la successiva rinegoziazione del trasferimento di ramo d’azienda tra A.I.P.A. e Mazal non poteva condurre all’esito positivo delle verifiche ex art.116 del D.Lgs. n. 163/2006.
Per essere ritenuto efficace nei confronti del Comune, il rinnovo del contratto d’affitto sarebbe dovuto avvenire in tempo utile, ovvero almeno sessanta giorni prima della sua scadenza, rispetto ai termini per le verifiche previsti dall’art.116, in pendenza dei quali l’affitto era da ritenersi inefficace per la Stazione appaltante.
Con memoria del 5.9.2016, la ricorrente replicava alle eccezioni e alle deduzioni sollevate dal Comune di Foggia precisando che con la presentazione della domanda di concordato c.d. “in bianco” ex art. 161, comma 6, L.F. non si era verificata alcuna perdita dei requisiti di ammissione alle pubbliche gare di cui all’art. 38, comma 1, lett. a) del D.Lgs. n. 163/2006, in quanto in data anteriore alla presentazione della domanda di concordato si era perfezionato il subentro di Mazal nella posizione giuridica della sua “affittante”.
Con ulteriore memoria del 10.9.2016, il Comune di Foggia esponeva che il perdurare del requisito era previsto dalla legge solo nell’ipotesi di concordato con continuità aziendale ex art. 186-bis del R.D. n. 267/1942 e non invece nel caso di concordato con riserva.
Inoltre, non era stato applicato l’iter previsto dall’art. 16 del Capitolato in quanto attinente la diversa ipotesi di addebiti implicanti l’esistenza di specifici inadempimenti esecutivi. Nel caso in esame, sussistendo radicali ragioni di impossibilità giuridica per la continuazione del rapporto, doveva trovare applicazione l’art. 19 del contratto, concernente la risoluzione di diritto, perfezionabile con il solo ricevimento da parte del concessionario di lettera raccomandata a/r con cui l’Amministrazione manifestava la volontà di avvalersi della suddetta clausola.
Con ricorso per motivi aggiunti depositato in data 30.9.2016, veniva gravata la determinazione dirigenziale n. 951 del 21.9.2016, con cui il Comune aveva annullato in autotutela le determinazioni n. 1071 del 25.9.2015 e n. 1403 del 30.11.2015 di presa d’atto del subentro di Mazal ad A.I.P.A. nel servizio aveva dichiarato risolto l’affidamento concessorio.
Anche siffatto provvedimento era illegittimo per violazione degli artt. 38 e 116 del D.Lgs. n.163/2006, eccesso di potere per carenza di istruttoria, difetto di motivazione e travisamento dei presupposti in fatto e diritto, violazione dell’art. 16 del capitolato di gara, violazione dell’art. 21-nonies della L. n. 241/1990, violazione dei principi generali in materia di autotutela, violazione dell’art. 3 del D.L. n. 40/2010, in quanto:
– il Comune contestava che l’A.I.P.A. non avesse comunicato tempestivamente la stipula del contratto d’affitto d’azienda. Sul punto, la ricorrente censurava l’infondatezza della tesi in ragione della clausola sospensiva contenuta nel contratto d’affitto, in virtù della quale lo stesso era incapace di produrre effetti verso il Comune di Foggia, subordinando il trasferimento della titolarità dei rapporti all’ottenimento da parte del gruppo KGS S.p.A. (o di altra società nominata, come poi avvenuto per Mazal) della licenza di cui all’art. 53 del D.Lgs. n. 446/1997.
Poichè l’iscrizione nell’Albo di cui al D.M. n. 289/2000 della Mazal era intervenuta solo in data 12.6.2015, la comunicazione era stata inoltrata nel mese di luglio. Ad ogni modo, l’ordinamento non prevedeva alcun termine decadenziale entro il quale un operatore economico dovesse attivare l’iter per il subentro nelle posizioni giuridiche del contraente cedente o affittante;
– l’obbligo per stazione appaltante di verificare il possesso da parte dell’impresa cessionaria dei requisiti richiesti per la partecipazione alla gara, sussisteva solo con riguardo al momento in cui si era prodotta la modificazione soggettiva;
– il conferimento della procura all’amministratore del gruppo KGS S.p.a. per gestire congiuntamente al legale rappresentante di A.I.P.A. i rapporti con gli Enti pubblici era stato comunicato al Comune congiuntamente all’invio del contratto d’affitto d’azienda, e, comunque, non sussisteva alcuna norma nell’ordinamento che precludesse agli operatori economici privati (“attivi” nel settore dei pubblici contratti) di nominare uno o più procuratori;
– il provvedimento era stato adottato in spregio dei principi generali che regolavano i poteri di autotutela, in quanto non si ravvisava quale fosse l’interesse pubblico all’annullamento di determinazioni emesse un anno prima e, in particolar modo, nei riguardi di un contratto in stato di avanzata esecuzione da cinque anni, senza che si fosse mai verificato alcun inadempimento;
– l’art. 3 del D.L. n. 40/2010 prevedeva che l’ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria comportasse la persistenza nei riguardi delle società delle convenzioni vigenti con gli enti locali immediatamente prima della data di cancellazione dall’albo di cui all’art. 53 del D.Lgs. n. 446/1997.
Pertanto, il Comune non poteva operare una risoluzione contrattuale nei confronti della Mazal in assenza di qualsiasi inadempimento esecutivo, in quanto la ratio della disposizione concerneva il mantenimento della salvaguardia dei livelli occupazionali ed il valore della concessione nell’interesse della massa creditoria, privilegiando la continuità aziendale che poteva aversi solo a fronte del mantenimento delle concessioni e dei contratti in essere.
Avanzava, altresì, istanza di sospensione degli atti sopravvenuti, che veniva accolta con ordinanza n. 489 del 20.10.2016.
Con memorie del 17.10.2016 e del 24.10.2016, il Comune di Foggia replicava alle censure sollevate nel ricorso per motivi aggiunti, puntualizzando che:
– il contratto di affitto di ramo d’azienda non era sospensivamente condizionato e quindi perfettamente idoneo ed efficace a far subentrare KGS ad A.I.P.A., di tal che il Comune ne sarebbe dovuto essere immediatamente informato;
– il servizio di riscossione era stato gestito dal 22.1.2016 al 12.6.2015 da un soggetto per legge non abilitato a tale gestione, che ne tratteneva per sè le utilità e corrispondeva ad A.I.P.A. il canone di affitto pattuito;
– comunque il contratto d’affitto, pur non opponibile alla P.A., spiegava effetto tra le parti traslando il compendio aziendale di cui A.I.P.A. si spogliava;
– l’omessa comunicazione da parte di A.I.P.A. per oltre sei mesi del negozio traslativo connessa alla sostanziale perdita del ramo aziendale e alla sostanziale gestione da parte di KGS S.p.A. e di Mazal, ritenute prive dei requisiti per l’esecuzione della prestazione, integravano violazioni di legge, nonchè dei principi di buona fede e correttezza;
– sussisteva l’interesse pubblico al ripristino della legalità , nonchè l’interesse della collettività alla internalizzazione dei servizi di riscossione con conseguente risparmio di spesa.
All’udienza pubblica del 9.11.2016 la causa veniva definitivamente trattenuta in decisione.
Tanto premesso in punto di fatto, nel merito il ricorso è fondato e pertanto merita di essere accolto.
La controversia insorta concerne, in primo luogo, la validità della proroga privatistica intercorsa fra A.I.P.A. e Mazal al fine di disporre la prosecuzione sostanziale del rapporto fra l’affittuaria del ramo d’azienda e l’odierna ricorrente, che ha costituito la motivazione sostanziale alla base della determinazione dirigenziale n. 7 del 22.2.2016 impugnata con il ricorso introduttivo.
Dall’invalidità della proroga sarebbe derivato che, alla data del 23.1.2016, il ramo d’azienda concernente il rapporto concessorio sarebbe retrocesso all’originaria contraente A.I.P.A., la quale, essendo in procedura di concordato preventivo ed essendo stata sospesa dall’Albo dei soggetti abilitati alla gestione delle attività di liquidazione, accertamento e riscossione dei tributi locali, avrebbe in tal modo perso il requisito soggettivo necessario ai fini della prosecuzione del rapporto contrattuale.
Le censure sollevate nei confronti del provvedimento impugnato sono fondate.
Preliminarmente deve sottolinearsi, come già evidenziato nell’ordinanza cautelare, che si discute della validità di un atto interprivato di ordinaria amministrazione intercorso fra A.I.P.A. e Mazal, volto a disporre la prosecuzione sostanziale del rapporto fra l’affittuaria del ramo d’azienda e la sua dante causa, mentre il Comune di Foggia, dal canto suo, non ha mai allegato alcun inadempimento nell’esecuzione del rapporto concessorio in esame, che si trova – senza contestazione sostanziale alcuna – in regolare esecuzione da ormai sei anni.
Dall’analisi della documentazione depositata in atti emerge che la corrispondenza intercorsa tra il legale rappresentante di Mazal ed il liquidatore di A.I.P.A. costituisce un’espressa pattuizione di proroga perfezionata nelle forme di legge.
La questione poi se la stessa dovesse essere o meno autorizzata dagli organi fallimentari competenti attiene prettamente alla procedura di concordato preventivo e alle sue dinamiche interne.
Non di poco conto appare invero la circostanza che A.I.P.A. sia stata comunque ammessa al concordato preventivo da parte del Tribunale di Milano, avendo quindi il Giudice fallimentare riscontrato l’esistenza di un valido ed efficace contratto d’affitto di ramo d’azienda e dando specifico rilievo all’esistenza di un impegno irrevocabile all’acquisto di ramo d’azienda assunto da Mazal.
Anche qualora si volesse ritenere che la proroga non si fosse legittimamente perfezionata alla scadenza del contratto, coglie nel segno la Società ricorrente evidenziando come, per espressa pattuizione contrattuale delle parti, tale situazione non avrebbe potuto determinare una immediata retrocessione del ramo d’azienda alla società A.I.P.A., posto che l’art. 12 prevedeva che tale operazione si sarebbe verificata solo previo espletamento della procedura di informazione sindacale prevista dall’art. 47 della legge n. 428/1990, mai attivata, nonchè entro il termine di due mesi dalla scadenza del contratto (ossia il 22.3.2016).
Anche tale specifico aspetto della vicenda in esame, pertanto, determina, a prescindere dalle considerazioni in merito all’esatto momento di perfezionamento della proroga del contratto, l’impossibilità di ritenere che in data 23.1.2016 il ramo d’azienda fosse retrocesso alla società A.I.P.A.
Quanto esposto renderebbe superfluo l’esame della questione concernente la rilevanza in tal contesto della proposizione della domanda di concordato, ma ciononostante si ritiene di svolgere alcune precisazioni in merito.
L’Amministrazione resistente sostiene che solo qualora A.I.P.A. avesse depositato domanda di ammissione al concordato con continuità aziendale avrebbe mantenuto i requisiti di partecipazione alle procedure di gara e, di conseguenza, all’esecuzione del relativo contratto di concessione e, pertanto, avendo invece proposto domanda di concordato con riserva (c.d. “in bianco”), tanto avrebbe comportato la perdita del “diritto” di prorogare legittimamente il contratto d’affitto del ramo d’azienda.
Come noto, l’art. 38, comma 1, lett. a) del D.Lgs. n. 163/2006 prevede l’esclusione dalla partecipazione alle procedure di affidamento delle concessioni e degli appalti di lavori, forniture e servizi, nonchè l’impossibilità di essere affidatari di subappalti e di stipulare i relativi contratti per i soggetti che si trovino in concordato preventivo, con l’eccezione della pendenza di un “concordato con continuità aziendale” ex art. 186-bis L.F., che ricorre quando nel piano di concordato sia espressamente prevista la prosecuzione dell’attività di impresa da parte del debitore, ovvero la cessione dell’azienda in esercizio o ancora il conferimento dell’azienda in esercizio in una o più società anche di nuova costituzione. La norma concede vari benefici tra cui la prosecuzione dei contratti stipulati con pubbliche amministrazioni, a determinate condizioni, che, quindi, non si risolvono per effetto dell’apertura della procedura.
La questione della permanenza dei requisiti in caso di domanda di concordato preventivo “in bianco” (per cui l’art. 161, comma 6, L.F. prevede che l’imprenditore possa depositare la domanda di concordato, riservandosi di presentare la proposta di concordato preventivo, il relativo piano e l’ulteriore documentazione prevista nei termini di legge) è stata affrontata dalla giurisprudenza in numerose circostanze, rilevando come la richiamata norma del Codice dei contratti pubblici consenta la partecipazione alle procedure di affidamento non solo alle imprese che abbiano già ottenuto il decreto di ammissione al concordato con continuità aziendale, “ma anche a quelle che abbiano presentato domanda di ammissione al concordato preventivo” (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 3.7.2.2014, n. 3344).
Il deposito di una domanda di concordato preventivo con riserva (c.d. in bianco) non comporta, dunque, il venir meno dei requisiti di ordine generale previsti dall’art. 38 (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 22.12.2014, n. 6303), potendo le due fattispecie essere equiparate (cfr. T.A.R. Lazio, Roma, Sez. III, 21.1.2016, n. 644).
Il richiamato orientamento è del resto coerente con le finalità e la ratio della riforma della Legge fallimentare (approvata con il decreto-legge 22.6.2012, n. 83, convertito dalla legge 7.8.2012, n. 134) che – nell’interesse del mercato e degli stessi creditori – è volta a “guidare l’impresa oltre la crisi”, anche preservando “la capacita dell’impresa a soddisfare al meglio i creditori attraverso l’acquisizione di nuovi appalti” (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 27.12.2013, n.6272).
Ad ogni modo, posto che il contratto d’affitto è stato stipulato in data 21.1.2015, che la società affittuaria Mazal ha acquisito i requisiti richiesti in data 12.6.2015 e che il procedimento ex art.116 è stato avviato in data 29.7.2015, la circostanza che in data 5.8.2016 A.I.P.A. abbia depositato domanda di ammissione al concordato preventivo si appalesa del tutto irrilevante anche per le ragioni di seguito esposte.
Giova ricordare che l’art. 116 del D.Lgs. n. 163/2006 dispone che: “le cessioni di azienda e gli atti di trasformazione, fusione e scissione relativi ai soggetti esecutori di contratti pubblici non hanno singolarmente effetto nei confronti di ciascuna stazione appaltante fino a che il cessionario, ovvero il soggetto risultante dall’avvenuta trasformazione, fusione o scissione, non abbia proceduto nei confronti di essa alle comunicazioni previste dall’articolo 1 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 11 maggio 1991, n. 187, e non abbia documentato il possesso dei requisiti di qualificazione previsti dal presente codice. 2. Nei sessanta giorni successivi la stazione appaltante può opporsi al subentro del nuovo soggetto nella titolarità del contratto, con effetti risolutivi sulla situazione in essere, laddove, in relazione alle comunicazioni di cui al comma 1, non risultino sussistere i requisiti di cui all’articolo 10-sexies della legge 31 maggio 1965, n. 575, e successive modificazioni. [¦] decorsi i sessanta giorni di cui al comma 2 senza che sia intervenuta opposizione, gli atti di cui al comma 1 producono, nei confronti delle stazioni appaltanti, tutti gli effetti loro attribuiti dalla legge”.
La logica intrinseca dell’art. 116 è quella di consentire che eventuali vicende modificative che interessino il soggetto aggiudicatario della procedura di gara successivamente alla stipulazione del contratto non comportino la risoluzione dello stesso, in favore del principio di massima libertà di organizzazione delle imprese.
La rilevanza della vicenda modificativa impone al soggetto interessato di rappresentarla alla stazione appaltante, in modo da attivare la necessaria verifica del complesso dei requisiti di partecipazione.
L’ammissione del subentrante alla gara è subordinata quindi a due condizioni: che gli atti di cessione siano comunicati alla stazione appaltante e che questa abbia verificato l’idoneità soggettiva ed oggettiva del subentrante (cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, 6.3.2013, n. 1370; T.A.R. Calabria, Reggio Calabria, Sez. I, 18.6.2013, n. 427). A tal fine, l’art. 116 assoggetta a una dinamica procedimentale la comunicazione e la verifica della sussistenza dei requisiti in capo al soggetto risultante dalle operazioni normativamente contemplate.
A tal fine rilevante è l’individuazione del momento temporale in cui la società affittante e quella affittuaria debbano possedere i requisiti di partecipazione.
Sul punto il Collegio ritiene di condividere le argomentazioni addotte dalla giurisprudenza di questo Tribunale, nonchè dal Consiglio di Stato (si veda ad esempio la medesima sentenza richiamata dal Comune nelle determinazioni successivamente annullate: Consiglio di Stato, Sez. V, 3.8.2015, n. 3819) per cui sino al momento della cessione il possesso dei requisiti va accertato nei confronti della società cedente (affittante), mentre, a far data dalla stipula dell’atto detto possesso va accertato in capo alla società cessionaria (affittuaria) e senza che rilevi, a tali fini, il tempo in cui la stessa è stata effettivamente comunicata (cfr. Consiglio di Stato, Sez. III, 5.4.2013, n. 1894; T.A.R. Puglia, Lecce, Sez. I, 23.2.2016, n. 359).
Si consideri, peraltro, che per sua natura economica il fatto della cessione di un ramo d’azienda non è certo operazione che si conclude materialmente uno actu, essendoci ovviamente la necessità di una articolata attività progressiva di cessione di elementi organizzativi, risorse umane e materiali che non potrà non occupare un certo spazio di tempo più o meno ampio a seconda della complessità delle attività aziendali cedute.
Pertanto, considerando che la domanda di ammissione al concordato preventivo è stata depositata soltanto dopo la sottoscrizione del contratto d’affitto d’azienda, nonchè successivamente alla comunicazione della relativa operazione al Comune di Foggia e della trasmissione della documentazione riflettente il possesso dei requisiti per subentrare nella concessione, l’Amministrazione era ormai chiamata a svolgere il proprio vaglio sul possesso dei requisiti da parte dell’affittuaria solo all’esito della perfezionatasi cessione, verifica il cui esito favorevole (come comprovato dalle determinazioni dirigenziali n. 1071 del 25.9.2015 e n. 1403 del 30.11.2015) ha escluso la rilevanza delle iniziative postume dell’originaria concessionaria (cfr. Consiglio di Stato, Sez. II, 3.8.2015, n. 3819).
Meritevole di accoglimento è, altresì, la censura avanzata nel ricorso per motivi aggiunti del 7.3.2016 relativa alla violazione dell’art. 16 del capitolato di gara, che condizionava la possibilità di adottare un provvedimento di risoluzione contrattuale all’osservanza di un preciso iter procedurale, che non risulta essere stato in alcun modo rispettato.
Tanto, inoltre, non è stato contestato dall’Amministrazione comunale, che, al contrario, dopo aver riconosciuto l’assenza di qualsiasi inadempimento esecutivo, ha sostenuto la mancata applicabilità della predetta disposizione al caso di specie in favore della disciplina della risoluzione di diritto per presunte “ragioni radicali di impossibilità giuridica di legittima prosecuzione del rapporto”, di cui tuttavia non si ravvisano i presupposti.
Con le successive determinazioni dirigenziali n. 129/2016 e n. 951/2016, rispettivamente impugnate con motivi aggiunti del 17.3.2016 e del 30.9.2016, il Comune ha “integrato” la motivazione giustificativa della risoluzione contrattuale deducendo in sostanza che:
1) pur volendo ammettere il perfezionamento della proroga contrattuale, alla data del 22.1.2016 A.I.P.A. aveva perso i requisiti e non poteva trasferire il rapporto nell’ambito del procedimento ex art. 116 del D.Lgs. n. 163/2006;
2) il procedimento non poteva comunque ritenersi essersi concluso positivamente in assenza della tempestiva comunicazione della stipula del contratto d’affitto, avvenuta con un “ritardo” di sette mesi.
Al di là delle considerazioni già svolte, le censure nei confronti dei due provvedimenti possono essere trattate congiuntamente, essendo sufficiente svolgere due ordini di considerazioni al fine di dimostrarne la fondatezza.
In primo luogo, in relazione al perfezionamento del procedimento ex art. 116 del D.Lgs. n. 163/2006, va posto in evidenza che, come sopranzi testualmente riportato, lo stesso richiede al cessionario (in tal caso, affittuario) di effettuare le comunicazioni previste dall’art. 1 del D.P.C.M. n. 187/1991 e di documentare il possesso dei requisiti di qualificazione previsti dal codice dei contratti pubblici; a partire da tal momento, la stazione appaltante ha sessanta giorni di tempo per opporsi al subentro.
Il procedimento de quo risulta essere stato avviato nei confronti del Comune di Foggia in data 29.7.2015, allorchè la società Mazal ha inoltrato la comunicazione di copia del contratto d’affitto del ramo d’azienda, effettuato la dichiarazione prescritta dall’art. 1 del D.P.C.M. n. 187/1991 e dei documenti e delle dichiarazioni sostitutive attestanti il possesso dei requisiti speciali e generali prescritti per l’assunzione della titolarità della concessione in esame.
Il procedimento si è pertanto correttamente instaurato e concluso nel momento in cui sono decorsi i sessanta giorni di legge senza che il Comune abbia avanzato opposizione e di tanto l’Amministrazione ha preso atto con le determinazioni – successivamente annullate – del 25.9.2015 e del 30.11.2015, riconoscendo il pieno possesso dei requisiti “soggettivi” e “speciali” dell’affittante e dell’affittuaria e della conseguente ricorrenza di tutte le condizioni previste dalla legge per la modificazione soggettiva del rapporto di concessione.
La tesi per cui, all’atto della proroga del contratto d’affitto, il suddetto iter sarebbe dovuto essere nuovamente avviato, non trova alcun riscontro giuridico nè logico e non può essere condiviso, non venendo in essere una nuova modificazione soggettiva del rapporto.
Per quanto concerne la questione della mancata tempestività della comunicazione, il Collegio condivide l’approdo giurisprudenziale per cui, sebbene la rilevanza della vicenda modificativa nell’ambito del procedimento di gara imponga al nuovo soggetto partecipante di rappresentarla alla Stazione appaltante, in modo da attivare la necessaria verifica del complesso dei requisiti di partecipazione, la normativa di riferimento non preveda specifici termini decadenziali per l’adempimento di tale onere dichiarativo.
Ciò che è necessario è che il soggetto subentrante acquisisca i requisiti di quello originario e che la stazione appaltante sia messa in condizione di effettuare le necessarie verifiche sul possesso dei predetti requisiti al fine di perfezionare l’iter indicato dall’art. 116 e tanto è accaduto nel caso di specie (cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, 25.2.2016, n. 773; T.A.R. Puglia, Bari, Sez. I, 14.5.2015, n. 729).
Nel “ritardo” contestato dall’Amministrazione in cui è stata effettuata la comunicazione non si ravvisa, comunque, una violazione dei principi di buona fede e correttezza, posto che:
– il contratto era sottoposto ad una condizione sospensiva, per cui, sino all’ottenimento da parte del gruppo KGS S.p.A. o della società nominata (dunque, la Mazal) della Licenza necessaria all’esercizio dell’attività oggetto del contratto di concessione, A.I.P.A. era rimasta titolare del rapporto;
– l’art. 116 del D.Lgs. n. 163/2006 non prevede l’operatività nei confronti della stazione appaltante della cessione/affitto del ramo d’azienda al momento della stipula della stessa, demandandola piuttosto alla previa verifica dei requisiti citati, in assenza della quale l’atto non determina immediatamente alcuna sostituzione della cedente nella procedura di gara con la cessionaria/affittuaria, nè alcun altro effetto automatico nei confronti della stazione appaltante;
– l’iscrizione della Mazal nell’Albo di cui al D.M. n. 289/2000 è avvenuta solo in data 12.6.2015, sicchè correttamente le comunicazioni di intervenuto subentro previste dall’art. 116 del D.Lgs. n. 163/2006 sono state inoltrate nel mese di luglio 2015. Invero, le due società non avrebbero potuto legittimamente avviare il procedimento in data anteriore, portando a conoscenza del Comune la stipulazione del contratto d’affitto, considerato che i necessari controlli sul possesso dei requisiti da parte dell’affittuaria avrebbero avuto inevitabilmente esito negativo.
Infine ma non da ultimo, il Collegio ritiene di porre in evidenza l’inesistenza di un qualsiasi interesse pubblico all’annullamento in autotutela delle determinazioni dirigenziali n. 1071 del 25.9.2015 e n. 1403 del 30.11.2015, appalesandosi del tutto inconferenti le argomentazioni addotte in merito dal Comune di Foggia, sia considerato che il servizio non è stato condotto illegittimamente, sia perchè la circostanza che l’internalizzazione del servizio comporterebbe un risparmio di spesa per l’Amministrazione non costituisce valida ragione per legittimare la risoluzione di un contratto regolarmente in esecuzione.
In conclusione, i provvedimenti impugnati risultano viziati nei termini denunciati dalla ricorrente e da tanto segue che la domanda di annullamento possa essere integralmente accolta.
Le spese di lite seguono la soccombenza e sono poste a carico dell’Amministrazione comunale di Foggia nella quantificazione indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, Sede di Bari, Sezione I, definitivamente pronunciando sui ricorsi, come in epigrafe proposti, li accoglie e per l’effetto annulla gli atti impugnati.
Condanna il Comune di Foggia al pagamento delle spese del giudizio in favore della parte ricorrente, che si liquidano in € 10.000,00 (euro diecimila,00), oltre accessori come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 9 novembre 2016 con l’intervento dei magistrati:
Angelo Scafuri, Presidente
Maria Grazia D’Alterio, Referendario
Alfredo Giuseppe Allegretta, Referendario, Estensore
L’ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
Alfredo Giuseppe Allegretta | Angelo Scafuri | |
IL SEGRETARIO