1. Giurisdizione – Convenzioni urbanistiche – Corretta esecuzione – Giurisdizione Amministrativa – Sussiste
2. Edilizia e urbanistica – Piani Insediamenti Produttivi – Concessione in diritto di suprficie – Cessione in proprietà – Possibilità – art. 3 comma 64 L. 662/1996
3. Edilizia e urbanistica – Piani Insediamenti Produttivi – Concessione in diritto di suprficie – Cessione in proprietà – Conguaglio – Art. 11 L. 273/2002 – Indicazione criteri – Necessità
1. Sussiste la giurisdizione del giudice amministrativo sulle controversie relative all’esecuzione delle convenzioni urbanistiche, quali accordi integrativi di provvedimenti amministrativi, anche con riferimento alla loro corretta esecuzione.
2. Ai sensi dell’art 3 comma 64 della L. 662/1993 i comuni che, in precedenza, avevano optato per la concessione ai privati del diritto di superficie sulle aree destinate a insediamenti produttivi, possono attribuire a costoro il pieno diritto di proprietà .
3. àˆ illegittima la deliberazione di c.c. di cessione di aree destinate a insediamenti produttivi ai concessionari superficiari, dalla quale non si evincono gli elementi da cui desumere la determinazione del corrispettivo, come disciplinata con apposita novella normativa dall’art. 11 L. n. 273/2002.
N. 00668/2016 REG.PROV.COLL. N. 00801/2015 REG.RIC. REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Terza) ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 801 del 2015, proposto da: Ettore Sivo, Digma S.r.l. di Digiesi Marianna, Sergio Maselli, Angela Mastrolonardo, Giacomo Pellicani, Pierangelo Di Modugno, Annamaria Mastrorilli, Maggialetti Autoservizi S.r.l., Leonardo Di Modugno, Martino Di Ceglie, Domenico Mastrorilli, Antonio Di Ceglie, Eledia di Francesco De Palo, Itel Telecomunicazioni S.r.l., Salvatore Curci, Cosimo Damiano Avella, Michele Avella, Domenico Monaco, Maria Bruno, Rosa Lovino, Raffaele Bucci, Giuseppe Bucci, Francesco Berardi, Giovanni Di Ceglie, Emmebi S.r.l., Giuseppe Lobascio, rappresentati e difesi dall’avv. Tecla Sivo, con domicilio eletto presso Domenico Romito in Bari, Via Principe Amedeo, n. 115; contro Comune di Ruvo di Puglia, rappresentato e difeso dall’avv. Vito Petrarota, con domicilio eletto presso Studio Legale Associato Trevi in Bari, Via Tommaso Fiore, n. 62; per l’annullamento – della deliberazione del Consiglio comunale, sessione straordinaria, n. 7 del Reg. deliberazioni, del 2.3.2015 – pubblicata nell’Albo Pretorio dal 25.3.2015 al 3.4.2015 del Comune di Ruvo di Puglia – avente ad oggetto “Estensione della possibilità di trasformazione del diritto di superficie in diritto di proprietà per i suoli ricadenti nei piani per insediamenti produttivi”; – di ogni altro atto o provvedimento presupposto, collegato o consequenziale, anche se non conosciuto dal ricorrente, ivi comprese, per quanto dovessero occorrere, le delibere del Consiglio comunale nn. 64 del 21.12.2011 (¦)¦ immediatamente esecutive, aventi ad oggetto la trasformazione del diritto di superficie in diritto di piena proprietà dei suoli ricadenti nelle zone 167/6 e 865/7 e la successiva deliberazione del Consiglio comunale n. 15 del 2.4.2014, avente ad oggetto l’estensione della possibilità di trasformazione del diritto di superficie in diritto di proprietà per i suoli ricadenti nei sub comparti ERP del vigente PRG. Visti il ricorso e i relativi allegati; Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Ruvo di Puglia; Viste le memorie difensive; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell’udienza pubblica del giorno 21 aprile 2016 la dott.ssa Cesira Casalanguida; Uditi per le parti i difensori Tecla Sivo e Vito Petrarota; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO e DIRITTO I ricorrenti riferiscono di essere titolari del diritto di superficie, in qualità di imprese artigiane, su lotti siti nel Comune di Ruvo di Puglia, identificati al catasto ai fg. 29/C e 30, per effetto di convenzioni sottoscritte con l’ente locale. Gli immobili in questione rientrano nel Piano delle aree per insediamenti produttivi (di tipo artigianale), adottato ai sensi della L. 865/1971 e approvato con Decreto del Presidente della G.R. n. 3138 del 22.12.1978. Sulla base del Piano particellare di esproprio adottato dal Comune, in esecuzione del suddetto Piano particolareggiato, l’amministrazione civica, nelle more del perfezionamento della procedura espropriativa avviata, ha assegnato le aree in diritto di superficie e, conseguentemente, ha stipulato le convenzioni con le imprese assegnatarie dei singoli lotti, nelle quali si disciplinavano gli oneri e le sanzioni per la loro inosservanza. Lo schema di convezione è stato adottato con delibera CC n. 28 del 27.02.1980 e successivamente modificato (art. 5) con delibera CC n. 15 del 2.4.2014. I ricorrenti specificano, altresì, che, con deliberazione CC n. 161 del 18.12.1997, sono state individuate, ai sensi dell’art. 3, comma 62, L. 23.12.1996, n. 662, le aree per le quali le ditte artigiane avevano fatto richiesta di trasformare il diritto di superficie, già concesso con le convenzioni sopra richiamate, in diritto di proprietà , nell’ambito del P.I.P. Aggiungono di aver provveduto a pagare nel tempo un importo da ritenersi pari all’intero prezzo previsto per la cessione del diritto di proprietà dei singoli lotti e non al minor costo della concessione della superficie. Riferiscono che il Comune di Ruvo di Puglia ha adottato la deliberazione CC n. 7 del 2.03.2015, sessione straordinaria, avente ad oggetto “Estensione della possibilità di trasformazione del diritto di superficie in diritto di proprietà per i suoli ricadenti nei piani per insediamenti produttivi”, con la previsione dell’importo unitario lordo di € 45,05/mq dovuto per la trasformazione da diritto di superficie a diritto di proprietà . I ricorrenti impugnano la suddetta delibera con i seguenti motivi di ricorso: 1. Violazione di legge, in particolare, artt. 24 e 97 Cost., art. 11 L. 273/2002 e s.m.i., art. 3, comma 64, L. 662/1996 e s.m.i. art. 35 L. 865/1971, art. 3 e 7 L. 241/1990 e s.m.i.. Eccesso di potere sotto vari profili. Essi lamentano, in particolare, l’illegittima determinazione del corrispettivo, per violazione della procedura prevista dall’art. 3 L. n. 662/1996, avvenuta sulla base del rinvio a quanto stabilito con precedente delibera GC, la n. 53/2014, riferita alle distinte aree del nuovo P.I.P. Ribadiscono di aver già versato un corrispettivo corrispondente a quanto dovuto per l’acquisto del diritto di proprietà . 2. Violazione di legge, della buona fede contrattuale, del legittimo affidamento e del giudicato della sentenza T.A.R. Puglia, sez. III, n. 5899/2004. Eccesso di potere sotto vari profili. Contestano la modifica unilaterale che il Comune avrebbe illegittimamente apportato alle clausole della convenzione urbanistica a suo tempo stipulata, nella quale il costo medio dei suoli sarebbe stato pari a 9.776/ mq delle vecchie Lire. Ribadiscono di aver pagato il prezzo di cessione e non quello di concessione del diritto di superficie delle aree, tanto che nessuna ulteriore somma potrebbe legittimamente essere pretesa dall’ente locale che dovrebbe unicamente formalizzare il passaggio di proprietà delle aree in questione. La pretesa di ulteriori somme violerebbe il principio sancito da questo T.A.R, con riferimento a precedenti giudizi relativi alle procedure espropriative delle aree comprese nel P.I.P., in quanto il Comune trasferirebbe sui ricorrenti i maggiori oneri sopportati a causa della riconosciuta e censurata illegittimità dell’operato dell’amministrazione resistente. All’udienza camerale del 9.07.2015, i ricorrenti hanno rinunciato all’istanza cautelare. Si è costituito in giudizio, in data 8.04.2016, il Comune di Ruvo di Puglia per resistere al ricorso, depositando in pari data una memoria, di cui i ricorrenti hanno eccepito la tardività . All’udienza pubblica del 21.04.2016, il Comune ha esposto oralmente le proprie difese, sollevando eccezione di difetto di giurisdizione per essere la domanda dei ricorrenti volta a contestare la quantificazione dei corrispettivi per la trasformazione in diritto di proprietà del titolo di godimento dei suoli, precedentemente assegnati ai sensi dell’art. 27 della L. n. 865/71, mediante concessione del diritto di superficie. Ha, altresì, contestato l’ammissibilità del ricorso in ragione del carattere facoltativo della richiesta della suddetta trasformazione, oltre a sostenerne l’infondatezza nel merito. I ricorrenti hanno replicato alle eccezioni e, all’esito della discussione, la causa è stata trattenuta in decisione. Deve, preliminarmente, essere disattesa l’eccezione di difetto di giurisdizione del giudice amministrativo. Il giudizio ha, infatti, ad oggetto gli atti adottati dal Comune di Ruvo di Puglia riferiti alla facoltà di trasformare in diritto di proprietà l’originaria concessione in diritto di superficie dei suoli destinati ad attività produttive ed assegnati ai soggetti attuatori, ai sensi dell’art. 27 della L. n. 865/1971. La questione riguarda la corretta esecuzione delle convenzioni urbanistiche stipulate tra le imprese artigiane ed il Comune, per mezzo delle quali sono stati concessi in diritto di superficie lotti situati in zona compresa nel Piano per insediamenti produttivi del 22.12.1978 (cd. Vecchio P.I.P.) Più specificamente, i ricorrenti contestano la legittimità della pretesa vantata dall’amministrazione resistente di fissare un maggior prezzo, sui lotti in questione, per la trasformazione del diritto di superficie in diritto di proprietà , oltre alle modalità con cui il corrispettivo è stato determinato. Il Collegio rileva, innanzitutto, che i Piani degli Insediamenti Produttivi, (P.I.P.), costituendo un mezzo di esecuzione dello strumento urbanistico generale, attengono al governo del territorio e recano, in sè, l’interesse pubblico alla corretta gestione e realizzazione delle opere pubbliche. Inoltre, come affermato da consolidata e condivisa giurisprudenza, sussiste la giurisdizione del giudice amministrativo sulle controversie relative all’esecuzione delle convenzioni urbanistiche, quali accordi integrativi di provvedimenti amministrativi, anche con riferimento alla loro corretta esecuzione (cfr. ex multis, Cons. St., sez. IV 02 febbraio 2012, n. 616; T.A.R. Veneto Sez. II, 13 luglio 2011, n. 1219 e T.A.R. Milano Sez. II, 05 luglio 2011, n. 1760). L’art. 7 c.p.a. infatti, attribuisce alla giurisdizione del giudice amministrativo “le controversie nelle quali si faccia questione di interessi legittimi e, nelle particolari materie indicate dalla legge, di diritti soggettivi, concernenti l’esercizio o il mancato esercizio del potere amministrativo, riguardanti provvedimenti, atti, accordi o comportamenti riconducibili anche mediatamente all’esercizio di tale potere, posti in essere da pubbliche amministrazioni” (comma 1). Il successivo art. 133, prevede, tra l’altro, quali controversie devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo: la “formazione, conclusione ed esecuzione degli accordi integrativi o sostitutivi di provvedimento amministrativo” (co. 1, lett. a) n. 2), nonchè le controversie “aventi ad oggetto gli atti e i provvedimenti delle pubbliche amministrazioni in materia urbanistica ed edilizia, concernente tutti gli aspetti dell’uso del territorio, e ferme restando le giurisdizioni del Tribunale superiore delle acque pubbliche e del Commissario liquidatore per gli usi civici, nonchè del giudice ordinario per le controversie riguardanti la determinazione e la corresponsione delle indennità in conseguenza dell’adozione di atti di natura espropriativa o ablativa” (co. 1, lett. f). Si ravvisa, in definitiva, la sussistenza della giurisdizione del giudice amministrativo anche nel caso in esame, in cui oggetto di gravame è quanto deliberato dal Consiglio Comunale. Trattasi in sostanza di atti volti a dare corretta esecuzione alla disciplina prevista in materia di P.I.P., ivi comprese le relative convenzioni stipulate dall’amministrazione. Infondate sono le ulteriori eccezioni di inammissibilità relative alla presunta carenza di interesse dei ricorrenti e alla mancata tempestiva impugnativa dell’atto presupposto della delibera gravata, ossia la delibera C.C. n. 53 del 42.03.2014. Deve, infatti, osservarsi che la portata lesiva degli interessi dei ricorrenti è da ricondursi alla delibera C.C. n. 7 del 2.3.2015, che di quella n. 53/2014 si è limitata a riprendere l’importo al mq, fissato quale corrispettivo unitario lordo per la trasformazione del titolo di godimento delle aree da diritto di superficie in diritto di proprietà . Ne consegue che l’interesse a contestare la determinazione di tale corrispettivo, seppure di ammontare pari ad importo stabilito in precedente delibera non gravata, è sorto solo nel (e dal) momento in cui è stata adottata la successiva delibera C.C. n. 7 del 2.3.2015, che è stata, per questo, tempestivamente gravata. Quanto all’interesse al ricorso, come noto, esso costituisce una delle due condizioni soggettive dell’azione (insieme alla legittimazione ad agire) e si concreta in un vantaggio pratico e concreto, anche soltanto eventuale o morale, che può derivare al ricorrente dall’accoglimento dell’impugnativa. Nel caso in esame, il Collegio ravvisa la sussistenza di tale interesse con specifico riferimento alle doglianze dei ricorrenti riferite alla delibera C.C. n. 7/2015. Inammissibili sono, invece, le censure dei ricorrenti con cui, ritenendo di aver versato tutto l’importo dovuto in esecuzione delle convenzioni stipulate, sostengono che le somme pagate rappresenterebbero, in realtà , il corrispettivo dovuto per il trasferimento del diritto di proprietà e non per la concessione di quello di superficie. Il ricorso è espressamente volto a contestare la maggiorazione del corrispettivo fissato per la trasformazione del diritto di superficie in piena proprietà . Si cesura, in particolare, la delibera CC 7/2015, in quanto ritenuta adottata in violazione delle norme che prevedono le modalità e i criteri di determinazione di tale corrispettivo. I ricorrenti lamentano l’illegittimità della delibera oggetto di gravame e in modo generico ed inconferente sostengono che nessun ulteriore importo sia da loro dovuto, ritenendo che il quantum versato come corrispettivo per la concessione del diritto di superficie sui suoli, fosse, in realtà , pari al valore di mercato della piena proprietà , come si desumerebbe dalla Delibera C.C. n. 28 del 27.02.1980, contenente lo schema di convezione. Tale delibera, tuttavia, non risulta essere mai stata gravata dai ricorrenti, analogamente agli altri atti adottati dall’amministrazione in esecuzione del P.I.P. Occorre ancora rilevare che diversi sono i presupposti dell’azione volta al riconoscimento e alla tutela del diritto di proprietà . Nessuna iniziativa risulta in tal senso essere stata assunta dai ricorrenti nei confronti del Comune. Inoltre, in modo contraddittorio costoro nel ricorso, da un lato, affermano di ritenersi proprietari delle aree per cui è causa, sostenendo di aver già versato l’importo dovuto e, dall’altro, ammettono essi stessi di dover ancora versare somme a saldo e sottoscrivere gli atti di trasferimento della proprietà , richiamando con riferimento al quantum dovuto la delibera C.C. n. 825 del 25.10.1990. Da quanto esposto, si desume che l’interesse al ricorso deve ritenersi sussistente unicamente con riferimento alla presunta illegittimità delle determinazioni assunte dal Comune con riferimento alla determinazione del maggior corrispettivo previsto per la trasformazione del diritto di superficie in diritto di proprietà dei suoli compresi nel P.I.P. del 1978 (cd. vecchio P.I.P.), dovendosi, invece, ritenere inammissibili, per genericità e contraddittorietà delle prospettazioni dedotte, le ulteriori questioni relative alla natura dei diritti sulle aree trasferiti per effetto delle convenzioni ai ricorrenti. Superate le questioni preliminari e circoscritto l’oggetto del giudizio, è possibile procedere con l’esame del merito del ricorso. Appare opportuno richiamare il dettato normativo in tema di Piani per insediamenti produttivi (c.d. P.I.P.), in particolare, il procedimento che il Comune deve seguire a tal fine e le facoltà concesse al medesimo. L’ art. 27 della L. n. 865/1971 prevede che “i comuni dotati di piano regolatore generale o di programma di fabbricazione approvati possono formare, previa autorizzazione della Regione, un piano delle aree da destinare a insediamenti produttivi”. Specifica, altresì, che “le aree comprese nel piano approvato a norma del presente articolo sono espropriate dai comuni o loro consorzi secondo quanto previsto dalla presente legge in materia di espropriazione per pubblica utilità .” e che “il comune utilizza le aree espropriate per la realizzazione di impianti produttivi di carattere industriale, artigianale, commerciale e turistico mediante la cessione in proprietà o la concessione del diritto di superficie sulle aree medesime”, che può avvenire sia nei confronti di enti pubblici (per la realizzazione di impianti e servizi pubblici, occorrenti nella zona delimitata dal piano), che a favore di soggetti ed imprese private. La norma precisa, infine, che “contestualmente all’atto di concessione, o all’atto di cessione della proprietà dell’area, tra il comune da una parte e il concessionario o l’acquirente dall’altra, viene stipulata una convenzione per atto pubblico con la quale vengono disciplinati gli oneri posti a carico del concessionario o dell’acquirente e le sanzioni per la loro inosservanza”. Il successivo art. 35 della medesima legge esprime il principio generale secondo cui i corrispettivi della concessione in superficie, di cui all’ottavo comma, lettera a), ed i prezzi delle aree cedute in proprietà devono, nel loro insieme, assicurare la copertura delle spese sostenute dal comune o dal consorzio per l’acquisizione delle aree. Univoco è in proposito l’orientamento giurisprudenziale che riconosce la sussistenza del potere dell’amministrazione di ricostruire l’equilibrio economico imposto dal citato art. 35 attraverso la rideterminazione del prezzo di cessione delle aree che sia variato a seguito della variazione del costo di acquisizione delle stesse, la cui entità non sia ancora fissata al momento della stipula della convenzione (cfr. Cons. di Stato, sez. V, n. 7820/2003 e n. 50/2012, T.A.R. Bari, sez. I, ord. 20 del 16.01.2014). E’, altresì, riconosciuta la possibilità che la stessa convenzione accessoria al P.I.P. possa prevedere direttamente l’adeguamento del corrispettivo della concessione del diritto di superficie, di cui deve farsi carico l’assegnatario, qualora le spese di acquisizione delle aree, a seguito di controversie insorte con i proprietari espropriati, risultino superiori all’indennità di esproprio Con riferimento più specifico alla questione per cui è causa, occorre richiamare l’art 3 comma 64 della L. 662/1993 che riconosce ai comuni che, in precedenza, avevano optato per la concessione ai privati del diritto di superficie sulle aree destinate a insediamenti produttivi, la facoltà di attribuire a costoro il pieno diritto di proprietà . La norma, nella versione novellata dall’art. 11 della L. n. 273/2002, infatti, prevede che “i comuni possono cedere in proprietà le aree già concesse in diritto di superficie nell’ambito dei piani delle aree destinate a insediamenti produttivi di cui all’ articolo 27 della legge 22 ottobre 1971, n. 865. Il corrispettivo delle aree cedute in proprietà è determinato con delibera del consiglio comunale, in misura non inferiore alla differenza tra il valore delle aree da cedere direttamente in diritto di proprietà e quello delle aree da cedere in diritto di superficie, valutati al momento della trasformazione di cui al presente comma. La proprietà delle suddette aree non può essere ceduta a terzi nei cinque anni successivi all’acquisto” (nella versione originaria la norma si limitava a prevedere che “gli enti locali territoriali possono cedere in proprietà le aree già concesse in diritto di superficie, destinate ad insediamenti produttivi”). Dal quadro normativo così delineato, emerge che è riconosciuta la possibilità di trasformare il diritto di superficie precedentemente concesso, attraverso la cessione della proprietà delle aree. Il legislatore, per tali ipotesi, ha avvertito l’esigenza di fissare in espressa previsione di legge, le modalità di determinazione del corrispettivo della cessione, tanto da intervenire con apposita novella normativa (art. 11 L. n. 273/2002) sopra richiamata. Nella delibera gravata è riportata la vigente previsione dell’art. 3 comma 64 della L. n. 662/1996, ma manca alcun esplicito riferimento alle modalità di calcolo del corrispettivo individuato o al valore delle aree da cedere in proprietà . Emerge solo che il Consiglio Comunale ha ritenuto di unificare il regime delle assegnazioni dei suoli dei due diversi Piani di insediamenti produttivi (il primo – cd. vecchio P.I.P.- in cui sono inseriti i lotti per cui è causa, del 22.12.1978 e il secondo – cd. nuovo P.I.P- approvato nel 2002) e che, per la determinazione del valore dei suoli da assegnare in diritto di proprietà , è stato fissato l’ammontare dell’importo nella stessa misura di quello individuato, con la deliberazione della Giunta Comunale n. 53 del 12.03.2014, pari ad € 45,05 al mq. Quest’ultima è riferita espressamente al cd. nuovo P.I.P. e il costo per metro quadrato pari ad € 45,05 è relativo alle aree produttive che in detto piano erano inserite ed individuate nei comparti “III” e “IV”. Dagli atti richiamati non è rinvenibile alcuna argomentazione o indicazione sull’iter motivazionale o sui presupposti della determinazione finale adottata dal Comune con la delibera CC. 7/2015, in senso conforme all’art. 3 comma 64 L. 662/96 e s.m.i. Nessun riferimento è rivolto al valore delle aree contenute nel cd. vecchio P.I.P., manca il collegamento tra quanto deciso e la previsione di legge suindicata, che la delibera si limita a citare, ben altri sembrando i parametri applicati ed esplicitati nel corpo della medesima. Il riferimento è, in particolare, alla decisone di procedere all’equiparazione del valore delle aree contenute nei due distinti Piani, che non è in alcun modo supportata dall’indicazione dei criteri che l’hanno determinata, dal riferimento espresso agli elementi di valutazione di cui all’art. 3 comma 64 e s.m.i. L. 662/1996 o da alcuna altra adeguata motivazione. Per tutto quanto evidenziato, il Collegio, pur riconoscendo la facoltà del Comune di cedere in proprietà le aree già concesse in diritto di superficie e di determinare il corrispettivo dovuto per la cessione sulla base del valore delle aree valutato al momento della trasformazione (ritenendosi, pertanto, infondato quanto sostenuto in proposito dai ricorrenti), ravvisa nell’adozione della delibera C.C. 7/2015 la violazione dell’art. 3 comma 64 L. 66/1996 e s.m.i.. Da tale atto, infatti, non si evincono gli elementi da cui desumere il rispetto della specifica disciplina riservata dalla norma alla determinazione del suddetto corrispettivo, rinvenendosi piuttosto grave carenza motivazionale. Nei limiti di quanto sopra esposto il ricorso deve essere accolto, facendo salve le successive determinazioni che l’amministrazione riterrà di adottare anche in senso conformativo a quanto pronunciato. Le spese seguono la regola della soccombenza e sono liquidate come in dispositivo. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Terza) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei limiti di cui in motivazione e, per l’effetto, annulla la delibera C.C. di Ruvo di Puglia n. 7 del 2.03.2015. Condanna l’amministrazione resistente al pagamento in favore dei ricorrenti, in solido tra loro, delle spese e onorari di lite, che liquida in € 3.000,00 (euro tremila/00), oltre I.V.A, C.P.A. e rimborso spese generali. Contributo unificato rifuso ex art. 13 co. 6-bis.1 D.P.R. 30.5.2002 n. 115. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa. Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 21 aprile 2016 con l’intervento dei magistrati: Desirèe Zonno, Presidente FF Cesira Casalanguida, Referendario, Estensore Maria Colagrande, Referendario
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