Processo amministrativo – Giudizio di ottemperanza – Estensione effetti – Statuizioni non conformate dal giudicato – Esclusione – Fattispecie
 
 

 
Il ricorso per ottemperanza è uno strumento processuale i cui effetti non possono estendersi a quelle statuizioni contenute nella sentenza per la cui ottemperanza si agisce, che non siano conformate dal giudicato (nel caso di specie, il giudice ha ritenuto infondato il ricorso per ottemperanza di una sentenza che aveva ritenuto illegittimo il provvedimento di revoca di un’ordinanza demolitoria, volto ad ottenere una pronuncia che escludesse l’assentibilità  in sanatoria delle opere abusive realizzate, giacchè la possibilità  di formulare istanza ex art. 36 d.P.R. 380/2001 è contemplata  dalla legge e non era stata esclusa  dal giudicato).

 

N. 00574/2016 REG.PROV.COLL.
N. 01341/2015 REG.RIC.
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1341 del 2015, proposto da: 
Francesco Ladisa, rappresentato e difeso dagli avv. Giuseppe Paparella e Felice Eugenio Lorusso, con domicilio eletto presso Felice Eugenio Lorusso in Bari, Via Amendola n.166/5; 

contro
Comune di Modugno, rappresentato e difeso dall’avv. Cristina Carlucci, con domicilio ex lege, presso Segreteria T.A.R. Bari in Bari, Pza Massari; 

nei confronti di
Luciano Pascazio, rappresentato e difeso dall’avv. Rocco Angelo Paccione, con domicilio eletto presso Rocco Angelo Paccione in Bari, Via Dante, n.270; 

per l’ottemperanza
alla sentenza TAR Puglia, Bari, Sez. 3^, n. 906 del 15.07.2014;
nonchè per la dichiarazione di nullità , per elusione del giudicato – ovvero per l’annullamento, ove esistente:
– di ogni provvedimento comunale di accoglimento di istanza di permesso di costruire in sanatoria a favore del sig. Luciano Pascazio, con riferimento alla vicenda oggetto di causa;
– degli atti al predetto eventualmente connessi, sia presupposti che consequenziali, ancorchè non conosciuti, in quanto lesivi ivi inclusi;
per quanto di interesse, per l’annullamento delle:
– nota comunale prot. n 0043181 del 10.9.2015;
– nota comunale prot. n 0036348 del 24.7.2015;
– ordinanza comunale n 01/2015 prot. n 0009137 del 2.3.2015;
 

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Comune di Modugno e di Luciano Pascazio;
Viste le memorie difensive;
Visto l ‘art. 114 cod. proc. amm.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 7 aprile 2016 la dott.ssa Desirèe Zonno e uditi per le parti i difensori Felice Eugenio Lorusso, Cristina Carlucci e Rocco Angelo Paccione;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 

FATTO e DIRITTO
Per una migliore comprensione delle questioni sottoposte, in questa sede all’attenzione del Collegio, giova ripercorrere nuovamente la vicenda nel suo complesso.
Il sig. Pascazio, proprietario di un fabbricato confinante a quello dell’odierno ricorrente, ha eretto una muratura in elevazione rispetto al preesistente muro d’attico (alto un metro), oscurando, in tal modo, preesistenti finestre del fabbricato di proprietà  del sig. Ladisa, vedute che si affacciavano sul lastrico solare della proprietà  Pascazio, posizionato ad una minore quota altimetrica (legittimate, peraltro, da un accordo transattivo intercorso tra l’Ing. Nicola Ladisa, genitore del ricorrente e suo dante causa, e lo stesso sig. Pascazio – transazione del 19.11.1988 – ).
La predetta attività  edificatoria è stata realizzata, inizialmente, senza titolo alcuno.
Il Comune ha, pertanto, anche a seguito di esposto dell’odierno ricorrente, adottato ordinanza di “Demolizione e ripristino dello stato dei luoghi”, prot. n. 12271 del 9.3.2011.
Con successivo provvedimento prot. n. 49145, del 10.10.2011, ha revocato tale ordine.
La predetta ordinanza di revoca è stata annullata da questo Tar con sentenza n. 596/2013.
La pronuncia in questione ha ritenuto fondati i profili di illegittimità  consistenti:
1) nel difetto di motivazione ed eccesso di potere per contraddittorietà  dell’azione amministrativa (perchè “dall’impugnato provvedimento non risulta in alcun modo possibile evincere le ragioni che hanno supportato l’impugnato provvedimento di revoca dell’ingiunzione a demolire e, in definitiva, indotto l’Amministrazione ad adottare una linea di condotta diametralmente opposta a quella fino a quel momento posta in essere”);
2) nella violazione dell’art. 21 nonies della l. 241/1990 nonchè nell’eccesso di potere per violazione dei principi in tema di autotutela (“atteso che nell’impugnato provvedimento non risulta operata alcuna valutazione in ordine ad una presunta illegittimità  della pregressa ordinanza ingiunzione alla demolizione, nè valutato l’interesse pubblico attuale e concreto alla eliminazione del predetto provvedimento sanzionatorio, nè valutate le relazioni istruttorie pregresse e le istanze e la posizione del ricorrente Ladisa”).
La sentenza ha, tuttavia, fatte salve le ulteriori determinazioni dell’Amministrazione.
Il Comune, all’esito, del giudizio, rimasta inoppugnata la sentenza appena citata, ha adottato nuovo provvedimento di revoca dell’ordinanza demolitoria prot. n. 12271 del 9.3.2011.
Tale provvedimento ( prot. n. 771 del 9.1.2014) è stato censurato con il ricorso n.380/2014, deducendosene in primo luogo la nullità  per violazione o elusione del giudicato e chiedendosene, comunque, l’annullamento per illegittimità .
Il ricorso in esame è stato deciso con sentenza n. 906/2014, rimasta inoppugnata e, per questo, passata in giudicato.
La decisione, dopo aver qualificato la richiesta formulata in ricorso come duplice domanda (quella di declaratoria di nullità , nonchè quella di annullamento per illegittimità ), ha accolto quella subordinata di annullamento, ritenendo illegittimo il provvedimento di revoca dell’ordinanza demolitoria.
La Sezione ha, infatti, censurato la scelta comunale di:
– qualificare le opere realizzate (consistenti nell’erezione di un muro di altezza inferiore a 3 mt su due lati del lastrico solare Pascazio, con chiusura di vedute di proprietà  Ladisa) come opere di manutenzione straordinaria, soggette al regime di attività  libera subordinata a CIL (ex art. 6, co 7 dpr n.380/2001);
– ammettere, in virtù del principio di conservazione, che anche una CIL successiva alla realizzazione delle opere (una sorta di CIL in sanatoria) fosse ammissibile.
Il Collegio ha ritenuto, che “Erra, infatti, il Comune allorquando ritiene che la realizzazione dei due muri in questione a perpendicolo sul lastrico solare possa qualificarsi come opera di manutenzione straordinaria ai sensi di quanto indicato sopra.
Infatti, tali muri non possono considerarsi di cinta in quanto non sono esterni alla proprietà , cingendola, appunto, ma insistono sull’edificio già  realizzato, alterandone (ed è questo il punto di vero rilievo) la facciata e la sagoma.”
Ha, pertanto, accolto il ricorso, ritenendo che tali opere necessitassero di un permesso di costruire.
Con l’odierno ricorso per l’ottemperanza l’originario ricorrente, sig. Ladisa, agisce per l’ottemperanza della sentenza n. 906/2014, censurando la nuova ordinanza di demolizione delle opere abusive realizzate dal sig. Pascazio, adottata dal Comune (recante n. 1/2015) nella parte in cui ha indicato la possibilità  di formulare, nel termine di 90 gg., istanza di sanatoria ex art. 36, TU. Edil., per le opere abusive realizzate.
Lamenta il ricorrente che tale “clausola di salvezza” (cui è seguita, effettivamente, la presentazione della domanda di sanatoria ex art. 36 cit, in data 28.5.2015) sia illegittima, ponendosi in violazione delle statuizioni contenute nella sentenza per la cui ottemperanza si agisce.
Tanto sul presupposto che non sia possibile rilasciare alcun permesso di costruire (neppure in sanatoria) per le opere realizzate dal vicino e che ciò emerga dal giudicato di annullamento disposto con la sentenza n. 906/2014.
A tale pretesa si oppongono sia il Comune di Modugno sia il controinteressato sig. Pascazio, eccependo (questo in estrema sintesi il contenuto delle dettagliate difese, a cui si rinvia per una più puntuale indicazione delle argomentazioni esposte) che il giudicato di cui si chiede l’ottemperanza non comporterebbe il vincolo conformativo reclamato dal ricorrente, atteso che nulla statuisce in merito all’impossibilità  di esaminare una eventuale domanda in sanatoria ex art. 36 cit.
All’udienza camerale del 7.4.2016, la causa (la cui discussione è stata fissata in pari data a quella recante n. ric. 1601/2015, avente ad oggetto l’impugnazione del silenzio rigetto formatosi sull’istanza di sanatoria presentata dal controinteressato) è stata trattenuta in decisione.
Il ricorso è infondato.
Preliminarmente va rilevato, con questo statuendosi sulle eccezioni di inammissibilità  sollevate dalle parti resistenti, che il ricorso va considerato ammissibile, in quanto la domanda di declaratoria di nullità  parziale formulata (relativa all’ordinanza demolitoria n.1/2015) viene svolta quale effetto della allegata violazione del giudicato.
Vanno, peraltro, considerate di mero stile le richieste di annullamento di tutti gli atti di accoglimento dell’istanza di sanatoria, atteso che non risulta che sia intervenuto alcun provvedimento di accoglimento di tale istanza, al contrario respinta per silentium (censurato con il connesso ricorso n. 1601/2015).
Nel merito, deve rilevarsi che il giudicato di annullamento intervenuto con la sentenza di questo Tar n. 906/2014 è fondato sulla necessità  che le opere realizzate dal controinteressato sig. Pascazio, per la loro consistenza ed incidenza su facciata e sagoma del suo edificio, richiedano – quale titolo legittimante – un permesso di costruire, escludendosene la annoverabilità  nell’ambito dell’attività  edilizia libera.
Le statuizioni contenute nella sentenza per la cui ottemperanza si agisce non si estendono, invece, come preteso dal ricorrente, ad escludere la possibilità  che il titolo necessario (PdC) sia rilasciato.
Tanto non vale nè ad escludere nè ad ammettere che le opere in questione siano necessariamente assentibili (in quanto, per giungere a tale conclusione, l’ente comunale dovrebbe prima attentamente scrutinare, oltre alla c.d. doppia conformità  agli strumenti urbanistici, gli effetti dell’atto transattivo intercorso tra l’Ing. Nicola Ladisa, genitore del ricorrente e suo dante causa, e lo stesso sig. Pascazio – transazione del 19.11.1988).
Conclusivamente, poichè la presentazione dell’istanza ex art. 36 cit. è una facoltà  espressamente contemplata dall’ordinamento (fermo restando il potere dell’Amministrazione di vagliarla in base alle particolari emergenze del caso concreto), nè la sentenza di questo Tar n. 906/2014 ne esclude in astratto la possibilità , la pretesa azionata dal ricorrente, volta ad ottenere una pronuncia che escluda l’assentibilità  in sanatoria delle opere in questione, non può trovare accoglimento, rientrando, tale segmento procedimentale ancora nell’ambito dei poteri discrezionali non conformati dal giudicato.
Le spese, stante la particolarità  della questione esaminata e l’andamento complessivo della vicenda, derogano alla soccombenza e vengono integralmente compensate.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Terza), definitivamente pronunciando, respinge il ricorso.
Spese integralmente compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità  amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 7 aprile 2016 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Desirèe Zonno, Presidente FF, Estensore
Viviana Lenzi, Referendario
Cesira Casalanguida, Referendario
 
 
 
 

 
 
IL PRESIDENTE, ESTENSORE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 04/05/2016
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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