1. Giurisdizione – Indennità da occupazione legittima – Giurisdizione del G.O. – Nesso di connessione fra domande – Irrilevante
2. Risarcimento del danno – Occupazione illegittima – Restituzione immobile – Riduzione in pristino
3. Risarcimento del danno – Occupazione illegittima – Mancato godimento – Prova del danno
4. Risarcimento del danno – Criteri di quantificazione – Danno da occupazione illegittima e danno da perdita delle opere esistenti
1. E’ inammissibile per difetto di giurisdizione la domanda di condanna del Comune espropriante al pagamento dell’indennità per occupazione legittima, rientrando nella giurisdizione del G.O., senza che l’eventuale nesso di connessione tra tale domanda e quella di risarcimento del danno possa giustificare l’attribuzione di entrambe le domande allo stesso giudice, in virtù del principio di inderogabilità della giurisdizione anche in presenza di motivi di connessione.
2. Fermo restando il potere di attivare la procedura prevista dall’art. 42 bis DPR 327/2001, la p.A. è gravata dell’obbligo di procedere al risarcimento integrale del danno da occupazione illecita, mediante restituzione della proprietà illegittimamente detenuta, previa riduzione in pristino.
3. In caso di occupazione illegittima di un bene soggetto alla procedura ablativa, è escluso qualsiasi automatismo risarcitorio in assenza di prova concreta del danno da mancato godimento, laddove emerga la natura scarsamente utilizzabile del bene oggetto di occupazione da parte della p.A.
4. Ai fini della formulazione dell’offerta di pagamento da parte della p.A., ai sensi dell’art 34, co. 4. c.p.a., i criteri da utilizzare per la determinazione del danno possono essere quantificati (a) per l’occupazione illegittima, mediante valutazione equitativa ai sensi degli articoli 2056 e 1226 c.c., considerando l’interesse del 5% annuo sul valore venale del bene, in linea con il parametro indicato nell’art. 42bis DPR 327/2001; ai fini della determinazione del valore venale, può assumersi come capitale di riferimento il valore di mercato dell’immobile in ciascun anno del periodo di occupazione considerato, fino alla restituzione; le somme così determinate dovranno essere incrementate dagli interessi dalla proposizione del ricorso sino al deposito della sentenza; (b) per la perdita delle opere esistenti sul fondo, il danno dovrà essere determinato in misura pari al valore delle stesse al momento dell’occupazione, maggiorato degli interessi legali sulla somma via via rivalutata fino al deposito della sentenza.
N. 00575/2016 REG.PROV.COLL.
N. 00934/2014 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 934 del 2014, proposto da:
Francesco Mastromauro, Cristina Cialdella, Angela Mastromauro, Filomena Mastromauro, rappresentati e difesi dall’avv. Agostino Meale, presso il cui studio elett.te domiciliano in Bari alla via Celentano n. 27;
contro
Comune di Corato; Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca, Istituto Scolastico Secondario di Primo Grado M. R. Imbriani, rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura Distr.le dello Stato di Bari, presso i cui uffici sono ex lege domiciliati in Bari alla via Melo n. 97;
per
l’accertamento dell’illegittima occupazione e conseguente irreversibile trasformazione del suolo di proprietà del de cuius Mastromauro Vito, nonchè per la condanna del Comune di Corato alla restituzione dei suoli occupati ed al risarcimento del danno per la illegittima detenzione dei suoli e per la distruzione dei manufatti ivi esistenti;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca e dell’Istituto Scolastico Secondario di Primo Grado M. R. Imbriani;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 7 aprile 2016 la dott.ssa Viviana Lenzi e uditi per le parti i difensori Agostino Meale e Ines Sisto;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
I ricorrenti in epigrafe indicati hanno adito questa A.G. deducendo di essere eredi di Mastromauro Vito, originario proprietario delle particelle site in agro di Corato al fg. 31 nn. 338 (e non 398, secondo quanto risultante dagli atti) e 986, occupate d’urgenza con decreto sindacale n. 1/88 (con conseguente immissione in possesso dell’ 8/3/88) al fine di procedere alla edificazione della scuola media “Imbriani”, congiuntamente alla realizzazione della necessaria viabilità di servizio, previa demolizione di un fabbricato ivi esistente.
A fronte della predetta occupazione ed irreversibile trasformazione del suolo, il Comune di Corato non ha mai adottato alcun provvedimento espropriativo, nè liquidato alcunchè neppure per il periodo di occupazione legittima.
I ricorrenti chiedono, pertanto, previo accertamento dell’illiceità dell’occupazione a far data dal 8/3/91 (o, al più tardi, dall’8/3/93), di condannare il Comune di Corato alla restituzione dei suoli previa loro riduzione in pristino, nonchè al risarcimento del danno derivante dalla distruzione del fabbricato ivi esistente, nonchè dal mancato godimento del bene, oltre interessi e rivalutazione, eventualmente anche ai sensi dell’art. 34 co. 4 c.p.a. Chiedono, inoltre, la condanna al pagamento dell’indennità per il periodo di occupazione legittima.
Il Comune di Corato è rimasto contumace, mentre ha depositato costituzione di mero stile l’Avvocatura dello Stato, in difesa del M.I.U.R e dell’Istituto Scolastico Imbriani.
All’udienza del 7/4/16 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
Va, preliminarmente, dichiarato il difetto di legittimazione passiva del Ministero e dell’Istituto Imbriani, del tutto estranei alla prospettata vicenda espropriativa e nei cui confronti, peraltro, non è stata formulata alcuna domanda da parte dei ricorrenti.
Va, poi, dichiarata inammissibile, per difetto di giurisdizione, la domanda di condanna del Comune al pagamento dell’indennità per il periodo di occupazione legittima; ed invero: “Rientra nella giurisdizione del giudice amministrativo l’azione con la quale i proprietari di un’area hanno chiesto la restituzione del fondo o, in subordine il risarcimento dei danni, o viceversa, deducendo la sopravvenuta illegittimità degli atti di occupazione, ancorchè questi abbiano fatto seguito, in origine, ad una corretta dichiarazione di pubblica utilità ; rientra, invece, nella giurisdizione del giudice ordinario la domanda relativa alla indennità di occupazione legittima, senza che l’eventuale connessione tra tale domanda e quella di risarcimento del danno possa giustificare l’attribuzione di entrambe le domande allo stesso giudice, essendo indiscusso in giurisprudenza il principio generale dell’inderogabilità della giurisdizione anche in presenza di motivi di connessione” (cfr. Consiglio Stato, sez. IV, 4 febbraio 2011 , n. 804).
Esula, pertanto, dalla giurisdizione del giudice amministrativo la domanda relativa all’indennità da occupazione legittima (da ultimo, questa Sezione con sent. 14/5/15 n. 726).
Nel merito, si osserva che la documentazione prodotta comprova la titolarità dei suoli per i quali è causa in capo al de cuius Mastromauro Vito, nonchè l’occupazione delle particelle nn. 338 e 986 in catasto terreni al fg. 31 e il suo protrarsi, senza che sia intervenuto alcun decreto di espropriazione (con consequenziale perdita di efficacia del provvedimento di occupazione n. 1/1988).
Orbene, nei confronti del privato che, in assenza di atto/fatto acquisitivo della proprietà da parte dell’Amministrazione comunale, è rimasto proprietario del bene, il Comune è gravato dall’obbligo primario di procedere al risarcimento integrale del danno da occupazione illecita, mediante restituzione della proprietà illegittimamente detenuta previa riduzione in pristino, fermo restando il potere dell’Amministrazione di attivare la procedura prevista dall’art. 42 bis del D.P.R. n. 327 del 2001. Ed invero, in casi come quello in esame, solo un formale atto di acquisizione del fondo riconducibile a un negozio giuridico, ovvero al provvedimento ex art. 42 bis D.P.R. 327/01, introdotto a seguito della declaratoria di illegittimità costituzionale dell’art. 43 dello stesso decreto, può precludere la restituzione del bene: di guisa che in assenza di un tale atto è obbligo primario della Amministrazione quello di restituire il fondo illegittimamente appreso (T.A.R. Palermo, sez. II, 23 ottobre 2012, n. 2072; T.A.R. Piemonte, sez. I, 21 settembre 2012, n. 996; C.d.S. n. 4970/2011).
Ne deriva, in conclusione, che il Comune di Corato va condannato alla restituzione dei suoli occupati, previa riduzione in pristino, fatta salva la possibilità di attivarsi per il legittimo acquisto della proprietà dell’area.
Quanto alla richiesta di risarcimento del danno da mancato godimento del bene illecitamente occupato, “il Collegio ha assunto di recente un orientamento rigoroso (v. sent. nn. 1328/2014; 45/2015; 350/2015 e 563/2015) volto ad escludere automatismi risarcitori in assenza di concreta prova del danno da mancato godimento, tutte le volte in cui sia emersa, dagli atti di causa, la natura scarsamente utilizzabile del bene oggetto di occupazione da parte della mano pubblica (in ipotesi, ad esempio, di suoli di ridottissime estensioni e/o forma e/o conformazione tale da non esprimere una vocazione neppure agricola o locativa)”, così, da ultimo, questa Sezione in sent. 29/12/15 n. 1676.
Tuttavia, nel caso di specie, date le caratteristiche del bene, non si rilevano elementi specifici per escluderne la concreta utilizzabilità da parte dei proprietari.
Ciò posto, il Collegio pronuncia sentenza di condanna ai sensi dell’art. 34 comma 4 c.p.a., a tale scopo stabilendo i seguenti criteri generali per la liquidazione; in base ad essi l’ente comunale intimato dovrà proporre, in favore della parte ricorrente ed entro il termine di 60 gg. dalla comunicazione in via amministrativa o dalla notificazione della presente sentenza, il pagamento delle somme dovute, quantificate nei termini di seguito esposti, pagamento da effettuare poi nei 60 gg. successivi.
In particolare,
a) quanto al danno da occupazione illegittima dei suoli:
1) esso può quantificarsi, con valutazione equitativa ex artt. 2056 e 1226 c.c., nell’interesse del cinque per cento annuo sul valore venale del bene, in linea con il parametro fatto proprio dal legislatore con il cit. art. 42-bis comma 3, d.P.R. n. 327 del 2001, suscettibile di applicazione analogica in quanto espressione di un principio generale (T.A.R. Toscana, Firenze, sez. III, 29.11.2013, n. 1655; T.A.R. Basilicata, Potenza, sez. I, 7.03.2014, n. 182);
2) quanto alla determinazione del valore venale delle particelle, può assumersi quale “capitale” di riferimento il relativo valore di mercato in ciascun anno del periodo di occupazione considerato, decorrente dall’ 8/3/93, fino alla restituzione: le somme così calcolate dovranno, quindi, essere incrementate degli interessi dalla data di proposizione del ricorso fino alla data di deposito della presente sentenza (in questi termini Cons. St. sez. IV, 3 settembre 2014 n. 4479, che richiama Cons. St. 28 gennaio 2011 n. 676);
b) quanto al danno da perdita delle opere esistenti sul fondo, l’importo dovuto dovrà essere pari al valore di esse al momento dell’occupazione; su tale importo devono essere corrisposti gli interessi legali sulla somma via via rivalutata, calcolati fino alla data di deposito della presente sentenza.
Dalla data di deposito della sentenza andranno corrisposti i soli interessi compensativi sull’importo complessivo, come sopra determinato.
Si precisa che il risarcimento è dovuto a ciascuno dei ricorrenti secondo la quota ereditaria di rispettiva spettanza.
Quanto alla domanda relativa al risarcimento del pregiudizio non patrimoniale asseritamente patito dai ricorrenti in conseguenza della occupazione illecita, la relativa consistenza non è chiaramente definita negli atti difensivi, nè supportata da idonea prova, il cui onere ricadeva – ai sensi dell’art. 64 cod. proc. amm. – sulla parte ricorrente.
L’esito complessivo della lite giustifica la parziale compensazione (in ragione di 1/6) delle spese tra i ricorrenti e il Comune, liquidate in dispositivo. Va disposta, invece, la compensazione integrale delle spese tra i ricorrenti ed il M.I.U.R. nonchè l’Istituto Imbriani.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto:
– dichiara il difetto di legittimazione passiva del M.I.U.R. e dell’Istituto Imbriani;
– dichiara inammissibile per difetto di giurisdizione la domanda di condanna al pagamento dell’indennità da occupazione legittima;
– accoglie, per il resto, il ricorso e, per l’effetto, condanna il Comune di Corato alla restituzione dei suoli di proprietà dei ricorrenti, in atti specificati, illegittimamente occupati, previa riduzione in pristino;
– condanna il Comune di Corato al risarcimento dei danni in favore dei ricorrenti, da liquidarsi secondo i criteri di cui in motivazione;
– respinge la domanda di risarcimento del danno non patrimoniale;
– condanna il Comune di Corato al pagamento delle spese e competenze del giudizio, che, previa parziale compensazione, liquida in complessivi € 2.500,00, oltre accessori come per legge e C.U.;
– compensa le spese tra i ricorrenti e il M.I.U.R. e l’Istituto Imbriani.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 7 aprile 2016 con l’intervento dei magistrati:
Desirèe Zonno, Presidente FF
Viviana Lenzi, Referendario, Estensore
Cesira Casalanguida, Referendario
L’ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 04/05/2016
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)