Pubblica sicurezza – Licenza di porto d’armi –  Diniego – Valutazione inaffidabilità  – Criteri – Giudizio prognostico  – Necessità 

Il provvedimento prefettizio recante divieto di detenzione di armi, munizioni e materie esplodenti richiede un’adeguata valutazione non soltanto del singolo episodio, quanto piuttosto della personalità  complessiva del soggetto, che possa giustificare un giudizio necessariamente prognostico sulla sua sopravvenuta inaffidabilità  ed abuso dell’autorizzazione rilasciata.


                                                              * * * 
Vedi Cons. St., Sez. III, sent. 9 novembre 2016, n. 4658 – 2016, ric. n. 6346/2016.

N. 00477/2016 REG.PROV.COLL.
N. 01297/2014 REG.RIC.
logo
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1297 del 2014, proposto da: 
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’avv. Giuseppe Dalfino, con domicilio eletto presso il suo studio in Bari, Via Andrea Da Bari, 157; 

contro
U.T.G. – Prefettura di Foggia, in persona del Prefetto pro tempore, rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Bari, domiciliataria in Bari, Via Melo, 97; Ministero dell’Interno, Ministero della Difesa, Comando Provinciale Carabinieri Foggia; 

per l’annullamento
– del provvedimento prefettizio prot. n. 14083/14/AREA I bis del 28.04.2014, recante divieto di detenzione di armi, munizioni e materie esplodenti;
– di ogni altro atto connesso, presupposto e consequenziale, ancorchè non conosciuto, ivi compresi la nota del Comando Provinciale dei Carabinieri di Foggia prot. n. 074351/4-1 P (560) del 04.04.2014 e la circolare telegrafica del Ministero dell’Interno n. 557/PAS 49O1.1017 del 19.4.2004;
 

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’U.T.G. – Prefettura di Foggia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 9 febbraio 2016 la dott.ssa Paola Patatini e uditi per le parti i difensori avv. Giuseppe Dalfino e avv. dello Stato Isabella Piracci;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 

FATTO e DIRITTO
Col presente gravame, l’odierno ricorrente – amministratore unico di due aziende agricole – ha impugnato il divieto di detenzione di armi, munizioni e materie esplodenti adottato nei suoi confronti ai sensi dell’art.39 TULPS, in considerazione dell’avvenuto arresto del ricorrente per detenzione illegale di armi comuni da sparo e munizioni, e del conseguente venir meno nei suoi confronti dell’affidamento sul corretto uso delle armi e sulla loro corretta custodia. 
Premette in fatto la parte che la propria abitazione, ubicata all’interno di una delle aziende agricole, è contigua alla residenza del padre, entrambe con ingressi autonomi e separati ma ricomprese in un unico corpo di fabbrica cui si accede da una veranda comune.
Sia il ricorrente che il proprio genitore sono detentori di armi, regolarmente denunciate e custodite presso le rispettive residenze.
Accedeva che il 19.11.2013, a seguito di sopralluogo di routine effettuato dai Carabinieri, il ricorrente introduceva i militari nella residenza paterna, trovandosi il padre temporaneamente assente e avendogli quest’ultimo consegnato appositamente le chiavi proprio per consentire il controllo.
I Carabinieri potevano quindi accertare la presenza in un armadio in legno di due pistole e di un fucile, legalmente detenuti dal Carrillo padre, nonchè di cartucce calibro 7,65.
Al termine del controllo, il ricorrente riferiva agli agenti di essere anche egli possessore di armi e, al fine di favorire la verifica data l’ora tarda e la presenza dei cani da guardia nel cortile, chiedeva al proprio dipendente di accedere alla propria abitazione e prendere le chiavi della prospiciente rimessa pertinenziale, dove era custodito un fucile, indicando al collaboratore dove trovarle.
Gli agenti potevano così constatare la presenza dell’arma regolarmente denunciata all’interno di un armadio metallico ed in seguito, dell’altro fucile custodito in un ripostiglio in casa, vicino alla camera da letto.
A questo punto, i militari procedevano al sequestro di tutte le armi e munizioni e all’arresto del ricorrente stesso per il reato di detenzione illegale di armi comuni da sparo e munizioni sull’asserita circostanza che questi fosse sprovvisto dei titoli di polizia per la detenzione delle armi paterne, e che le chiavi della rimessa dove era custodito uno dei fucili di proprietà  del ricorrente erano invece in possesso di un terzo estraneo, ovvero il dipendente ucraino.
Nel convalidare successivamente l’arresto, il GIP di Foggia rigettava però la richiesta di applicazione di misure cautelari e ordinava l’immediata scarcerazione del sig. Carrillo, ritenendo non attuale il pericolo di reiterazione.
Parallelamente, il PM convalidava il sequestro delle armi, ma in sede di riesame il Tribunale di Foggia, ritenendo non ricorrente nella specie l’elemento soggettivo della detenzione illegale delle armi e quindi dell’indebito provvisorio, disponeva l’immediato dissequestro dei fucili di proprietà  del ricorrente.
In data 24.4.2014 al Carrillo veniva notificato avviso di conclusione delle indagini preliminari relativamente al procedimento penale per il reato di cui agli artt. 2 e 7, l. 895/67 nonchè art. 697 c.p.; procedimento tuttora pendente non essendo stato ancora emanato alcun provvedimento di archiviazione ovvero rinvio a giudizio.
Due mesi dopo, in data 21.6.2014, veniva infine notificato il provvedimento prefettizio qui impugnato, emesso sulla scorta della nota dei Carabinieri che segnalava l’avvenuto arresto del ricorrente per detenzione illegale di armi comuni da sparo e munizioni in quanto deteneva illegalmente armi di proprietà  del padre, alcune con caricatore inserito in canna nonchè cartucce non denunciate e custodite in un armadio ubicato in una rimessa le cui chiavi erano in possesso di una terza persona.
Parte ricorrente ha pertanto chiesto l’annullamento, previa sospensione, del divieto in questione, ritenendolo illegittimo per violazione di legge ed eccesso di potere sotto diversi profili.
Lamenta in sostanza il Carrillo che il potere discrezionale alla base del giudizio sull’abuso delle armi non sarebbe stato correttamente esercitato dall’Amministrazione nè sotto il profilo motivazionale, nè sotto quello istruttorio.
In particolare, la motivazione del provvedimento si baserebbe esclusivamente sulla circostanza dell’arresto, senza però aver considerato l’immediata successiva scarcerazione della parte, nonchè l’avvenuto dissequestro delle armi. 
Non sussisterebbero neppure le ragioni di urgenza e celerità  a giustificare nella specie la mancata comunicazione dell’avvio del procedimento, essendo stato il decreto notificato circa 6 mesi dopo il ritorno del ricorrente nella legittima detenzione delle armi.
A ciò si aggiunga, secondo tesi di parte, che la circolare telegrafica citata nel provvedimento (Min. Interno n. 557/PAS del 2.4.2004) inviterebbe invece a motivare congruamente il diniego, essendo necessari ulteriori elementi motivazionali rispetto al mero richiamo a denunce o querele, idonei ad evidenziare l’effettiva capacità  di abuso.
Non da ultimo, andrebbe considerato relativamente alle modalità  di detenzione delle armi che il ricorrente, così come il proprio genitore, avrebbero sempre diligentemente osservato tutte le relative norme – le quali, tra l’altro, non fisserebbero alcun divieto di detenzione di armi cariche, purchè correttamente custodite – senza tralasciare altresì la circostanza che benchè i due siano congiunti e non certo estranei, le rispettive abitazioni non sarebbero liberamente accessibili e che prima di allora, il ricorrente non aveva mai avuto la disponibilità  della chiavi paterne nè la materiale apprensione delle armi dell’altro.
Con formale atto del 30.10.2014, si costituiva in giudizio la Prefettura di Foggia.
In prossimità  della trattazione camerale, le parti hanno depositato memorie.
Con Ordinanza n. 632 del 7.11.2014, la Sezione ha accolto l’istanza cautelare ritenendo non sufficienti le ragioni adottate dall’Amministrazione a sostegno del giudizio prognostico di inaffidabilità  e abuso nell’uso delle armi.
In data 14.7.2015, la difesa erariale ha depositato memoria difensiva integrativa con cui oltre a richiamare le deduzioni ed eccezioni già  spiegate nelle precedente memoria, ha evidenziato ad ulteriore fondamento delle stesse, che il padre del ricorrente, per il medesimo episodio, era stato condannato in data 13.6.2014 al pagamento di un’ammenda per mancata diligenza nella custodia delle proprie armi, ex art. 20, l .n. 110/75.
In data 9.1.2016, parte ricorrente, nell’insistere per l’accoglimento delle proprie argomentazioni, ha contestato il suddetto episodio riferito al padre ed insistito nell’accoglimento della richiesta istruttoria avanzata col ricorso, tesa all’ammissione della prova per testi ex art.63 cpa.
All’udienza pubblica del 9.2.2016, la causa è passata in decisione. 
Il Collegio, a conferma di quanto sommariamente rilevato in sede cautelare, ritiene che il ricorso sia fondato e meriti accoglimento nei termini seguenti.
Posto infatti che la valutazione della possibilità  di abuso delle armi, pur fondandosi legittimamente su considerazioni probabilistiche, non può tuttavia prescindere da una congrua ed adeguata istruttoria della quale dar conto in motivazione, onde evidenziare le circostanze di fatto che farebbero ritenere il soggetto richiedente pericoloso o comunque capace di abusi, non si ritiene che nel caso in esame le circostanze esternate siano idonee a supportare il provvedimento di divieto in questione.
Invero, come più volte affermato anche da questo Tribunale, il pericolo di abuso delle armi – giusta e responsabile preoccupazione per l’Amministrazione di pubblica sicurezza – richiede un’adeguata valutazione non soltanto del singolo episodio, quanto piuttosto della personalità  complessiva del soggetto, che possa giustificare un giudizio necessariamente prognostico sulla sua sopravvenuta inaffidabilità .
Nel caso di specie, la motivazione del provvedimento impugnato non dà  conto dell’istruttoria condotta ai fini di una valutazione in termini di inaffidabilità  del Carrillo, se non il mero richiamo alla nota dei Carabinieri relativa all’avvenuto arresto del ricorrente in quanto “deteneva illegalmente le armi di proprietà  del padre¦alcune delle quali con caricatore inserito e colpo in canna, nonchè 106 cartucce calibro 7.65 non denunciate all’Autorità  di p.s. e custodite all’interno di un armadio metallico ubicato in una rimessa, le cui chiavi erano in possesso di una terza persona”.
Tale circostanza – e quindi la motivazione che l’ha integralmente recepita – non pare tuttavia sufficiente a supportare la conclusione cui l’Amministrazione è pervenuta circa l’automatica perdita del requisito della buona condotta in capo al ricorrente, essendo del tutto mancata una valutazione in concreto ed in relazione alla ragionevole prevedibilità  circa l’abuso dell’autorizzazione (Tar Puglia, Lecce, I, 264/2014)
Il Collegio condivide infatti la doglianza di parte relativa al cattivo esercizio nella specie del potere discrezionale dell’Amministrazione, atteso che questa ha evidentemente omesso di valutare anche altre circostanze, invece a favore dell’affidabilità  del ricorrente, quali, oltre alla condotta esente da mende fino ad allora tenuta, il giudizio di non pericolosità  espresso dal GIP, la non ricorrenza dell’indebita appropriazione delle armi, come accertato in sede di riesame, nonchè la buona fede con cui il ricorrente stesso ha assistito gli agenti nell’espletamento dei controlli e le peculiari modalità  con cui questi si sono svolti.
Senza infatti volersi spingere nel merito della valutazione dei fatti rimessa alla competente sede penale, pare al Collegio che l’affermazione circa il “possesso delle chiavi della rimessa da parte di un terzo estraneo” vada adeguatamente ponderata alla luce della considerazione per cui è stato lo stesso Carrillo a richiedere al proprio dipendente di portargli le chiavi indicandogli a tal fine dove trovarle, per cui pare piuttosto plausibile ritenere che il collaboratore non fosse affatto a conoscenza delle stesse nè tanto meno nella loro disponibilità .
A ciò si aggiunga che a nulla potrebbe poi rilevare la circostanza – peraltro contestata dal ricorrente – dell’avvenuta irrogazione di un’ammenda a carico del genitore per mancata diligenza nella custodia delle proprie armi, come segnalata con l’ultima memoria erariale, non potendo tale fatto riferito al padre incidere sul giudizio di inaffidabilità  e pericolosità  sociale relativo al figlio.
In conclusione, il Collegio ritiene che la mera circostanza dell’arresto per detenzione illegale di armi, avvenuta nelle condizioni peculiari sopra viste, tra l’altro ancora da accertare nella competente sede penale, in assenza di altri univoci e dettagliati indizi circa la pericolosità  sociale del ricorrente, non possa essere elemento determinante e sufficiente per ritenere venuto meno il requisito della sua buona condotta, a fronte poi di un comportamento irreprensibile tenuto per oltre vent’anni, durante i quali non si sono mai verificati segni o indizi in senso contrario.
Il ricorso va pertanto accolto e conseguentemente annullato il provvedimento impugnato. Considerata, tuttavia, complessivamente la questione nei suoi profili sostanziali il Collegio ritiene di procedere alla compensazione delle spese di causa tra le parti. 
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia – Bari, Sezione Seconda, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato. Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità  amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’art. 52, comma 1, D. Lgs. 30 giugno 2003 n. 196, a tutela dei diritti o della dignità  delle parti interessate, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità  nonchè di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare il ricorrente o altre persone citate nel provvedimento.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 9 febbraio 2016 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Giacinta Serlenga, Presidente FF
Paola Patatini, Referendario, Estensore
Flavia Risso, Referendario
 
 
 
 

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 20/04/2016
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)


In caso di diffusione omettere le generalità  e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

Share on facebook
Facebook
Share on twitter
Twitter
Share on linkedin
LinkedIn
Share on whatsapp
WhatsApp

Tag

Ultimi aggiornamenti

Galleria