1. Edilizia e urbanistica – Attività  edilizia privata – DIA(SCIA) – Natura giuridica – D.L. 138/2011 – Autotutela – Impugnazione silenzio rifiuto 


2. Leggi, decreti, regolamenti – DIA (SCIA) – Impugnazione silenzio rifiuto – Natura innovativa della norma – Applicabilità  ratione temporis


3. Processo amministrativo – Edilizia e urbanistica – DIA (SCIA) – Effettività  tutela – Domanda – Conversione – Tempestività  impugnazione – Condizione

1. Il processo di liberalizzazione dell’attività  economica ha condotto ad affermare in sede normativa (D.L. 13 agosto 2011, n. 138) la riconducibilità  della DIA (ora SCIA) nello schema dell’atto soggettivamente e oggettivamente privato volto a comunicare l’intenzione di intraprendere un’attività  direttamente ammessa dalla legge superando definitivamente l’orientamento sulla natura provvedimentale a sviluppo progressivo in cui il mancato esercizio di poteri interdittivi della p.A. dava la stura ad un provvedimento tacito di assenso impugnabile dal controinteressato con l’azione di annullamento. Con l’introduzione della modifica citata, “Gli interessati possono sollecitare l’esercizio delle verifiche spettanti all’amministrazione e, in caso di inerzia, esperire esclusivamente l’azione di cui all’art. 31, commi 1, 2 e 3 del decreto legislativo 2 luglio 2010 n. 104” con possibilità , quindi, per gli interessati di agire a tutela dei propri interessi esclusivamente con l’azione avverso il silenzio rifiuto entro l’anno dal termine di conclusone del procedimento di autotutela attivato con la diffida.


2. La natura innovativa della norma che ha riconosciuto al controninteressato come unico strumento di tutela avverso una DIA (SCIA) l’impugnazione del silenzio rifiuto dell’amministrazione sull’istanza di  annullamento del titolo perfezionatosi, ha portata innovativa  e pertanto va applicata ratione temporis con riferimento alla data del procedimento al quale si riferisce, anche in rodine allos scrutinio dell’ammissibilità  delle azioni esperite a tutela dell’interesse leso (nella specie non è applicabile in quanto il procedimento risale al 2009, mentre la norma è stata introdotta nell’agosto 2011).


3. Alla luce dell’evoluzione giurisprudenziale e normativa che riconosce piena dignità  all’interesse legittimo e che qualifica il giudizio amministrativo come giudizio non solo sull’atto ma anche sul rapporto e soprattutto sulla scorta di un principio di effettività  della tutela, deve considerarsi ammissibile l’azione proposta dal terzo che assume di essere leso dall’attività  posta in essere in forza di una DIA laddove abbia sostanzialmente contestato la decisione della p.A. di non vietare l’attività  oggetto di dichiarazione ritenendosi non sussistere i presupposti normativi per lo svolgimento dell’intervento, a prescindere dalla qualificazione prescelta della DIA e dal mezzo di tutela conseguentemente adoperato, purchè l’azione medesima venga proposta nel termine di sessanta giorni decorrente dalla data in cui il terzo ha avuto percezione del carattere lesivo delle opere in corso di realizzazione.

N. 00015/2016 REG.PROV.COLL.
N. 00497/2009 REG.RIC.
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 497 del 2009, proposto da: 
Arkè s.r.l., rappresentata e difesa dagli avv.ti Giuseppe Chiaia Noya, Adriano Garofalo, con domicilio eletto in Bari, Via Manzoni, 15; 

contro
Comune di Trani; 

nei confronti di
D’Ambrosio Vincenzo, Valente Grazia Adriana in D’Ambrosio, D’Ambrosio Vito Antonio, Dell’Olio Licia, rappresentati e difesi dall’avv. Giovanni Abbattista, con domicilio eletto presso l’avv. Gaetano Scattarelli in Bari, piazza L. di Savoia 37; Giuseppina Di Liddo; 

per l’accertamento e la declaratoria
– della carenza dei presupposti per svolgere l’attività  da parte dei controinteressati, con le d.i.a. presentate in data 13 marzo 2007, prot. n. 13421, n. 13422, n. 13423, n. 13424, n. 13426 e n. 13425;
– dell’illegittimità  del “silenzio-rifiuto” opposto dal Comune di Trani all’istanza della s.r.l. Arkè, rivolta con atto di significazione e diffida notificato il 19 dicembre 2008;
nonchè per l’annullamento
– del provvedimento implicito di silenzio-rifiuto opposto dal Comune di Trani sulla predetta istanza della s.r.l. Arkè, rivolta con atto di significazione e diffida notificato il 19 dicembre 2008;
– dei provvedimenti impliciti formatisi sulle dd.ii.aa. presentate tutte in data 13 marzo 2007;
– di tutti gli atti specificamente indicati in ricorso.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di D’Ambrosio Vincenzo, Valente Grazia Adriana in D’Ambrosio, D’Ambrosio Vito Antonio e Dell’Olio Licia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore la dott.ssa Maria Grazia D’Alterio;
Uditi nell’udienza pubblica del giorno 21 ottobre 2015 per le parti i difensori avv.ti Adriano Garofalo e Giovanni Abbattista;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 

FATTO
1. Con il ricorso in esame, passato per la notifica in data 13 marzo 2009, la società  Arkè a responsabilità  limitata, premesso di essere proprietaria dell’immobile sito in Trani e denominato “villa Carcano” (individuata catastalmente al Fg. 42 ptc. 2, 429, 430, 435, 370 e 371), lamenta che sul suolo agricolo confinante, di proprietà  del sig. Vincenzo D’Ambrosio (individuato catastalmente al Fg. 42, ptc. 437, 438, 439, 440, 441, 442 e 443), si sia proceduto alla illegittima realizzazione di un impianto fotovoltaico sostanzialmente unitario, sebbene formalmente ricondotto a distinti interventi, attraverso l’artificioso ricorso a plurime dichiarazioni di inizio attività , tutte presentate in data 13 marzo 2007 da ciascuno degli odierni controinteressati, al solo fine di frazionare l’intervento ed eludere la normativa nazionale e regionale che impone, per gli impianti superiori a 1 Megawatt, il rilascio dell’A.U..
1.1 Riferisce di aver avuto contezza degli estremi delle istanze presentate solo a seguito della nota esplicativa del Dirigente della IV ripartizione dell’Ufficio Tecnico di Trani del 21 ottobre 2008, e di aver pertanto diffidato il Comune, in data 19 dicembre 2008, affinchè esercitasse i previsti poteri inibitori e sanzionatori, in ragione dell’asserita illegittimità  dell’intervento volto alla realizzazione dell’impianto fotovoltaico de quo.
La ricorrente rimarca, inoltre, di aver avuto conferma dell’illegittimità  denunciata a seguito dell’accesso agli atti relativi alle dd.ii.aa. presentate dai controinteressati, pure richiesto con la predetta diffida e consentito dal Comune di Trani solo in data 16 febbraio 2009.
1.2 Alla luce delle superiori premesse in fatto, con l’odierno ricorso (cfr. pag. 39 del ricorso introduttivo) la società  deducente, quindi, ha chiesto all’intestato Tribunale accertarsi e dichiararsi:
a) la carenza dei presupposti per svolgere l’attività  oggetto delle dichiarazioni d’inizio attività  presentate da parte dei controinteressati, in data 13 marzo 2007 (prot. n. 13421, n. 13422, n. 13423, n. 13424, n. 13426 e n. 13425) con conseguente obbligo per l’Amministrazione di ordinare la rimozione degli effetti della condotta posta in essere dai privati;
b) l’illegittimità  del “silenzio-rifiuto” opposto dal Comune di Trani all’istanza della s.r.l. Arkè, rivolta con atto di significazione e diffida notificato il 19 dicembre 2008, con invito a verificare la legittimità  dell’intervento proposto sul suolo di proprietà  del sig. D’Ambrosio e ad intervenire in sede di autotutela; con espressa ulteriore richiesta di annullamento del provvedimento implicito di silenzio-rifiuto opposto dal Comune;
c) l’annullamento, ove ritenuto, dei provvedimenti impliciti formatisi sulle dd.ii.aa. presentate tutte in data 13 marzo 2007.
La società  ricorrente ha articolato plurimi motivi di censura così rubricati:
I) Violazioni dei vincoli e delle prescrizioni di tutela poste dal Putt/P, Ambito Esteso “C”- Ambito Distinto “Beni architettonici extraurbani” (serie 05), che inserisce “villa Carcano” tra i beni ricadenti nella fascia di tutela prevista e sintetizzata dall’art. 2.02 (indirizzi di tutela).
La ricorrente, in particolare, ha evidenziato il mancato rispetto della fascia di 100 metri che, in assenza di diversa perimetrazione ad opera dei sottopiani e degli strumenti urbanistici generali, occorreva preservare nell’area annessa a Villa Carcano.
II) Violazione ed errata applicazione dell’art. 12 D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380/2001 ed art. 13 della L.R. Puglia n. 20/01. Errata applicazione del Piano Regolatore Generale del Comune di Trani, approvato in data 10 agosto 1970 e del Piano Urbanistico Generale adottato in data 10 luglio 2006. Eccesso di potere per erroneità  dei presupposti e per carente istruttoria. Eccesso di potere e violazione dell’art. 3 della L. n. 241/90 per mancanza di motivazione sulla decisione di rigetto dell’istanza di esercizio del potere sanzionatorio. Illegittimamente sarebbe stata consentita la realizzazione dell’intervento all’interno della fascia di rispetto, in contrasto con il P.R.G. approvato in data 10.8.1970, con il nuovo Piano adottato in data 10.7.2006 e con il PUTT/P. Inoltre l’intervento necessitava del rilascio dell’A.U., avendo carattere sostanzialmente unitario, sebbene formalmente frazionato attraverso il ricorso a plurime dichiarazioni di inizio attività , formulate a nome di soggetti differenti.
III) Violazione degli artt. 2, 3, 6 e 7 della L.R. 21 ottobre 2008, n. 31, dell’art. 23 del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 e dell’art. 3 della legge n. 241/90. Eccesso di potere per carenza dei presupposti, per carente istruttoria e perplessità .
IV) Violazione dell’art. 4.03, comma 3, delle N.T.A. del P.U.G. adottato dal Comune di Trani. Eccesso di potere per erroneità  dei presupposti e sviamento. Eccesso di potere per carente istruttoria e contraddittorietà . Incompetenza. In particolare, la ricorrente contesta la valutazione del Comune di Trani per aver dato rilievo ad una valutazione paesaggistica che la ricorrente asserisce essere erronea nei presupposti.
V) Violazione art. 16 del D.lgs. 30 aprile 1992, n. 285 (Cod. Strada) ed all’art. 26 del D.P.R. 16 dicembre 1992, n. 495 (Reg. Cod. Strada). Violazione dell’art. 4.02 delle N.T.A. al P.U.G. Eccesso di potere per carente istruttoria. In sintesi, poichè la S.S. 16-bis, che costeggia i fondi di proprietà  del sig. D’Ambrosio Vincenzo, è una strada di tipo “C”, come definita all’art. 2 del D.Lgs. n. 285/92, avrebbe dovuto essere lasciata una fascia di rispetto di 30 metri.
VI) Violazione art. 27 della L.R. 19 febbraio 2008 n. 1. Eccesso di potere per carente istruttoria e per omessa valutazione di presupposti. Dall’esame della documentazione relativa a tutte le pratiche di D.I.A. presentate, emergerebbe che non sono state effettuate le opportune e dovute valutazioni degli interventi proposti sulle particelle di proprietà  del sig. D’Ambrosio Vincenzo, in relazione alla compatibilità  dell’intervento con il patrimonio culturale e paesaggio rurale.
VII) Eccesso di potere per omessa o carente istruttoria; sviamento; contraddittorietà  e perplessità ; violazione Circolare Ministero Lavoro e Previdenza Sociale n. 5 del 30.01.08. In merito alle singole pratiche di D.I.A. la ricorrente ha dedotto l’illegittimità  dell’operato dell’Amministrazione per mancata verifica della carenza e irregolarità  di diversi documenti invece richiesti come necessari dalla vigente normativa.
2. Con memoria di stile si sono costituiti in giudizio i sig.ri D’Ambrosio Vincenzo, Valente Grazia Adriana in D’Ambrosio, D’Ambrosio Vito Antonio, Dell’Olio Licia.
3. Con ordinanza n. 689 del 13 maggio 2015 il Collegio ha disposto incombenti istruttori posti a carico del Comune di Trani, occorrendo acquisire documentati chiarimenti dal competente Ufficio tecnico sulle dichiarazioni d’inizio attività  presentate dai controinteressati in data 13 marzo 2007 (contraddistinte con i nn. 13421, 13422, 13423, 13424, 13425, 13426), mediante relazione illustrativa degli aspetti rilevanti dell’istruttoria procedimentale svolta e del relativo esito, con indicazione e produzione in copia dei provvedimenti adottati (anche eventualmente in relazione alla diffida della Arkè s.r.l. del 19 dicembre 2008) e chiarendo al Collegio quale sia lo stato di esecuzione delle opere.
4. In vista dell’udienza di merito, le parti hanno svolto articolate difese, anche attraverso il deposito di rilievi fotografici dell’intervento, così sopperendo, almeno in parte, all’inottemperanza del Comune di Trani all’ordinanza istruttoria di cui innanzi.
In particolare, i controinteressati hanno eccepito l’inammissibilità  sotto svariati profili dell’azione intrapresa dalla società  ricorrente, sia per decadenza dal termine di impugnazione che per mancata impugnazione dell’autorizzazione paesaggistica rilasciata con Determina dirigenziale n. 128 dell’8 aprile 2008.
5. All’udienza del 21 ottobre 2015 il ricorso è stato definitivamente trattenuto in decisione.
DIRITTO
1. Come anticipato nella narrativa che precede, con il ricorso in esame Arkè contesta la sussistenza dei presupposti normativi per poter realizzare gli interventi oggetto delle dichiarazioni d’inizio attività  presentate dai controinteressati assumendo che le stesse sarebbero riconducibili ad un unico impianto, afferente un unitario contesto spaziale, ovvero il terreno di proprietà  del sig. D’Ambrosio Vincenzo, oggetto di preventivo frazionamento, cui hanno fatto seguito plurimi contratti di comodato in favore degli odierni controinteressati. Deduce, inoltre, la contrarietà  degli interventi alla pianificazione urbanistica e paesaggistica vigente.
2. La necessità  di esaminare, per ragioni di logica priorità , le questioni in rito che i controinteressati sottopongono all’esame del Collegio impone di procedere, in limite litis, ad una preliminare ricognizione degli strumenti di tutela che il nostro ordinamento riconosce ai soggetti pregiudicati da interventi modificativi dell’assetto urbanistico-territoriale e paesaggistico, oggetto di dichiarazione di inizio attività , e titolari di un interesse legittimo pretensivo a che i poteri inibitori e ripristinatori spettanti all’Amministrazione siano esercitati correttamente.
2.1 Come noto, la problematica relativa all’individuazione delle tecniche di tutela dei soggetti controinteressati ad intervento legittimato in forza di una d.i.a., è stata a lungo condizionata dalla connessa questione della natura giuridica riconosciuta alla denuncia d’inizio attività , che solo l’orientamento giurisprudenziale rinsaldatosi più di recente (ex multis Ad. Plenaria n. 15/2011; Cons. di Stato, sez. VI, n. 717/2009) ha chiarito non essere un provvedimento amministrativo a formazione tacita, bensì atto privato volto a comunicare l’intenzione di intraprendere un’attività  direttamente ammessa dalla legge.
2.2 L’orientamento inizialmente prevalente, infatti, aveva ricondotto la d.i.a. nell’ambito di una fattispecie provvedimentale, a sviluppo progressivo, in cui il mancato esercizio dei poteri interdittivi era equiparato quod effectum ad un provvedimento tacito d’assenso, pertanto impugnabile dal controinteressato all’avvio dell’attività  con l’azione d’annullamento, entro l’ordinario termine decadenziale decorrente dalla conoscenza del consenso implicito all’intervento (ex plurimis Cons. St., sez. IV, 25 novembre 2008, n. 5811; 29 luglio 2008, n. 3742; Sez. VI, 5 aprile 2007, n. 1550).
2.3 Solo più tardi si è consolidato l’orientamento inizialmente minoritario (cfr. Cons. Stato, 29 gennaio 2004, n. 308), ma largamente prevalente in dottrina, secondo cui la fattispecie andava qualificata in termini privatistici, in quanto espressione di uno schema ispirato alla liberalizzazione delle attività  economiche private. Seguendo tale ricostruzione, pertanto, il potere di verifica spettante all’amministrazione, lungi dall’essere finalizzato all’adozione di un atto di consenso allo svolgimento dell’attività , era sostanzialmente volto a controllare la corrispondenza tra quanto dichiarato dall’interessato rispetto ai canoni fissati dal paradigma normativo di riferimento.
2.3.1 Venendo all’individuazione degli strumenti di tutela del terzo controinteressato, secondo una prima impostazione, questi avrebbe potuto stimolare l’esercizio dei poteri di autotutela ovvero sanzionatori, e agire, in caso di inerzia, con l’azione avverso il silenzio-inadempimento al fine di conseguire l’accertamento dell’obbligo dell’amministrazione di provvedere (cfr. Cons. Stato, sez. V, 22 febbraio 2007, n. 948; sez. IV, 22 luglio 2005, n. 3916).
2.3.2 Con sentenza 9 febbraio 2009, n. 717, la VI sez. del Consiglio di Stato, muovendo dalla rimarcata esigenza di assicurare al terzo efficienti strumenti di tutela, in maniera non dissimile rispetto all’ipotesi in cui sia contestato l’intervento edilizio svolto in forza di un provvedimento di autorizzazione piuttosto che di una d.i.a.., ha affermato che la tutela del terzo è affidata prioritariamente all’azione autonoma di accertamento della sussistenza dei presupposti legittimanti l’intervento in capo al dichiarante (in tal senso cfr. anche Tar Liguria, Genova, sez. I, 22 gennaio 2003, n. 113). Detta azione, secondo la menzionata pronuncia: doveva ritenersi generalmente ammessa alla luce dell’evoluzione legislativa e giurisprudenziale che ha attribuito piena dignità  agli interessi legittimi e che ha condotto alla configurazione del giudizio amministrativo come giudizio non solo sull’atto ma anche esteso al rapporto sostanziale dedotto; andava inoltre assoggettata allo stesso termine di decadenza (di sessanta giorni) previsto per l’azione di annullamento che il terzo avrebbe potuto esperire se l’amministrazione avesse adottato un permesso di costruire.
2.3.3 Infine, il quadro degli strumenti di tutela è stato ricostruito in maniera pregevole con sentenza dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 15 del 29 luglio 2011, che ha precisato che il terzo che assume di essere leso dall’attività  posta in essere in forza di una d.i.a. può impugnare nel termine decadenziale di sessanta giorni il provvedimento tacito di diniego (formatosi per silentium) dell’esercizio del potere inibitorio riservato alla p.a., chiedendo anche la contestuale condanna all’esercizio di detto potere, sulla base dell’accertamento non solo dell’assenza dei presupposti per lo svolgimento dell’attività  ma anche dei presupposti per l’adozione dei provvedimenti interdittivi doverosi e quindi, della fondatezza della pretesa azionata dal terzo. Inoltre, nell’arco temporale anteriore al decorso del termine perentorio fissato dalla legge per l’esercizio del potere inibitorio, può richiedere al giudice l’accertamento dell’esistenza dei presupposti per il suo doveroso esercizio, potendosi, nelle more della definizione del giudizio di merito, adottare le misure cautelari necessarie ai sensi dell’art. 55 del codice del processo amministrativo.
2.2 La riconducibilità  della d.i.a. (ora s.c.i.a.) nello schema dell’atto soggettivamente ed oggettivamente privato, è stata avallata anche dal legislatore con il D.L. n. 138 del 13 agosto 2011 (convertito in legge 14 settembre 2011 n. 148), con cui si è anche provveduto ad individuare nell’azione avverso il silenzio rifiuto l’unica tutela esperibile da parte dei soggetti terzi. Modificando l’art. 19 comma 6 ter della legge n. 241 del 1990 si è infatti chiarito che : “La segnalazione certificata di inizio attività , la denuncia e la dichiarazione di inizio attività  non costituiscono provvedimenti taciti direttamente impugnabili. Gli interessati possono sollecitare l’esercizio delle verifiche spettanti all’amministrazione e, in caso di inerzia, esperire esclusivamente l’azione di cui all’art. 31, commi 1, 2 e 3 del decreto legislativo 2 luglio 2010 n. 104”.
La norma in questione ha natura sostanziale ed innovativa e non meramente interpretativa, sicchè lo scrutinio in ordine all’ammissibilità  delle azioni proposte dall’odierna ricorrente deve essere condotto alla stregua della disciplina ratione temporis applicabile alla fattispecie (Consiglio di Stato, sez. IV, 3 ottobre 2014, n. 4962; T.A.R.  Calabria, Catanzaro, sez. II, 5 agosto 2015, n. 1328). Pertanto, in conformità  al su richiamato orientamento giurisprudenziale consolidato più di recente, che, ha definitivamente chiarito la natura privata della dia, vanno ritenute astrattamente ammissibili le azioni innanzi elencate e rubricate sub a) e b) di cui al paragrafo 1.2 dello svolgimento in fatto della presente sentenza.
3. Tanto premesso, occorre previamente scrutinare l’eccezione in rito spiegata dai controinteressati, con cui è dedotta in primis l’inammissibilità  delle azioni proposte da Arkè (azione di accertamento dell’insussistenza dei presupposti per la realizzabilità  dell’intervento; di impugnazione del silenzio rifiuto, con accertamento dell’obbligo dell’amministrazione di ordinare la rimozione degli effetti dell’attività  posta in essere dai privati; annullamento dei provvedimenti di assenso tacito formatosi sulle dichiarazioni di inizio attività ) per essere le stesse estranee agli strumenti di tutela riconosciuti dall’ordinamento nel sistema anteriore alla modifica normativa di cui al D.L. 138/2011, alla luce della ricostruzione operante dall’Adunanza Plenaria n. 15/2011. La parte controinteressata ha in particolare rimarcato come, con detta pronuncia, si sia chiarito che nella specie viene in rilievo un provvedimento per silentium, con cui la p.a., esercitando in senso negativo il potere inibitorio, riscontra che l’attività  è stata dichiarata in presenza dei presupposti di legge e, quindi, decide di non impedire l’inizio o la protrazione dell’attività  dichiarata, con la conseguenza che la tutela del terzo doveva essere primariamente affidata ad un’azione impugnatoria di tale provvedimento implicito di diniego, ex art. 29 del codice del processo amministrativo, da proporre nell’ordinario termine decadenziale.
3.1 L’eccezione è infondata.
Va premesso che le ricostruzioni giurisprudenziali in ultimo richiamate (A.P. n. 15/2011 e sez. VI, n. 717/2009), per quanto diverse nelle premesse, muovono entrambe dall’esigenza di riconoscere al terzo che contesti l’illegittimità  dell’attività  svolta dal privato, in forza di una dichiarazione d’inizio attività , una tutela quanto più effettiva possibile, sulla base degli strumenti generalmente riconosciuti dall’ordinamento, anche estesa all’accertamento a monte della sussistenza dei presupposti normativi per la realizzazione dell’intervento e dunque, per il doveroso esercizio dei poteri inibitori.
E’ chiaro, pertanto, che anche in considerazione del pregresso articolato e non univoco quadro giurisprudenziale sussistente prima del D.L. 138/2011, può a ragione ritenersi ammissibile l’azione proposta ove, sebbene esulante dagli schemi canonici innanzi delineati, a prescindere dalla qualificazione prescelta della d.i.a. e del mezzo di tutela conseguentemente esperito, il terzo abbia sostanzialmente e tempestivamente contestato la decisione della pubblica amministrazione di non vietare l’attività  oggetto di dichiarazione, ritenendosi non sussistere i presupposti normativi per lo svolgimento dell’intervento. In tal caso, infatti, la domanda ben può essere riqualificata, contenendone gli elementi formali e sostanziali, ai sensi dell’art. 32, comma 2, c.p.a., come volta a conseguire l’annullamento del silenzio tacito di diniego all’adozione del provvedimento inibitorio restrittivo (cfr. A.P. n. 15/2011, par. 7).
4. Occorre dunque scrutinare l’ulteriore eccezione con cui si è dedotta la tardività  delle domande comunque spiegate in ricorso, per violazione del termine di sessanta giorni dalla percezione del carattere lesivo dell’intervento (cfr. art. 41, comma 2, del codice).
In particolare, ritiene la difesa della parte controinteressata che, alla luce dei principi di diritto affermati dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 15/2011, nel caso in esame le azioni proposte sarebbero tardive in quanto non esercitate nel predetto termine decorrente dalla conoscenza del pregiudizio arrecato dall’intervento rispetto agli interessi di cui è portatrice la ricorrente e della sua contrarietà  al paradigma normativo di riferimento, coincidente con l’inizio dei lavori.
4.1. L’eccezione è fondata.
Le considerazioni svolte in premessa, applicate al caso in esame, consentono infatti di ritenere che sebbene le azioni proposte da Arkè, una volta riqualificate nei termini innanzi precisati, siano astrattamente ammissibili, le stesse risultino tuttavia, in concreto, proposte tardivamente.
4.1.1 La giurisprudenza ha infatti chiarito che ogni contestazione proveniente da chi vanta un interesse contrario all’intervento oggetto di denuncia deve essere sollevata entro tempi certi, anche per ragioni di parità  di trattamento rispetto al caso in cui l’attività  di modifica del territorio trovi legittimazione in un titolo provvedimentale. Ne consegue che l’azione giudiziale, volta all’accertamento dell’assenza dei presupposti dichiarati, deve essere esperita entro il generale termine di decadenza, posto a garanzia della certezza dei rapporti amministrativi, di 60 giorni dalla data in cui il terzo ha avuto percezione del carattere lesivo delle opere in corso di realizzazione. Quanto alla decorrenza del predetto termine, va precisato, richiamando pacifici principi giurisprudenziali, che esso decorre dalla effettiva conoscenza della caratteristiche essenziali dell’opera e dell’eventuale non conformità  della stessa al titolo o alla disciplina urbanistica, sicchè, in mancanza di altri indici probatori, il termine non decorre con il mero inizio dei lavori, ma con il loro completamento, a meno che non si deducano l’assoluta inedificabilità  dell’area o analoghe censure, nel qual caso è sufficiente la conoscenza dell’iniziativa in corso (Cons. di Stato, sez. IV, 8 luglio 2002, n. 3805).
4.1.2 Nel caso in esame, detto termine deve essere fatto decorrere dall’inizio dell’intervento edilizio (di cui la ricorrente aveva avuto contezza già  alla data delle prime due diffide volte a sollecitare l’esercizio dei poteri inibitori dell’amministrazione comunale del 31 dicembre 2007 e 11 agosto 2008, e comunque sicuramente a seguito della nota esplicativa dell’U.T.C. di Trani del 15 maggio 2008). Infatti, avendo la Arkè dedotto l’assoluta inedificabilità  dell’area annessa a Villa Carcano ed interessata dall’intervento de quo, questa ha potuto percepire da subito la sua contrarietà  alla disciplina edilizia e paesaggistica che si assume violata in ricorso (Cons. di Stato, sez. VI, 9 febbraio 2009, n. 717; Sez. IV, 8 luglio 2002, n. 3805), con conseguente necessità  di proporre l’impugnativa giurisdizionale in maniera tempestiva, salva la possibilità  di dedurre ulteriori motivi di illegittimità  all’esito della loro effettiva conoscenza. L’aver percepito, per quanto esposto innanzi, il carattere lesivo dell’intervento da tempo risalente rispetto alla terza diffida del dicembre 2008, alla quale soltanto ha fatto seguito l’azione proposta con l’odierno ricorso, esclude anche la possibilità  di accordare alla ricorrente il beneficio dell’errore scusabile di cui all’art. 37 c.p.a..
4.1.3 Va infine rilevato che alla data della ricezione della nota dell’U.T.C. di Trani del 21 ottobre 2008, e al più a quella successiva della diffida del 19 dicembre 2008, l’odierna ricorrente aveva avuto completa percezione del quadro complessivo delle opere, in parte già  poste in essere e in parte in corso di esecuzione, essendo a quella data ben chiari i motivi di doglianza chiaramente enucleati con il predetto atto e poi pedissequamente riproposti con l’odierno gravame. Anche a voler computare da tale ultima data indicata il decorso dei termini, le azioni in esame, così come innanzi riqualificate, in quanto spiegate solo con ricorso notificato in data 13 marzo 2009, risultano senz’altro proposte allorquando la Arkè era oramai decaduta dal loro esercizio.
5. Ad abundantiam va anche evidenziato come peraltro siano rinvenibili ulteriori profili di inammissibilità  delle censure proposte.
5.1 Infatti, da un lato, è mancata la necessaria impugnazione delle autorizzazioni paesaggistiche rilasciate dal Comune di Trani (cfr. determine U.T.C. Trani nn. 126, 127, 128, 141 e 142/2008 in atti), con cui, in particolare, si è evidenziato che gli interventi de quibus non sono in contrasto con le prescrizioni di tutela del P.U.G. vigente ed adottato, nè con la normativa del PUTT/P.
Pur a voler tralasciare la circostanza evidenziata dai controinteressati, per cui la determina n. 128 dell’8 aprile 2008 risultava già  conosciuta alla data della diffida dell’11 agosto 2008, senza che fosse tempestivamente impugnata, va comunque rimarcato che il contenuto lesivo delle citate autorizzazioni, costituenti atti autonomi e presupposti rispetto alle valutazioni a valle compiute dall’amministrazione comunale, avrebbe imposto una loro espressa impugnativa con l’odierno ricorso. Pertanto, in mancanza, risultano inammissibili le censure formulateper derivationem in ordine alla insussistenza dei requisiti per la realizzabilità  dell’intervento, sotto gli evidenziati profili di compatibilità  paesaggistica.
5.2 Dall’altro, va anche evidenziato che la società  ricorrente nemmeno ha provveduto a chiedere l’annullamento dei provvedimenti di revoca adottati dal Comune di Trani del 3 ottobre 2008 e 14 novembre 2008, che la stessa aveva invece l’onere di impugnare. In virtù dei predetti provvedimenti espressi, infatti, l’Amministrazione, con valutazione non fatta oggetto di specifica impugnativa, all’esito dell’esame delle denunce di inizio attività  e della documentazione integrativa presentata a corredo, ha in sostanza ritenuto di non ravvisare ragioni ostative alla realizzazione degli interventi de quibus, revocando pertanto i precedenti atti di “diffida – sospensione” delle dichiarazioni di inizio attività  adottati in data 5 settembre 2008, ponendo peraltro come condizione per alcuni interventi che “vi sia un unico punto di connessione alla rete AMET, indipendente da impianti fotovoltaici limitrofi”.
6. In conclusione il presente gravame deve essere dichiarato inammissibile.
7. La novità  e complessità  delle questioni giustifica l’integrale compensazione delle spese di lite tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, sede di Bari, Sez. I, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità  amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 21 ottobre 2015 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Francesco Cocomile, Presidente FF
Maria Grazia D’Alterio, Referendario, Estensore
Alfredo Giuseppe Allegretta, Referendario
 
 
 
 

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 13/01/2016
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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