1. Elezioni – Ufficio elettorale – Legittimazione passiva
2. Elezioni – Attribuzione dei seggi alle liste – Quoziente elettorale – Computo – Voti ottenuti dalle liste ammesse al riparto
1. Nei giudizi elettorali la pubblica Amministrazione, che deve essere individuata quale parte necessaria del giudizio, è l’ente al quale l’elezione si riferisce e al quale vanno imputati i risultati elettorali. Si deve, quindi, escludere ogni legittimazione passiva di tipo formale in capo ad enti diversi, ivi compreso l’Ufficio Elettorale che è un mero organo neutrale di garanzia, non portatore di un interesse alla conservazione dei risultati elettorali.
2. Non può trovare condivisione l’interpretazione dell’art. 10 della L.R. n. 2/2005, nella parte in cui modifica l’art. 15 della L. n. 108/1968, secondo cui, nel computo dei voti “residuali” funzionali al calcolo del quoziente elettorale regionale, debbano considerarsi i voti residui di tutte le liste che hanno partecipato alla competizione elettorale, ivi comprese quelle che non hanno superato lo sbarramento. Infatti, non avrebbe alcun supporto – nè testuale, nè logico o sistematico- ai fini dell’assegnazione dei seggi residui il ripescaggio di voti ottenuti dalle liste escluse dall’assegnazione stessa.
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Cons. St., sez. V, ric. n. 9634 – 2015; sentenza 21 luglio 2017, n. 3306 – 2016
N. 01354/2015 REG.PROV.COLL.
N. 00996/2015 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 996 del 2015, proposto da:
Paolo Antonio Scalera, rappresentato e difeso dagli avv. Fabrizio Lofoco, Claudia Pironti e Federico Tedeschini, con domicilio eletto presso l’avv. Fabrizio Lofoco in Bari, alla via Pasquale Fiore, n. 14;
contro
Ufficio Elettorale Centrale Regionale, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura distrettuale dello Stato e presso la stessa domiciliato in Bari, alla via Melo, n. 97; Regione Puglia, in persona del Presidente della G.R. p.t., rappresentato e difeso dagli avv.ti Ada Matteo e Sabina Ornella Di Lecce, con domicilio eletto presso la sede dell’Avvocatura regionale in Bari, al lungomare Nazario Sauro, nn.31-33;
nei confronti di
Filippo Caracciolo, rappresentato e difeso dall’avv. Salvatore Stasi, con domicilio presso Segreteria T.A.R. Puglia in Bari, alla piazza Massari; Ruggiero Mennea, rappresentato e difeso dagli avv.ti Luigi Rotunno e Nino Sebastiano Matassa, con domicilio eletto presso l’avv. Nino Matassa in Bari, alla via Andrea da Bari, n. 35;
per l’annullamento
– del provvedimento di proclamazione degli eletti nelle elezioni regionali della Puglia, svoltesi il 31 maggio 2015, di cui all’atto del Presidente dell’Ufficio Centrale Regionale presso la Corte d’Appello di Bari, del 2 luglio 2015;
– dei verbali delle operazioni dell’Ufficio Centrale Regionale relativo all’elezione del Presidente della Giunta Regionale e del Consiglio regionale della Puglia del 13 maggio 2015;
– di ogni altro atto precedente, conseguente e comunque connesso a quelli impugnati, ancorchè non conosciuto;
nonchè per l’accertamento del diritto del ricorrente ad essere immediatamente nominato consigliere regionale nella lista “Popolari”;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Ufficio Elettorale Centrale Regionale, della Regione Puglia, di Filippo Caracciolo e di Ruggiero Mennea;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 15 ottobre 2015 la dott.ssa Giacinta Serlenga e uditi per le parti i difensori avv. Fabrizio Lofoco, anche su delega dell’avv. Federico Tedeschini e avv. Claudia Pironti, per il ricorrente, avv. dello Stato Giovanni Cassano, per l’Ufficio elettorale, avv.ti Sabina Ornella Di Lecce e Sergio De Giorgi, quest’ultimo, su delega dell’avv. Ada Matteo, per la Regione, avv. Salvatore Stasi e avv. Nino Matassa per i controinteressati;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.- Il 31 maggio si svolgevano le votazioni regionali per l’elezione del Presidente della Giunta e del Consiglio.
Il sig. Scalera, odierno ricorrente, prendeva parte alla competizione elettorale quale candidato alla carica di consigliere nella lista “Popolari”, nella circoscrizione di Taranto ma non risultava eletto.
Con il gravame in epigrafe ne ha, pertanto, impugnato gli esiti, contestando le modalità di attribuzione dei 23 seggi in sede proporzionale; modalità che avrebbero erroneamente condotto ad assegnare ai “Popolari” tre seggi in luogo di quattro.
Chiede, pertanto, la correzione dei risultati elettorali.
Si sono costituiti in giudizio l’Amministrazione regionale, i contro interessati sigg.ri Caracciolo e Mennea nonchè l’Ufficio elettorale centrale regionale articolando le proprie eccezioni.
All’udienza del 15 ottobre 2015, la causa è stata trattenuta in decisione.
2.-Devono in primo luogo esaminarsi le eccezioni processuali.
2.1.- Innanzitutto, la difesa del ricorrente ha chiesto lo stralcio della memoria del controinteressato sig. Caracciolo poichè tardiva.
In effetti l’atto di costituzione è stato depositato il 1° ottobre 2015 liddove il gravame è stato allo stesso notificato il 4 agosto precedente; sicchè in mancanza del consenso delle parti del giudizio il Collegio non può acquisire agli atti detti scritti.
2.2.-L’Ufficio elettorale centrale regionale ha, invece, eccepito il proprio difetto di legittimazione passiva poichè mero organo -neutrale- di garanzia e non portatore di un interesse alla conservazione dei risultati elettorali.
L’eccezione è fondata.
Nei giudizi elettorali la pubblica Amministrazione che deve essere individuata quale parte necessaria del giudizio è l’ente al quale l’elezione si riferisce e al quale vanno imputati i risultati elettorali, dovendosi invece escludere ogni legittimazione passiva di tipo formale in capo ad enti diversi. Nella specie, pertanto, l’ente legittimato passivamente va individuato nella Regione Puglia.
L’Ufficio elettorale intimato va, dunque, estromesso dal giudizio.
2.3.- Si prescinde, invece, dall’eccezione di improcedibilità per mancata impugnazione da parte dell’interessato della deliberazione di Consiglio regionale di convalida degli eletti del 22 luglio 2015, opposta dall’Ente regionale nella memoria prodotta in data 15 settembre 2015, perchè il ricorso è infondato nel merito.
3.- Il gravame ruota intorno ad un unico motivo, incentrato sulla violazione dell’art. 10 della l.r. n. 2/2005, come di recente modificato dalla l.r. n.7/2015, di cui parte ricorrente suggerisce un’interpretazione di segno diverso rispetto a quella accolta dalla Regione resistente; opzione interpretativa supportata dalla formulazione di una censura di costituzionalità della disposizione stessa, per l’ipotesi subordinata in cui non venisse condivisa.
In particolare, la controversia verte sulle modalità di computo del “quoziente elettorale” per l’assegnazione dei seggi in sede di Collegio unico regionale; più specificamente, sulle modalità di individuazione della relativa “base di calcolo” nella quale, secondo la ricostruzione di parte ricorrente, andrebbero computati i voti ottenuti da “tutte” le liste che hanno partecipato alla competizione elettorale, anche di quelle non ammesse al riparto dei seggi per non aver superato la soglia di sbarramento (pari all’8% o al 4% come si andrà a chiarire tra breve).
L’Ufficio elettorale regionale avrebbe invece erroneamente circoscritto la base di calcolo in questione ai soli voti residuati riferibili alle liste ammesse al riparto dei seggi stessi.
Orbene, per un migliore inquadramento della controversia, si rende opportuna una preliminare ricostruzione del quadro normativo di riferimento.
3.1.- Le elezioni regionali sono disciplinate dalla l.r. n. 2/2005, come modificata dalla l.r. n. 7/2015. L’impostazione recepita è sostanzialmente quella della legge elettorale n. 108 del 17.2.1968 con correzione in senso maggioritario, onde garantire la governabilità dell’Ente.
E’ proprio l’art. 1 della legge n. 108/68 che, nel testo modificato dalla legge regionale, così descrive le caratteristiche del sistema: “L’assegnazione dei seggi alle liste concorrenti è effettuata in ragione proporzionale, mediante riparto nelle singole circoscrizioni e recupero dei voti residui nel collegio unico regionale, integrato da clausole di sbarramento e premio di maggioranza “.
Tali affermazioni di principio vengono poi esplicitate nella disciplina di dettaglio di cui all’art. 15 della stessa legge, sempre nel testo modificato dall’art. 10 della l.r. n. 2/2005.
Più precisamente, tale norma delinea un procedimento trifasico, caratterizzato da una sequenza di operazioni, ciascuna delle quali risulta -logicamente e funzionalmente- strettamente consequenziale all’altra :
a) operazioni preordinate alla proclamazione del Presidente;
b) operazioni preordinate all’assegnazione dei primi 23 seggi con sistema proporzionale; dapprima su base circoscrizionale e, successivamente, nel collegio unico regionale;
c) operazioni preordinate all’attribuzione degli ulteriori 27 seggi con previsione di meccanismo premiante per il gruppo o coalizione di gruppi che hanno espresso il Presidente.
La fase b) risulta -a sua volta- distinta in due momenti:
1) assegnazione dei seggi in sede circoscrizionale sulla base di quozienti interi;
2) assegnazione dei seggi residui, non attribuiti secondo il meccanismo del quoziente intero, in sede di collegio unico regionale, sulla base dei “resti”.
Tra le fasi a) e b) si inserisce un’ulteriore operazione, preliminare all’assegnazione di tutti i seggi (in sede circoscrizionale, in sede di collegio unico e in sede di attribuzione del premio di maggioranza), che vede l’applicazione di quelle che il richiamato art. 1 definisce “clausole di sbarramento”. Vengono infatti definitivamente esclusi dalla ripartizione dei seggi sia i singoli gruppi non collegati ad altri sia le coalizioni di gruppi che hanno ottenuto nell’intera regione meno dell’8% dei voti validi conseguiti nella Regione stessa (cfr. art. 15, comma 4, nn. 10 e 11); nonchè i gruppi che, anche se uniti in coalizione ad altri, non hanno individualmente superato la soglia del 4% dei voti validi conseguiti nella regione (cfr. stesso comma n. 12).
In buona sostanza, la soglia di sbarramento prevista è dell’8% e può essere aggirata solo attraverso gli apparentamenti; in questi casi, infatti, per le singole liste la soglia si abbassa al 4%.
La ratio è quella di favorire la concentrazione di candidati in liste omogenee; il meccanismo è, infatti, premiante per queste ultime, determinando la dispersione del voto espresso in favore di liste che non superino una percentuale minima, in modo che l’elettore sia indotto ad orientarsi verso raggruppamenti di liste che si presume possano superare la soglia di sbarramento prevista dalla legge (si veda in tal senso C.d.S., sez. V, 21.7.2015 n. 3614).
3.2.- Definito il quadro generale di riferimento, occorre ora ricostruire il meccanismo di assegnazione dei seggi nel collegio unico regionale, specificamente in contestazione nella fattispecie.
Orbene, l’art. 15 della legge n. 108/68 più volte richiamato scandisce il procedimento per steps progressivi.
Chiarisce, preliminarmente, che nel collegio unico regionale debbano farsi confluire tutti i seggi non attribuiti in ogni circoscrizione della regione (cfr. comma 5, lett. a, n. 1, ult. periodo) e che per la successiva attribuzione degli stessi occorre effettuare due operazioni: 1) la somma dei “voti residuati” di ogni lista, considerando tali “anche quelli delle liste che non abbiano raggiunto alcun quoziente e i voti che, pur raggiungendo il quoziente, rimangano insufficienti per mancanza di candidati; 2) la somma dei seggi non potuti attribuire ad alcuna lista “per insufficienza di quozienti o di candidati” ” (cfr. comma 5, lett. a), n. 2).
In questa prima successione di disposizioni, già si rintraccia un argomento significativo.
Il riferimento alla “somma dei voti residuati di ogni lista” di cui alla lett. a), sub n. 2, segue senza soluzione di continuità la disposizione sub 1, che -si rammenta- contiene l’espresso riferimento a “tutte le liste ammesse al riparto”; ciò che in sè lascia presumere l’identità delle liste stesse.
Ma vi è di più.
La stessa norma continua stabilendo che tali seggi, di cui deve essere determinato il totale con riferimento a tutte le circoscrizioni regionali (cfr. comma 5, lett. b), debbano essere assegnati “ai predetti gruppi di liste” (cfr. stesso comma lett. d), 1° cpv., 1° periodo). I “predetti” gruppi di liste non possono che essere quelli indicati al punto c) che immediatamente precede; ossia quelli rispetto ai quali va calcolato “il totale dei voti residuati”.
In buona sostanza, trova conferma l’ipotesi già suggerita dai primi passaggi normativi dell’identità delle liste considerate dal legislatore: quelle cioè ammesse al riparto e che hanno partecipato alla prima fase di attribuzione dei seggi e quelle rispetto alle quali deve essere effettuato il conteggio dei “voti residuati”.
L’operazione ancora successiva prevista dalla norma, allo stesso punto d), 1° cpv., questa volta al 2° periodo, è poi la “somma” dei “voti residuati” di “tutti” i gruppi di liste, finalizzata a calcolare il “quoziente elettorale regionale”, onde dividere la somma così ottenuta per il numero dei seggi da attribuire. Un’ulteriore e finale divisione, della “somma dei voti residuati di ogni gruppo” (già calcolata ai sensi della lett. c)) per il “quoziente elettorale regionale”, consentirà di individuare il numero di seggi da assegnare a ciascun gruppo.
E allora, la lettura sistematica e in stretta successione delle previsioni contenute ai punti b), c) e d) del comma 5 della norma in esame, sembra scolorire ogni dubbio interpretativo. In particolare, la lettura coordinata dei punti c) e d), primo cpv., primo periodo, supporta in modo plausibile l’identità tra le liste i cui voti “residuati” rilevano ai fini del calcolo del quoziente elettorale regionale e le liste cui dovranno essere assegnati i seggi indicati alla lettera b); vale a dire i seggi da attribuire nel collegio unico regionale di cui si tratta nella presente controversia. Ed è pleonastico ribadire che a questa ripartizione non partecipano le liste che non hanno superato la soglia di sbarramento le quali, pertanto, per quanto detto, non potranno che restare escluse anche dal calcolo dei voti residuali.
Ne discende che l’assenza -al punto d)- della specificazione invece contenuta alla lettera a), n. 1 dello stesso comma 5 (cioè il riferimento esplicito a tutte le liste “ammesse al riparto”), dato testuale enfatizzato in ricorso, risulta -alla luce delle suesposte considerazioni- completamente depotenziato.
Senza trascurare che anche la lettura sistematica della disposizione in esame nel suo complesso conduce a conclusioni non dissimili circa il valore da attribuire al dato testuale in discussione. La norma infatti -come già chiarito sub 3.1- disciplina una fase unitaria sebbene articolata in due distinti momenti. Le operazioni vanno lette in stretta successione tra loro, in quanto delineano passaggi progressivi di uno stesso procedimento che vede, in un momento preliminare all’assegnazione dei seggi, l’esclusione delle liste che non hanno superato la soglia di sbarramento. Non avrebbe alcun supporto -nè testuale, nè logico-sistematico- il ripescaggio, ai fini dell’assegnazione dei seggi residui, di voti ottenuti da liste escluse dall’assegnazione stessa.
A voler tacere che la stessa terminologia utilizzata dal legislatore allude a ciò che rimane di un precedente processo; l’espressione voti “residuali” non può che riferirsi a ciò che resta dalla precedente fase di trattamento dei voti, finalizzata alla ripartizione dei seggi su base circoscrizionale. Non possono avere “resti” le liste che non hanno già partecipato alla distribuzione; queste dispongono semmai di cifre di voti “intere”, in alcun modo intaccate. E, in ogni caso, non ha alcun senso contestare la soglia di sbarramento non già ai fini dell’attribuzione dei seggi ma ai soli fini del computo dei relativi voti in sede di C.U.R..
Infine, un ultimo argomento logico-sistematico.
L’intero meccanismo elettorale appare tutt’altro che incentrato sulla valorizzazione di cifre espresse in valori assoluti. I valori assoluti sembrerebbero rilevanti soltanto nell’individuazione del candidato che viene proclamato Presidente e nella determinazione della cifra individuale di ogni candidato consigliere, destinata a valere solo per l’attribuzione dei seggi all’interno di ogni lista.
Diversamente, ai fini della attribuzione dei seggi alle circoscrizioni, la cifra elettorale calcolata sui voti validi, finisce con il risultare premiante per le circoscrizioni nelle quali c’è stata maggiore affluenza alle urne; sicchè viene privilegiato non già il candidato che ha ottenuto in assoluto un numero di voti superiore bensì quello eletto nella circoscrizione in cui si è votato di più. E l’apparente distorsione viene corretta -sul piano dei principi- dall’affermazione che ciascun consigliere rappresenta l'”intera regione” (cfr. art. 1 della legge n. 108/68 modificato dalla l.r. n. 2/05, già richiamato); non già la singola circoscrizione nella quale è stato eletto.
D’altro canto, non è revocabile in dubbio che la mortificazione delle cifre espresse in termini assoluti è connaturata ai sistemi elettorali di tipo proporzionale; quale essenzialmente quello che ci occupa.
In sintesi, l’interpretazione seguita dall’Ufficio elettorale, eventualmente premiante per candidati che hanno ottenuto un numero di preferenze inferiore in termini assoluti, non contrasta nè con la lettera nè con la ratio della norma applicabile.
Di contro, l’interpretazione dell’art. 10 della l.r. n. 2/2005 nella parte in cui modifica l’art. 15 della legge n. 108/68, secondo la quale nel computo dei voti “residuali”, funzionale al calcolo del quoziente elettorale regionale, vadano considerati i voti residui di tutte le liste che hanno partecipato alla competizione elettorale, ivi comprese quelle che non hanno superato lo sbarramento, suggerita dal ricorrente con il primo motivo di gravame, non può -alla luce delle suesposte considerazioni- trovare condivisione.
3.3.- Nè supera la soglia della non manifesta infondatezza la questione di costituzionalità della norma regionale in esame, sollevata da parte ricorrente, ove interpretata nel senso di escludere dal predetto quoziente i voti delle liste non ammesse al riparto dei seggi. Le disposizioni costituzionali violate sarebbero gli artt. 48 e 49.
In proposito valgano due considerazioni.
Innanzitutto, le norme invocate contengono affermazioni di principio sulle quali la giurisprudenza amministrativa e costituzionale hanno già avuto modo di pronunziarsi. In particolare, è stato di recente ribadito che l’uguaglianza di voto debba essere garantita nel momento in cui il voto stesso viene espresso; non implica che si estenda al risultato del voto, ossia al peso concreto che assume sulla base del sistema elettorale prescelto (cfr. Corte cost., 5.12.2014 n. 275 e C.d.S., Sez. V, 31.5.2011, n. 3253). Il risultato concreto delle consultazioni elettorali dipende, infatti, dal sistema elettorale prescelto dal legislatore nell’esercizio della sua discrezionalità .
In secondo luogo, l’eccezione in esame tenta di rimettere in discussione la compatibilità costituzionale delle clausole di sbarramento; questione già scrutinata dalla Corte costituzionale (cfr. sent. n. 271 del 22 luglio 2010) e affrontata dalla giurisprudenza amministrativa, escludendo l’incostituzionalità di siffatto sistema di voto (cfr. da ultimo C.d.S., 21 luglio 2015 n. 3614).
Senza sottacere la già evidenziata irrazionalità di una censura riferita all’inserimento di tali soglie non già sotto il profilo dell’esclusione dalla ripartizione dei seggi ma ai soli effetti del calcolo del quoziente elettorale regionale.
4.- In conclusione, il gravame va respinto previa estromissione dal giudizio dell’ufficio elettorale centrale regionale. Considerata, tuttavia, la complessità delle questioni trattate e l’obiettiva opinabilità del dato legislativo, si ritiene di procedere alla compensazione delle spese di causa.
P.Q.M.
il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, così dispone:
a) estromette dal giudizio l’Ufficio Elettorale Centrale Regionale;
b) respinge il gravame;
c) compensa tra le parti le spese di causa.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 15 ottobre 2015 con l’intervento dei magistrati:
Antonio Pasca, Presidente
Giacinta Serlenga, Primo Referendario, Estensore
Paola Patatini, Referendario
L’ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 22/10/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)