1. Edilizia e urbanistica – Attività edilizia privata – Opere abusive – Sanzione amministrativa – – Sanzione pecuniaria – Prescrizione – Natura permanente dell’illecito
2. Edilizia ed urbanistica – Attività edilizia privata – Opere abusive – Sanzione pecuniaria – Determinazione – Costo di produzione
3. Edilizia ed urbanistica – Attività edilizia privata – Opere abusive – Sanzione pecuniaria – Determinazione – Vetustà
4. Edilizia ed urbanistica – Attività edilizia privata – Opere abusive – Sanzione pecuniaria – Motivazione – Principio dia adeguatezza – Legittimità
1. In ordine alla prescrizione della sanzione pecuniaria irrogata per abuso edilizio, quand’anche si volesse applicare alla fattispecie la previsione quinquennale della prescrizione di cui all’art. 28 della legge 24 novembre 1981, n. 689 con decorrenza dal “giorno in cui si è commessa la violazione”, non si può omettere di considerare che la natura permanente dell’illecito comporta che il dies a quo decorra dal momento della cessazione della permanenza dell’illecito (per esempio dal momento del ripristino o da quello della irrogazione della sanzione. Nella specie la sanzione pecuniaria è stata irrogata odo l’ordine di demolizione rimasto inottemperato, con l’effetto che tale irrogazione ha carattere discrezionale ed è dal momento che viene assunta detta determinazione che si possono considerare decorrenti i termini di prescrizione).
2. Ai sensi dell’art. 34 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 che rinvia all’applicazione della legge 27 luglio 1998, n. 392, la misura di detta sanzione corrisponde al doppio del costo di produzione dell’immobile abusivo, dovendosi riferire tale costo al momento della irrogazione della sanzione, poichè quest’ultima, si riconnette pere equivalente, alla sanzione alternativa alla demolizione e mira ad eliminare il plus valore economico conseguente all’abuso (nel a caso di specie il costo di produzione è stato quantificato a partire dalla superficie convenzionale dell’immobile abusivo e non da un parte specifica della stessa, in misura corrispondente all’entità dell’abuso consistito nella realizzazione di un piano sovrastante).
3. Ai sensi dell’art. 20 della legge 27 luglio 1978, n. 392 la determinazione della sanzione pecuniaria per abusi edilizi, commisurata al costo di produzione quantificabile al momento della sua irrogazione, non può prescindere dalla valutazione della vetustà secondo gli indici di calcolo indicati nella norma.
4. La sanzione pecuniaria irrogata per abuso edilizio è ritenuta correttamente motivata quando il provvedimento eco l’indicazione del quantum e della norma adì legge violata, essendo in tal modo agevole per il contravventore ricostruire l’ iter logico – giuridico seguito in merito dall’amministrazione.
N. 00877/2015 REG.PROV.COLL.
N. 01601/2013 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1601 del 2013, proposto da:
Elisabetta D’Apolito, rappresentata e difesa dagli avv. Stefano Pio Foglia, Annarita Armiento, con domicilio eletto presso Nino Matassa in Bari, Via Andrea Da Bari, n. 35;
contro
Comune di Cagnano Varano, rappresentato e difeso dall’avv. Berardino La Porta, con domicilio eletto presso Segreteria T.A.R. Bari in Bari, Piazza Massari;
per l’annullamento
-della determinazione n.97 del 25.07.2013, n. 280 Reg. Generale, a firma del Responsabile dell’U.T.C. del Comune di Cagnano Varano, notificata in data 07.08.2013, recante “Sanzione ex art.34, 2° comma, D.P.R. n.380/2001 e s.m.i. importo a carico di D’Apolito Elisabetta ” relativo alla costruzione abusiva in via dei Tulipani”;
– della nota prot. n.5428 a firma del Responsabile dell’U.T.C. del Comune di Cagnano Varano, datata e notificata il 07.08.2013, con cui veniva trasmessa alla sig.ra D’Apolito Elisabetta la determinazione n. 97 del 25.07.2013, n. 280 Reg. Generale, anch’essa resa dal Responsabile dell’U.T.C. del Comune di Cagnano Varano;
-della nota prot. n.5035 del 22.07.2013 a firma del Responsabile dell’U.T.C. del Comune di Cagnano Varano, notificata il successivo 23.07.2013, avente ad oggetto “ingiunzione demolizione opere abusive – ordinanza n.68 del 27.04.1999 e n.123 del 01.10.1999. Accertamento inottemperanza e comunicazione avvio procedimento”;
-di tutti gli atti presupposti, consequenziali e/o connessi a quelli impugnati, anche se non ancora conosciuti, per i quali si formula espressa riserva di presentare motivi aggiunti ivi compresi ed ove occorra:
– dell’ordinanza n.68 del 27.04.1999, nonchè dell’ordinanza n.123 del 01.10.1999.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Cagnano Varano;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 28 maggio 2015 la dott.ssa Cesira Casalanguida e uditi per le parti i difensori Nino Matassa e Nicolò Mastropasqua;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
I. La sig. Elisabetta D’Apolito con il ricorso in epigrafe si oppone ai provvedimenti adottati dal Dirigente dell’U.T.C. del Comune di Cagnano Varano, relativi all’irrogazione della sanzione pecuniaria, ai sensi dell’art. 34, comma 2, D.P.R. 380/2001.
Espone la ricorrente che la vicenda ha origine da due ordinanze rispettivamente n. 68 del 27.04.21999 e n. 123 del 01.10.1999, con le quali è stata intimata la demolizione di interventi abusivi sull’immobile sito in agro del Comune di Cagnano Varano, alla via dei Tulipani, n. 3, rimaste entrambe ineseguite.
Con sentenza n. 258 del 05.07.2001, il Tribunale di Lucera, Sezione distaccata di Rodi Garganico, disponeva la demolizione dell’opera abusiva.
In data 23.02.2010 il Procuratore della Repubblica di Lucera inviava la pronuncia penale al responsabile dell’U.T.C. del Comune di Cagnano Varano, affinchè fosse data esecuzione alle relative statuizioni.
Il Dirigente del Comune, in data 22.07.2013, avviava il procedimento per l’irrogazione delle sanzioni di cui all’art. 34 comma 2 del D.P.R. 380/2001.
Con determinazione n. 97 del 25.07.2013 veniva applicata la sanzione pecuniaria di importo pari ad € 38.267,40.
Avverso tali provvedimenti, con quattro motivi di ricorso, la ricorrente eccepisce:
1) l’avvenuta prescrizione della sanzione pecuniaria.
La ricorrente richiama la previsione di cui all’art. 28 della L. 689/1981, relativo ai termini di prescrizione del diritto a riscuotere le somme dovute a titolo di sanzioni amministrative pecuniarie, ritenuta applicabile anche a quelle irrogate in materia edilizia;
2) con riferimento alla quantificazione dell’ammontare della sanzione, la mancata applicazione del coefficiente riduttivo relativo alla vetustà e della sanzione alla sola parte dell’opera realizzata in difformità dal permesso di costruire.
Rinvia, a tal fine, alla relazione tecnica del 4.10.2013, per fondare la pretesa dell’applicazione del coefficiente riduttivo relativo alla vetustà e della diversa quantificazione della superficie convenzionale .
3) il difetto di motivazione, riferito, in particolare, ai criteri sulla base dei quali è stato determinato il quantumdella sanzione;
4) la sproporzione tra l’abuso realizzato e l’importo della sanzione, con violazione del principio del minimo mezzo.
II. Si è costituito in giudizio il Comune di Cagnano Varano, per resistere al ricorso, obiettando all’eccezione di prescrizione che l’illecito edilizio ha carattere permanente. Ha evidenziato, altresì, che i criteri di calcolo sarebbero illustrati nell’atto gravato e che, una volta che siano stati realizzati interventi in difformità alla licenza edilizia, essi rendono abusivo il manufatto in toto, tanto che la sanzione è da riferire all’intero manufatto.
III. Con ordinanza del 10.01.2014 è stata accolta la domanda incidentale di sospensione del gravato provvedimento.
IV. Con memoria presentata nell’imminenza della trattazione del merito del ricorso, la ricorrente ha ribadito le ragioni addotte a sostegno del gravame.
All’udienza pubblica del 28.05.2015, sentita la difesa delle parti, la causa è stata trattenuta in decisione.
V. Il primo motivo di ricorso relativo all’eccezione di intervenuta prescrizione per decorrenza del termine di cui all’art. 28 della L. 689/1981 è infondato.
Ove ritenuto applicabile alle sanzioni edilizie il principio di cui all’art. 28 della legge n. 689/1981, a norma del quale «il diritto a riscuotere le somme dovute per le violazioni amministrative punite con pena pecuniaria si prescrive nel termine di cinque anni dal giorno in cui è stata commessa la violazione», occorre chiarire il momento di decorrenza di tale termine quinquennale.
Deve, in verità , rilevarsi come non sia pacifico l’orientamento conforme alla tesi sostenuta dalla ricorrente, circa l’applicazione della menzionata disposizione, per espresso dettato legislativo, a tutte le violazioni punite con sanzioni amministrative pecuniarie, anche se non previste in sostituzione di una sanzione penale (art. 12 legge n. 689/1981) e, quindi, anche agli illeciti amministrativi in materia edilizio – urbanistica puniti con sanzione pecuniaria.
E’ altrettanto sostenuta in giurisprudenza la tesi fatta propria dall’amministrazione comunale, secondo cui in materia edilizia vale il principio che, considerata la natura permanente dell’illecito, il potere dell’amministrazione non è soggetto a termini di prescrizione o decadenza.
Il Collegio ritiene che, quand’anche si aderisse alla tesi sostenuta dalla ricorrente, nell’applicare la regola di cui all’art. 28 L. 689/1981, con riguardo all’individuazione del dies a quo della decorrenza della prescrizione, occorrerebbe tener comunque conto della particolare natura degli illeciti in materia edilizio – urbanistica, i quali, ove consistano nella realizzazione di opere senza le prescritte concessioni e autorizzazioni, hanno carattere di illeciti permanenti, di talchè la commissione degli illeciti medesimi si protrae nel tempo.
La permanenza viene meno solo con il cessare della situazione di illiceità , vale a dire con il conseguimento delle prescritte autorizzazioni o con la decisione dell’amministrazione comunale competente di applicare la sanzione prevista dall’art. 34 comma 2 del D.P.R. 380/2001.
Il principio relativo al reato permanente secondo cui il termine della prescrizione decorre dal giorno in cui è cessata la permanenza, infatti, trova applicazione anche per l’illecito amministrativo permanente.
Nel caso di accertamento della realizzazione di abusi edilizi, la prescrizione quinquennale di cui all’art. 28 L. 689/1981 inizia, dunque, a decorrere solo dalla cessazione della permanenza, con la conseguenza che il potere amministrativo repressivo e/o la determinazione di applicare la sanzione pecuniaria possono essere esercitati senza limiti di tempo e senza necessità di motivazione in ordine al ritardo nell’esercizio del potere (cfr. Cons. Stato, IV, 16.4.2010, n. 2160; Cons. Stato, V, 13.7. 2006, n. 4420; Cons. Stato, IV, 2.6.2000, n. 3184).
L’applicazione dell’art. 28 L. 689/1981 agli illeciti amministrativi edilizi deve, infatti, tenere conto del carattere permanente di questi ultimi, sicchè la prescrizione quinquennale prevista dalla richiamata norma decorre soltanto dalla cessazione della permanenza, ad esempio in caso di ripristino dello stato dei luoghi o dal momento di irrogazione della sanzione (cfr. Consiglio di Stato, sez. I, 12.7.2013, n. 3565 e TAR Lombardia, Milano, sez. IV, 20.6.2013, n. 1593).
Nel caso, in esame, con le ordinanze del 1999, il Comune intimato ha disposto la demolizione delle opere abusive realizzate sull’immobile di proprietà dell’odierna ricorrente, mentre è solo con la Determinazione n. 97 del 25.07.2013, che l’Ufficio Tecnico Comunale, verificata l’inosservanza degli ordini di demolizione in precedenza impartiti e l’impossibilità di procedere alla riduzione in pristino delle opere abusive, ha applicato la sanzione pecuniaria ai sensi dell’art. 34, comma 2 D.P.R. 380/2001.
La scelta operata dall’amministrazione di irrogare la sanzione pecuniaria, propria della seconda fase del procedimento successivo all’accertamento di abusi da parte dell’amministrazione (di cui la prima fase è rappresentata necessariamente dall’ingiunzione di demolizione) ha carattere discrezionale ed è dal momento in cui viene adottata tale determinazione (nel caso in esame nel 2013) che cominciano a decorrere i termini di prescrizione di cui all’art. 28 L. 689/1981.
L’eccezione di prescrizione deve, pertanto, essere respinta.
VI. Debbono ora essere esaminate le contestazioni relative alla quantificazione della sanzione come determinata dal Comune nella Determinazione n. 97/2013.
Con riguardo alla sanzione pecuniaria ex art. 34 del DPR 380/2001 – da determinarsi ai sensi del citato articolo in applicazione della legge 392/1978 in misura doppia del costo di produzione – tale costo è da riferire al momento di presentazione della domanda di titolo in sanatoria e non a quello della realizzazione dell’abuso, sia in considerazione del già citato carattere permanente dell’abuso, sia al fine di evitare che l’autore dell’illecito edilizio finisca per ottenere un lucro legato al decorso del tempo.
Secondo la giurisprudenza, infatti, “la stima va effettuata in ogni caso al momento in cui il Comune irroga la sanzione pecuniaria, e non con riferimento alla data di accertamento dell’infrazione o di ultimazione dell’opera abusiva. Ciò onde evitare che il responsabile dell’abuso possa ritrarre un indebito arricchimento per effetto dell’incremento del prezzi della costruzione successivo all’ultimazione dell’abuso e che la sanzione pecuniaria si concreti in un vantaggio economico rispetto all’alternativa costituita dalla sanzione demolitoria. Appare quindi superata la tesi secondo cui il momento determinante coincide con il giorno in cui le opere sono state portate a compimento.(T.A.R. Valle D’Aosta, 18.07.2002 n.83, Cons.. Stato Sez. V, 23.11.1998 n.4257; id Sez. V, 30.10.1995 n.1510)” (Così T.A.R. Napoli, Sez. II, sent 929 del 14.02.2011; cfr anche T.A.R. Veneto, sez. II, 3.4.2013, n. 473).
La sanzione pecuniaria, in definitiva, è da riferirsi alla valutazione dell’abuso al momento della relativa irrogazione, poichè quest’ultima si riconnette, per equivalente, alla sanzione alternativa alla demolizione e mira ad eliminare il plus valore economico conseguente all’abuso realizzato.
VII. Quanto alle modalità di determinazione della sanzione, occorre richiamare la previsione di cui all’art. 34 comma 2 D.P.R. 380/2001 ai sensi del quale la sanzione da applicare è “pari al doppio del costo di produzione, stabilito in base alla legge 27 luglio 1978, n. 392, della parte dell’opera realizzata in difformità dal permesso di costruire, se ad uso residenziale, e pari al doppio del valore venale, determinato a cura della agenzia del territorio, per le opere adibite ad usi diversi da quello residenziale”.
Come è noto, ai sensi degli articoli 12 e seguenti della l. 392 del 1978, il valore locativo (che, nell’ambito del sub-sistema di cui al d.P.R. 380 del 2001 viene declinato come ˜costo di produzione’) viene determinato dal prodotto fra a) la superficie convenzionale dell’immobile e b) il costo unitario di produzione.
Nel procedere in tal senso, il Comune di Cagnano Varano, dopo aver determinato il costo di produzione sulla base degli artt. 16 a 21 della L. 392/1978, ha moltiplicato tale valore per la superficie convenzionale dell’immobile, con la riduzione pari al 25%, per una superficie totale di mq 88,50.
L’esponente contesta tale criterio eccependo anche la mancata applicazione dell’indice di vetustà .
Con riferimento alla superficie convenzionale osserva, inoltre, che l’abuso sanzionato, consistente nella costruzione del piano secondo (soffitta), secondo quanto chiarito anche nella perizia di parte, consisterebbe in un incremento di altezza dell’edificio e non avrebbe determinato alcun incremento della sua superficie, cosicchè l’amministrazione avrebbe dovuto fare riferimento alla sola superficie del piano immediatamente sottostante il tetto (pari a mq 32,75).
L’applicazione della metodologia di calcolo ritenuta corretta avrebbe comportato una sanzione di € 12.746,30, in luogo dei complessivi e € 38.267,40, determinati dall’Amministrazione.
Il Collegio non condivide tali rilievi.
E’ incontestato che, nel caso in esame, dovesse trovare applicazione il criterio previsto dall’art. 34, comma 2, del t.u. dell’edilizia, che, nel caso di immobili residenziali, commisura l’importo della sanzione al doppio del costo di produzione della parte dell’opera realizzata in difformità dal permesso di costruire.
Per la determinazione del costo di produzione, il legislatore ha fatto riferimento all’art. 12 della legge n. 392 del 1978, sebbene tale disposizione, relativa alla determinazione dell’equo canone, fosse già stata abrogata per le locazioni abitative dall’art. 14 della legge n. 431 del 1998.
Come già chiarito dalla giurisprudenza, condivisa dal Collegio, “ne deriva che il rinvio disposto dall’art. 34 del testo unico alla normativa sull’equo canone deve essere inteso in senso materiale, quale riferimento ad una specifica metodologia di calcolo del costo di produzione degli immobili, da utilizzare anche dopo l’intervenuta modifica del regime delle locazioni abitative (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 12 marzo 2007, n. 1203).
La metodologia in questione, così come disciplinata dalla L. 392 del 1978, prevedeva che il costo unitario di produzione fosse ottenuto moltiplicando il costo base per ciascuno dei sei coefficienti correttivi indicati specificamente negli artt. da 16 a 21, l’uno dopo l’altro, in modo che ogni fattore fosse moltiplicato per il risultato della moltiplicazione precedente; il costo unitario di produzione, moltiplicato a sua volta per la superficie convenzionale dell’immobile, consentiva di determinare il valore locativo del bene e la misura percentuale del 3,85 di tale valore costituiva l’equo canone annuo nell’ammontare massimo consentito dalla legge”. (Cfr. T.A.R. Piemonte, Sez. I, sent. 3733 del 18.12.2007).
Tanto precisato, appare logico e congruo che la pubblica amministrazione, in presenza di una difformità che si è tradotta nel solo incremento di altezza (e di volumetria) dell’immobile e non della sua superficie, abbia determinato il costo di produzione sulla base della superficie convenzionale dell’immobile medesimo (e non del solo ultimo piano).
Ciò in quanto il concetto di costo di produzione (che, come si è visto, conserva attualmente valore quale fattore da applicare nella metodologia di calcolo della sanzione ex art. 34) è inscindibilmente legato (nella previsione dell’art. 12 della legge n. 392/1978 che disciplina tale metodologia) a quello della superficie convenzionale dell’immobile, ma anche in considerazione della tipologia di difformità sanzionata nella fattispecie, la quale si riferisce all’immobile nel suo complesso e non ad una parte specifica della sua superficie.
Quanto all’indice di vetustà , fondata è la doglianza relativa alla mancata applicazione.
In proposito è sufficiente richiamare l’art. 20 della L. 392/1978, ai sensi del quale “in relazione alla vetustà si applica un coefficiente di degrado per ogni anno decorrente dal sesto anno successivo a quello di costruzione dell’immobile e stabilito nel modo seguente:
a) 1 per cento per i successivi quindici anni;
b) 0,50 per cento per gli ulteriori trenta anni.
Se si e’ proceduto a lavori di integrale ristrutturazione o di completo restauro dell’unita’ immobiliare, anno di costruzione e’ quello della ultimazione di tali lavori comunque accertato.”
L’amministrazione, nel determinare l’importo della sanzione, ha indicato la voce “V”, vetustà , con il coefficiente 1,00 senza, tuttavia, specificare, nè il numero di anni, nè il coefficiente applicato, in violazione della previsione di cui al richiamato art. 20.
Nè se ne può escludere l’applicazione in quanto tale norma prevede che il coefficiente di vetustà vada calcolato”per ogni anno decorrente dal sesto anno successivo a quello di costruzione dell’immobile”
VIII. Con riferimento ai motivi di ricorso relativi al difetto di motivazione e di violazione dei principi di proporzionalità ed adeguatezza, si deve osservare che, per giurisprudenza consolidata e condivisa, la sanzione è ritenuta correttamente motivata quando il provvedimento reca l’indicazione del quantum e della norma di legge violata, essendo in tal modo agevole per il contravventore ricostruire l’iter logico seguito in merito dall’amministrazione.
L’applicazione della sanzione era in ogni caso dovuta, attesa l’abusività delle opere. In proposito si rileva che l’irrogazione della sanzione rappresenta l’epilogo di una situazione di abusività che si è protratta per anni e della quale comunque la ricorrente si è avvantaggiata, ottenendo il mantenimento in essere dell’opera abusiva.
IX. In conclusione, per i motivi esposti, il ricorso deve essere accolto limitatamente alla censura relativa all’applicazione dell’indice di vetustà , con conseguente onere dell’amministrazione di rideterminarsi con adeguata motivazione e/o indicazione delle modalità di calcolo., mentre deve essere respinto per la restante parte.
Considerata la parziale soccombenza, le spese sono integralmente compensate tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Terza)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie limitatamente all’applicazione dell’indice di vetustà e lo respinge per la restante parte.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 28 maggio 2015 con l’intervento dei magistrati:
Sergio Conti, Presidente
Desirèe Zonno, Primo Referendario
Cesira Casalanguida, Referendario, Estensore
L’ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 15/06/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)