Pubblica sicurezza – Extracomunitari – Richiesta di rilascio del permesso di soggiorno – Decreto di espulsione – Diniego permesso – Atto dovuto – Fattispecie
La sussistenza di un decreto di espulsione non consente la presenza dello straniero in Italia e preclude la valutazione di ogni circostanza sopravvenuta seppur favorevole a quest’ultimo; in mancanza di revoca del precedente decreto, dunque, il diniego di rilascio del permesso di soggiorno ha carattere vincolato, ai sensi dell’art. 4, co. 6, art. 5, co. 5, e art. 13, co. 13, del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, secondo cui lo straniero espulso non può rientrare nel territorio italiano senza una speciale autorizzazione del Ministro dell’Interno. (Nel caso di specie, la legittimità dell’atto espulsivo è stata sancita da due pronunce del Giudice di Pace).
N. 00802/2015 REG.PROV.COLL.
N. 00676/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 676 del 2012, proposto da:
Eljon Ropaj, rappresentato e difeso dall’avv. Uljana Gazidede, con domicilio eletto presso Uljana Gazidede in Bari, Via Calefati, n. 269;
contro
Ministero dell’Interno, Questura di Bari, rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura Distr.le Stato Di Bari, domiciliataria in Bari, Via Melo, n. 97;
per l’annullamento
– del provvedimento del Questore di Bari, cat. a. 11/2012/imm. n. 09/ps., del 25.2.2012 e notificato il 28.3.2012, con cui è stato rigettato al ricorrente la richiesta di rilascio del permesso di soggiorno;
– nonchè di ogni altro atto comunque connesso, presupposto e/o collegato con i provvedimenti di cui innanzi;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell’Interno e della Questura di Bari;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 14 maggio 2015 la dott.ssa Cesira Casalanguida e uditi per le parti i difensori Uljana Gazidede;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Il Questore di Bari con Decreto Cat. A. 11/2012/Imm n. 09/P.S. emesso il 25.02.2012 ha rifiutato il rilascio del permesso di soggiorno al sig. Ropaj Eljon, in considerazione della sussistenza di un provvedimento di espulsione emesso il 28.08.2007 dal Prefetto della Provincia di Bari e dell’ordine emesso in pari data dal Questore di Bari di abbandono del territorio nazionale entro il termine di 5 giorni.
I provvedimenti da ultimo citati si fondano sulla violazione dell’art. 13 comma 2 Lett. a), del D.Lgs 286/98, per essere entrato lo straniero nel territorio nazionale, privo di documenti di identificazione e sottraendosi ai controlli di frontiera.
Il successivo 13.08.2011 il sig. Ropaj ha ricevuto il visto n. I17534481 per “lavoro subordinato” della durata di 365 giorni, concessogli in forza del Nulla Osta rilasciato allo Sportello Unico per l’immigrazione di Bari in data 5.05.2011.
Il 24.08.2011 è stata presentata la relativa istanza di rilascio del permesso si soggiorno per motivi di “lavoro subordinato”, rifiutato con il Decreto oggetto di gravame.
Con quattro motivi di ricorso il ricorrente eccepisce la violazione della normativa di cui al D. Lgs 286/98 e s.m.i, del D.P.R. 394/99, della Direttiva 2008/115/CE, della L. 241/1990, in particolare, gli artt. 1 comma 1, 10 bis e 21quinquies, oltre all’eccesso di potere per difetto di istruttoria e carenza di motivazione.
Il ricorrente contesta, in particolare, il rilievo contenuto nel gravato provvedimento, secondo cui in occasione della domanda di nulla osta avanzata dal datore di lavoro, non sarebbe emersa l’esistenza del provvedimento di espulsione, a causa di una discordanza sul mese di nascita del sig. Ropaj.
Egli esclude che tale errore sia a sè imputabile, ipotizzando, invece, che il medesimo possa essere frutto di errata trascrizione da parte dell’agente di polizia.
Nè ritiene tale errore idoneo ad impedire all’amministrazione di poter comunque riscontrare la sussistenza del decreto di espulsione.
Afferma che la mancanza della speciale autorizzazione ministeriale, ai sensi dell’art. 13 comma 13 del D. Lgs. 286/98, possa ritenersi sanata dal successivo rilascio del nulla osta e del visto di ingresso.
Aggiunge, inoltre, che il decreto di espulsione non costituirebbe ostacolo insormontabile all’ingresso dello straniero in Italia, in quanto la pregressa espulsione non desterebbe allarme sociale e non sarebbe sintomo di pericolosità .
Il ricorrente richiama, altresì, la Direttiva n. 2008/115/CE, nota come “Direttiva rimpatri”, a tutela dei principi di proporzionalità e di quelli volti alla tutela della persona. Ritiene che il termine di divieto d’ingresso applicato con il Decreto di espulsione sia in contrasto con tale Direttiva e con il successivo D.L. 89/2011, che prevedono un termine inferiore, ovvero un minimo di tre anni, fino ad un massimo di cinque anni.
Lamenta anche la mancata comunicazione del preavviso di rigetto, nonostante il procedimento sia stato avviato su istanza di parte.
Rivendica ancora la mancata valutazione, da parte dell’amministrazione, della situazione complessiva dello straniero.
Si sono costituiti in giudizio, per resistere al ricorso, il Ministero dell’Interno e la Questura di Bari, rappresentati e difesi dall’Avvocatura distrettuale dello Stato, che ha depositato la Relazione della Questura di Bari sul caso.
Nella relazione viene ricostruita la sequenza dei fatti, evidenziandosi che il sig. Ropaj:
è risultato destinatario di provvedimento di espulsione dall’Italia;
non ha ottenuto la speciale autorizzazione del Ministero dell’Interno;
al momento del nuovo ingresso in Italia non era trascorso il periodo di 5 anni di divieto di rientro imposto dal Prefetto della Provincia di Bari, decorrente dalla data del suo effettivo allontanamento dal territorio dello Stato.
Sulla base di tali presupposti, sarebbe stato emesso il Decreto Cat. A. 11/2012/imm n. 09/P.S. del 25.02.2012.
Con riferimento all’indicazione delle generalità del ricorrente, l’amministrazione resistente evidenzia come l’errore relativo all’indicazione del mese di nascita sarebbe stato, in realtà , più volte ripetuto.
Tale elemento secondo la Questura non poteva emergere se non attraverso il foto segnalamento, al momento della richiesta del permesso di soggiorno. Solo per questo sarebbe stato rilasciato il nulla osta dallo Sportello unico per l’Immigrazione di Bari, nell’ambito delle quote fissate dal D.P.C.M. del 2006, al visto d’ingresso in Italia per motivi di lavoro subordinato.
Tale visto, secondo l’amministrazione, sarebbe stato rilasciato con l’inganno e questo elemento sarebbe da solo ostativo al rilascio del permesso di soggiorno.
Evidenzia che la presenza di un Decreto di espulsione non può mai ritenersi una mera irregolarità amministrativa sanabile.
Con riferimento alla Direttiva cd. rimpatri, 2008/115/CE evidenzia che, in conformità alle sue previsioni, nel territorio nazionale, si è stabilito che la durata del divieto d’ingresso non può superare i cinque anni. Tale termine, tuttavia, non sarebbe stato rispettato nel caso in esame, atteso che il ricorrente è rientrato in Italia il 13.08.2011, prima che fossero decorsi i cinque anni dal’adozione del Decreto di espulsione del 28.08.2007, emesso dal Prefetto di Bari.
Quanto alla omessa comunicazione di avvio del procedimento, l’amministrazione ribadisce come i principi di partecipazione non possano essere adottati in modo formale e meccanico. Richiamando l’art. 21 octies L.241/1990, afferma che il provvedimento del Questore costituirebbe atto dovuto, atteso il carattere vincolante delle prescrizioni contenute agli artt. 4 comma 6 e 5, comma 5 del D. Lgs. 286/98.
L’esistenza di un provvedimento di espulsione precluderebbe in assoluto la possibilità di accoglimento dell’istanza di permesso di soggiorno.
Con successiva memoria del 04.06.2012, il ricorrente ha replicato alla relazione della Questura, ribadendo le ragioni a fondamento della propria pretesa.
Con ordinanza n. 373 del 7.06.2012 è stata respinta l’istanza cautelare di sospensione del gravato provvedimento, nella quale è stata richiamata la sentenza n. 1056 del 25 maggio 2012 della Sezione, con cui sono state ritenute infondate censure analoghe a quelle proposte per contestare il diniego di rilascio di permesso di soggiorno per lavoro subordinato.
All’udienza pubblica del 14.05.2015, sentita la difesa delle parti, la causa è stata trattenuta in decisione.
Il ricorso è infondato e deve, pertanto, essere respinto.
Il Collegio osserva che la disciplina dettata dall’art. 13, commi 13 e 14, del D. Lgs. n. 286 del 1998 ha carattere impeditivo in radice delle presenza dello straniero in Italia e ciò preclude la valutazione di ogni altra circostanza addotta, sotto il profilo degli elementi sopravvenuti, ai fini del rilascio del permesso di soggiorno.
In mancanza di revoca di un precedente decreto di espulsione ancora efficace, in effetti, il diniego di rilascio del permesso di soggiorno ha carattere vincolato, ex art. 4 comma 6, art. 5, comma 5, ed art. 13, comma 13, t. u. n. 286 del 1998, secondo cui lo straniero espulso non può rientrare nel territorio italiano senza una speciale autorizzazione del Ministro dell’Interno.
Nel gravato provvedimento si evidenzia che la legittimità dell’atto espulsivo è stata sancita da due pronunce del Giudice di Pace. Nè muta lo stato dei fatti la circostanza per cui, in data 14.02.2012, il Giudice di Pace di Bari ha annullato il provvedimento n. 20820/Area IV emesso dalla Prefettura di Bari in data 13.07.2011 con cui è stata negata la revoca del Decreto di Espulsione n. 163 Cat. A.11/2007, emesso nei confronti dello straniero Repaj Eljon in data 28.08.2007, sicchè tale decreto produce tuttora i suoi effetti.
Quanto alle previsioni della Direttiva 2008/115/CE nel senso di limitare a cinque anni il termine del divieto di reingresso derivante dalle espulsioni decretate in precedenza, è evidente che nel caso in esame, essendo stata l’espulsione disposta il 28 luglio 2007, al momento del rientro del ricorrente nel territorio nazionale, (avvenuto prima del 24.08.2011 data in cui il ricorrente si è recato unitamente al datore di lavoro presso lo Sportello Unico per l’Immigrazione di Bari, per la stipula del contratto si soggiorno), più precisamente in data 13.08.2011, il quinquennio non era decorso, tanto da risultare superfluo ogni ulteriore approfondimento sulla questione.
Il divieto di nuovo ingresso in Italia può essere derogato solo in virtù di un’autorizzazione del Ministro dell’Interno. In assenza di tale autorizzazione, come nel caso in esame, il Decreto di espulsione mantiene la sua valenza.
Il fatto che l’ingresso del ricorrente sia avvenuto sulla base di specifico visto n. I17534481 per “lavoro subordinato”, non far venire meno il carattere vincolato del diniego del rilascio del permesso di soggiorno, in quanto la mancanza dei requisiti (ivi compresa la pendenza di provvedimento di espulsione) anche se successivamente emersa, impone l’adozione del provvedimento di rifiuto.
Dalla questione delle errate generalità che hanno determinato, in un primo momento il mancato rilevamento della sussistenza del Decreto di espulsione, emerso solo dopo il rilascio del visto d’ingresso e in seguito ai rilievi foto – dattiloscopici, non può derivare la fondatezza della pretesa al rilascio del permesso di soggiorno, circostanza che risulterebbe in aperto contrasto con la disciplina vigente.
Emerge in tutta evidenza come nel caso in esame il rifiuto del rilascio del permesso di soggiorno assume i caratteri di provvedimento vincolato, da cui deriva anche l’irrilevanza dei vizi procedimentali, ex art. 21 octies L. 241/90, che sono stati contestati nel primo motivo di ricorso.
La manifesta infondatezza dei motivi di merito, infatti, supera il vizio meramente formale della mancata comunicazione delle ragioni ostative all’accoglimento della domanda di rilascio del permesso di soggiorno, in quanto la violazione della regola procedimentale, in base al principio di cui all’art. 21 octies della legge n. 241/1990, quale introdotto dall’art. 14 della legge n. 15/2005, non può portare all’annullamento dell’atto impugnato, atteso il suo carattere di atto vincolato per l’amministrazione.
La manifesta infondatezza del ricorso giustifica anche la revoca del provvedimento di ammissione al gratuito patrocinio (delibera n. 28 del 05.06.2012).
Le spese seguono le regole della soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Terza)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Revoca l’ ammissione del ricorrente al patrocinio a spese dello Stato.
Condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate in € 1.000,00 (mille/00), oltre accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 14 maggio 2015 con l’intervento dei magistrati:
Sergio Conti, Presidente
Desirèe Zonno, Primo Referendario
Cesira Casalanguida, Referendario, Estensore
L’ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 28/05/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)