1. Edilizia e urbanistica – Attività edilizia privata – Titolo edilizio – Distanze tra costruzioni – Norme strumenti urbanistici locali – Deroga ex art. 879 c.c. – Inapplicabilità – Ragioni
2. Edilizia e urbanistica – Attività edilizia privata – Titolo edilizio – Limiti di distanza tra fabbricati – Nuove costruzioni – Necessità
1. Le norme degli strumenti urbanistici locali, che impongono di mantenere le distanze fra fabbricati o di questi dai confini non sono derogabili neppure per gli edifici per i quali l’art. 879 c.c. esclude l’obbligo di comunione forzosa e la distanza minima tra edifici, perchè dirette, più che alla tutela di interessi privati, a quella di interessi generali e pubblici in materia urbanistica
2. La distanza minima di 10 mt. di cui all’art. 9 comma 1 n. 2 del D.M. 2 aprile 1968 è applicabile anche alle nuove costruzioni in zona omogenea A, in quanto la previsione di cui al n. 1 – secondo la quale è consentita la distanza minima esistente tra gli edifici preesistenti – è sì riferita alla Zona A, ma unicamente ai casi di ristrutturazione e risanamento conservativo.
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Cons. St. sez. IV, ric. n. 10650 – 2015, sentenza 14 dicembre 2016, n. 5264 – 2016
. 00728/2015 REG.PROV.COLL. N. 01178/2014 REG.RIC. REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Terza) ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 1178 del 2014, integrato da motivi aggiunti, proposto da: Anna Maria Rosaria Miola, Emilia Maria Miola, rappresentate e difese dall’avv. Saverio Profeta, con domicilio eletto presso Saverio Profeta in Bari, Via Cognetti, n. 25; contro Comune di Bari, rappresentato e difeso dall’avv. Chiara Lonero Baldassarra, con domicilio eletto presso Chiara Lonero Baldassarra in Bari, Via P. Amedeo, n. 26; per l’annullamento del provvedimento di diniego di permesso di costruire prot. n. 138380 dell’11.06.2014 in ordine alla pratica edilizia 97/2013 nonchè di ogni ulteriore provvedimento comunque presupposto, connesso e consequenziale rispetto a quello impugnato. Con motivi aggiunti depositati in data 14 gennaio 2015, per l’annullamento, previa sospensione dell’efficacia, del provvedimento di diniego del permesso di costruire prot. 262228 del 20.11.2014 in ordine alla pratica edilizia di cui al ricorso principale nonchè di ogni ulteriore provvedimento comunque presupposto, connesso e consequenziale rispetto a quello impugnato. Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati; Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Bari; Viste le memorie difensive; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell’udienza pubblica del giorno 9 aprile 2015 la dott.ssa Cesira Casalanguida e uditi per le parti i difensori Saverio Profeta e Chiara Lonero Baldassarra; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO e DIRITTO Le ricorrenti espongono di aver presentato al Comune di Bari istanza di permesso di costruire per la realizzazione di fabbricati ad uso residenziale, sull’immobile sito in località Santo Spirito, tra la via Marconi e la via Cortese. La zona, secondo il vigente PRG, è tipizzata come “Area di rinnovamento urbano A2”. Con il provvedimento impugnato il Comune di Bari ha espresso diniego definitivo, ritenendo che il progetto contrasti con l’art. 46 delle NTA del PRG per distanze irregolari dei fabbricati dalla viabilità e dai fabbricati esistenti, oltre a non specificare la consistenza attuale dell’area oggetto d’intervento, con particolare riguardo alla consistenza dei fabbricati limitrofi. Con ricorso, ritualmente notificato e depositato, le ricorrenti censurano la manifesta genericità della motivazione del provvedimento gravato, rivendicando la conformità del progetto presentato alle prescrizioni dello strumento urbanistico vigente. Contestano che l’art. 46 NTA contenga prescrizioni riguardo alla distanza dal fronte stradale. Affermano, inoltre, che sarebbero indicate nel progetto le distanze tra il fabbricato da realizzare e gli edifici esistenti. Ritengono che all’intervento non siano applicabili le norme sulle distanze legale di cui agli artt. 873 e ss c.c., nè il limite dei 10 mt tra pareti finestrate di cui al D.M. 1444/1968, in quanto la zona è tipizzata come A2 del PRG. Si è costituito il Comune di Bari per resistere al ricorso. In seguito, tra le parti sono intervenute trattative che hanno condotto alla riapertura dell’istruttoria al fine di riesaminare il progetto. Con successivi motivi aggiunti depositati in data 14.01.2015, le ricorrenti hanno impugnato il provvedimento prot. n. 262228 del 20.11.2014, adottato all’esito della successiva istruttoria esperita, ad integrazione e conferma del precedente diniego espresso sulla richiesta di permesso di costruire. Sostengono che il Comune abbia ritenuto applicabile, in via analogica, la disciplina di cui all’art 9 lett. b) del D.M. 1444/1968 anche alle zone A del PRG. Le ricorrenti contestano quanto affermato dal Comune circa la non applicabilità al caso in esame dell’art. 879 c.c in quanto ritenuta riferita esclusivamente ai rapporti di natura privatistica e non incidente sulla disciplina del governo del territorio, soggetta alla normativa tecnica contenuta nel PRG. Citano riferimenti giurisprudenziali a sostegno dell’avversa tesi che considera la normativa di settore di natura integrativa di quella civilistica, che, pertanto, sarebbe sempre applicabile. Eccepiscono come il Comune di Bari contesti, per la prima volta, la violazione dell’art. 9 del DM 1444/1968, ritenuto applicabile dall’ente in via analogica alla zona A. Rilevano che la norma regolamentare distingue tra Zona A e “Nuovi edifici ricadenti in altre zone” non sarebbe suscettibile di differenti interpretazioni, tanto che la distanza minima dei 10 mt sarebbe richiesta esclusivamente per le Zone diverse da quella A. All’udienza pubblica del 09.04.2015, sentita le difesa delle parti, la causa è stata trattenuta in decisione. Il Collegio ritiene che il ricorso principale sia divenuto improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse. L’amministrazione, infatti, ha manifestato una nuova volontà di provvedere. L’atto prot. n. 262228 del 20.11.2014, adottato dal Comune, a seguito del tentativo esperito d’intesa con le ricorrenti, di individuazione di una soluzione stragiudiziale della controversia, non è atto “meramente confermativo”. Esso, infatti, si caratterizza e si contraddistingue per il fatto di essere espressione dell’esame delle specifiche doglianze contenute nel ricorso principale avverso il primo provvedimento di diniego. Solo a seguito dello svolgimento di ulteriore istruttoria, mediante la rivalutazione degli interessi in gioco e un nuovo esame degli elementi di fatto e di diritto che caratterizzano la fattispecie considerata, il Comune è giunto alla conferma del diniego. L’ente ha, in sostanza, adottato un atto confermativo in grado di dare vita ad un provvedimento diverso dal precedente e quindi suscettibile di autonoma impugnazione (Cons. St., sez. IV, sentenza n. 758 del 12.2.2015). Deve, quindi, essere dichiarato improcedibile, per sopravvenuta carenza di interesse, il ricorso avverso il provvedimento sostituito dal provvedimento di conferma. Rimane, dunque, da scrutinare la legittimità di tale secondo provvedimento di diniego, oggetto di impugnazione con i motivi aggiunti. Le doglianze delle ricorrenti si fondano principalmente sulla mancata applicazione dell’art. 879 del codice civile e sulla violazione dell’art. 9 D.M. 1444/1968. Il Collegio rileva che la conferma del diniego si fonda sull’applicazione delle norme relative del PRG, in particolare, l’art. 46 delle N.T.A. del vigente PRG del Comune di Bari, e di quelle di cui all’art. 9 D.M. 1444/1968, le cui previsioni sono ritenute inderogabili dall’amministrazione. Il riferimento è, più specificamente, alla distanza minima sia rispetto ai fabbricati esistenti sia alla viabilità . Il provvedimento del 20.11.2014 si sofferma, in particolare, sulla questione del rispetto delle distanze dalle strade, richiamando in proposito la previsione di cui all’art. 9, comma 2, del D.M. 1444/1968, nella parte in cui specifica che “le distanze minime tra fabbricati – tra i quali siano interposte strade destinate al traffico dei veicoli (con esclusione della viabilità a fondo cieco al servizio di singoli edifici o di insediamenti) debbano corrispondere alla larghezza stradale maggiorata di : – ml 5,00 per lato, per strade di larghezza inferiore a ml. 7”. Il Comune conclude il provvedimento ritenendo il progetto assentibile, una volta che siano ripristinate le distanze legali della costruzione progettata dall’edificato limitrofo e dalle strade circostanti. Il ricorso è infondato. Occorre preliminarmente chiarire, da un lato, che le ricorrenti contestano l’applicazione dell’art. 46 NTA del PRG e delle previsioni di al D.M. 1444/1968, dall’altro, che la disposizione del D.M. 1444/1968 che trova indubbia applicazione è quella di cui al secondo comma dell’art. 9, che reca una disciplina specifica delle distanze tra edifici per il caso in cui tra i fabbricati siano interposte strade destinate al traffico dei veicoli. Poste tali premesse, è possibile procedere con l’esame delle singole censure. Con riferimento alla pretesa applicazione della deroga di cui all’art. 879 cc., il Collegio richiama, condividendolo, il consolidato orientamento giurisprudenziale, ai sensi del quale, le norme degli strumenti urbanistici locali, che impongono di mantenere le distanze fra fabbricati o di questi dai confini non sono derogabili, perchè dirette, più che alla tutela di interessi privati, a quella di interessi generali e pubblici in materia urbanistica (v. in tal senso, ex plurimis, Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 30.06.2010 n. 4181, Cass. Civ., Sez. II, 31.05.2006, n. 12966). Le norme sulle distanze di cui all’art. 873 e ss c.c. sono, invece, dettate a tutela di reciproci diritti soggettivi dei singoli e mirano unicamente ad evitare la creazione di intercapedini antigieniche e pericolose. Esse, in quanto tali, sono suscettibili di deroga mediante convenzione tra privati. Il fatto che gli edifici progettati confinano con vie pubbliche è pacifico e non contestato dalle ricorrenti, che anzi richiamano tale circostanza proprio al fine di rivendicare l’applicazione della previsione di cui all’art. 879 c.c. Il diniego opposto all’istanza rileva distanze irregolari dalla viabilità di Via Marconi e Via Cortese. In realtà , se ciò può valere ad escludere il rispetto delle distanze codicistiche (artt. 873, 878 e 879 comma secondo codice civile), non può arrivare a far superare l’obbligo di rispetto delle distanze imposte da leggi e da regolamenti urbanistici (cfr. Cass. Civile II, 16.04.2007 n. 9077). L’art. 879 c.c., nel disporre che “alle costruzioni che si fanno in confine con le piazze e le vie pubbliche non si applicano le norme relative alle distanze, ma devono osservarsi le leggi e i regolamenti che le riguardano” va inteso nel senso che, in presenza di una strada pubblica, non si fa tanto questione di tutelare un diritto soggettivo privato (tutelato dalla normativa codicistica sulle distanze, rinunciabile e negoziabile), ma di perseguire il preminente interesse pubblico ad un ordinato sviluppo urbanistico intorno alla strade ed alle piazze, ordinato sviluppo che trova la sua disciplina esclusivamente nelle leggi e regolamenti urbanistico-edilizi, tra i quali vanno annoverate le NTA del PRG del Comune di Bari, oltre al D.M. 1444/1968 (in tal senso T.A.R. Piemonte, sez. I, sent. 1034 del 13.06.2014, T.A.R. Palermo,sez. III n. 2049, del 17/10/2012). La giurisprudenza, nel ribadire la natura di norma primaria imperativa dell’art. 9 del D.M. 2 aprile 1968, n. 1444 (Limiti inderogabili di densità edilizia, di altezza, di distanza fra i fabbricati e rapporti massimi tra gli spazi destinati agli insediamenti residenziali e produttivi e spazi pubblici o riservati alle attività collettive, al verde pubblico o a parcheggi, da osservare ai fini della formazione dei nuovi strumenti urbanistici o della revisione di quelli esistenti, ai sensi dell’art. 17 della legge n. 765 del 1967), ne ha sancito la prevalenza anche rispetto ad eventuali disposizioni contrarie contenute nelle norme tecniche di attuazione che, per questo, “vengono caducate ed automaticamente sostituite dalla anzidetta disposizione” (Così Cons. Stato, Sez. IV, sent. 7731 del 02.11.2010). Nel caso in esame, tuttavia, non si rinvengono contrasti fra le NTA del PRG del Comune di Bari, in particolare la disposizione di cui all’art. 46, e l’art. 9 D.M. 1444/1968, risultando, piuttosto, il ricorso teso ad escludere l’applicabilità di entrambe le previsioni al progetto edilizio oggetto di istanza di permesso di costruire. Nè, per le medesime ragioni, assume rilievo la previsione inserita con il Decreto c.d. “del Fare” (D.L. 21 giugno 2013 n. 69 convertito, con modificazioni, dalla L. 9 agosto 2013, n. 98) che ha introdotto all’interno del Testo Unico dell’Edilizia l’art. 2-bis il quale prevede che “ferma restando la competenza statale in materia di ordinamento civile con riferimento al diritto di proprietà e alle connesse norme del codice civile e alle disposizioni integrative, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano possono prevedere, con proprie leggi e regolamenti, disposizioni derogatorie al decreto del Ministro dei lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444, e possono dettare disposizioni sugli spazi da destinare agli insediamenti residenziali, a quelli produttivi, a quelli riservati alle attività collettive, al verde e ai parcheggi, nell’ambito della definizione o revisione di strumenti urbanistici comunque funzionali a un assetto complessivo e unitario o di specifiche aree territoriali”. Le ricorrenti, infatti, come già evidenziato, rivendicano l’applicazione della deroga di cui all’art. 879 c.c. e, più specificamente, delle deroghe alla disciplina delle distanze, non rinvenibili nel caso in esame, avendo il Comune resistente inteso, piuttosto, applicare l’art. 46 NTA del PRG, in senso conforme alle previsioni di cui all’art. 9 del D.M. 1444/1968. Chiariti i rapporti tra la previsione dell’art. 879 c.c. e le N.T.A. del PRG oltre al D.M. 1444/1968, di cui si è ribadita la natura primaria e inderogabile, nel caso in esame risulta dirimente la previsione di cui al secondo comma dell’art. 9 del citato D.M. 1444/1968. Quest’ultimo è senz’altro applicabile nella parte in cui disciplina le distanze tra edifici quando tra di essi si interponga una via pubblica. La fattispecie è regolata dal richiamato comma 2 dell’ art. 9, che prescrive per tale ipotesi distacchi maggiorati in relazione alla larghezza della strada, senza distinzione alcuna tra le diverse zone territoriali. Ne consegue l’infondatezza di tutte le censure avverso il preteso rispetto delle distanze dal fronte stradale. Più specificamente, dalla Tavola versata in atti dalle ricorrenti, recante l’indicazione delle distanze dell’intervento dagli edifici limitrofi, emerge in tutta evidenza il mancato rispetto della disposizione di cui al secondo comma del citato art. 9 D.M. 1444/1968: – con riferimento agli edifici progettati a confine con la via Marconi e il fabbricato esistente dall’altro lato della strada, la tavola riporta una distanza complessiva pari a m. 5,90; – per quanto riguarda, invece, l’intervento prospiciente Via Cortese, non può rilevare il fatto, evidenziato dalle ricorrenti, che gran parte di esso si affacci su fronte privo di edifici. Il rispetto delle distanze, infatti, va calcolato con riferimento ad ogni punto dei fabbricati e non alle sole parti che si fronteggiano. Le stesse sig.re Miola ammettono che nella parte in cui l’immobile progettato lungo via Cortese fronteggia altro immobile, la viabilità pubblica ha ampiezza pari a mt. 2,90, senza previsione di ulteriore distanza. Tali elementi appaiono da soli idonei a fondare la legittimità del diniego del permesso di costruire agli interventi come progettati e, in particolare, con le irregolarità sulle distanze tra edifici, come indicate nel medesimo provvedimento di conferma del diniego. Ne deriva che non rileva ai fini del decidere, la questione, su cui si sono soffermate le parti negli scritti difensivi, relativa all’estensione dell’applicazione della distanza minima dei 10 mt di cui all’art. 9, comma 1, punto 2, alle nuove costruzioni comprese in zona A, in quanto non espressamente contemplate dal punto 1 del medesimo art. 9 comma 1 (in tal senso cfr. Cons Stato, sez. V, sent. 280 del 19.03.1999). Il diniego opposto dal Comune di Bari, infatti, si fonda sull’art. 46 delle NTA del PRG, che disciplina anche le distanze tra fabbricati, nel caso di nuova costruzione. Nel provvedimento di conferma, il Comune si sofferma sulla questione dell’applicabilità della distanza dei 10 mt di cui all’art. 9, comma 1, n. 2, al fine di replicare alle osservazioni delle ricorrenti, emerse sia nel ricorso principale, che nel corso dell’istruttoria successivamente riaperta e conclusasi con il provvedimento del 20.11.2014. Il Comune aderisce all’orientamento di cui alla richiamata pronuncia del Consiglio di Stato (n. 280/1999), affermando nella conferma del diniego di rilascio di permesso di costruire, che la distanza minima di 10 mt. si cui all’art. 9 comma 1 n. 2, sia applicabile anche in zona omogenea A, in quanto la previsione di cui al n. 1 è sì riferita alla Zona A, ma unicamente ai casi di ristrutturazione e risanamento conservativo. Ai casi di nuova costruzione l’ente ha ritenuto applicabile la successiva previsione di cui al punto n. 2. L’amministrazione nell’aderire all’orientamento giurisprudenziale che estende anche alle nuove costruzioni situate in Zona A, la necessità del rispetto della distanza minima dei 10 mt, si è basata sul fatto che il progetto edificatorio per cui è causa sia relativo ad un suolo collocato in Area di interesse ambientale A2, distinto dal centro storico qualificato come A1. Nell’area A2, come ribadito dalla difesa delle parti nel corso dell’udienza pubblica di merito, le ipotesi di nuova edificazione sono riscontrabili con maggiore frequenza, rispetto all’area A1, in considerazione del diverso contesto e del minor grado di edificazione raggiunto. In tal senso deve ritenersi condivisibile l’esigenza avvertita dal Comune di assoggettare le nuove edificazioni comprese nell’area A2 alla disciplina del regime delle distanze tra edifici, conforme alle previsioni di cui all’art. 9, comma 1, n. 2 del D.M. 1444/1968. Tuttavia, il Collegio ritiene che, quand’anche si aderisse al distinto orientamento secondo cui è da escludere che alle nuove costruzioni in zona A possa estendersi l’applicazione dell’art. 9 comma 1 n. 2 del D.M.. 1444/1968, tale diversa interpretazione della norma, non sarebbe comunque idonea ad inficiare la legittimità del diniego di rilascio del permesso di costruire. La distanza dei 10 mt. si ricava, infatti, non solo dall’art. 9 del D.M. 1444/1968, ma dall’art. 46 NTA del PRG, dato ritenuto “incontestabile” anche dalle ricorrenti, che proprio per questo tentano di negarne l’applicazione attraverso il richiamo dell’art. 879 c.c. La distanza minima tra i fabbricati stabilita dalla norma è pari ai 10 mt lineari o, se maggiore, alla semisomma delle altezze. A fronte di tale esplicita previsione non residuano spazi per le censure opposte dalle ricorrenti al diniego di rilascio del permesso di costruire. All’applicazione dell’art. 46 NTA del PRG, si aggiunge quella di cui al richiamato secondo comma dell’art. 9 D.M. 1444/1968 per la distanza tra edifici tra i quali sia interposta un strada pubblica. Per quanto precede, il ricorso principale deve essere dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse, mentre i motivi aggiunti debbono essere respinti. Le spese seguono la regola della soccombenza e sono liquidate come in dispositivo. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Terza) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto ed integrato da motivi aggiunti: 1) dichiara improcedibile il ricorso principale; 2) respinge i motivi aggiunti. Condanna le ricorrenti al pagamento, in favore del costituito Comune di Bari, di spese ed onorari del presente del giudizio, liquidandole in complessivi € 3.000,00 (tremila/00) oltre agli accessori di legge. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa. Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 9 aprile 2015 con l’intervento dei magistrati: Sergio Conti, Presidente Desirèe Zonno, Primo Referendario Cesira Casalanguida, Referendario, Estensore
DEPOSITATA IN SEGRETERIA |