1. Pubblico impiego – Amministrazione penitenziaria – Rapporto di servizio – Riconoscimento di infermità dipendente da causa di servizio – Comitato di verifica – Parere – Provvedimento di rigetto – Motivazione
2. Procedimento amministrativo – Provvedimento – Discrezionalità tecnica – Sindacabilità – Criteri
3. Pubblico impiego – Riconoscimento di infermità dipendente da causa di servizio – Comitato di verifica – Discrezionalità tecnica – Sindacato del G.a. – Limiti
1. Nell’ambito del procedimento volto al riconoscimento della causa di servizio, l’Amministrazione è vincolata nelle sue determinazioni dal parere del Comitato di verifica; ne consegue che esso costituisce motivazione sufficiente del provvedimento finale.
2. Il sindacato giurisdizionale sugli apprezzamenti tecnici della P.a. può oggi svolgersi in base non al mero controllo formale ed estrinseco dell’iter logico seguito dall’autorità amministrativa, bensì, alla verifica diretta dell’attendibilità delle operazioni tecniche, sia sotto il profilo della loro correttezza, sia con riguardo al criterio tecnico ed al relativo procedimento applicativo.
3. Gli accertamenti sulla dipendenza da causa di servizio dell’infermità lamentata rientrano nell’esercizio della discrezionalità tecnica del Comitato di verifica per le cause di servizio, con l’effetto che il sindacato del G.A. su detta attività è ammesso esclusivamente entro i limiti di manifesta illogicità desumibile dalla motivazione degli atti impugnati dai quali si evidenzi l’inattendibilità delle conclusioni cui è pervenuta l’Amministrazione.
N. 00692/2015 REG.PROV.COLL.
N. 01087/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1087 del 2012, proposto da:
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’avv. Enrico Godini, con domicilio eletto presso Francesco Paparella, in Bari, Via Venezia, 14;
contro
Ministero della Giustizia e Dipartimento Amministrazione Penitenziaria del Ministero della Giustizia, rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Bari, domiciliataria in Bari, Via Melo, 97;
per l’annullamento
del decreto n. 00420/2012/cs del 2 aprile 2012, notificato all’interessato in data 24 aprile 2012, con il quale il Ministero della Giustizia – Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria – Direzione Generale del Personale e della Formazione – ha respinto le istanze presentate dal ricorrente in data 6 luglio 2009 e 8 luglio 2009 di riconoscimento delle infermità , rispettivamente: a) “disturbo ansioso depressivo reattivo con stato di allarme” e b) “cardiopatia ipertensiva in scarso compenso, lieve insufficienza mitralica”, come dipendenti da causa di servizio e della contestuale richiesta di concessione del relativo equo indennizzo;
nonchè di tutti gli atti presupposti, connessi o consequenziali, ancorchè non conosciuti;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero della Giustizia e del Dipartimento Amministrazione Penitenziaria del medesimo Ministero;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Visto l’art. 22 D.Lgs. 30 giugno 2003 n. 196, comma 8;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 25 marzo 2015 il dott. Alfredo -OMISSIS-Allegretta;
Udito per la parte il difensore avv. Enrico Godini;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con ricorso pervenuto in Segreteria in data 18 luglio 2012, -OMISSIS- adiva il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, Sede di Bari, al fine di ottenere l’annullamento del provvedimento meglio indicato in oggetto.
Esponeva in fatto di essere assistente capo del Corpo di Polizia Penitenziaria in servizio dal 1985 e, da ultimo, dislocato presso la Casa Circondariale di Bari, Dipartimento Amministrazione Penitenziaria, del Ministero della Giustizia.
Evidenziava, in particolare, che con istanza del 6 luglio 2009, aveva chiesto il riconoscimento in via amministrativa della dipendenza da causa di servizio – a fronte di una intervenuta diagnosi a suo carico di un “disturbo ansioso depressivo reattivo con stato di allarme”, effettuata in data 29 maggio 2009 – per la concessione di un equo indennizzo.
Con successiva istanza in data 8 luglio 2009, il -OMISSIS- svolgeva identiche richieste in relazione ad una ulteriore patologia, costituita da “cardiopatia ipertensiva in scarso compenso, lieve insufficienza mitralica”.
Con il provvedimento in oggetto, il Dipartimento Amministrazione Penitenziaria – Direzione Generale del Personale e della Formazione – del Ministero della Giustizia respingeva le istanze presentate dal ricorrente sulla scorta delle valutazioni svolte dal Comitato di verifica per le cause di servizio con provvedimento n. 13486/2011, reso in data 25 novembre 2011, in atti.
Insorgeva il ricorrente avverso tali risultanze provvedimentali, sollevando un unico articolato motivo di ricorso, con il quale si doleva della violazione e del malgoverno dell’art. 3, comma 2, del D.P.R. n. 349/1994; della violazione e dell’erronea applicazione dell’art. 5 bis del D.L. n. 287/1987, convertito con modificazioni, dalla L. n. 472/1987; dell’eccesso di potere per contraddittorietà , difetto assoluto di istruttoria, travisamento dei fatti e dei presupposti, omessa considerazione e verifica della documentazione in atti, omessa e insufficiente motivazione, illogicità .
In estrema sintesi, con il detto motivo di gravame, parte ricorrente contestava il parere reso dal Comitato di verifica per le cause di servizio, evidenziandone plurime mende, sia sul piano metodologico che su quello contenutistico.
Si evidenziava, in particolare, come non fosse stato dato adeguato rilievo alle risultanze medico diagnostiche di cui al caso di specie – con specifico riguardo a quanto evidenziato dalla Commissione Medico Ospedaliera in data 17 giugno 2010 (doc. n. 6 al fascicolo di parte ricorrente) – rimarcando, altresì, la mancata attenzione prestata, nella valutazione del caso, alle sedi di servizio carcerarie in cui il -OMISSIS- aveva svolto la propria attività lavorativa, in tesi caratterizzate da condizioni di significativo impegno e disagio.
Con atto di stile pervenuto in Segreteria in data 20 luglio 2012, si costituiva in giudizio l’Avvocatura erariale per le Amministrazioni resistenti.
All’udienza pubblica del 25 marzo 2015, la causa era definitivamente trattenuta in decisione.
Tutto ciò premesso, il ricorso è in parte inammissibile e in parte infondato; esso, pertanto, non può essere accolto.
Come anche evidenziato supra, l’articolato motivo di gravame posto a base del ricorso si concentra su una critica alla valutazione tecnico discrezionale per come concretamente effettuata, nei suoi contenuti di merito, dal Comitato di verifica per le cause di servizio in relazione al caso di -OMISSIS- -OMISSIS-
Come è noto, l’impostazione dottrinaria tradizionale ha per lungo tempo assimilato la discrezionalità tecnica alla discrezionalità pura, ammettendo un sindacato del Giudice Amministrativo su di essa solo rispetto al profilo dell’eccesso di potere.
Tale posizione ha trovato supporto nella giurisprudenza che, incerta sulla possibilità di consentire un sindacato pieno e sostitutivo delle valutazioni tecniche, lo ha limitato in un primo momento ai casi di dubbia ragionevolezza delle valutazioni effettuate (cfr. Cons. Stato, sez. V, 22 gennaio 1982, n. 55; Cons. Stato, sez. V, 18 febbraio 1991 n. 160; T.A.R. Puglia, sez. II, Lecce, 27 luglio 1993, n. 406).
In tale quadro concettuale, compito primario del giudice era quello di verificare se il potere amministrativo fosse stato esercitato con un utilizzo delle regole tecniche conforme a criteri di logicità , congruità , ragionevolezza e corretto apprezzamento dei fatti.
In altri termini, le valutazioni compiute dall’Amministrazione in ordine alle scelte tecnico amministrative costituivano espressione di un potere di natura tecnico discrezionale, di per sè insindacabile in sede giurisdizionale, salva l’ipotesi in cui le valutazioni sottoposte a scrutinio fossero state manifestamente illogiche o fondate su insufficiente motivazione o errori di fatto (cfr., in termini, Cons. Stato, sez. IV, n. 3554/2004).
Il sindacato del Giudice Amministrativo veniva, dunque, in tal modo limitato ad un controllo estrinseco sulla motivazione del provvedimento amministrativo.
Un cambiamento di indirizzo si è avuto con la nota sentenza Baccarini del Consiglio di Stato, Sez. IV, del 9 aprile 1999 n. 601, che ha riconosciuto l’opportunità di una verifica più incisiva e penetrante sugli apprezzamenti tecnici, evidenziando sul punto come “il sindacato giurisdizionale sugli apprezzamenti tecnici può svolgersi, allora, in base non al mero controllo formale ed estrinseco dell’iter logico seguito dall’autorità amministrativa, bensì invece alla verifica diretta dell’attendibilità delle operazioni tecniche sotto il profilo della loro correttezza quanto a criterio tecnico ed a procedimento applicativo. Non è, quindi, l’opinabilità degli apprezzamenti tecnici dell’amministrazione che ne determina la sostituzione con quelli del giudice, ma la loro inattendibilità per l’insufficienza del criterio o per il vizio del procedimento applicativo. (¦)Quando la tecnica è inserita nella struttura della norma giuridica, l’applicazione di un criterio tecnico inadeguato o il giudizio fondato su operazioni non corrette o insufficienti comportano un vizio di legittimità dell’atto di riconoscimento o di diniego.”.
Tramontata l’equazione discrezionalità tecnica-merito insindacabile, il sindacato giurisdizionale sugli apprezzamenti tecnici della P.A. può oggi svolgersi in base non al mero controllo formale ed estrinseco dell’iter logico seguito dall’autorità amministrativa, bensì, alla verifica diretta dell’attendibilità delle operazioni tecniche, sia sotto il profilo della loro correttezza, sia con riguardo al criterio tecnico ed al relativo procedimento applicativo (cfr., in termini, Cons. Stato, sez. VI, n. 4635/2007).
Riconosciuto la piena sindacabilità della discrezionalità tecnica, la giurisprudenza si è interrogata sul tipo di controllo, forte o debole, che poteva essere concretamente effettuato dal Giudice Amministrativo.
Ci si è chiesti, in particolare, se il Giudice Amministrativo dovesse limitarsi a utilizzare la valutazione tecnica emersa dal processo solo al fine di dimostrare l’erroneità di quella amministrativa (tesi del sindacato intrinseco non sostitutivo o “debole”) o potesse sostituirla con la propria (tesi del sindacato sostitutivo o “forte”), con la conseguenza di poter annullare non solo il provvedimento basato su una valutazione scientificamente sbagliata dei fatti, ma anche quello fondato su una valutazione non errata ma semplicemente opinabile e non coincidente con quella del Giudice.
La giurisprudenza prevalente si è orientata nel senso dell’inammissibilità di un sindacato di tipo forte, in quanto il compito del Giudice, nel valutare la legittimità del provvedimento amministrativo, sarebbe esclusivamente di verificare se tale atto sia espressione di un potere esercitato in modo conforme alla norma che lo attribuisce.
La norma, in sè considerata, indica una serie di fatti come presupposto per l’esercizio del potere, che il Giudice ha il compito di accertare; se la valutazione tecnica diretta a verificare l’esistenza del fatto posta in essere dall’Amministrazione non è errata, ma solo opinabile, il giudice non può sostenere l’illegittimità del provvedimento.
Una volta accertati i fatti e verificato l’iter logico-valutativo posto in essere dalla Pubblica Amministrazione, sulla base di regole tecniche e di buona azione amministrativa, il Giudice, se ritiene tali valutazioni corrette, ragionevoli, proporzionate ed attendibili, non deve esprimere propri convincimenti o compiere autonome scelte.
Infatti, se tali scelte venissero effettuate, costituirebbero nè più nè meno che attività amministrativa diretta svolta in sede giurisdizionale.
Del resto, come è noto, non è consentito all’Autorità Giudiziaria di sostituirsi ad un potere già esercitato o da esercitarsi, potendo detta Autorità “solo stabilire se la valutazione complessa operata nell’esercizio del potere debba essere ritenuta corretta sia sotto il profilo delle regole tecniche applicate, sia nella fase di contestualizzazione della norma posta a tutela della conformità a parametri tecnici, che nella fase di raffronto tra i fatti accertati ed il parametro contestualizzato” (cfr., in termini, Cons. Stato, sez. IV, n. 1274/2010).
In virtù del pieno rispetto del principio della separazione dei poteri e dei canoni costituzionali che lo sostanziano, la tesi del sindacato “debole” ha trovato pieno accoglimento da parte della giurisprudenza.
Al riguardo, nella sentenza n. 829 del 27 febbraio 2006, il Consiglio di Stato ha riconosciuto che “(¦) la c.d. discrezionalità tecnica esprime un concetto diverso dal merito amministrativo e pertanto non può essere aprioristicamente sottratta al sindacato da parte del giudice amministrativo atteso che l’apprezzamento degli elementi di fatto del provvedimento, siano essi semplici o complessi, attiene comunque alla legittimità di quest’ultimo. Tuttavia la censurabilità della discrezionalità tecnica non deve mai arrivare alla sostituzione del giudice all’amministrazione nell’effettuazione di valutazioni opinabili, ma deve consistere nel controllo,ab externo, dell’esattezza e correttezza dei parametri della scienza utilizzata nel giudizio”.
Con particolare riguardo al tema dell’accertamento della dipendenza di una infermità da causa di servizio, il Consiglio di Stato ha altresì recentemente precisato che “il pubblico dipendente non è titolare di una posizione di diritto soggettivo perfetto bensì di una posizione di interesse legittimo al riconoscimento della dipendenza da causa di servizio di un’infermità , tenuto conto che la pubblica amministrazione esercita, nella relativa procedura, poteri tecnico – discrezionali diretti all’accertamento dell’effettiva esistenza dello stato morboso, della sua capacità invalidante e del nesso eziologico tra la malattia e la prestazione lavorativa. In conseguenza deve ritenersi inammissibile un’azione di accertamento della dipendenza stessa, non essendo surrogabili, da parte del giudice amministrativo, anche in sede di giurisdizione esclusiva, i poteri tecnico-discrezionali che la legge attribuisce in materia all’amministrazione.” (cfr. Cons. Stato, Sez. III, sentenza n. 1296 del 7 marzo 2012).
Applicando tali nitidi principi al caso di specie, emerge con chiarezza che la valutazione in concreto effettuata dal Comitato di verifica per le cause di servizio non appare in sè manifestamente irragionevole o infondata.
Per quanto soggettivamente possano essere state difficili sia la situazione personale del ricorrente che le sedi di servizio ricoperte, è concetto di comune esperienza quello della particolare complessità in generale del lavoro carcerario, senza che, in proposito, possano effettuarsi distinzioni, in termini di sedi di servizio più o meno disagiate, che siano a loro volta rilevanti ai fini del complessivo trattamento degli agenti di polizia penitenziaria, che in esse svolgano o abbiano svolto attività lavorativa.
Sul piano medico, è altrettanto notorio che l’eziologia effettiva delle patologie di cui risulta affetto il ricorrente non è scientificamente chiara ed univoca, essendo i disturbi ansiosi e le malattie cardiache tipicamente attribuibili a un insieme multifattoriale di cause, non necessariamente riconducibili al servizio d’istituto svolto dal -OMISSIS-.
Ad abundantiam, non è stata comunque fornita prova di una stretta derivazione condizionalistica delle patologie in questione dalla attività lavorativa assunta come causativa delle stesse.
Sul piano metodologico procedimentale, il parere del Comitato di verifica per le cause di servizio ha sufficientemente motivato il diniego espresso, prendendo come punto di riferimento la valutazione medica autonoma delle patologie lamentate come causalmente determinate dall’attività di servizio ed escludendo qualunque interrelazione fra i due profili in questione.
Il contributo analitico motivazionale che si sarebbe potuto avere prendendo in considerazione il referto della Commissione Medico Ospedaliera in data 17 giugno 2010 e la relazione di consulenza psichiatrica del 29 maggio 2009 non avrebbero potuto immutare le conclusioni cui il Comitato di verifica autonomamente giungeva, svolgendo una valutazione di natura tecnico discrezionale delle patologie in esame.
Da quanto sin qui esposto discende che il ricorso, in conclusione, resta in parte inammissibile (in punto di contestazione dei contenuti della valutazione tecnica effettuata) ed in parte infondato (sotto i residui profili).
Da ultimo, la parziale novità in fatto della questione e i delicati profili personali e medico sanitari in essa coinvolti suggeriscono di ritenere integrati i presupposti di legge per disporre l’integrale compensazione delle spese di lite fra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, Sede di Bari, Sezione I, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara in parte inammissibile ed in parte infondato.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Manda alla Segreteria di procedere, in qualsiasi ipotesi di diffusione del provvedimento, all’oscuramento delle generalità , nonchè di qualsiasi dato idoneo a rivelare lo stato di salute delle parti o di persone comunque citate nel provvedimento.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 25 marzo 2015 con l’intervento dei magistrati:
Corrado Allegretta, Presidente
Francesco Cocomile, Primo Referendario
Alfredo Giuseppe Allegretta, Referendario, Estensore
L’ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 13/05/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)