1. Processo amministrativo – Giudizio impugnatorio – Approvazione di PRG – Mancata impugnazione deliberazione di adozione – Ammissibilità del ricorso
2. Edilizia e urbanistica – Piani urbanistici – In genere – Prescrizioni difformi per aree appartenenti ad una determinata zona – Possibilità – Necessità di adeguata e puntuale motivazione – Fattispecie
3. Edilizia e urbanistica – Piani urbanistici – In genere
1. L’impugnazione della delibera di adozione di un piano urbanistico costituisce una mera facoltà e non un onere, con la conseguenza che è ammissibile l’impugnazione della sola delibera di approvazione del piano.
2. Sebbene sia stata riconosciuta la possibilità di addivenire alla c.d. “microrganizzazione”, cioè all’individuazione di sottozone con caratteristiche peculiari nell’ambito di quelle previamente individuate, è oggettiva la necessità che, per aree aventi caratteristiche comuni ed omogenee, venga individuata la corrispondente classificazione e con essa l’uniformità di disciplina. Consegue da ciò che la previsione di prescrizioni difformi per aree appartenenti ad una determinata zona, con conseguente diversità di disciplina, deve, dunque, ritenersi di per sè consentita all’Amministrazione che deve farsi interprete delle esigenze peculiari proprie di taluni ambiti, il che richiede, tuttavia, che la correlativa statuizione sia sorretta da un’adeguata e puntuale motivazione (nel caso di specie, secondo il TAR, non era dato cogliere alcuna argomentazione a supporto del vincolo di destinazione particolare a sala cinematografica stabilito per l’immobile degli istanti, contrastante con i criteri di piano orientati a confermare le precedenti conformazioni al PRG, respinte anche le osservazioni tecniche predisposte durante la fase partecipativa dell’approvazione del piano).
3. Il P.R.G. può recare previsioni vincolistiche incidenti su singoli edifici, configurati in sè quali “zone”, quante volte la scelta, pur se puntuale sotto il profilo della portata, sia rivolta non alla tutela autonoma dell’immobile “ex se” considerato ma al soddisfacimento di esigenze urbanistiche evidenziate dal carattere qualificante che il singolo immobile assume nel contesto dell’assetto territoriale.
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Cons. St., sez. IV, sentenza 26 luglio 2017, n. 3337 – 2016
N. 00651/2015 REG.PROV.COLL.
N. 00165/2011 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 165 del 2011, proposto da:
Cosimo Caforio, Antonio Caforio, rappresentati e difesi dall’avv. Bice Annalisa Pasqualone, con domicilio eletto presso Bice Annalisa Pasqualone, in Bari, Via Dalmazia, n. 161;
contro
Comune di Monopoli, rappresentato e difeso dagli avv. Pierluigi Nocera, Lorenzo Dibello, con domicilio eletto presso Francesco Semeraro, in Bari, Via Dante n. 51; Regione Puglia, rappresentata e difesa dall’avv. Anna Bucci, con domicilio eletto presso Anna Bucci, in Bari, Via Nazario Sauro n. 33;
per l’annullamento
– della delibera del Consiglio Comunale di Monopoli n. 68 del 22.1.2010, pubblicata sul BURP n. 167 del 4.11. 2010 di approvazione definitiva del PUG di Monopoli;
– della delibera del Consiglio Comunale di Monopoli n. 110 del 22.12.2007 di adozione del PUG di Monopoli;
– della delibera del Consiglio Comunale di Monopoli n. 44 del 28.7.2009, avente d oggetto “Esame delle osservazioni sulla delibera consiliare n. 110 del 22 dicembre 2007, recante “Nuovo Piano urbanistico Generale del Comune di Monopoli – Adozione – Determinazioni conseguenti”;
– della delibera n. 51 del 5.8.2009 con la quale il Consiglio Comunale di Monopoli , ai sensi e per gli effetti dell’art. 11 della l.r. Puglia n. 20/2001, si è determinato in ordine a tutte le osservazioni per venute avverso la delibera consiliare n. 110 del 22.12.2007 recante «Nuovo Piano urbanistico Generale del Comune di Monopoli – Adozione»;
– della delibera n. 1803 dl 30.7.2010 con la quale la Giunta regionale pugliese ha attestato definitivamente, ai sensi dell’art. 11 comma 11 l.r. 20/01, la compatibilità del PUG del Comune di Monopoli rispetto al DRAG approvato con DGR n. 1328 del 3.8.2007;
– della deliberazione n. 2036 del 20.9.2010 con la quale la Giunta regionale pugliese ha stabilito di recepire le determinazioni assunte dalla Conferenza di Servizi del 6.9.2010 di rettificare, di conseguenza, la DGR n. 1803 del 30.7.2010;
– di tutti gli atti connessi presupposti e conseguenti, ancorchè non conosciuti;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Monopoli e della Regione Puglia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 12 marzo 2015 la dott.ssa Maria Colagrande;
Uditi per le parti i difensori Domenico Curigliano, Anna Bucci, Lorenzo Dibello e Pierluigi Nocera;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
I ricorrenti sono comproprietari di un immobile identificato al catasto del Comune di Monopoli al foglio 11S particella 3612, via Rattazzi nn. 98, 98/A, 98/B, 98/C e 98/D, composto da un piano terra destinato per 850 mq a sala cinematografica, per 350 mq a supermercato e un primo piano di 250 mq destinato ad uffici
Detto immobile era classificato dal PRG/1977 come “zona 3 residenziale”.
Oggi impugnano il PUG di Monopoli, definitivamente recepito dalla Regione Puglia:
– nella parte strutturale (PUG/S) ove l’immobile in questione ricade nell’ambito “contesti consolidati e da consolidare, mantenere e riqualificare” – art. 22 NTA (PUG/S)
– nella parte programmatica (PUG/P) ove detto immobile ricade in parte in “contesti urbani esistenti consolidati ad alta densità ” (art. 11 NTA PUG/P) ed in parte in “contesti urbani consolidati per servizi pubblici e privati non computabili come standard” ex art. 18 NTA PUG/P con destinazione d’uso a “sala cinematografica”.
Allegano a sostegno della domanda i criteri di redazione del piano orientati a confermare, per i contesti consolidati, la precedente conformazione di PRG a “zona 3 residenziale”, che sarebbe stata mantenuta per gli edifici adiacenti.
Dubitano quindi della tenuta logica e razionale della decisione di distinguere, all’interno dell’area omogenea “contesti urbani consolidati ad alta densità “, un solo edificio, nella parte già adibita a sala cinematografica, per poi stabilirne una diversa conformazione e destinazione d’uso.
In sede di reiezione delle osservazioni, presentate dai ricorrenti nella fase partecipativa dell’approvazione del piano, il Comune ha ricondotto tale decisione alla valenza culturale, storica e sociale dell’immobile, adibito a sala cinematografica già dagli anni ’50, precisando che sussiste comunque la facoltà dei proprietari di mutarne la destinazione d’uso secondo le NTA del PUG.
Con il ricorso in decisione i ricorrenti impugnano gli atti indicati in epigrafe deducendo:
1) violazione falsa applicazione di legge: art. 7 l. 1150/42, articoli 2,3 e 7 del d.M. 1444/68, art. 3 l. 241/90 (motivazione perplessa), articoli 3, 41 e 42 Cost. – eccesso di potere per violazione dei principi fondamentali in materia di pianificazione urbanistica – violazione del principio di legalità – eccesso di potere per erroneo e omesso apprezzamento dei presupposti di fatto e di diritto, difetto di istruttoria – eccesso di potere per illogicità , irragionevolezza ed ingiustizia manifesta, disparità di trattamento, nonchè per contraddittorietà – eccesso di potere per sviamento dalla causa tipica e straripamento di potere.
Nonostante ricada nell’area omogenea “contesti urbani consolidati ad alta densità “, per i quali l’art. 11 delle NTA del PUG /P conferma la destinazione residenziale già impressa dal precedente PRG, e consente l’intervento edilizio diretto, l’immobile in questione è oggetto di un vincolo di destinazione particolare a sala cinematografica che contrasta con i principi di conformazione del territorio a carattere generale per aree omogenee: si tratterebbe di un vincolo di destinazione d’uso specifico e puntuale del tutto atipico che deroga alle previsioni di zona, contrasta con l’art. 42 cost., con i criteri di piano orientati a confermare le precedenti conformazioni del PRG, con l’art. 41 cost. perchè riferito all’attività svolta, più che all’immobile, che ospita anche un supermercato e uffici, limitandosi così la libertà di impresa allo scopo di salvaguardare la preesistente attività di cinematografia, in quanto servizio privato di interesse pubblico, senza peraltro calcolarne l’area nella dotazione degli standard di zona, onde evitare, presumibilmente, censure di sovradimensionamento rispetto ai limiti stabiliti dal d.m. 1444/1968
2) violazione falsa applicazione di legge; art. 7 l. 1150/42, art. 10 d.lg. 42/04, art. 3 l. 241/90 (motivazione carente e perplessa), art. 117 Cost. – eccesso di potere per violazione dei principi fondamentali in materia di pianificazione urbanistica – violazione del principio di legalità – eccesso di potere per erroneo e omesso apprezzamento dei presupposti di fatto e di diritto, difetto di istruttoria – eccesso di potere per illogicità ed ingiustizia manifesta – eccesso di potere per travisamento, sviamento dalla causa tipica e straripamento di potere.
Il Comune non avrebbe il potere di dichiarare la valenza storico culturale di un singolo edificio e di vincolarne, per questo, la destinazione rispetto al più favorevole regime del PRG/77; la giustificazione addotta dal Comune alle obiezioni mosse in sede di osservazioni, secondo la quale ben potrebbero i ricorrenti chiedere il mutamento di destinazione d’uso, non supera le censure allegate perchè le destinazioni d’uso previste dall’art. 18 NTA PUG/P escludono l’uso residenziale, possibile invece per gli immobili attigui ricadenti nella stessa aerea e classificati come “contesti consolidati ad alta densità “.
Alla domanda demolitoria i ricorrenti cumulano la domanda di risarcimento dei danni subiti e subendi.
La Regione Puglia contesta la tesi dei ricorrenti sul rilievo, ritenuto assorbente, che l’edificabilità dei suoli non sarebbe riconducibile solo all’uso residenziale, ma è altrettanto vantaggiosa se implica, come nel caso in esame, l’esercizio di attività commerciali in una zona nella quale sono altresì ammessi la demolizione con ricostruzione e l’ampliamento volumetrico.
La destinazione impressa al cespite sarebbe altresì conforme alla classificazione di “contesti urbani consolidati per servizi pubblici e privati non computabili come standard” nel quale esso ricade, fra i quali numerosi sono gli impieghi consentiti e non ci sarebbe alcun vincolo d’uso come sala cinematografica.
Quanto all’esclusione delle aree destinate a servizi pubblici e privati dal calcolo delle aree a standard per evitarne il sovradimensionamento, la Regione allega dati indicativi del netto sottodimensionamento degli standard del PRG previgente e da ciò deduce che, pur calcolando dette aree nel montante degli standard urbanistici, non sarebbero superati i rapporti stabiliti dal d.m. 1444/1968.
Infine, secondo la Regione, il PUG avrebbe operato una mera ricognizione delle aree edificate nella quali, ai sensi dell’art. 22 NTA PUG/S, sono consentiti solo interventi di recupero o minimi interventi diretti, finalizzati a migliorare il livello di qualità urbana e ambientale.
Il Comune eccepisce l’inammissibilità del ricorso perchè i ricorrenti non hanno impugnato le delibere di adozione del PUG e di esame e di rigetto delle osservazioni presentate.
Nel merito sostanzialmente ripercorre la tesi espressa dalla Regione aggiungendo che la l.r. 20/01 prevede espressamente la divisione del territorio in “contesti” e quindi l’operato del Comune non sarebbe affatto in contrasto che il principio della zonizzazione espresso dalla normativa statale, ma coerente con la particolare connotazione che la l.r. 20/01 ha inteso dare all’urbanistica pugliese.
1. L’eccezione di inammissibilità sollevata dal Comune è infondata.
Pur essendo la delibera di adozione di un piano urbanistico immediatamente impugnabile, tale adempimento costituisce una mera facoltà e non un onere, di modo che l’omessa impugnativa non è in alcun modo preclusiva del successivo gravame della delibera di approvazione del piano (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV 12/05/2014 n. 2403, Cons. Stato, sez. IV, 11 settembre 2012, nr. 4828; id., 2 dicembre 2011, nr. 6373; id., 13 gennaio 2010, nr. 50)
Venendo all’esame del merito, occorre osservare che nè la Regione, nè il Comune contestano:
– che la conferma delle destinazioni urbanistiche del PRG previgente fosse uno dei criteri guida del PUG;
– che tutti gli immobili circostanti l’edificio dei ricorrenti, già compresi nel PRG previgente in “zona 3 – residenziale”, hanno mantenuto tale conformazione mediante la tipizzazione come “contesti urbani consolidati ad alta densità “;
– che solo l’edificio dei ricorrenti, parimenti compreso nel PRG previgente in “zona 3 residenziale” ha subito il cambiamento di conformazione in “contesti urbani consolidati per servizi pubblici e privati non computabili come standard”.
Anzi il Comune afferma che “il PUG ha impresso all’area di proprietà dei ricorrenti la destinazione datane dai ricorrenti”, precisando che ciò non esclude il mutamento di destinazione nell’ambito dei possibili usi non computabili come standard, previsti dall’art 18/P NTA: sedi municipali attrezzature per la sicurezza e l’ordine pubblico, attrezzature culturali, attrezzature per lo spettacolo sportivo, commercio, strutture alberghiere, cimitero e la relativa fascia di rispetto”.
In sostanza, il punto decisivo della controversia è stabilire se il PUG poteva legittimamente limitare la destinazione dell’immobile dei ricorrenti, compreso nel contesto consolidato ad alta densità , solo ad usi destinati alla collettività (servizi pubblici e privati ad uso pubblico) in ragione della concreta destinazione a sala cinematografica ad esso impressa da lungo tempo.
Preliminarmente è necessario richiamare alcuni principi in materia di pianificazione generale.
L’art. 7 della l. 17 agosto 1942 n. 1150 stabilisce che il Piano regolatore generale (PUG secondo la legislazione regionale pugliese) determina l’assetto urbanistico dell’intero territorio comunale, in particolare prevedendo “le aree da riservare ad edifici pubblici o di uso pubblico nonchè ad opere ed impianti di interesse collettivo o sociale”.
L’art. 41-quinquies, comma 8, della l. n. 1150/1942 stabilisce che “in tutti i Comuni, ai fini della formazione di nuovi strumenti urbanistici o della revisione di quelli esistenti, debbono essere osservati [¦] rapporti massimi tra spazi destinati agli insediamenti residenziali e produttivi e spazi pubblici, o riservati alle attività collettive, a verde pubblico o a parcheggi” avuto riguardo a”zone territoriali omogenee” (comma 9).
In sostanza la divisione del territorio in zone omogenee serve alla razionale dislocazione dei servizi pubblici e di interesse comune (Consiglio di Stato n. 71/89) come si deduce dall’art. 41 quinquies l. 1150/1942, attuato dagli articoli 2-7 del d.m. 1444/68, che dispone il reperimento degli spazi a standard, diversi per ciascuna zona e a ciascuna zona funzionali, diversamente tipizzando, fra le aree ivi comprese, quelle che sono destinate a taluni usi di interesse comune.
Il fatto che le aree a standard di zona o di quartiere siano reperite di norma all’interno della zona già delimitata assumendo come criterio aggregante l’omogeneità delle aree perimetrate, è dimostrato a contrario dalla lettera dell’art. 4 n. 2 D.M. 1444/1968 laddove prevede: “quando sia dimostrata l’impossibilità – detratti i fabbisogni comunque già soddisfatti – di raggiungere la predetta quantità minima di spazi su aree idonee, gli spazi stessi vanno reperiti entro i limiti delle disponibilità esistenti nelle adiacenze immediate”.
Ne consegue che una determinata area ricadente nella zona considerata può essere esclusa da taluno degli impieghi ammessi al suo interno in via generale e astratta, solo per ragioni indicative di un interesse prevalente che esige tale limitazione, perchè non altrimenti realizzabile.
E’ quindi evidente che la coesistenza nella medesima zona omogenea di aree con diversa destinazione d’uso è possibile perchè alcune sono prenotate a standard di zona previsti dall’art 4 del d.m. 1444/1968.
Dette aree risultano quindi incise da un vincolo (conformativo o espropriativo) che le differenzia dalle altre aree, parimenti comprese nella zona considerata – cui è attribuita in dote la piena disponibilità degli usi ammessi dalle NTA, con possibilità di mutamento di destinazione, senza che ciò implichi variazioni essenziali, ai sensi dell’art. 32 comma 1 lett. a) d.P.R. 380/01 – proprio perchè la tenuta funzionale del programma di zona è garantita dalla quantità minima delle aree a standard, cui tale possibilità è invece interdetta.
In alternativa, se si intende distinguere fra loro aree con analoghe caratteristiche morfologiche, ambientali e di contesto senza stabilire uno specifico nesso di servizio (standard di zona) delle une alle altre, occorre sussumerle in diverse sottozone territoriali, omogenee dal punto di vista funzionale.
Si intende affermare – consapevole il Collegio che il modello della zonizzazione del territorio ha assunto forme flessibili nella prassi applicativa, sino a pervenire, nell’ambito della stessa zona omogenea, alla microzonizzazione o alla previsione di sottozone distinte da ulteriori peculiarità strutturali o funzionali – che il processo di conformazione del territorio non esclude che a livello di pianificazione generale possano essere previsti differenti regimi urbanistici all’interno della stessa zona omogenea.
Il principio di tipicità degli strumenti urbanistici, che riflette il limite di legalità dell’azione amministrativa, non esclude infatti che il pianificatore comunale, stante la progressiva espansione degli interessi affidati al governo di prossimità , introduca un sistema di “lettura” del territorio diverso o ulteriore rispetto al modello per zone, purchè al pari di questo sia iscritto nel medesimo referente normativo, nazionale e regionale, e ad esso si conformi.
Se così non fosse infatti l’azione amministrativa sarebbe non discrezionale, ma del tutto arbitraria e il nuovo modello di conformazione del territorio risulterebbe sostanzialmente abrogativo del sistema delineato dalla l. 1150/42, il cui nucleo essenziale inderogabile, tanto da costituire principio fondamentale per la legislazione regionale concorrente, esige che siano identificate previamente le categorie generali e astratte ove iscrivere le porzioni di territorio, sulla base di descrittori anch’essi previamente definiti, in funzione degli obiettivi che l’azione pianificatrice si prefigge.
E allora sarà del tutto irrilevante che la conformazione del territorio, come detto funzionale alla dislocazione dei servizi di interesse generale, sia concepita per zone, contesti, ambiti, comparti, zone miste o microzone, purchè – qualunque essa sia -corrisponda a categorie prefissate ex ante, tali cioè da costituire il parametro di legittimità della successiva azione amministrativa.
Gli orientamenti variamente espressi dalla giurisprudenza sulla tipicità degli strumenti urbanistici convergono sulla necessità che la pianificazione incidente sulla proprietà privata corrisponda comunque a classificazioni generali e astratte tali cioè da consentire il controllo di legalità (T.A.R. Trentino-Alto Adige Trento 7/1/2010, n. 1, Consiglio di Stato, sez. IV, 13.7.2010 n. 4545.)
Nulla esclude che un singolo edificio o lotto fondiario esistente all’interno di un’area omogenea abbia una conformazione differenziata, purchè essa sia il risultato della sussunzione delle caratteristiche concrete dell’edificio o lotto nella corrispondente categoria astratta, risultando invece violato il principio di legalità dell’azione amministrativa ove accadesse il contrario, se cioè una proprietà in quanto tale per le sue caratteristiche intrinseche ricevesse ex post una disciplina puntuale e concreta.
Non di meno il p.r.g. può recare previsioni vincolistiche incidenti su singoli edifici, configurati in sè quali “zone”, se la scelta, benchè puntuale sotto il profilo della portata, sia rivolta non alla tutela autonoma dell’immobile “ex se” considerato, ma al soddisfacimento di esigenze urbanistiche evidenziate dal carattere qualificante che il singolo immobile assume nel contesto dell’assetto territoriale (Consiglio di Stato, sez. V, 24/4/2013, n. 2265).
E allora sarà evidente che l’area in questione esprime ex se una categoria uniforme e unificante replicabile ogni volta che il territorio presenti la stessa evidenza, essendo del tutto accidentale ed irrilevante che nel momento concreto considerato, tale classificazione attinga un singolo immobile (Consiglio di Stato, sez IV 14.10.2014 n. 6290), altrimenti sarebbe violato il fondamento dell’attività di pianificazione che è dare una connotazione omogenea alle aree consimili per caratteristiche predefinite.
Venendo al caso in decisione, l’aver attribuito all’edificio dei ricorrenti, già tipizzato “zona 3 residenziale” nel PRG previgente (certificato di destinazione urbanistica in atti di parte ricorrente) la diversa destinazione d’uso corrispondente all’impiego – sala cinematografica – cui era in concreto adibito lascia intendere che la conformazione non sia stata mediata dalla sussunzione in una categoria (zona, sottozona, microzona) prefissata.
Tale criterio non è stato seguito evidentemente per gli immobili circostanti per i quali invece – è inconstestato – ha trovato conferma la tipizzazione pregressa – contesti urbani consolidati ad alta densità , corrispondente alla ex zona 3 residenziale – non certo la destinazione d’uso concretamente attribuita a ciascun cespite, che avrebbe potuto restituire una zona geografica puntiforme sotto il profilo delle singole concrete destinazioni d’uso.
L’errore di metodo sta nell’aver confuso la categoria (di cui la zona omogenea, la microzona o il contesto sono espressione) con l’uso in concreto attribuito a parte dell’edificio dei ricorrenti, il generale con il particolare.
L’errore è palese se poi si considera che nel novero delle destinazioni d’uso comprese nella categoria “contestiurbani consolidati per servizi pubblici e privati non computabili come standard”, ove il Comune colloca l’edificio dei ricorrenti, non esiste la destinazione d’uso a sala cinematografica.
L’art. 40 delle NTA del PUG/P elenca le attrezzature necessarie per l’erogazione dei servizi pubblici e privati non computabili come standard e le destinazioni d’uso consentite per ciascuna di esse: Attrezzature amministrative pubbliche, Attrezzature culturali (musei, biblioteche, centri congressuali) Attrezzature per l’ordine pubblico e la sicurezza (Polizia, Carabinieri, Vigili del fuoco, Protezione Civile, strutture carcerarie); Attrezzature sportive (impianti e attrezzature per lo sport e gli spettacoli sportivi);Attrezzature sportive private.
Come è evidente in nessuno dei sottotipi relativi al genus “attrezzature” è contemplata la destinazione a sala cinematografica.
Resta dunque dimostrato che la conformazione data all’immobile dei ricorrenti è il risultato di una scelta particolare e concreta non riconducibile ad una categoria uniforme generale ed astratta .
Tanto basterebbe, per quanto detto in linea generale, per annullare il PUG in parte qua perchè illegittimo per violazione dell’art. 7 l. 1150/42 come dedotto in entrambi i motivi di ricorso.
Ma è la stessa possibilità ammessa dal Comune in riscontro all’osservazione dei ricorrenti, di cambiare la destinazione d’uso da sala cinematografica ad uno degli altri impieghi previsti dall’art. 18 NTA PUG/P, dimostra l’inconsistenza dal motivazione addotta dal Comune per dare all’immobile dei ricorrenti un disciplina diversa da quella degli edifici adiacenti: L’attuale destinazione dell’intero fabbricato è il cinema e trattasi di edificio ormai storicamente riconosciuto per la sua valenza culturale, storica e sociale da preservare.
Non ha senso attribuire ad un bene o ad un’attività un valore culturale se subito dopo si consente al titolare il potere si mutarne i connotati.
Sotto questo profilo occorre osservare che si tratta di una motivazione tutt’altro che perspicua: se meritevole di conservazione è l’attività di sala cinematografica la facoltà del proprietario di destinare l’edificio ad altro ne costituisce vistosamente la negazione.
Se invece l’oggetto della tutela conservativa perseguita dal Comune è l’edificio – inteso come struttura fisica per la riconosciuta valenza culturale, storica e sociale – è certamente fondata la censura di straripamento articolata nel secondo motivo di ricorso.
Anzichè porre una disciplina urbanistica, il Comune in realtà introduce un nuovo tipo di vincolo al di fuori di ogni previsione legale, usando il potere conformativo per imporre un vincolo di interesse culturale estraneo all’ambito delle sue attribuzioni ma riservato alla competenza esclusiva dell’Amministrazione statale per la tutela del bei culturali (Cons. Stato, V, 24.10.2002 n.5856).
E’ allora evidente che l’edificio dei ricorrenti, così come conformato, costituisce un’enclave a sè della quale potrebbe ammettersi una disciplina differente da quella dell’area circostante, solo se concepita al servizio di questa e delle attività che vi si svolgono, tanto da formare con esse un sistema integrato corrispondente ad un modello urbanistico considerato meritevole di conservazione (Consiglio di Stato, sez. IV, 12/6/2013, n. 3255), ma l’espressa esclusione della sala cinematografica, che peraltro occupa solo una parte dell’edificio, dal novero degli standard, esclude una tale eventualità e la rilevanza, ai fini del decidere, del precedente di questa sezione citato dalle parti resistenti (Tar Bari n. 919/2012) che riguardava, invece, proprio la conformazione a standard di un edificio privato.
Pertanto, assorbita ogni altra censura, il ricorso va accolto, nei sensi spiegati in motivazione, limitatamente alla domanda demolitoria.
La domanda risarcitoria va invece respinta perchè priva di qualsivoglia allegazione in punto di fatto.
Le spese seguono la soccombenza e sono poste a carico del Comune responsabile della scelta urbanistica censurata.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Terza), lo accoglie e, per l’effetto, annulla il PUG del Comune di Monopoli nella parte in cui attribuisce all’immobile dei ricorrenti la tipizzazione “contesti urbani consolidati per servizi pubblici e privati non computabili come standard”.
Condanna il Comune di Monopoli al pagamento delle spese processuali che liquida nella misura di € 2.000,00 oltre IVA e CAP.
Compensa le spese nei confronti della Regione Puglia.
Contributo unificato rifuso ai sensi dell’art 13 comma 6 bis.1 del d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 12 marzo 2015 con l’intervento dei magistrati:
Sergio Conti, Presidente
Desirèe Zonno, Primo Referendario
Maria Colagrande, Referendario, Estensore
L’ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 23/04/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)