Pubblica sicurezza – Extracomunitari – Emersione lavoro irregolare – Sentenza di condanna – Impedimento alla regolarizzazione – Limiti
La pronuncia di una sentenza di condanna per uno dei reati di cui all’art. 381 c.p.p. – reati per i quali è previsto l’arresto facoltativo in flagranza – non può costituire l’unico motivo posto dall’Amministrazione a fondamento del diniego sull’istanza di regolarizzazione del lavoratore extracomunitario essendo altresì necessaria una valutazione effettuata dall’Ente procedente circa la pericolosità sociale del soggetto, in quanto l’art. 1- ter, co.13, lettera c) decreto legge 1à luglio 2009, n. 78 introdotto dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, che escludeva l’emersione del lavoro irregolare in presenza di una sentenza di condanna per uno dei reati previsti dall’art. 381 cp.p. senza che l’Amministrazione provvedesse ad accertare che il soggetto rappresentasse una minaccia per l’ordine pubblico o la sicurezza dello Stato, è stato dichiarato illegittimo dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 172/2012 (nella specie, il provvedimento di diniego ha efficacemente motivato in ordine alla permanente pericolosità sociale del ricorrente riscontrabile in precedenti e recidive condanne penali).
N. 00537/2015 REG.PROV.COLL.
N. 00068/2015 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 68 del 2015, proposto da:
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’avv. Attilio Converso, con domicilio eletto presso la Segreteria del T.A.R. Puglia in Bari, P.za Massari, 6;
contro
U.T.G. – Prefettura di Bari; Ministero dell’Interno, rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Bari, domiciliataria in Bari, Via Melo, 97;
per l’annullamento
– del provvedimento di archiviazione del procedimento conseguente all’istanza di emersione dal lavoro irregolare, prot. n. P-BA/L/N/2009/104991 emesso dalla Prefettura della Provincia di Bari in data 14 ottobre 2014;
– di ogni altro atto al predetto connesso, previa sospensione dello stesso, sia esso presupposto che consequenziale, ancorchè non conosciuto e comunque lesivo;
per l’accertamento
– del diritto del ricorrente all’accoglimento dell’istanza di regolarizzazione di lavoro irregolare di cittadini extracomunitari presentata il 28.09.09 dal sig. Pellegrini Michele, in qualità di datore di lavoro ed in favore del cittadino extracomunitario -OMISSIS-, nato in Senegal il 05.07.78, in qualità di lavoratore domestico di sostegno al bisogno familiare;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’Interno;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Visto l’art. 52 D. Lgs. 30.06.2003 n. 196, commi 1 e 2;
Relatore nella Camera di Consiglio del giorno 5 febbraio 2015 la dott.ssa Paola Patatini e uditi per le parti i difensori, avv. Attilio Converso e avv. dello Stato Lucia Ferrante;
Sentite le stesse parti ai sensi dell’art. 60 cod. proc. amm.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
In data 28.9.2009, veniva presentata istanza di emersione di lavoro subordinato in favore del ricorrente.
Tale domanda era tuttavia rigettata nel febbraio 2011, sul presupposto del parere non favorevole espresso dalla Questura di Bari in quanto “lo straniero, con alias di -OMISSIS- nato il 9.9.1980 in Sierra Leone, con sentenza emessa il 5.3.2003, dal Tribunale in composizione monocratica di Trani – sezione distaccata di Andria – divenuta irrevocabile il 25.3.2003, è stato condannato a mesi 4 di reclusione ed €2000,00 di multa per violazione delle norme sul diritto d’Autore di cui all’art.171 ter, comma 2, lett. B legge 633/41, pena sospesa, reato che, per la pena edittale prevista è compreso tra quelli indicati dall’art. 381 c.p.p.”, pertanto giustificante il diniego ai sensi dell’art. 1- ter, co.13, lett. c), L. 102/2009.
Il suddetto provvedimento, tempestivamente impugnato innanzi codesto TAR, veniva annullato dalla Terza Sezione con Sentenza n. 1223 del 21.6.2012.
Riaperto dunque il procedimento di emersione, lo Sportello Unico per l’Immigrazione di Bari, con un successivo atto – qui impugnato – ha disposto l’archiviazione del procedimento stesso, a seguito di un nuovo parere sfavorevole da parte della competente Questura.
Col presente gravame, il ricorrente ha chiesto quindi l’annullamento, previa sospensione dell’efficacia, del provvedimento di archiviazione, lamentando il fatto che questa sia stata automaticamente disposta sulla base della semplice sussistenza di condanne penali, senza che si sia proceduto all’accertamento in concreto della pericolosità sociale dell’interessato.
Ha infine chiesto in via subordinata, ove il Collegio ritenesse opportuno, la rimessione al Giudice delle Leggi della questione di legittimità costituzionale dell’art.1 ter, co. 13, lett. c) l. 102/99, per contrasto con gli artt. 2, 3 e 13 della Cost.
Per resistere al gravame si è costituito in giudizio il Ministero dell’Interno.
Alla Camera di Consiglio del 5.2.2015, avvertite le parti della possibile definizione del giudizio con sentenza in forma semplificata, il Collegio ha introitato la causa in decisione.
Il ricorso non merita accoglimento.
Invero, in disparte i profili di inammissibilità per la genericità dei motivi ai sensi dell’art.40, co.2, c.p.a., il ricorso è manifestamente infondato.
La parte si duole in sostanza che l’archiviazione del procedimento di emersione sia stata disposta senza un previo accertamento della pericolosità sociale, basandosi esclusivamente su condanne antecedenti alla data del primo provvedimento di rigetto, e non su fatti nuovi o sopravvenuti.
Tale affermazione è tuttavia smentita dallo stesso provvedimento impugnato laddove si dà atto che dalla nuova istruttoria condotta a seguito del primo annullamento giurisdizionale, è emerso che il ricorrente “sottoposto a rilievi foto dattiloscopici, con false generalità di Ka Ibraim, nato il 1.1.1978, era stato condannato – con sentenza emessa il 3.4.2009 dalla Corte d’Appello di Bari, divenuta irrevocabile il 14.1.2010, ad anni 1 e mesi 8 per reati di evasione e resistenza a pubblico ufficiale di cui agli artt.385, co. 1 e 3, e 337 c.p.p.; con sentenza emessa il 9.6.2009 dalla Corte d’Appello di Bari, divenuta irrevocabile il 29.4.2010, ad anni 1 e 6 mesi di reclusione per reati di resistenza a pubblico ufficiale aggravata, lesioni personali aggravate di cui agli artt. 337, 582,585 e 576 n.1, c.p. Inoltre dagli accertamenti effettuati presso gli archivi informatici del Ministero dell’Interno, lo straniero è stato il 23.9.2010 denunciato dalla Polizia Municipale di Bari per guida senza patente; in data 1.10.2010 denunciato dalla Guardia di Finanza di Monopoli per vendita di prodotti commerciali con segni contraffatti di cui all’art.474 c.p.; il 24.11.2010 denunciato dalla Guardia di Finanza di Bari per vendita dei prodotti commerciali con segni contraffatti e ricettazione di cui agli artt. 474 e 648 c.p.; il 13.5.2011 denunciato dalla Guardia di Finanza di Altamura per vendita di prodotti commerciali con segni contraffatti e ricettazione di cui agli artt. 474 e 648 c.p.”.
A tale elenco di condanne e denuncie riportate dal ricorrente, anche successivamente al primo rigetto, ha fatto comunque seguito una valutazione sulla personalità dello stesso e un giudizio sulla sua pericolosità sociale, ritenendo invero che “il comportamento tenuto dallo straniero prima del suo ultimo arresto ha senza dubbio mostrato la sua propensione a violare la legge traendo i mezzi di sostentamento da attività illecite, in particolare dalla vendita di prodotti contraffatti, dando prova di uno scarso grado di integrazione sociale, tale da far ritenere perdurante la sua pericolosità sociale”.
Pertanto, è evidente che il provvedimento impugnato non sia motivato, come invece asserito dalla parte, dalla mera sussistenza di condanne rientranti tra quelle previste dall’art.381 c.p.p. e pertanto ostative all’emersione del lavoro irregolare, quanto piuttosto da un giudizio successivo di pericolosità sociale del ricorrente, svolto dall’Amministrazione alla luce del pronunciamento della Corte Costituzionale n. 172/2012 – la quale ha dichiarato l’illegittimità dell’articolo 1-ter, co. 13, lettera c), D.L. 78/2009, introdotto dalla L. 102/09, nella parte in cui fa derivare automaticamente il rigetto della istanza di regolarizzazione del lavoratore extracomunitario dalla pronuncia nei suoi confronti di una sentenza di condanna per uno dei reati previsti dall’art. 381 c.p.p., senza prevedere che la pubblica amministrazione provveda ad accertare che il medesimo rappresenti una minaccia per l’ordine pubblico o la sicurezza dello Stato.
Invero, il Collegio condivide quanto rilevato dalla difesa erariale per cui, se pure i reati consistenti nella vendita di prodotti contraffatti – che rappresentato la maggior parte di quelli contestati alla parte – non possono considerarsi propriamente manifestazione di pericolosità sociale intesa quale azioni violente, aggressive o comunque incidenti sulla incolumità dei cittadini, atteso che la loro antigiuridicità sta nell’idoneità a generare un grave danno economico e di immagine a carico delle aziende produttrici, la pericolosità dei comportamenti sanzionati va ravvisata nella idoneità dell’attività commerciale illecita a diffondere sul mercato prodotti provenienti da organizzazioni criminali che ampliano così il loro raggio di azione illegale.
In materia di pubblica sicurezza, l’Amministrazione, come noto, gode di un’ampia discrezionalità in nome del superiore interesse all’ordine pubblico e all’incolumità , sindacabile solo per manifesta illogicità o irragionevolezza, vizi che tuttavia non si rinvengono nel provvedimento impugnato, il quale, a giudizio del Collegio, è logicamente e sufficientemente motivato e basato su un’accurata istruttoria.
Alla luce di quanto sopra detto, non si ritiene in ultimo di accogliere la richiesta di rimessione alla Corte Costituzionale della questione di legittimità dell’art.1 – ter, co.13, lett. c, l. 102/09, essendosi la Corte già espressa sul punto con la citata sentenza n. 172/2012, richiamata nello stesso provvedimento impugnato, ed avendo, si ribadisce, l’Amministrazione agito in sua perfetta osservanza.
In conclusione il ricorso va respinto.
Le spese di lite seguono la soccombenza, la liquidarsi in via equitativa in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia – Bari, Sezione Seconda, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna il ricorrente al pagamento in favore dell’Amministrazione resistente delle spese processuali che liquida in euro 1000,00, oltre accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’art. 52, comma 1, D. Lgs. 30 giugno 2003 n. 196, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, per procedere all’oscuramento delle generalità e degli altri dati identificativi del ricorrente, manda alla Segreteria di procedere all’annotazione di cui ai commi 1 e 2 della medesima disposizione, nei termini indicati.
Così deciso in Bari nella Camera di Consiglio del giorno 5 febbraio 2015 con l’intervento dei magistrati:
Antonio Pasca, Presidente
Giacinta Serlenga, Primo Referendario
Paola Patatini, Referendario, Estensore
L’ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 02/04/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)