1. Processo amministrativo – Giudizio impugnatorio – Provvedimento di annullamento di permesso di costruire – Controinteressati – Non sussistono
2. Processo amministrativo – Giudizio impugnatori – Provvedimenti autorizzatori edilizi – Intervento ad opponendum – Ricorso autonomo – Ricorso incidentale
3. Edilizia e urbanistica – Attività edilizia privata – Permesso di costruire – Annullamento in autotutela – Adeguata motivazione – Interesse pubblico
1. Nel giudizio d’impugnazione del provvedimento di annullamento, in sede di autotutela, di un permesso di costruire non sono configurabili soggetti controinteressati. Allo stesso modo, i ricorsi contro i provvedimenti di annullamento o di revoca di una concessione edilizia non devono essere notificati ai soggetti che abbiano denunziato i fatti all’Amministrazione, neppure quando tali soggetti siano citati nei provvedimenti stessi.
2. I soggetti qualificati ad impugnare i provvedimenti autorizzatori edilizi possono effettuare un atto di intervento ad opponendum nel giudizio di impugnazione del provvedimento di autotutela di annullamento del permesso di costruire o impugnare autonomamente l’atto. Non possono, tuttavia, proporre un eventuale ricorso incidentale poichè in tal modo potrebbe essere consentita la possibilità di recuperare censure non prospettate tempestivamente contro il permesso di costruire.
3. Qualora l’annullamento in autotutela di un permesso di costruire e/o di una concessione edilizia necessiti di accertamenti ulteriori e complessi, l’Amministrazione non può limitarsi a fare riferimento alla consulenza tecnica redatta nell’ambito del procedimento penale, ma deve motivare adeguatamente il provvedimento, svolgendo un’autonoma ed adeguata istruttoria, eventualmente anche valutando il profilo dell’interesse pubblico.
N. 00506/2015 REG.PROV.COLL.
N. 01700/2013 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1700 del 2013, proposto da:
Società Due Effe Immobiliare S.r.l., rappresentata e difesa dall’avv. Franco Gagliardi La Gala, con domicilio eletto presso Franco Gagliardi La Gala in Bari, Via Abate Gimma, n. 94;
contro
Comune di Gravina in Puglia, rappresentato e difeso dall’avv. Lucia Lorusso, con domicilio eletto presso Giacomo Valla in Bari, Via Q. Sella, n. 36;
e con l’intervento di
ad opponendum:
Pietro Capone, rappresentato e difeso dall’avv. Sergio Casareale, con domicilio eletto presso Segreteria T.A.R. Bari in Bari, Piazza Massari;
per l’annullamento
del provvedimento prot. n. 30976 del 30/9/2013 con il quale il Dirigente dell’Area Tecnica del Comune di Gravina in Puglia ha revocato il permesso di costruire n. 93/07 rilasciato alla società ricorrente il 6/8/2007.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Gravina in Puglia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 26 febbraio 2015 la dott.ssa Cesira Casalanguida e uditi per le parti i difensori avv.ti Giacomo Valla, Antonella Iacobellis e Sergio Casareale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
I. La Società Due Effe Immobiliare a r.l. espone di aver realizzato un compendio immobiliare in virtù di una serie di titoli edilizi, ottenuti anche attraverso le ˜volumetrie generate da un coacervo di aree’ censite in catasto al foglio 104 particelle 2489, 2718, 2730, 2170, 2644, l’ultima delle quali la n. 93/07 del 06/08/2007, rilasciata dal Dirigente dell’Ufficio Tecnico del Comune, a seguito dell’acquisto, da parte della ricorrente dai sig.ri Vincenzo Capone ed altri, di quota parte della volumetria censita in catasto al foglio 104, particella 2644.
Il Comune di Gravina in Puglia, con l’impugnato provvedimento, ha annullato in autotutela il permesso di costruire n. 93/2007, fondandosi sulle risultanze della consulenza tecnica svolta per conto della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Bari in relazione all’azione penale attivata in relazione a tale fattispecie. In particolare, viene sostenuta l’insufficienza della volumetria generata dall’acquisto della particella n. 2644, censita in catasto al foglio n. 104, per il raggiungimento della cubatura necessaria a legittimare la consistenza volumetrica dell’immobile realizzato.
Il provvedimento di revoca adottato dal Comune, secondo la ricorrente, sarebbe illegittimo per i seguenti motivi:
1. assenza di istruttoria ed eccesso di potere, in quanto il dirigente dell’Ufficio tecnico del Comune si sarebbe basato esclusivamente sulla consulenza resa alla Procura della Repubblica di Bari, nel corso di procedimento, peraltro, archiviato.
La società ricorrente contesta che l’atto di autotutela adottato dal Comune sia espressione di un procedimento di secondo grado, essendo fondato su di un atto inserito in un distinto ambito giudiziale che non ha accertato alcuna violazione sanzionabile.
Qualora si ritenesse il riferimento alla consulenza tecnica come motivazione per relationem, la ricorrente contesta le conclusioni da questa ricavate dall’amministrazione. Evidenzia a riguardo come la medesima relazione del consulente avrebbe piuttosto rilevato che, fino all’adozione del Piano particolareggiato, nella zona interessata dagli interventi edilizi si sarebbero verificati una serie di spostamenti a cascata dei ˜confini materiali e/o delle allocazioni effettive degli immobili’, da cui sarebbero derivate discrepanze tra il reale stato dei luoghi ed i dati desumibili dal catasto.
La particella n. 2644 del foglio 104 in ogni caso avrebbe espresso una cubatura il cui titolo di proprietà sarebbe indiscusso, rispetto alla quale il Dirigente avrebbe solo ipotizzato, senza svolgere ulteriori accertamenti, che la riduzione potesse derivare dalla presenza di altri manufatti.
La stessa consulenza evidenzierebbe una “accentuata discrasia tra la situazione particellare riportata in catasto e la reale situazione dei luoghi”, per cui “diventa impossibile determinare quanta cubatura insiste su di un relitto, se lo stesso non è fisicamente individuabile sul posto”.
La causa del problema sarebbe da rinvenire nello slittamento delle costruzioni su suoli adiacenti.
L’illegittimità del provvedimento di revoca sarebbe rafforzata dal tempo trascorso rispetto all’autorizzazione, durante il quale gli immobili non solo sono stati realizzati ma anche alienati a terzi.
2. Eccesso di potere per errore nei presupposti e carente motivazione.
Dal difetto di adeguata istruttoria e dal riferimento esclusivo alla consulenza tecnica della Procura deriverebbero gli ulteriori vizi di eccessiva genericità delle contestazioni e mancato rispetto dell’art. 11.2 delle N.T.A.
3. Eccesso di potere e violazione dei principi regolatori dell’autotutela.
La ricorrente lamenta, oltre all’omessa considerazione del lasso temporale trascorso dal rilascio del titolo abilitativo, la mancata comparazione tra il danno afferente l’interesse pubblico e quello incidente sulla sfera del soggetto privato, anche in considerazione del fatto che l’immobile è stato suddiviso in diverse unità abitative, alienate singolarmente.
Questi ultimi elementi sono stati ritenuti idonei anche a fondare la richiesta di sospensiva, in particolare basata sul fumus boni iuris e sul grave danno derivante dall’applicazione delle sanzioni consequenziali.
II. Si è costituito in giudizio il Comune di Gravina di Puglia per resistere al ricorso.
Nel fornire la ricostruzione dei fatti l’amministrazione ha specificato che il permesso di costruire n. 93 del 06.08.2007, comprendeva lavori di ampliamento e in variante dei permessi di costruire in precedenza rilasciati, quali il n. 98/02 e il n. 02/07. Ha aggiunto che, in data 22.06.2012, con nota prot. n. 18445, aveva provveduto a comunicare l’avvio del procedimento di verifica di legittimità del permesso di costruire n. 93/07, a seguito della segnalazione dal parte del legale dei comproprietari del suolo identificato al catasto al fg. 104 p.lla 2644, circa la pendenza di indagini avviate dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Bari. Nel corso di tali indagini sarebbe stato accertato che la cubatura alienata alla società Due Effe Immobiliare srl sia di gran lunga superiore a quella di cui i venditori potevano disporre. Sulla base di tali risultanze i comproprietari che hanno ceduto la volumetria in questione avrebbero preteso la revisione dell’atto di compravendita e l’adozione di misure in autotutela da parte dell’amministrazione.
Nel procedimento di verifica avviato per tali ragioni dal Comune hanno partecipato i soggetti che avevano alienato il suolo sopra indicato, mentre la società Due Effe srl si sarebbe limitata a qualificare come mere illazioni le pretese avanzate dai precedenti proprietari del suolo alienato e a richiamare i titoli edilizi rilasciati dall’amministrazione.
Il procedimento si è concluso con l’adozione del gravato provvedimento di annullamento del titolo precedentemente rilasciato.
Quanto al ricorso, il Comune ha preliminarmente eccepito l’inammissibilità per mancata notifica del medesimo ad almeno uno dei controinteressati.
Sarebbero tali i soggetti che con nota del legale 18.05.2014 prot. 15006 avrebbero richiesto la rettifica dell’atto pubblico di compravendita nonchè l’adozione dei provvedimenti da parte del Comune.
Nel merito, l’ente resistente ritiene infondato il ricorso.
Sostiene, in proposito, che il provvedimento impugnato presenti i requisiti previsti dall’art. 21 nonies L. 241/90.
Quanto alla illegittimità originaria del titolo edilizio, il Comune afferma che la diversa consistenza del suolo della società ricorrente, rispetto a quanto trasferito in base all’atto notarile del 18.06.2007, avrebbe determinato il venir meno dei presupposti per il rilascio del permesso di costruire, basato su di una falsa rappresentazione dello stato dei luoghi.
Ne sarebbe conseguita la violazione delle Norme Tecniche di Attuazione per la zona tipizzata B4, relative agli indici di fabbricabilità fondiaria, volume, altezza e percentuale di copertura.
Il titolo precedentemente rilasciato non avrebbe computato nè la cubatura delle strutture sottotetto, nè quella del piano interrato emergente rispetto alla quota di terreno circostante. Ne deriverebbe il contrasto con la disciplina urbanistica sia attuale che al momento del rilascio.
Le conclusioni dell’U.T.C. sarebbero suffragate dalla consulenza tecnica redatta per conto della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Bari.
L’incremento volumetrico risulterebbe dagli atti acquisiti al fascicolo della pratica edilizia.
La comparazione tra interesse pubblico alla rimozione dell’atto illegittimo e interesse del soggetto privato non è dovuta, secondo la difesa dell’amministrazione, quando l’errore in cui è incorsa l’amministrazione sia stato determinato da comportamenti del soggetto privato. Così sarebbe avvenuto nel caso per cui è causa, essendo stato il tiolo abilitativo rilasciato sulla base di una falsa rappresentazione dello stato di fatto.
III. Con atto di intervento in opposizione del 27.02.2014 si è costituito in giudizio il Sig. Pietro Capone, in qualità di comproprietario del suolo edificatorio identificato al catasto al fg. di mappa 104, p.lla 2644, tipizzato B4, nel vigente PRG del Comune di Gravina di Puglia.
La comproprietà del suolo sarebbe da sola idonea a dimostrare l’interesse a partecipare al giudizio in corso.
Il Sig. Capone sostiene l’inammissibilità del ricorso per omessa notifica del ricorso della società al controinteressato.
Ribadisce il suo interesse a che l’atto impugnato conservi la sua validità .
Egli, oltre ad essere controinteressato, sarebbe anche legittimato ad intervenire avendo interesse a contrastare il ricorso, in quanto quale comproprietario del suolo di cui la ricorrente ha illegittimamente utilizzato la volumetria da questo sviluppato, sarebbe legittimato ad agire in giudizio a tutela della cosa comune.
Nel merito sostiene che la vicenda ruoti attorno alla ritenuta illegittima e/o illegittima cessione della quota ideale pari a 5/9 della cubatura, estesa per mc. 908, sviluppati da alcuni “relitti” di suolo facenti parte della più vasta particella catastale n. 2644 del foglio di mappa 104, formalmente ancora di comproprietà dei cedenti e di altre persone rimaste estranee all’atto di cessione. Le parti di suolo cedute alla società Due Effe srl sarebbero già da tempo edificate e non potrebbero sviluppare ulteriore volumetria, tanto che esse non avrebbero potuto costituire oggetto di cessione, nè giustificare il rilascio di permesso di costruire.
L’indice di fabbricabilità fondiaria e il rapporto di copertura massimo dei lotti edificati impedirebbero la cessione della volumetria, essendo già stata superata la soglia consentita dal PRG.
IV. Con successiva memoria la società ricorrente si è opposta all’interveniente, puntualizzando che le indagini avviate dalla Procura della Repubblica si sono concluse con Decreto di archiviazione del 09.03.2012.
Ha rilevato, inoltre, che l’asserita falsità degli atti su cui si è basato il rilascio del titolo edilizio, in particolare della planimetria allegata all’atto di compravendita della quota parte di volumetria, non è stata accertata nè in sede penale, nè in altra sede.
Ribadisce di aver acquistato quota parte della volumetria espressa dal suolo identificato con la particella n. 2644, utilizzata per l’edificazione del lotto adiacente.
Tale acquisto non avrebbe in alcun modo intaccato il diritto di proprietà dell’interveniente sulla restante volumetria.
Per la verifica di conformità ai parametri normativi, la ricorrente ritiene che occorre considerare non solo il lotto edificato, ma anche l’area che esprime la cubatura acquistata.
Aggiunge che, se fosse fondata la tesi sostenuta dall’interveniente per cui i relitti di suolo avrebbero già esaurito la capacità edificatoria anche prima del trasferimento della volumetria, non si comprenderebbe l’interesse del sig. Capone ad intervenire nel giudizio, atteso che non potrebbe in alcun modo beneficiare dell’annullamento del titolo edilizio rilasciato.
Sarebbero piuttosto i dati rinvenibili al Catasto e alla Conservatoria dei Registri immobiliari a confermare l’assenza di costruzioni sulla particella n. 2644.
L’interesse dell’interveniente sarebbe pari a quello di qualsiasi “vicino” che si opponga all’edificazione del lotto adiacente, non emergendo quale suo pregiudizio sarebbe rimosso attraverso la rimozione dell’opera assentita.
V. Con memoria del 04.03.2014 l’interveniente ha ribadito l’interesse al ricorso e la pendenza del procedimento penale.
VI. Con ordinanza n. 135 dell’08 marzo 2014 è stata accolta la domanda incidentale di sospensione dell’impugnato provvedimento.
All’udienza pubblica del 26.02.2015, sentita la difesa delle parti, la causa è stata trattenuta in decisione.
VII. Preliminarmente deve essere esaminata l’eccezione di inammissibilità del ricorso per omessa notifica ad almeno uno dei controinteressati, sollevata sia dall’amministrazione resistente che dall’interveniente.
Il Collegio rileva in proposito che nel giudizio di impugnazione del provvedimento di annullamento, in sede autotutela, di un permesso di costruire e/o di una concessione edilizia, non sono configurabili soggetti controinteressati (sul punto cfr. TAR Latina Sent. n. 293 del 16.3.2010; TAR Napoli Sez. II Sent. n. 8316 del 2.12.2009).
Per giurisprudenza consolidata, i ricorsi contro provvedimenti di annullamento o di revoca di una concessione edilizia non devono essere notificati ai soggetti che abbiano denunziato i fatti all’amministrazione, neppure quando tali soggetti siano citati nei provvedimenti medesimi (Cons. Stato, 277/1995).
Rilevano, infatti, l’ampiezza ed eterogeneità degli interessi suscettibili di essere incisi dal provvedimento di autotutela. Da tali elementi non si può prescindere nemmeno nell’ipotesi in cui l’annullamento del permesso di costruire e/o della concessione edilizia corrisponde alle aspettative di soggetti qualificati ad impugnare tali provvedimenti autorizzatori.
La portata lesiva di questi ultimi può giustificare un atto di intervento ad opponendum nel giudizio di impugnazione del provvedimento di autotutela del permesso di costruire e/o della concessione edilizia, come avvenuto nel caso in esame, oltre ovviamente all’autonomo ricorso avverso tali provvedimenti autorizzatori, ma non un eventuale ricorso incidentale del controinteressato, in quanto in tal modo potrebbe essere consentita la possibilità di recuperare (attraverso il ricorso incidentale) censure non prospettate tempestivamente avverso il permesso di costruire e/o la concessione edilizia (cfr. T.A.R. Basilicata, sent. 262 del 11.05.2011; T.A.R. Napoli, Sez. IV, sent. n. 2026 del 13.2.2006; T.A.R. L’Aquila, sent. n. 233 del 7.5.2003).
Nè la posizione dei comproprietari dell’area individuata al catasto nella particella 2644, fg. 104, può essere assimilata a quella di un ˜soggetto il cui diritto di proprietà risulta direttamente leso da un’opera edilizia abusiva’ (così nella sentenza del Consiglio di Stato, Sez. VI, 3212 del 29.05.2012, richiamata dal sig. Capone).
Le questioni relative all’atto di natura privata avente ad oggetto la cessione di cubatura espressa dalla volumetria esulano dal presente giudizio, nè hanno determinato l’adozione di atti formali idonei a smentire o superare gli accordi in precedenza raggiunti e contenuti in atti aventi valore legale, dato, peraltro, non smentito da nessuna delle parti costituite in giudizio.
Non è ravvisabile, pertanto, in capo ai soggetti comproprietari un interesse qualificato a difendere la loro posizione nel presente giudizio, avendo essi provveduto, nell’esercizio dell’autonomia negoziale, alla cessione di volumetria, con atto che al momento dell’adozione del gravato provvedimento non è venuto meno.
Nè è possibile mettere in discussione la validità di atti di natura privata in tale sede, essendo il relativo sindacato riservato alla giurisdizione del giudice ordinario.
In tal senso irrilevante è anche l’indicazione nominativa dei soggetti che con lettera del 18.05.2012, hanno chiesto al Comune l’adozione dei provvedimenti di competenza in relazione al Permesso di costruire n. 93/2007.
Non può da tale atto desumersi la natura dell’interesse come ˜interesse qualificato’ alla conservazione dell’atto, mancando i presupposti giuridici per una tale connotazione.
Si aggiunge, per mera completezza, che in ogni caso l’eccezione di inammissibilità è infondata, in quanto anche la sentenza del Consiglio di Stato sopra citata conclude riconoscendo ˜l’errore scusabile alla luce del dubbio sulla necessità o meno di notifica ai controinteressati, che poteva essere ingenerato dalla sopra citata giurisprudenza che in linea di principio non ravvisa controinteressati nel caso di impugnazione di un ordine di demolizione’ (Cons Stato, Sez. VI, cit.., sent. 3212/2012).
Il Collegio per quanto sopra esposto ritiene che nel caso in esame i comproprietari che hanno ceduto la volumetria alla società ricorrente, al momento della proposizione del ricorso non rivestano la posizione di controinteressato, non rinvenendosi atti idonei a connotare come “qualificato” l’interesse di costoro alla conservazione dell’atto gravato.
Le peculiarità della vicenda, che caratterizzano il caso in esame e che saranno approfondite nella parte riservata alla trattazione del merito del ricorso, inducono comunque a ritenere applicabile il consolidato orientamento giurisprudenziale, sopra richiamato, secondo cui i provvedimenti di annullamento del permesso di costruire in autotutela non devono essere notificati ai soggetti che abbiano denunziato i fatti all’amministrazione, neppure quando tali soggetti siano citati nei provvedimenti medesimi.
VIII. Nel merito il ricorso è fondato.
Determinanti ai fini dell’accoglimento del gravame sono le censure relative alla carenza di istruttoria e di motivazione del provvedimento di annullamento d’ufficio del permesso di costruire n. 93/07.
Dall’atto assunto in autotutela, come confermato anche dalla ricostruzione dello svolgimento in fatto della vicenda, emerge che il Comune non ha svolto autonomi accertamenti, limitandosi l’ente a prendere atto di una consulenza tecnica redatta per conto della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Bari, le cui risultanze, come si avrà modo di evidenziare nel prosieguo, sono univoche nel senso di evidenziare come la vicenda necessiti di ulteriori e complessi accertamenti.
L’atto di annullamento del permesso di costruire rilasciato dalla medesima amministrazione sei anni prima – in quanto fondato su di aspetti tecnici quale l’effettiva volumetria edificabile – avrebbe richiesto un’istruttoria dettagliata da parte dell’UTC, tenuto alla verifica del corretto assetto urbanistico del territorio collocato nei confini del Comune e al riscontro di quanto eventualmente rilevato da soggetti terzi.
A tali rilievi si aggiungono quelli, altrettanto fondati, relativi alla considerazione del fatto che l’atto di annullamento del titolo edilizio comporta un evidente travolgimento di affidamenti formatisi da lungo tempo e coinvolgenti persino terzi di buona fede – nella specie i soggetti cui l’odierna ricorrente ha poi trasferito la proprietà delle unità abitative realizzate sulla base del titolo edilizio annullato – il che avrebbe dovuto indurre l’Amministrazione a motivare adeguatamente, anche sotto il profilo dell’interesse pubblico, una scelta implicante gravi conseguenze.
Il Comune, invece, pur in assenza di atti formali, dà per accertato che l’erronea rappresentazione dei fatti, su cui fonda l’annullamento in autotutela, sia imputabile al comportamento del privato e ritiene tale dato come idoneo ad escludere il dovere di comparazione tra l’interesse pubblico e l’interesse privato.
Tale assunto è però superato da quanto emerge dalla documentazione versata in atti e, in particolare, proprio dalla Relazione del consulente della Procura su cui il Comune ha fondato la propria decisione di agire in autotutela.
La richiamata relazione datata 11.10.2011 evidenzia che l’amministrazione comunale fin dalla redazione del Piano particolareggiato, approvato dal C.C. in data 23.11.2000, nella relativa relazione, faceva essa stessa riferimento a situazioni di ˜accentuata discrasia, fuori da ogni norma, tra la situazione particellare riportata in Catasto e la reale situazione dei luoghi rappresentata nel rilievo areofotogrammatico del 1996′. Nella medesima relazione si dà atto che i condoni ˜hanno sanato abusi edilizi avvenuti in deroga alle previsioni dello strumento urbanistico vigente senza per questo accertare le discrepanze tra il reale stato dei luoghi, le mappe catastali e i titoli di proprietà praticamente inesistenti agli atti’ e che lo sviluppo urbanistico dell’intera maglia ha comportato che i ˜lotti presentano un’estensione maggiore rispetto alla superficie nominale data dalla sommatoria della superficie delle diverse particelle ivi contenute’ (pag. 4 relazione Dott.ssa Lagioia).
In essa si specifica, altresì, con riferimento alla zona B/4 del territorio di Gravina che ˜le rappresentazioni grafiche catastali si discostano di molto dal reale stato di fatto tanto che il Comune ha da tempo affidato al DAU (Dipartimento di Architettura ed Urbanistica) l’incarico di stilare mappe digitalizzate aggiornate, ad oggi purtroppo non ancora prodotte’.
Emerge chiaramente come i dubbi sulla reale situazione relativa all’area di cui alla particella 2644 erano noti al Comune, fin da prima del rilascio del permesso di costruire n. 93/07 e che, pertanto, l’amministrazione, nell’annullare in autotutela il suddetto titolo non può sbrigativamente risolvere la questione imputando gli errori sulla volumetria edificabile al comportamento del privato, non risultando, peraltro, da alcun provvedimento formale e definitivo, chi abbia indotto in errore l’amministrazione.
Con riferimento alle volumetrie la Relazione dell’ing. Lagioia rileva come quelle realizzate, nella loro totalità , ˜superano la potenzialità edificatoria espressa dalle singole maglie. Tali cubature eccedenti, però, hanno trovato ragione di esistere perchè condonate’. ˜Ad ogni buon conto diventa impossibile determinare quanta cubatura insiste su di un relitto se lo stesso non è individuabile fisicamente sul posto’.
La relazione prosegue descrivendo dettagliatamente la complessa situazione relativa all’area in esame e conclude riconoscendo una ridotta capacità edificatoria dei volumi esistenti, nonchè un ˜ridotto valore economico a danno di chi, forse inconsapevolmente, ha subito le conseguenze di interventi abusivi altrui’.
Tali risultanze non hanno comportato l’adozione di provvedimenti di rilevanza penale, mentre sono state ritenute dall’amministrazione resistente da sole idonee a fondare il gravato provvedimento e ad imputare ai privati gli errori sullo stato dei luoghi e sulla volumetria edificabile.
Il Comune, dopo essere stato sollecitato e diffidato dai comproprietari dell’area di cui alla particella 2644, nel maggio 2012, all’adozione di provvedimenti aventi ad oggetto il permesso di costruire n. 93/07, si è limitato a comunicare l’avvio del procedimento finalizzato alla verifica della legittimità del permesso di costruire n. 93/07, il successivo 22 giugno 2012. Da tale data fino a quella di adozione del provvedimento di annullamento del suddetto titolo, il 30 settembre 2013, non si riferisce di alcuna attività compiuta dall’amministrazione, ad eccezione di note inviate al legale della società ricorrente.
Ne deriva che il Comune ha adottato il gravato provvedimento senza svolgere autonoma ed adeguata istruttoria, ancor più necessaria proprio per quanto evidenziato nell’unica relazione posta a fondamento della decisione di annullamento in autotutela, che seppur espressione di esercizio di potere discrezionale, deve essere dettagliatamente motivato.
Le gravi inadempienze del Comune determinano l’accoglimento del ricorso e il conseguente annullamento del provvedimento prot. 30976 del 30.09.2013 del Dirigente dell’area Tecnica del Comune di Gravina di Puglia.
Le spese seguono la regola della soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Terza)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei termini di cui in motivazione e per l’effetto annulla il provvedimento prot. 30976 del 30.09.2013 del Dirigente dell’Area Tecnica del Comune di Gravina di Puglia.
Condanna il Comune di Gravina di Puglia e il Sig. Pietro Capone, in solido fra loro, a rifondere in favore della società ricorrente le spese del presente giudizio che liquida in complessivi euro 3.000,00 (tremila/00), comprensivi di onorari, diritti e spese, oltre I.V.A e C.P.A. nonchè al rimborso del contributo unificato come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 26 febbraio 2015 con l’intervento dei magistrati:
Sergio Conti, Presidente
Desirèe Zonno, Primo Referendario
Cesira Casalanguida, Referendario, Estensore
L’ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 26/03/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)