1. Pubblica sicurezza – Extracomunitari – Permesso di soggiorno – Rinnovo – Diniego – Valutazione discrezionale p.A. – Bilanciamento diversi valori costituzionali tutelati – Fattispecie 
2. Pubblica sicurezza – Extracomunitari – Rinnovo permesso di soggiorno – Rilevanza condanna penale patteggiata ex art. 444 c.p.p.
3. Pubblica sicurezza – Extracomunitari – Permesso di soggiorno – Rinnovo – Diniego  Condanna reati inerenti gli stupefacenti – Valutazione pericolosità  sociale – Effetto amministrativo ex lege – Fattispecie

1. L’amministrazione ha il potere di negare il titolo di soggiorno all’esito della valutazione motivata della personalità  dell’interessato, della sua pericolosità  sociale, della gravità  dei precedenti penali, in comparazione con i suoi interessi personali e familiari, nonchè della sua situazione lavorativa (nella specie, la Questura nell’adottare il provvedimento di conferma del diniego di soggiorno, ha ritenuto determinante l’interesse pubblico alla sicurezza e alla pubblica incolumità  rispetto agli interessi correlati alla tutela del diritto all’unità  familiare).
2. La condanna patteggiata ex art. 444 c.p.p. è da ritenersi rilevante ai fini dell’art. 4, comma 3, d. lgs. 25 luglio 1998, n. 286,  dopo la novella introdotta con L. 22.7.2002, n. 189, in quanto, con riferimento ai reati previsti dalla norma, essa è  equiparata alla condanna irrevocabile pronunciata a seguito di dibattimento, per i reati previsti dalla norma.
3. La valutazione di pericolosità  sociale consegue, per volontà  della legge, all’accertamento della responsabilità  penale per reati di particolare gravità , senza necessità  di un’autonoma valutazione della concreta pericolosità  sociale, nè da parte del giudice penale, nè dell’Amministrazione competente al rilascio o rinnovo del permesso, trattandosi invece di un effetto amministrativo che la legge fa derivare dal fatto storico consistente nell’avere riportato una condanna per determinati reati. Il verificarsi di detta circostanza, infatti, è rilevato dalla legge quale indice presuntivo di pericolosità  sociale o, quanto meno, di riprorevolezza (non meritevolezza, ai fini della permanenza in Italia) del comportamento tenuto nel Paese dallo straniero; a norma dell’art. 4, comma 3, del d. lgs. 25 luglio 1998, n. 286 tra le condanne penali che implicano automaticamente il divieto di soggiorno, rientrano espressamente categorie di reati espressione di determinate condotte che sono considerate sintomatiche di una pericolosità  sociale ostativa all’inserimento dello straniero nella comunità  nazionale, tra cui i reati inerenti stupefacenti (nel caso in esame rileva la condanna inferta al ricorrente per le fattispecie previste dagli artt. 110 c.p. in materia di concorso di persone nel reato e da quelli di cui all’art. 73, comma 1 bis, D.P.R. n. 309/1990 in materia di stupefacenti: in particolare, l’estrema gravità  del reato commesso dal ricorrente – traffico di sostanze stupefacenti – è stata valutata per la sua natura e per il suo quantitativo considerevole di kg 1,8 di cocaina).

N. 00401/2015 REG.PROV.COLL.
N. 01674/2009 REG.RIC.
logo
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1674 del 2009, proposto da: 
K., rappresentato e difeso dall’avv. Uljana Gazidede, con domicilio eletto presso Uljana Gazidede in Bari, Via Calefati, n. 269; 
contro
Questura di Bari, Ministero dell’Interno, rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato Di Bari, domiciliataria in Bari, Via Melo, n. 97; 
per l’annullamento
– del provvedimento Cat. A. 11/2009/Imm. n.91/P.S. del Questore di Bari adottato il 2.9.2009 e notificato il 4.9.2009, con cui è stato confermato al ricorrente il rifiuto del rinnovo del permesso di soggiorno;
– di ogni altro atto ad esso presupposto, connesso e consequenziale.
 

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Questura di Bari e del Ministero dell’Interno;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 26 febbraio 2015 la dott.ssa Cesira Casalanguida e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 

FATTO e DIRITTO
Il sig. K. ricorre avverso il provvedimento Cat. A 11/2009/Imm n. 91/P.S. del Questore di Bari adottato il 02.09.2009, con cui è stato confermato il rifiuto di rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato, richiesto con istanza presentata in data 11.06.2007.
Il provvedimento gravato si fonda sulla sussistenza in capo al ricorrente di una sentenza irrevocabile di condanna per il reato di cui al’art. 73, comma 1 del D.P.R. 309/90 e sull’art. 110 c.p., in esecuzione della quale lo straniero è stato detenuto presso la Casa Circondariale “Nuovo Complesso” di Lecce.
Costituiscono motivi di ricorso la violazione dell’art. 4 comma 3 e dell’art. 5 commi 5 e 9 del D. Lgs. 286/1998; eccesso di potere per inottemperanza all’ordinanza n. 366/2009 di questo Tribunale, con cui era stata disposta la sospensione del primo provvedimento di diniego di sospensione; eccesso di potere per sviamento e violazione di circolare ministeriale; violazione di legge per lesione del diritto all’unità  familiare e dei diritti del fanciullo; violazione del principio comunitario di proporzionalità  della misura afflittiva rispetto alla gravità  della violazione commessa.
Il ricorrente evidenzia che il Questore di Bari aveva rifiutato il rinnovo del permesso di soggono con un primo provvedimento del 25.02.2009, che era stato sospeso in sede cautelare, a seguito di ricorso volto al suo annullamento.
Il provvedimento oggetto del presente giudizio è quello con cui il Questore di Bari ha provveduto a riesaminare la posizione del ricorrente, concludendo il procedimento attivato a seguito della sospensione incidentale del primo diniego, con la conferma del rifiuto di rinnovo del permesso di soggiorno.
Il ricorrente lamenta l’assenza della valutazione di elementi ulteriori rispetto alla condanna subita con sentenza irrevocabile. In particolare, rileverebbero la situazione familiare e la durata del soggiorno in Italia.
L’art. 5 comma 5 del D. Lgs. 286/98, infatti, impone di tener conto della durata del soggiorno nel territorio nazionale. Il sig. K. riferisce di risiedere regolarmente in Italia dal 28.03.1996. Determinante sarebbe, altresì, la considerazione della presenza di tre figli minori, nati in Italia e da sempre ivi residenti., oltre alla moglie che ha lavori occasionali e che, per assicurare il sostentamento della famiglia ha bisogno di ricevere aiuto dai parenti. La presenza del ricorrente in Italia sarebbe necessaria proprio al fine di garantire che costui, con il proprio lavoro, possa contribuire alle esigenze della famiglia.
Aggiunge che vi sarebbe una ditta disponibile ad assumerlo.
A favore della valutazione della complessiva situazione familiare evidenziata deporrebbe la circolare n. 300/C/2003/1851/P/12.222.11/1^ Div. Del 09.09.2003 del Ministero dell’Interno.
Quanto alla sentenza posta a fondamento del rifiuto, evidenzia che essa non sarebbe di condanna vera e propria, ma di applicazione della pena su richiesta della parte ai sensi dell’art. 444 c.p.p.
Insiste sulla rilevanza del diritto a preservare l’unità  familiare e sulla violazione del principio comunitario di proporzionalità  derivante dal provvedimento di rifiuto di rinnovo e dalla conseguente misura di espulsione.
Eccepisce, altresì, la violazione dell’art. 10 bis L.241/1990 e dell’art. 5 commi 5 e 9 del D. Lgs. 286/98.
In data 07.11.2009 si è costituito in giudizio il Ministero dell’Interno, che ha successivamente depositato la relazione del Dirigente dell’Ufficio immigrazione della Questura di Bari, nel quale si evidenzia che il provvedimento gravato si basa sulla valutazione della gravità  dei comportamenti criminogeni posti in essere dal ricorrente, non solo in occasione dell’episodio oggetto della sentenza irrevocabile di condanna.
Aggiunge che anche il procedimento relativo al rinnovo del permesso di soggiorno della moglie del ricorrente per motivi familiari, è stato sospeso proprio in ragione delle vicende connesse alla situazione del coniuge, alla cui regolare presenza sul territorio italiano, è condizionato il rilascio. La sig. Korri Miriana non si sarebbe, inoltre, presentata, dopo formale invito del 24.06.2009, per fornire elementi utili ai fini della definizione del procedimento sospeso.
Ne deriverebbe che la situazione complessiva valutata dalla Questura deporrebbe nel senso della prevalenza delle esigenze di tutela della sicurezza pubblica, a fronte di un giudizio di pericolosità  del ricorrente.
Con successive memorie il ricorrente ha ribadito le argomentazioni svolte a fondamento del ricorso, evidenziando anche gli effetti prodotti dalla finalità  rieducativa della pena.
Con ordinanza 829/2009 è stata respinta la domanda incidentale di sospensione del provvedimento impugnato, successivamente confermata con ordinanza 1465/2010 del 31 marzo 2010 dal Consiglio di Stato, in considerazione della peculiare consistenza dei precedenti penali del ricorrente.
In data 30.01.2015, l’Avvocatura Distrettuale dello Stato ha depositato per conto del Ministero dell’Interno la nota della Questura di Bari del 13.01.2015 con cui si comunica che il ricorrente ha ottenuto il permesso di soggiorno n. 106198575 per “assistenza minori”, rilasciato dalla medesima Questura con scadenza in data 3.10.2016.
Si riferisce, altresì, che il sig. K. è stato autorizzato alla permanenza in Italia per la durata di anni due in deroga alle disposizioni previste dal T.U. sull’immigrazione ai sensi dell’art. 31 comma 3 del D.Lgs. 286/98, con provvedimento n. 877/2014 emesso il 03.10.2014 dalla Corte di Appello – Sezione Civile Minori e Famiglia- di Bari.
All’udienza pubblica del 26.02.2014, nel corso della quale la difesa del ricorrente ha fatto pervenire una nota con cui, nel comunicare l’impossibilità  di presenziare di persona, ha ribadito la richiesta di accoglimento del ricorso, la causa è stata trattenuta in decisione, sentita la difesa dell’amministrazione resistente.
Il ricorso è infondato e deve, pertanto, essere respinto.
Esso è stato proposto avverso la conferma del rifiuto del rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di lavoro e sulla sua legittimità  non incide il provvedimento prot. n. 06198575 da ultimo adottato dalla Questura di Bari. Trattasi, infatti, di successivo e distinto provvedimento rilasciato per “assistenza ai minori”.
Con riferimento specifico alla legittimità  del provvedimento di conferma gravato, giova osservare che l’amministrazione ha il potere di negare il titolo di soggiorno all’esito della valutazione motivata della personalità  dell’interessato, della sua pericolosità  sociale, della gravità  dei precedenti penali, in comparazione con i suoi interessi personali e familiari, la situazione lavorativa, ecc.
Tale valutazione, per il ricorrente, è stata effettuata per ben due volte dalla Questura di Bari, che ha ritenuto, in entrambi i casi, di concludere i procedimenti volti al rinnovo del permesso di soggiorno in questione, con il rigetto.
Con riferimento al rilievo che, non di sentenza di condanna si tratti, ma di applicazione della pena su richiesta della parte, il Collegio osserva come, per giurisprudenza consolidata, “la condanna patteggiata ex art. 444 c.p.p. è da ritenersi rilevante ai fini dell’art. 4, comma 3, D. Lgs. n. 286/1998, dopo la novella introdotta con l. 22.7.2002, n. 189”, in quanto “equiparata alla condanna irrevocabile pronunciata a seguito di dibattimento, per i reati previsti dalla norma”. (Cons. Stato, Sez. IV, sent. n. 3319 del 31.5.006, sent. n. 415 dell’8.02.2008; cfr. anche Corte Costituzionale 16 maggio 2008, n. 148).(Cfr. ex multis Cons. Stato, Sez. III, sent. 4848 del 26.09.2014).
Inoltre, si ritiene di confermare integralmente quanto da ultimo affermato da questa Sezione, con riferimento al potere esercitato dall’amministrazione il cui fondamento si rinviene “nelle previsioni del D. Lgs. n. 286/98 che, in conformità  alla normativa europea, prevede che il “permesso di soggiorno o il suo rinnovo sono rifiutati e, se è stato rilasciato, esso è revocato, quando mancano o vengono a mancare i requisiti richiesti per l’ingresso”. La verifica di tale mancanza deriva dalla valutazione di una serie di elementi riferiti all’istante.
In particolare, è stato rilevato che il fatto che il legislatore abbia fatto espresso riferimento a determinate categorie di reati significa che ha inteso collegare il divieto in esame a determinate condotte che sono considerate sintomatiche di una pericolosità  sociale ostativa all’inserimento dello straniero nella comunità  nazionale (Tar Brescia 1533/2012).
Sulla stessa linea interpretativa si è dunque ritenuto che la valutazione di pericolosità  sociale, che il ricorrente lamenta sia stata omessa in sede diniego, consegua, per volontà  della legge, all’accertamento della responsabilità  penale per reati di particolare gravità  (TAR Parma 7.4.2005 n. 207), senza necessità  di un’autonoma valutazione della concreta pericolosità  sociale, nè da parte del giudice penale, nè dell’Amministrazione competente al rilascio o rinnovo del permesso, trattandosi invece di un effetto amministrativo che la legge fa derivare dal fatto storico consistente nell’avere riportato una condanna per determinati reati, quale indice presuntivo di pericolosità  sociale o, quanto meno, di riprovevolezza (non meritevolezza, ai fini della permanenza in Italia) del comportamento tenuto nel Paese dallo straniero (in termini Tar Brescia 1533/2012).
Nel caso in esame rileva la condanna per le fattispecie previste dagli artt. 110 c.p. in materia di concorso di persone nel reato e da quelli di cui all’ art. 73, co. 1 bis, D.P.R. n. 309 del 1990 in materia di stupefacenti.
A norma dell’art. 4, comma 3, del d.lgs. n. 286/1998 tra le condanne penali che implicano automaticamente il divieto di soggiorno rientrano espressamente quelle per reati inerenti gli stupefacenti. Tale previsione è da sola idonea a legittimare l’operato dell’amministrazione resistente” (Cfr. T.A.R. Puglia, Bari, sez. III, sent. 347 del 23.02.2015).
Occorre aggiungere che, sull’estrema gravità  del reato commesso (traffico di sostanze stupefacenti) dal ricorrente si è già  pronunciata questa Sezione con la sentenza che ha definito il giudizio avverso il primo provvedimento di diniego del rinnovo di permesso di soggiorno, nella quale il reato in questione è stato “valutato – per la sua natura e per il quantitativo considerevole di kg 1,8 di cocaina – come idoneo a determinare complessivamente concreti ed attuali pericoli per l’ordine pubblico e la sicurezza, con notevole allarme sociale e pervenendosi ad un giudizio di estrema pericolosità  sociale del ricorrente medesimo”(Così, T.A.R. Puglia, Bari Sez. III, sent. n. 88 del 14.01.2011).
La peculiare gravità  dei precedenti penali sono stati rilevati anche dal Consiglio di Sato, nell’ordinanza con cui è stato confermato in appello il rigetto dell’istanza cautelare avverso il gravato provvedimento di conferma del diniego.
Non residuano dubbi sulla legittimità  della valutazione discrezionale circa la rilevanza penale che è stata presa in considerazione come indizio di “pericolosità  sociale”.
Al momento del rilascio del provvedimento di conferma del diniego, tale valutazione è stata ritenuta determinante al punto da far ritenere l’interesse pubblico alla sicurezza e alla pubblica incolumità  prevalente rispetto agli interessi (confermati come recessivi) correlati alla tutela del diritto all’unità  familiare del ricorrente.
Il provvedimento di conferma del rigetto fa espresso riferimento al bilanciamento dei valori costituzionali operati e alla situazione familiare del ricorrente e si conclude con il riconoscimento della prevalenza della necessità  di tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica.
I fatti da ultimo fatti sopravvenuti non incidono sulla legittimità  del potere esercitato dall’amministrazione.
Per tutto quanto esposto il ricorso è manifestamente infondato e deve essere respinto.
Le spese seguono le regole della soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Terza)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna il ricorrente alla refusione delle spese nei confronti delle amministrazioni costituite nel presente giudizio, liquidiate nella complessiva somma di € 1.000,00 (euro mille/00,), oltre accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità  amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 26 febbraio 2015 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Sergio Conti, Presidente
Desirèe Zonno, Primo Referendario
Cesira Casalanguida, Referendario, Estensore
 
 
 
 

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 12/03/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

Share on facebook
Facebook
Share on twitter
Twitter
Share on linkedin
LinkedIn
Share on whatsapp
WhatsApp

Tag

Ultimi aggiornamenti

Galleria