Enti e organi della p.A. – Comune – Nomine – Consigli di amministrazione società partecipate – Principio di pari opportunità – Art. 51 Cost. – Si applica – Limiti
àˆ illegittima la nomina da parte del Sindaco dei componenti dei consigli di amministrazione di società a partecipazione comunale ove, per un verso, non sia stato garantito il rispetto del principio di pari opportunità introdotto dall’art. 51 Cost. (integrato dalla legge costituzionale 30 maggio 2003, n.1) e applicabile anche alle aziende comunali e provinciali ai sensi dell’art.6, comma 3, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267; e ove, per altro verso – trattandosi di una nomina di carattere fiduciario e ad alta qualificazione che non si presterebbe ad essere annullata dal G.A. con prescrizione dell’obbligo del Sindaco a provvedere alla nomina di rappresentati femminili – non sia stata adeguatamente motivata la scelta di non assicurare agli organi di vertice delle partecipate un’adeguata rappresentanza dei soggetti di sesso femminile (nel caso di specie non era applicabile ratione temporis il d.P.R. 30 novembre 2012, n. 251, che prevede l’immediata operatività del principio costituzionale di pari opportunità anche con riferimento alla designazione dei componenti della società partecipate).
N. 00552/2014 REG.PROV.COLL.
N. 02173/2011 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2173 del 2011, proposto da:
Serenella Molendini (Consigliera di parità effettiva della Regione Puglia), Magda Terrevoli (Presidente della Commissione regionale per le pari opportunità tra uomo e donna), Associazione “Centro di documentazione delle donne”, Associazione “Un desiderio in comune”, dr.ssa Anna Rossiello (candidata alla nomina nei Consigli di Amministrazione delle società partecipate), Associazione “L’Arca Centro di Iniziativa Democratica”, rappresentate e difese dagli avv.ti Francesca la Forgia, Valeria Pellegrino e Andrea Blonda, con domicilio eletto presso l’avv. Maurizio di Cagno in Bari, via Nicolai, 43;
contro
Comune di Bari, rappresentato e difeso dagli avv.ti Rossana Lanza e Rosa Cioffi, con domicilio eletto presso l’Avvocatura comunale in Bari, via Principe Amedeo, 26;
Azienda Municipale Igiene Urbana (AMIU) s.p.a., rappresentata e difesa dall’avv. Pierluigi Balducci, con domicilio eletto in Bari, via Melo, 114;
nei confronti di
Grandagliano Gianfranco, Visicchio Rocco, Santorsola Pasquale, Quagliarella Michele, Damiani Giovanni, Madaro Salvatore Antonio, Velussi Alessandra, rappresentati e difesi dall’avv. Pierluigi Balducci, con domicilio eletto in Bari, via Melo, 114;
Cataldo Gaetano;
Cacciapuoti Alessandro;
Porfido Giuseppe;
per l’annullamento,
previa sospensione dell’efficacia,
– del decreto del 21.7.2011 prot. n. 180073-11-1, adottato dal Sindaco del Comune di Bari, avente ad oggetto: “Nomina membri Consiglio di Amministrazione e Collegio Sindacale della Società AMlU S.p.A.”;
– del decreto del 22.7.2011 prot. n. 181091/II-1, adottato dal Sindaco del Comune di Bari, avente ad oggetto: “Nomina membri supplenti Collegio Sindacale AMIU S.p.A.”;
– nonchè di ogni altro atto presupposto, connesso, collegato e/o consequenziale e, in particolare, degli avvisi del 26.1.2010 “Acquisizione candidature negli organi societari delle società : A.m.t.a.b servizio s.p.a., A.m.gas s.p.a., A.m.i.u. s.p.a., Bari Multiservizi s.p.a. e A.m.g.a.s. s.r.l., Asp Opera Pia Di Venere e Asp Casa di Riposo Vittorio Emanuele Il” e dell’1.6.2011 “Riapertura termini bando acquisizione candidature rinnovo collegio sindacale delle società : A.m.gas. s.p.a. e A.m.i.u. s.p.a.”;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Bari, di Amiu s.p.a., di Grandagliano Gianfranco, di Visicchio Rocco, di Santorsola Pasquale, di Quagliarella Michele, di Damiani Giovanni, di Madaro Salvatore Antonio e di Velussi Alessandra;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore il dott. Francesco Cocomile e uditi nell’udienza pubblica del giorno 26 febbraio 2014 per le parti i difensori avv.ti Valeria Pellegrino, anche in sostituzione dell’avv. Andrea Blonda, Francesca La Forgia e Filippo Giorgio, su delega dell’avv. Pierluigi Balducci;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
Il Comune di Bari con unico avviso pubblico, approvato con det. dir. Staff società partecipate e qualità dei servizi n. 9196 del 29.12.2009, integrato con det. dir. n. 197 del 25.1.2010 i cui termini venivano riaperti con det. dir. n. 3765 del 31.5.2011, richiedeva le candidature per la nomina sindacale dei rappresentanti comunali nei Consigli di Amministrazione e nei Collegi Sindacali delle società Amiu s.p.a., Amgas s.p.a., Amgas s.r.l., Amtab s.p.a., Multiservizi s.p.a., ASP Opera Pia Di Venere e ASP Casa di Riposo Vittorio Emanuele II.
Tutte le candidature pervenute venivano valutate dagli Uffici comunali (dallo Staff società partecipate) che predisponevano un elenco unico dei soggetti ritenuti idonei (distinti per aspiranti consiglieri di amministrazione e aspiranti sindaci).
Nell’ambito di tale elenco, il Sindaco del Comune di Bari con i gravati decreti prot. n. 180073-11-1 del 21.7.2011 e prot. n. 181091/11-1 del 22.7.2011 provvedeva alla nomina del Presidente e dei componenti del Consiglio di Amministrazione di Amiu s.p.a., nonchè del Presidente e dei componenti effettivi e di quelli supplenti del Collegio Sindacale della stessa azienda.
In particolare, con il primo decreto del 21.7.2011 erano nominati rispettivamente quali Presidente e componenti del Consiglio di Amministrazione di Amiu s.p.a. i sig.ri Grandagliano Gianfranco, Santorsola Pasquale, Visicchio Rocco, Cataldo Gaetano e Velussi Alessandra e rispettivamente quali Presidente e membri effettivi del Collegio Sindacale della società i sig.ri Madaro Salvatore Antonio, Quagliarella Michele e Damiani Giovanni.
Con il secondo decreto del 22.7.2011 venivano designati quali membri supplenti del Collegio Sindacale i sig.ri Porfido Giuseppe e Cacciapuoti Alessandro.
L’Assemblea ordinaria dei soci di Amiu s.p.a., nel corso della seduta n. 4 del 22.7.2011 disponeva, infine, il rinnovo delle cariche sociali, prendendo atto delle nomine effettuate dal Sindaco di Bari.
Gli odierni ricorrenti Serenella Molendini (Consigliera di parità effettiva della Regione Puglia), Magda Terrevoli (Presidente della Commissione regionale per le pari opportunità tra uomo e donna), Associazione “Centro di documentazione delle donne”, Associazione “Un desiderio in comune”, dr.ssa Anna Rossiello (candidata collocata in graduatoria) e Associazione “L’Arca Centro di Iniziativa Democratica” impugnavano con il presente atto introduttivo i menzionati decreti sindacali.
Contestavano, altresì, l’avviso pubblico di indizione della procedura.
Deducevano censure così sinteticamente riassumibili:
1) violazione degli artt. 3 e 51 Cost., 1 dlgs n. 198/2006, 6 dlgs n. 267/2000, 3 e 19 dello Statuto comunale; violazione della deliberazione del Consiglio comunale n. 51 del 3.9.2009: le disposizioni citate (di carattere immediatamente precettivo) imporrebbero di garantire una adeguata presenza femminile all’interno degli organi della società , mentre con i decreti contestati si prevede una sola donna all’interno del CdA (su cinque componenti) e nessuna donna all’interno del Collegio sindacale;
2) violazione dell’art. 3 legge n. 241/1990 per carenza assoluta di motivazione; eccesso di potere per ingiustizia manifesta, difetto di istruttoria e disparità di trattamento: i provvedimenti impugnati non motiverebbero in ordine alla nomina di un solo rappresentante femminile all’interno del CdA ed alla nomina di soli componenti uomini all’interno del Collegio sindacale;
3) violazione degli artt. 3 e 51 Cost., 1 dlgs n. 198/2006, 6 dlgs n. 267/2000, 3 e 19 dello Statuto del Comunale di Bari; violazione della deliberazione di C.C. n. 51/2009: in via tuzioristica l’impugnazione viene estesa avverso gli avvisi pubblici del 26.1.2010 e dell’1.6.2011 con cui il Comune di Bari ha bandito e riaperto i termini per l’acquisizione delle candidature alla nomina negli organi societari della società in questione, senza prevedere negli stessi bandi disposizioni volte a vincolare la procedura di nomina al rispetto del principio di pari opportunità tra i generi.
Si costituivano l’Amministrazione comunale, l’Azienda Municipale Igiene Urbana (AMIU) s.p.a. Grandagliano Gianfranco, Visicchio Rocco, Santorsola Pasquale, Quagliarella Michele, Damiani Giovanni, Madaro Salvatore Antonio e Velussi Alessandra, resistendo al gravame.
Ciò premesso in punto di fatto, ritiene questo Collegio che il ricorso sia fondato nei termini di seguito esposti.
Tuttavia, è necessario procedere ad alcune valutazioni preliminari anche in ordine alle eccezioni sollevate dalle parti evocate in giudizio.
In primo luogo, deve affermarsi la sussistenza della giurisdizione del giudice amministrativo in ordine alla cognizione della presente controversia, avente ad oggetto la nomina ai sensi dell’art. 50, comma 8 dlgs n. 267/2000 (disposizione espressamente richiamata nelle premesse del gravato decreto del 21.7.2011), da parte del Sindaco, della governance (i.e. componenti del CdA e del Collegio sindacale) di un società totalmente partecipata dal Comune di Bari (cfr. art. 2 dello Statuto di Amiu s.p.a.), la cui attività è svolta a favore dello stesso Ente (cfr. art. 5 dello Statuto).
Come sottolineato da T.A.R. Puglia, Lecce, Sez. I, 24 febbraio 2010, n. 622 (decisione relativa a controversia analoga in cui si contestava la nomina di componenti integralmente maschili della società a totale partecipazione pubblica “Lupiae Servizi”) in presenza di una società in house (tale è stata considerata dal T.A.R. Lecce la menzionata società “Lupiae Servizi”) gli atti di nomina debbono essere annoverati tra gli atti di cosiddetta alta amministrazione (cfr. T.A.R. Puglia, Bari, Sez. II, 15 maggio 2006, n. 1759) e le sottese posizioni eventualmente vantate dei singoli interessati avranno consistenza di interesse legittimo con consequenziale radicamento della giurisdizione del giudice amministrativo.
Al pari della società “Lupiae Servizi” anche Amiu s.p.a. è una società a totale partecipazione pubblica (art. 2 dello Statuto), realizza la propria attività per conto o a favore del Comune di Bari (art. 5 dello Statuto), è sottoposta a controllo sia strutturale (mediante nomina degli organismi amministrativi e di controllo ai sensi dell’art. 14 dello Statuto) sia funzionale (art. 6 dello Statuto) da parte del Comune di Bari.
Pertanto, nel rapporto Comune di Bari / società Amiu s.p.a. ricorrono gli estremi del cd. in house providing (i.e.”controllo analogo” esercitato dall’Ente pubblico sulla società partecipata) secondo la giurisprudenza della Corte di Giustizia UE (cfr. Corte Giust. CE, 18 novembre 1999, C-107/98, Teckal; Corte Giust. CE, 6 aprile 2006, C-410/04; Corte Giust. CE, Sez. II, 19 aprile 2007, C-295/05, Asociaciòn de Empresas Forestales c. Transformaciòn Agraria SA (TRASGA); Corte Giust. CE, 21 luglio 2005, C-231/03, Consorzio Corame; Corte Giust., 11 gennaio 2005, C-26/03, Stadt Halle; Corte Giust. CE, 13 ottobre 2005, C-458/03, Parking Brixen; Corte Giust. CE, 11 maggio 2006, C-340/04; Corte Giust. CE, 13 novembre 2008, n. 324/07, Coditel Bradant; Corte Giust. CE, 10 settembre 2009, n. 573/07, Sea), fatta propria dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato (cfr. Cons. Stato, Ad. Plen., 3 marzo 2008, n. 1), ed ormai codificato, peraltro in termini meno restrittivi, dall’art. 12 della direttiva UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 febbraio 2014 n. 24 sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE (cfr. par. 1, comma 2 del citato art. 12: “Si ritiene che un’amministrazione aggiudicatrice eserciti su una persona giuridica un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi ai sensi della lettera a) qualora essa eserciti un’influenza determinante sia sugli obiettivi strategici che sulle decisioni significative della persona giuridica controllata. Tale controllo può anche essere esercitato da una persona giuridica diversa, a sua volta controllata allo stesso modo dall’amministrazione aggiudicatrice.”).
I requisiti del cd. “controllo analogo” (fondamentale presupposto di operatività dell’istituto dell’in house providinglegittimante l’affidamento diretto, da parte di una amministrazione aggiudicatrice, di un servizio pubblico al soggetto in house ovvero l’aggiudicazione di un appalto pubblico senza l’osservanza della normativa comunitaria sull’evidenza pubblica) sono stati riaffermati anche dalle sentenze del Consiglio di Stato n. 7636/2004, n. 962/2006, n. 1513/2007, n. 2765/2009, n. 5808/2009, n. 7092/2010, n. 1447/2011 e n. 1181/2014, dalle pronunce della Corte di Cassazione (ordinanze 5 aprile 2013, n. 8352; 3 maggio 2013, n. 10299; sentenza SS.UU. 25 novembre 2013, n. 26283), nonchè dalle sentenze della Corte costituzionale (da ultimo 20 marzo 2013, n. 46 e 28 marzo 2013, n. 50).
Dalla complessiva disamina dello Statuto di Amiu s.p.a. non è dubitabile che il Comune di Bari eserciti, alla luce della giurisprudenza da ultimo citata ed ai sensi dell’art. 12 direttiva n. 24/2014, un controllo analogo sub specie di una influenza determinante sia sugli obiettivi strategici sia sulle decisioni significative della persona giuridica controllata.
Come evidenziato da T.A.R. Lecce n. 622/2010 relativamente alla società “Lupiae Servizi”:
«¦ ricorrono, nella specie, tutti i requisiti dell’in house providing e, in particolare, la mancanza di una relazione intersoggettiva, trattandosi piuttosto di delegazione interorganica: la società si pone infatti quale “longa manus” o, se si preferisce, quale mero plesso organizzativo dello stesso ente locale.
Sussiste in questo modo un rapporto non di autonomia tra i due soggetti (comune e società ) quanto piuttosto, in chiave sostanziale, di subordinazione gerarchica: il modello dell’in house, infatti, implica che la società di gestione sia priva di una propria autonomia imprenditoriale e di capacità decisionali distinte da quelle della pubblica amministrazione di cui costituisce, come efficacemente descritto da parte della dottrina, un “prolungamento organizzativo”. ¦».
Amiu s.p.a. si trova in una posizione di dipendenza funzionale e strutturale, ovvero di subordinazione gerarchica rispetto al Comune di Bari, con la conseguenza che Amiu s.p.a. è da qualificare “ente strumentale in house” del Comune, società dotata, in quanto tale, di natura pubblicistica.
Ciò giustifica il potere attribuito al Sindaco dall’art. 50, comma 8 dlgs n. 267/2000: “Sulla base degli indirizzi stabiliti dal consiglio il sindaco e il presidente della provincia provvedono alla nomina, alla designazione e alla revoca dei rappresentanti del comune e della provincia presso enti, aziende ed istituzioni.”.
In sostanza, il Comune ha agito in occasione della nomina dei vertici societari di Amiu s.p.a. non come socio privato, bensì quale autorità pubblica preposta al controllo ed al coordinamento della società , a nulla rilevando il richiamo, pur operato dall’art. 14 dello Statuto di Amiu s.p.a., alla norma di cui all’art. 2449 cod. civ. la quale – come evidenziato da T.A.R. Lecce n. 622/2010 – “costituisce … disposizione di carattere sostanziale e non processuale ¦” e quindi non decisiva ai fini del riparto di giurisdizione.
Ne consegue che la riconducibilità del rapporto intercorrente tra l’Ente locale e la società partecipata (Amiu s.p.a.) al modello organizzativo della dipendenza organica di derivazione pubblicistica implica l’attribuzione della natura pubblicistica / autoritativa agli atti organizzativi attraverso i quali detto rapporto viene disciplinato, tra cui l’atto sindacale di nomina ex art. 50, comma 8 dlgs n. 267/2000 dei vertici sociali.
In conclusione, come affermato in premessa i suddetti atti di nomina debbono essere annoverati tra gli atti “amministrativi” di alta amministrazione, con consequenziale radicamento della giurisdizione del giudice amministrativo in ordine alla cognizione e definizione delle relative controversie.
Quanto alla eccezione di irricevibilità per tardività nel deposito del ricorso introduttivo, la stessa va disattesa.
Sia il Comune di Bari che la società Amiu s.p.a. ed i controinteressati costituiti in giudizio rilevavano che il ricorso introduttivo è stato notificato al Comune di Bari, ad Amiu s.p.a. e ad un primo gruppo di controinteressati necessari (i.e. i soggetti nominati con i decreti impugnati: in particolare Grandagliano Gianfranco, Quagliarella Michele, Santorsola Pasquale, Visicchio Rocco, Cataldo Gaetano, Velussi Alessandra, Cacciapuoti Alessandro) in data 4.11.2011.
Successivamente si procedeva alla notificazione di altro ricorso (che tuttavia assumeva lo stesso r.g. n. 2173/2011) ai restanti controinteressati necessari (Porfido Giuseppe, Madaro Salvatore Antonio e Damiani Giovanni) in data 3.12.2011.
Il ricorso veniva depositato solo in data 20.12.2011.
Premesso che ai sensi dell’art. 45, comma 1, primo inciso cod. proc. amm. “Il ricorso e gli altri atti processuali soggetti a preventiva notificazione sono depositati nella segreteria del giudice nel termine perentorio di trenta giorni, decorrente dal momento in cui l’ultima notificazione dell’atto stesso si è perfezionata anche per il destinatario.”, detto termine appare prima facie non rispettato con riferimento al momento (4.11.2011) del perfezionamento della notificazione del ricorso nei confronti del primo gruppo di controinteressati. Rispetto a tale data il termine sarebbe venuto a scadere il 4.12.2011.
Tuttavia, è necessario osservare che il primo atto di ricorso è stato correttamente notificato entro il termine decadenziale di 60 giorni (di cui all’art. 29 cod. proc. amm.) alla Amministrazione che ha emesso gli atti impugnati (Comune di Bari) e ad almeno uno dei controinteressati (nel caso di specie ben sette), così come dispone l’art. 41, comma 2 cod. proc. amm.
Infatti, se si considera che i decreti sindacali impugnati risalgono al 21-22 luglio 2011, la sospensione feriale dei termini processuali (ex art. 54, comma 2 cod. proc. amm. dal 1° agosto 2011 al 15 settembre 2011) fa sì che la prima notificazione (4 novembre 2011) del ricorso sia tempestiva dal punto di vista della previsione normativa di cui all’art. 29 cod. proc. amm. (termine decadenziale di 60 giorni per la proposizione dell’azione impugnatoria) e correttamente rivolta – come visto – nei confronti della Amministrazione resistente e di almeno uno dei controinteressati.
La giurisprudenza amministrativa richiamata dalle controparti a sostegno della tesi della irricevibilità del ricorso per violazione del termine perentorio ex art. 45, comma 1 cod. proc. amm. non è applicabile nel caso di specie.
Invero, secondo Cons. Stato, Sez. V, 23 novembre 2010, n. 8154 (relativa a fattispecie in cui si faceva discussione in ordine alla applicazione dell’art. 21, comma 2 legge n. 1034/1971, disposizione che attualmente trova il suo corrispondente nell’art. 45, comma 1 cod. proc. amm.), “L’art. 21 legge 6 dicembre 1971 n. 1034, laddove prevede che il deposito del ricorso deve avvenire entro trenta giorni dall’ultima notifica, si riferisce alle notifiche necessarie ai fini dell’integrità del contraddittorio e non a quelle meramente facoltative o fatte dal ricorrente ad abundantiam, perchè diversamente sarebbe in potere della parte prolungare a proprio arbitrio il termine per il deposito del ricorso; pertanto, una notifica non prescritta dalla legge è inidonea ad impedire la scadenza del termine di trenta giorni per il deposito del ricorso, che decorre dall’ultima notifica utile.”.
Analogamente Cons. Stato, Sez. V, 26 gennaio 2011, n. 538:
«¦ Nel caso che sia prevista una pluralità di notifiche dell’appello per la determinazione del “dies a quo” del decorso del termine fissato per il deposito del ricorso in appello deve aversi riguardo, secondo il Collegio, all’ultima consegna avvenuta utilmente nel termine per appellare (Consiglio di Stato, sez. VI, 09 febbraio 2006, n. 527) e il termine per il deposito di un ricorso deve essere computato dalla data in cui detta ultima notificazione si è perfezionata e non dalla precedente data in cui la parte ha consegnato l’atto all’ufficiale giudiziario (Consiglio di Stato, Sez. V, 11 dicembre 2007, n. 6363).
Ovviamente nel far riferimento all’ultima notifica, non può che tenersi conto solo delle notifiche necessarie ai fini dell’integrità del contraddittorio e non di quelle meramente facoltative o fatte dal ricorrente “ad abundantiam”, perchè diversamente sarebbe in potere della parte prolungare a proprio arbitrio il termine per il deposito del ricorso; infatti, una notifica non prescritta dalla legge è inidonea ad impedire la scadenza del termine per il deposito del ricorso, che decorre dall’ultima notifica utile (Consiglio di Stato, Sez. VI, 22 novembre 2006, n. 6835). ¦».
Le pronunce in esame si riferiscono espressamente alle notifiche (rilevanti ai fini della decorrenza del termine perentorio per il deposito di cui all’art. 21, comma 2 legge T.A.R., ora art. 45, comma 1 cod. proc. amm.) necessarie ai fini dell’integrità del contraddittorio (i.e. rivolte ai controinteressati necessari) e non a quelle meramente facoltative o fatte dal ricorrente ad abundantiam.
In altri termini, il deposito del ricorso ex art. 45, comma 1 cod. proc. amm. deve avvenire entro il termine perentorio di trenta giorni dall’ultima notifica (in particolare dal momento in cui l’ultima notificazione dell’atto stesso si è perfezionata anche per il destinatario), intendendosi per tale la notifica necessaria ai fini dell’integrità del contraddittorio e non quelle meramente facoltative o fatte dal ricorrente ad abundantiam.
Nella fattispecie in esame i ricorrenti con il secondo ricorso (notificato al secondo gruppo di controinteressati necessari) si sono limitati a completare l’integrazione del contraddittorio nei confronti di tutti i soggetti controinteressati “necessari” (non già facoltativi) potenzialmente interessati alla conservazione dei decreti impugnati (in quanto dagli stessi menzionati, ovvero “nominati”): pertanto, non si tratta di notifiche meramente facoltative ad abundantiam effettuate nei confronti di controinteressati non necessari o comunque creati ad arte dai ricorrenti (al fine di “prolungare a proprio arbitrio il termine per il deposito del ricorso”).
Dunque, i ricorrenti hanno provveduto essi stessi, sia pure in due momenti distinti (4.11.2011 e 3.12.2011), alla integrazione del contraddittorio nei confronti di tutti i possibili controinteressati necessari, così evitando che ciò fosse disposto dal Collegio ai sensi dell’art. 49, comma 1 cod. proc. amm. (la qual cosa sarebbe stata imprescindibile laddove i ricorrenti non avessero notificato di propria iniziativa l’atto introduttivo del giudizio nei confronti di tutti i controinteressati necessari).
E’, quindi, evidente che il principio di diritto affermato dal Consiglio di Stato nelle due pronunce citate non è stato eluso da parte degli odierni ricorrenti.
Si potrebbe affermare la tardività alla stregua del combinato disposto di cui agli artt. 29 e 41, comma 2 cod. proc. amm. della seconda notificazione (in data 3 dicembre 2011) al secondo gruppo di controinteressati rispetto alla data cui è riferibile la conoscenza degli atti impugnati (nel caso di specie 21-22 luglio 2011).
Tuttavia, la considerazione della tempestività e regolarità (alla stregua del combinato disposto di cui agli artt. 29 e 41, comma 2 cod. proc. amm.) della prima notificazione e della tempestività (alla stregua del disposto di cui all’art. 45, comma 1 cod. proc. amm.) del deposito del ricorso rispetto alla seconda notificazione (da valutare quale atto di “spontanea” integrazione del contraddittorio nei confronti di tutti i controinteressati necessari, in sostituzione “volontaria” ed “anticipata” del potere del giudice amministrativo contemplato dall’art. 49, comma 1 cod. proc. amm. in caso di contraddittorio comunque correttamente instaurato) consente in definitiva a questo Collegio di ritenere correttamente ed integralmente instaurato il contraddittorio nel presente giudizio.
Con riferimento alla tematica della osservanza dei termini processuali (in particolare il termine perentorio per il deposito di cui all’art. 45, comma 1 cod. proc. amm.), va evidenziato che nel caso di specie non può trovare applicazione il disposto del novellato art. 119 cod. proc. amm.
I commi 1 (come modificato dall’art. 1, comma 1, lett. gg), n. 2 dlgs n. 195/2011) e 2 dell’art. 119 cod. proc. amm. così dispongono:
«1. Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano nei giudizi aventi ad oggetto le controversie relative a: ¦ m-quater) le azioni individuali e collettive avverso le discriminazioni di genere in ambito lavorativo, previste dall’articolo 36 e seguenti del decreto legislativo 25 luglio 2006, n. 198, quando rientrano, ai sensi del citato decreto, nella giurisdizione del giudice amministrativo (6); ¦
2. Tutti i termini processuali ordinari sono dimezzati salvo, nei giudizi di primo grado, quelli per la notificazione del ricorso introduttivo, del ricorso incidentale e dei motivi aggiunti, nonchè quelli di cui all’articolo 62, comma 1, e quelli espressamente disciplinati nel presente articolo.».
Ove si valutasse la domanda promossa dai ricorrenti quale azione collettiva ex lett. m-quater) avverso le discriminazioni di genere in ambito lavorativo, prevista dagli artt. 36 e ss. dlgs 25 luglio 2006, n. 198 il termine per il deposito del ricorso di cui all’art. 45, comma 1 cod. proc. amm. si dimezzerebbe a 15 giorni e non risulterebbe rispettato (seconda notificazione del ricorso: 3.12.2011; deposito del ricorso: 20.12.2011).
Tuttavia, la notificazione del ricorso introduttivo al primo gruppo di controinteressati necessari (da considerasi come momento rilevante ai fini della proposizione della domanda) risale al 4 novembre 2011.
Ne consegue che non può trovare applicazione ratione temporis il dimezzamento dei termini di cui al novellato art. 119 cod. proc. amm. in quanto la lett. m-quater) del comma 1 è stata introdotta con il dlgs n. 195 del 15 novembre 2011.
Detto decreto legislativo è, infatti, successivo rispetto alla notificazione del ricorso introduttivo.
In ogni caso può operare la rimessione in termini per errore scusabile ex art. 37 cod. proc. amm. (concedibile anche d’ufficio) a fronte di una situazione di oggettiva incertezza determinata dalla novità legislativa.
Quanto alla eccezione di inammissibilità per omessa impugnativa di un atto connesso autonomamente lesivo (i.e.verbale n. 4 del 22.7.2011 di presa d’atto delle nomine operata dall’Assemblea dei soci di Amiu s.p.a.), si deve rimarcare che viene in rilievo un atto (appunto il verbale n. 4/2011) meramente consequenziale rispetto ai gravati decreti sindacali del 21.7.2011 e del 22.7.2011 (il verbale a pag. 3 si limita, infatti, a richiamare la circostanza della mera lettura della determina sindacale del 21.7.2011), per il quale non vi è necessità di impugnazione.
Come evidenziato da Cons. Stato, Sez. VI, 29 aprile 2013, n. 2342, “L’impugnazione dell’atto presupposto, di per sè lesivo dell’interesse del soggetto interessato, consente di soprassedere alla susseguente impugnazione dell’atto consequenziale soltanto nell’ipotesi in cui l’eventuale annullamento del primo atto sia in grado di determinare l’automatica caducazione del secondo, ossia soltanto se l’atto successivo ha carattere meramente esecutivo dell’atto presupposto ovvero fa parte di una sequenza procedimentale che lo pone in rapporto di immediata derivazione dall’atto precedente, senza che vi sia possibilità di compiere nuove e ulteriori valutazioni di interessi. In caso di rapporto di presupposizione tra atto a monte e atto a valle, l’omessa impugnazione, per l’operatività del principio della caducazione automatica, non determina l’inammissibilità del ricorso di primo grado.”.
Relativamente alla problematica relativa alla legittimazione attiva dei ricorrenti, va evidenziato quanto segue.
Gli odierni ricorrenti sono tutti soggetti dotati di legittimazione ad agire in giudizio nei limiti di seguito indicati (ovvero con una specificazione relativamente alla posizione della dr.ssa Rossiello).
Il Presidente della Commissione Regionale per le Pari Opportunità tra Uomo e Donna, Magda Terrevoli, è certamente legittimata ad agire in forza della previsione normativa di cui all’art. 1 della legge Regione Puglia 30 aprile 1990, n. 16.
La disposizione da ultimo citata così recita:
«1. Per il conseguimento delle finalità previste dall’art. 3 della Costituzione e dell’art. 2 dello Statuto della Regione Puglia, è istituita la Commissione regionale per l’attuazione dei principi di parità di trattamento (legge 9 dicembre 1977, n. 903) e per l’uguaglianza di opportunità in materia di lavoro fra cittadini di sesso diverso.
2. Essa opera per rimuovere le discriminazioni dirette e indirette e ogni ostacolo che, di fatto, limiti la effettiva uguaglianza fra lavoratori e lavoratrici; per promuovere l’accesso al lavoro e la progressione professionale delle donne.».
Nell’ambito dell’attività diretta alla rimozione delle discriminazioni dirette e indirette e di ogni ostacolo che, di fatto, limiti l’effettiva uguaglianza fra lavoratori e lavoratrici si inserisce la legittimazione processuale in funzione antidiscriminatoria del Presidente della Commissione Regionale per le Pari Opportunità tra Uomo e Donna.
Analogamente deve dirsi con riferimento alla Consigliera di Parità Effettiva della Regione Puglia, Serenella Molendini, per la quale opera la previsione di cui all’art. 37 del dlgs 11 aprile 2006, n. 198 che le riconosce legittimazione processuale in funzione antidiscriminatoria.
In tal senso si sono espressi T.A.R. Puglia, Bari, Sez. III, 12 settembre 2008, n. 474 e T.A.R. Puglia, Lecce, Sez. I, 21 ottobre 2009, n. 792 (cfr., altresì, T.A.R. Puglia, Bari, Sez. I, 11 gennaio 2012, n. 79; T.A.R. Puglia, Bari, Sez. I, 17 gennaio 2012, n. 191; T.A.R. Puglia, Bari, Sez. I, 18 dicembre 2012, n. 2200).
Deve riconoscersi la legittimazione processuale delle associazioni esponenziali Associazione “Centro di documentazione delle donne”, Associazione “Un desiderio in comune” e Associazione “L’Arca Centro di Iniziativa Democratica” in quanto dagli atti costitutivi e statuti prodotti in giudizio (cfr. art. 3 dello Statuto della Associazione Centro di documentazione delle donne; art. 3 dell’atto costitutivo della Associazione “Un desiderio in comune”; art. 2 dello Statuto della Associazione “L’Arca Centro di Iniziativa Democratica”, tutte clausole che contengono un chiaro riferimento allo scopo di promuovere le pari opportunità ) risulta la chiara finalità , proprie delle stesse organizzazioni, di incentivare le iniziative volte alle pari opportunità ed alla tutela dei diritti delle donne.
Le finalità statutarie, pertanto, rendono evidente come le tre Associazioni ricorrenti abbiano un chiaro e diretto interesse, oltre che legittimazione attiva, all’impugnativa giurisdizionale dei decreti sindacali del 21-22 luglio 2011 con cui è stata fortemente limitata la presenza femminile all’interno degli organi di vertice della società Amiu s.p.a. totalmente partecipata dal Comune di Bari.
Invero, secondo la giurisprudenza amministrativa (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 5 settembre 2007, n. 4657) “le associazioni esponenziali di categoria possono far valere in giudizio gli interessi propri della categoria rappresentata, a condizione che risulti con certezza che gli interessi individuali degli iscritti siano univocamente conformi a quello a tutela del quale l’associazione agisce e non siano in contrasto, anche solo potenziale, tra di loro”.
Più di recente Cons. Stato, Sez. IV, 16 maggio 2011, n. 2961 ha rilevato che “Ogni associazione rappresentativa a livello nazionale di una data categoria di soggetti (nella specie imprenditori edili), il cui scopo statutario è proprio quello di tutelare gli interessi di tale categoria, è legittimata ad agire in giudizio a tutela degli interessi dell’intera collettività dei soggetti di cui è ente esponenziale. Ne deriva che l’interesse collettivo di cui l’associazione è portatrice determina in capo a quest’ultima sia l’interesse ad agire che la legittimazione, trattandosi di un interesse unitario, ovvero non settoriale o idoneo a suscitare contrasti di interesse e divisioni all’interno della categoria rappresentata.”.
In una fattispecie analoga alla presente T.A.R. Sicilia, Palermo, Sez. I, 19 luglio 2010, n. 8690 ha riconosciuto la legittimazione a ricorrere avverso il decreto sindacale di nomina di una Giunta composta da soli uomini in favore di una associazione il cui Statuto “include fra gli scopi della stessa la tutela delle pari opportunità in campo sociale, politico e culturale, di talchè essa è portatrice di un interesse istituzionale – coincidente con l’oggetto del ricorso – che ne differenzia la posizione rispetto al contenuto ed agli effetti del provvedimento impugnato” (cfr. altresì T.A.R. Sardegna, Cagliari, Sez. II, 2 agosto 2011, n. 864).
In termini si è espresso questo Tribunale con la citata sentenza di accoglimento n. 79/2012 in una controversia avente ad oggetto l’impugnazione, da parte del Presidente della Commissione Regionale per le Pari Opportunità tra Uomo e Donna, Magda Terrevoli, della Consigliera di Parità Effettiva della Regione Puglia, Serenella Molendini, e della associazione Donne in Rete – Associazione di Impegno Sociale e Cittadinanza Attiva, del decreto n. 2 del 6.6.2011 del Sindaco del Comune di San Marco in Lamis, n. prot. 0007010 di nomina degli Assessori e del Vicesindaco (fattispecie relativa alla presenza di soli uomini all’interno della giunta locale).
Infine, anche la ricorrente dr.ssa Anna Rossiello deve considerarsi munita di legittimazione ad agire in questo giudizio, sia pure limitatamente alle contestazioni mosse avverso la designazione sindacale dei componenti del Consiglio di Amministrazione di Amiu s.p.a. (e non già relativamente alle nomine nel Collegio sindacale), in quanto candidata collocata in graduatoria relativamente alla nomina nei Consigli di Amministrazione delle società partecipate (tra cui Amiu s.p.a.) e, conseguentemente, soggetto potenzialmente aspirante alla titolarità della carica in questione (cfr. T.A.R. Lazio, Roma, Sez. II, 25 luglio 2011, n. 6673 con riferimento ad un ricorso relativo alla impugnazione degli atti di nomina della Giunta di Roma Capitale da parte di cittadini elettori ritenuti soggetti dotati di legittimazione attiva in quanto potenzialmente aspiranti alla titolarità della carica).
Può, quindi, essere condivisa sul punto l’affermazione della difesa di Amiu s.p.a. contenuta a pag. 8 della memoria depositata in data 5 gennaio 2012 (ossia il difetto di legittimazione attiva della Rossiello con riferimento alle contestazioni dalla stessa mosse avverso la designazione dei componenti del Collegio sindacale di Amiu s.p.a.).
La stessa ha presentato, infatti, domanda unicamente per la partecipazione ai Consigli di Amministrazione delle società partecipate.
Nel merito, ritiene questo Collegio che sia fondata la censura di cui al punto 2 dell’atto introduttivo (pag. 20 e ss.).
Infatti, i gravati decreti sindacali, avendo provveduto alla nomina di un CdA di Amiu s.p.a. composto prevalentemente da uomini (4 su 5) e di un Collegio sindacale composto esclusivamente di uomini (sia come membri effettivi, sia come componenti supplenti), si pongono – come correttamente evidenziato da parte ricorrente al punto 2 – in contrasto con gli artt. 3 e 51 Cost. (quest’ultimo integrato dalla legge costituzionale 30 maggio 2003, n. 1), con l’art. 6, comma 3 dlgs 18 agosto 2000, n. 267 (recante “Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali”) e con l’art. 3 legge n. 241/1990 nei termini di seguito esposti.
L’art. 51, comma 1 Cost. (come novellato nel 2003) stabilisce che “Tutti i cittadini dell’uno o dell’altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge. A tale fine la Repubblica promuove con appositi provvedimenti le pari opportunità tra donne e uomini”.
A tal proposito, va rimarcato come la necessità della osservanza del principio costituzionale delle pari opportunità nella composizione della Giunta locale sia stata recentemente affermata dalla giurisprudenza amministrativa con particolare riferimento ad ipotesi in cui lo Statuto dell’Ente conteneva espressa previsione in tal senso (cfr. T.A.R. Puglia, Bari, Sez. III, 18 dicembre 2008, n. 2913; T.A.R. Puglia, Bari, Sez. I, 22 ottobre 2009, n. 2443; T.A.R. Lazio, Roma, Sez. II, 25 luglio 2011, n. 6673; T.A.R. Campania, Napoli, Sez. I, 7 aprile 2011, n. 1985; T.A.R. Puglia, Bari, Sez. I, 11 gennaio 2012, n. 79; Cons. Stato, Sez. V, 27 luglio 2011, n. 4502) ovvero relativamente ad una fattispecie in cui lo Statuto era carente di una specifica disposizione volta a garantire le pari opportunità nella formazione della Giunta comunale (cfr. T.A.R. Puglia, Bari, Sez. I, 17 gennaio 2012, n. 191).
E’ importante sottolineare, ai fini della risoluzione della presente controversia, che la giurisprudenza amministrativa è orientata nel senso della attribuzione di valenza precettiva alla innovativa disposizione costituzionale in commento (e quindi di immediata applicabilità ) e non meramente programmatica (come evidenziato da T.A.R. Puglia, Lecce, Sez. I, 24 febbraio 2010, n. 622; T.A.R. Campania, Napoli, Sez. I, 7 giugno 2010, n. 12668; T.A.R. Sicilia, Palermo, Sez. I, 15 dicembre 2010, n. 14310; T.A.R. Campania, Napoli, Sez. I, 10 marzo 2011, n. 1427; T.A.R. Sardegna, Cagliari, Sez. II, 2 agosto 2011, n. 864; T.A.R. Calabria, Reggio Calabria, 26 ottobre 2011, n. 750; T.A.R. Puglia, Bari, Sez. I, 11 gennaio 2012, n. 79; T.A.R. Puglia, Bari, Sez. I, 17 gennaio 2012, n. 191; T.A.R. Puglia, Bari, Sez. I, 18 dicembre 2012, n. 2200).
Proseguendo nella analisi delle disposizioni rilevanti ai fini della presente decisione, va esaminato il disposto dell’art. 6, comma 3 dlgs n. 267/2000.
Detta previsione, dall’indubbio carattere cogente, impone che gli statuti comunali e provinciali stabiliscano norme per assicurare condizioni di pari opportunità tra uomo e donna ai sensi della legge 10 aprile 1991, n. 125, e per promuovere la presenza di entrambi i sessi nelle giunte e negli organi collegiali del Comune e della Provincia, nonchè degli enti, aziende ed istituzioni da essi dipendenti.
Inoltre, secondo l’art. 19, comma 3, lett. c) dello Statuto del Comune di Bari il Sindaco “nomina e revoca, sulla base degli indirizzi stabiliti per ogni mandato dal Consiglio comunale, i rappresentanti del Comune in enti, aziende, società ed istituzioni nel rispetto dell’art. 6, comma 3 dlgs 267/2000 TUEL”.
L’art. 5, comma 3 del Regolamento per la definizione degli indirizzi per la nomina, da parte del Sindaco, dei rappresentanti del Comune di Bari presso enti, aziende, istituzioni, società a partecipazione comunale e organismi vari (approvato con deliberazione del Consiglio comunale di Bari n. 51 del 3.9.2009) prevede che “alle nomine ed alle designazioni sono assicurate le condizioni di pari opportunità previste dalla legge 10/4/1991 n. 125”.
L’art. 6, comma 2 del citato regolamento stabilisce che a parità di competenze e professionalità il Sindaco nella scelta dei rappresentanti garantirà la partecipazione dei due sessi.
Infine, in virtù dell’art. 12, comma 1, secondo inciso del regolamento “… Il Sindaco nell’effettuare le nomine dovrà tenere conto delle disposizioni statutarie in materia di pari opportunità tra uomo e donna ai sensi della legge 10/4/91 n. 125, promuovendo la presenza di entrambi i sessi.”.
Detto regolamento è richiamato nelle premesse della determinazione dirigenziale n. 9196 del 29.12.2009 recante approvazione dell’avviso pubblico per cui è causa.
Ne consegue che la procedura selettiva de qua si sarebbe dovuta svolgere in ossequio alle disposizioni richiamate nell’avviso pubblico (e cioè il regolamento di cui alla deliberazione consiliare n. 51/2009 in tema di pari opportunità ) e prima ancora nella più rigorosa osservanza dei citati principi costituzionali (artt. 3 e 51 Cost.).
àˆ, tuttavia, evidente che la procedura in esame ha ad oggetto la selezione di personalità dotate di una particolare qualificazione / professionalità (non a caso l’art. 4 dell’avviso pubblico richiede il “¦ possesso di diploma di laurea valido in Italia e di documentata esperienze in attività di direzione, gestione, amministrazione o controllo in enti e organismi pubblici o privati, o di iscrizione in albi professionali da almeno 5 anni o, in mancanza di diploma di laurea, di diploma di scuola media superiore e di esperienza almeno quinquennale in attività di direzione, gestione, amministrazione o controllo in enti, organismi pubblici o privati caratterizzati da strutture complesse, così come previsto dall’art. 9 comma II del regolamento per la definizione degli indirizzi per le nomine da parte del Sindaco – deliberazione di C.C. 51 del 3/9/2009”).
Parimenti, va rimarcato che nella presente fattispecie non può trovare applicazione immediata il d.p.r. 30 novembre 2012 n. 251 recante il “Regolamento concernente la parità di accesso agli organi di amministrazione e di controllo nelle società , costituite in Italia, controllate da pubbliche amministrazioni, ai sensi dell’articolo 2359, commi primo e secondo, del codice civile, non quotate in mercati regolamentati, in attuazione dell’articolo 3, comma 2 della legge 12 luglio 2011, n. 120”.
L’art. 3 (rubricato “Società a controllo pubblico”) legge 12 luglio 2011, n. 120 (in tema di “Modifiche al testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, concernenti la parità di accesso agli organi di amministrazione e di controllo delle società quotate in mercati regolamentati”) così dispone:
«1. Le disposizioni della presente legge si applicano anche alle società , costituite in Italia, controllate da pubbliche amministrazioni ai sensi dell’articolo 2359, commi primo e secondo, del codice civile, non quotate in mercati regolamentati.
2. Con regolamento da adottare entro due mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge ai sensi dell’articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono stabiliti termini e modalità di attuazione del presente articolo al fine di disciplinare in maniera uniforme per tutte le società interessate, in coerenza con quanto previsto dalla presente legge, la vigilanza sull’applicazione della stessa, le forme e i termini dei provvedimenti previsti e le modalità di sostituzione dei componenti decaduti.».
In forza dell’art. 2359, commi 1 e 2 cod. civ.:
«I. Sono considerate società controllate:
1) le società in cui un’altra società dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell’assemblea ordinaria;
2) le società in cui un’altra società dispone di voti sufficienti per esercitare un’influenza dominante nell’assemblea ordinaria;
3) le società che sono sotto influenza dominante di un’altra società in virtù di particolari vincoli contrattuali con essa.
II. Ai fini dell’applicazione dei numeri 1) e 2) del primo comma si computano anche i voti spettanti a società controllate, a società fiduciarie e a persona interposta: non si computano i voti spettanti per conto di terzi.».
Dal complesso delle disposizioni de quibus appare evidente come Amiu s.p.a. sia qualificabile ai sensi dell’art. 2359, comma 1 cod. civ. alla stregua di società controllata dal Comune di Bari (valgano a tal riguardo le argomentazioni utilizzate al fine di affermare il carattere in house della società in esame) nei cui confronti è astrattamente applicabile per il futuro la disciplina di cui al d.p.r. n. 251/2012 in tema di equilibrio tra i generi negli organi delle società non quotate.
La normativa in esame (cfr. art. 2) prevede, in attuazione del principio di cui all’art. 51 Cost. (come novellato dalla legge costituzionale n. 1/2003), una dettagliata disciplina in ordine alla composizione degli organi sociali delle società partecipate non quotate con rigorosa predeterminazione delle percentuali di presenza del “genere meno rappresentato”.
Tuttavia, la disciplina in commento non è applicabile ratione temporis (cfr. art. 3 d.p.r. n. 251/2012) ad Amiu s.p.a., venendo in rilievo nel caso di specie una procedura selettiva avviata in epoca precedente rispetto all’entrata in vigore del menzionato d.p.r.
Si deve comunque sottolineare come il d.p.r. n. 251/2012 costituisca espressione di un indirizzo legislativo finalizzato all’affermazione ed alla immediata applicazione del principio costituzionale di parità di genere di cui all’art. 51 Cost. anche all’interno degli organi di vertice delle società partecipate non quotate.
Il principio costituzionale di pari opportunità di cui all’art. 51 Cost. deve, conseguentemente, ritenersi operativo anche con riferimento alla fattispecie per cui è causa (nomina dei componenti di vertice delle società partecipate anche in epoca antecedente rispetto all’entrata in vigore del d.p.r. n. 251/2012), per quanto la formulazione letterale dell’art. 51 Cost. (“Tutti i cittadini dell’uno o dell’altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge. A tale fine la Repubblica promuove con appositi provvedimenti le pari opportunità tra donne e uomini.”) possa prima facie indurre ad opinare nel senso della applicabilità del principio di pari opportunità esclusivamente con riferimento agli uffici pubblici e alle cariche elettive in senso stretto.
Devono sul punto condividersi le argomentazioni espresse da T.A.R. Lecce n. 622/2010 relativamente alla corretta interpretazione delle espressioni utilizzate dal legislatore costituzionale del 2003:
«¦ a) il termine “Repubblica” deve essere letto alla luce della nuova formulazione di cui al primo comma dell’art. 114 Cost., in forza del quale “la Repubblica è costituita dai Comuni, dalle Province, dalle Città metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato”. Pertanto, tutti gli enti territoriali, compresi comuni e province, sono tenuti alla realizzazione dell’obiettivo indicato dalla norma;
b) con il termine “appositi provvedimenti” (frutto peraltro di uno specifico emendamento parlamentare) ci si intende riferire non solo ad atti legislativi ma anche a regolamenti ed atti amministrativi. Tale locuzione riguarda in altre parole la possibilità di attuare con qualsiasi strumento – legislativo oppure amministrativo – il principio delle pari opportunità . Come ben evidenziato in occasione dei lavori parlamentari relativi alla richiamata novella costituzionale del 2003, si prospetta in questo senso un campo d’azione articolato nelle fonti e nei soggetti che pongono in essere il ridetto principio: la norma costituzionale prefigura infatti una ampia e diversificata attività promozionale posta in essere dai soggetti della Repubblica, non necessariamente soltanto con atti normativi, e dunque “una grande varietà di soluzioni, perchè naturalmente diversi possono essere gli approcci al problema e i modi di affrontarlo” (cfr. relazione di accompagnamento al disegno di legge costituzionale, nella quale si parla anche di “norma-ombrello”);
c) l’accesso viene riferito non solo alle cariche pubbliche ma anche ai “pubblici uffici”, per tale intendendosi sia le ammissioni che avvengono tramite pubblici concorsi, sia – e soprattutto – quelle che avvengono mediante “nomina” come nel caso di specie. Per quanto riguarda, poi, la locuzione “pubblici uffici”, essa deve riferirsi a tutti i soggetti dell’ordinamento che, a prescindere dalla veste formalmente assunta, sono comunque assimilabili – sulla base di indici di derivazione comunitaria (funzioni esercitate, interessi perseguiti e modalità di controllo decisionale) – ad una pubblica amministrazione in senso sostanziale (nel cui novero è inquadrabile anche la società di cui si controverte, per le ragioni che sono state evidenziate al punto n. 1): deve riferirsi in altre parole a tutti gli organismi che – come nel caso di specie – sono in concreto qualificabili alla stregua di enti strumentali del comune, e dunque ad esso subordinati. ¦».
Nel caso di specie la locuzione “pubblici uffici” può, pertanto, essere legittimamente riferita ad una società pubblica partecipata (quale Amiu s.p.a.), in quanto Ente strumentale del Comune di Bari, e dunque ad esso subordinato.
Anche T.A.R. Lecce n. 622/2010 evidenzia il carattere immediatamente precettivo e vincolante (e non meramente programmatico) per gli Enti locali della previsione normativa di cui all’art. 6, comma 3 TUEL (peraltro espressamente richiamata dall’art. 19, comma 3, lett. c dello Statuto del Comune di Bari) da leggersi, facendo ricorso all’interpretazione storico-evolutiva, attraverso la lente di ingrandimento dell’art. 51 Cost. (anch’essa – come visto in precedenza – disposizione immediatamente e concretamente applicabile nei rapporti intersoggettivi).
Pertanto, gli Enti locali dovranno applicare il principio di pari opportunità , sancito al livello di legislazione ordinaria da detta disposizione, anche relativamente alla nomina del vertice delle società partecipate (in quanto Enti strumentali del Comune e quindi “pubbliche amministrazioni” in senso lato).
Le conclusioni cui si è appena pervenuti trovano ora conferma, tra l’altro, nella nuova formulazione di cui all’art. 1 dlgs n. 198/2006 (Codice delle pari opportunità ), come modificato sul punto ad opera dell’art. 1, comma 1, lettera b) dlgs n. 5/2010:
«1. Le disposizioni del presente decreto hanno ad oggetto le misure volte ad eliminare ogni discriminazione basata sul sesso, che abbia come conseguenza o come scopo di compromettere o di impedire il riconoscimento, il godimento o l’esercizio dei diritti umani e delle libertà fondamentali in campo politico, economico, sociale, culturale e civile o in ogni altro campo.
2. La parità di trattamento e di opportunità tra donne e uomini deve essere assicurata in tutti i campi, compresi quelli dell’occupazione, del lavoro e della retribuzione.
3. Il principio della parità non osta al mantenimento o all’adozione di misure che prevedano vantaggi specifici a favore del sesso sottorappresentato.
4. L’obiettivo della parità di trattamento e di opportunità tra donne e uomini deve essere tenuto presente nella formulazione e attuazione, a tutti i livelli e ad opera di tutti gli attori, di leggi, regolamenti, atti amministrativi, politiche e attività .».
Infine, T.A.R. Lecce n. 622/2010 rileva, in ordine alla particolare natura del potere esercitato dal Sindaco ai sensi dell’art. 50, comma 8 TUEL, che “¦ si può ritenere acquisito, nella giurisprudenza (cfr., T.A.R. Puglia Bari, sez. II, 15 maggio 2006, n. 1759; Cons. Stato, sez. IV, 9 novembre 1995, n. 898; Cass., SS.UU., 16 aprile 1998, n. 38823), il principio secondo cui i provvedimenti di nomina quali quelli in esame, pur costituendo atti di alta amministrazione e seppure connotati da un tasso di discrezionalità particolarmente elevato, non sono tuttavia sottratti, come tali, al principio di legalità ed in primo luogo al rispetto dei principi fondamentali dell’ordinamento: tra questi, quello delle pari opportunità tra uomo e donna di cui alle citate fonti costituzionali, legislative e statutarie. ¦».
In particolare T.A.R. Bari n. 1759/2006 evidenzia che la designazione, da parte del Sindaco, ai sensi dell’art. 50, comma 8 TUEL dei componenti degli organi di vertice di enti, aziende ed istituzioni debba avvenire sulla base degli indirizzi stabiliti dal Consiglio (come testualmente richiesto dalla disposizione in commento); che, pur trattandosi di designazione di carattere fiduciario, il provvedimento sindacale di nomina deve dare conto del giudizio sulle qualità del nominato, rimarcando la ritenuta maggiore affidabilità che lo stesso garantisce rispetto all’indirizzo politico – gestionale dell’Amministrazione procedente; che, pur a fronte di provvedimenti dotati di alto tasso di discrezionalità , gli stessi non sono tuttavia sottratti al principio di legalità e al sindacato del giudice amministrativo.
Nel caso di specie gli “indirizzi stabiliti dal Consiglio” comunale di Bari, cui il Sindaco si sarebbe dovuto conformare nell’esercizio del potere di nomina di cui all’art. 50, comma 8 TUEL (e tuttavia dallo stesso disattesi con i gravati decreti), erano chiaramente orientati nel senso della rigorosa osservanza del principio (immediatamente operativo) di pari opportunità nella designazione del vertice delle società partecipate (cfr. art. 19 dello Statuto comunale; art. 12 della deliberazione consiliare n. 51/2009).
Tuttavia, l’applicazione del principio di diritto di cui alla condivisibile decisione del T.A.R. Lecce n. 622/2010 (vale a dire l’estensione e l’immediata operatività del principio costituzionale di pari opportunità anche con riferimento alla designazione dei componenti di società partecipate, pur in un momento storico antecedente rispetto all’entrata in vigore del d.p.r. n. 251/2012) non può comportare la conclusione dell’annullamento tout court dei decreti sindacali impugnati (come richiesto con il motivo di ricorso sub 1) con consequenziale imposizione dell’obbligo del Sindaco di provvedere comunque alla nomina di rappresentanti del sesso femminile all’interno degli organi societari (soluzione, viceversa, accolta dalla menzionata decisione del T.A.R. Lecce), ma deve necessariamente conciliarsi con il carattere fiduciario delle nomine di cui all’art. 50, comma 8 TUEL e con la necessità di inserire all’interno degli organi di vertice delle società partecipate soggetti (uomini o donne) che siano comunque in possesso dei requisiti di professionalità richiesti dall’art. 4 dell’avviso pubblico e dall’art. 9 della deliberazione consiliare n. 51/2009.
E’ certamente condivisibile quanto evidenziato al riguardo da Cons. Stato, Sez. VI, 19 ottobre 2009, n. 6388:
«¦ anche gli atti di alta amministrazione, in quanto formalmente e sostanzialmente amministrativi, sono soggetti all’obbligo di motivazione previsto in generale dalla l. n. 241 del 1990.
La natura di atto di alta amministrazione, a forte valenza fiduciaria, non comporta invero l’esclusione dell’obbligo di motivazione, essendo chiuso nel sistema, dopo l’entrata in vigore della l. n. 241 del 1990, ogni spazio per la categoria dei provvedimenti amministrativi c.d. a motivo libero.
Ferma la necessità della motivazione per i provvedimenti di alta amministrazione, ci si interroga piuttosto in ordine al contenuto e all’ampiezza che l’impegno motivazionale deve presentare.
Ebbene, anche allorchè debba adottare atti di nomina di tipo fiduciario, l’amministrazione deve indicare le qualità professionali sulla base delle quali ha ritenuto il soggetto più adatto rispetto agli obiettivi programmati dimostrando di aver compiuto un’attenta e seria valutazione del possesso dei requisiti prescritti in capo al soggetto prescelto, sì che risulti la ragionevolezza della scelta.
Impegno motivazionale minimo in alcun modo assolto nel caso di specie il decreto del Ministro p.t del 6 dicembre 2007 limitandosi al generico richiamo alle valutazioni dei candidati (“Vista la terna dei candidati idonei predisposta¦ ” ) ed all’identificazione del prescelto (” Ritenuto di nominare Direttore Scientifico dell’IRCCS “Saverio De Bellis” di Castellana Grotte (Ba) il Prof. Emilio Jirillo”). ¦».
In conclusione, ritiene questo Collegio che possa essere accolta la censura di cui al punto 2 dell’atto introduttivo e che la motivazione dei gravati decreti sia assolutamente carente in violazione dell’art. 3 legge n. 241/1990.
In altri termini, la doverosa applicazione del principio di diritto (i.e. pari opportunità ) di cui alla condivisibile decisione del T.A.R. Lecce n. 622/2010 anche nell’ambito delle società partecipate, in forza delle argomentazioni espresse in precedenza e della necessità di conciliazione di detto principio con il carattere fiduciario della nomina e con le esigenze professionalità dei soggetti nominati, deve concretizzarsi nell’imposizione di un onere motivazionale “rafforzato” a carico della pubblica amministrazione, tenuto conto dei limiti che all’esercizio di tale potere del Sindaco, pur altamente discrezionale, derivano dagli indirizzi impressi dal Consiglio comunale di Bari ai sensi dell’art. 50, comma 8 TUEL (art. 12 della deliberazione consiliare n. 51/2009), oltre che dal menzionato principio costituzionale di pari opportunità del cui carattere immediatamente operativo si è detto.
All’opposto, i provvedimenti impugnati, nel determinare una composizione degli organi sociali di vertice chiaramente sbilanciata a favore degli uomini (prevedendo il Consiglio di Amministrazione di Amiu s.p.a. una sola donna su cinque componenti ed il Collegio sindacale nessun componente femminile), si limitano a rilevare con motivazione succinta, generica ed inadeguata (sul modello della motivazione del provvedimento amministrativo censurato da Cons. Stato n. 6388/2009) che: “¦ i nominativi prescelti, e di seguito indicati, sono dotati della richiesta professionalità e ¦ rispondono ai criteri di onestà , prestigio, competenza ed esperienza giuridico – amministrativa e/o gestionale”.
A tal proposito, si sottolena che la giurisprudenza amministrativa è costante nell’affermare la necessità quantomeno della esplicitazione di una adeguata motivazione in ordine alle ragioni della mancata applicazione del principio costituzionale della parità di genere ovvero la doverosità di una motivazione puntuale, esaustiva e concreta delle ragioni che hanno impedito di assicurare una rappresentanza adeguata dei due sessi (cfr. T.A.R. Campania, Napoli n. 2869/2013; T.A.R. Sicilia, Palermo n. 14310/2010; T.A.R. Campania, Napoli n. 1985/2011; T.A.R. Puglia, Bari n. 2913/2008).
Nel caso di specie, la stringata motivazione dei provvedimenti impugnati non consente in alcun modo di comprendere quali siano state le ragioni che hanno impedito di assicurare un’adeguata rappresentanza dei due sessi, tenuto conto che gli elenchi delle istanze pervenute (di cui alla produzione documentale dell’Avvocatura del Comune di Bari del 5 gennaio 2012) contengono anche innumerevoli nominativi di donne in possesso di titoli astrattamente idonei alla luce dei requisiti richiesti dall’art. 4 dell’avviso pubblico.
Pertanto, l’Amministrazione avrebbe dovuto motivare adeguatamente ai sensi dell’art. 3 legge n. 241/1990 in ordine alla carenza dei requisiti di qualificazione e professionalità dei soggetti di sesso femminile di cui al menzionati elenchi, in possesso di titoli astrattamente idonei, oltre che relativamente alle specifiche ragioni della designazione dei controinteressati (e cioè sul possesso, da parte dei soggetti prescelti, delle doti professionali necessarie a ricoprire l’incarico in modo ottimale secondo un parametro di politica gestionale elaborato dall’Autorità procedente) (cfr. T.A.R. Bari n. 1759/2006).
Come evidenziato da T.A.R. Sicilia, Palermo, Sez. I, 27 dicembre 2010, n. 14384 (che richiama in motivazione T.A.R. Lecce n. 622/2010, con precisazioni analoghe a quelle apportate in questa sede), “¦ il necessario contemperamento del principio di pari opportunità , secondo canoni di ragionevolezza, con le prerogative riservate al Sindaco nella scelta dei componenti della giunta, passa proprio per la motivazione – puntuale esaustiva e concreta – dei provvedimenti di nomina con riferimento alle ragioni tecnico-politiche che hanno impedito di assicurare una rappresentanza di uno dei due sessi (T.A.R. Puglia Bari, Sez. III, 12/09/2008, n. 474; T.A.R. Puglia Lecce, Sez. II, 21/02/2005, n. 680). ¦”.
Ne consegue che, in sede di riesercizio dell’azione amministrativa in esecuzione della presente sentenza, l’Amministrazione comunale dovrà motivare in modo puntuale, esaustivo e concreto, alla luce dei principi in precedenza esposti, l’eventuale valutazione in termini di non idoneità (relativamente ai requisiti professionali di cui all’art. 4 dell’avviso pubblico) dei soggetti di sesso femminile presenti all’interno degli elenchi già formati all’esito delle presentazione delle istanze concernenti la procedura selettiva per cui è causa.
Dalle argomentazioni espresse in precedenza discende l’accoglimento del ricorso nei sensi di cui in motivazione e, per l’effetto, l’annullamento del decreto sindacale del 21.7.2011 prot. n. 180073-11-1 e del decreto sindacale del 22.7.2011 prot. n. 181091/II-1, fatta salva la riedizione del potere discrezionale da parte dell’Amministrazione nel rispetto della portata precettiva della presente sentenza.
Ogni altra censura formulata da parte ricorrente resta assorbita.
Deve essere dichiarato il difetto di legittimazione attiva della ricorrente Rossiello Anna con riferimento alle contestazioni dalla stessa mosse avverso la designazione dei componenti del Collegio sindacale di Amiu s.p.a.
In considerazione della natura, della peculiarità e della complessità della presente controversia, nonchè della qualità delle parti, sussistono gravi ed eccezionali ragioni di equità per compensare le spese di giudizio.
P.Q.M.
il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, sede di Bari, Sez. I, definitivamente pronunciando sul ricorso come in epigrafe proposto, lo accoglie nei sensi di cui in motivazione e, per l’effetto, annulla il decreto sindacale del 21.7.2011 prot. n. 180073-11-1 ed il decreto sindacale del 22.7.2011 prot. n. 181091/II-1, fatti salvi gli ulteriori eventuali provvedimenti dell’Amministrazione.
Dichiara il difetto di legittimazione attiva della ricorrente Rossiello Anna con riferimento alle contestazioni dalla stessa mosse avverso la designazione dei componenti del Collegio sindacale di Amiu s.p.a.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 26 febbraio 2014 con l’intervento dei magistrati:
Corrado Allegretta, Presidente
Francesco Cocomile, Primo Referendario, Estensore
Alfredo Giuseppe Allegretta, Referendario
L’ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 30/04/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)