1. Processo amministrativo – Giudizio impugnatorio – Condono edilizio – Preavviso di rigetto – Atto endoprocedimentale – Lesività  – Non sussiste – Diniego – Provvedimento autonomamente lesivo


2. Edilizia e urbanistica – Attività  edilizia privata – Destinazione d’uso – Mutamento – Contrasto con strumenti urbanistici – Abuso riconducibile alla tipologia n. 3 tabella C, allegata alla L. 326/2003 – Domanda di sanatoria – Ammissibilità  – Fattispecie


3. Edilizia e urbanistica – Attività  edilizia privata – Sanatoria delle opere abusive – Oblazione – Mancato pagamento – Applicazione art. 32, co. 37, D.L. 269/2003 – Diniego condono e applicazione delle sanzioni ex L. 47/1985

1. A fronte di un’istanza di condono presentata ai sensi della L. 326/2003 e della L.R. n. 28/2003, il solo atto autonomamente lesivo della sfera giuridica del destinatario e, dunque, impugnabile, è il provvedimento definitivo di diniego; tutte le note ad esso antecedenti, compreso il preavviso di rigetto, sono atti endoprocedimentali, privi di autonoma portata lesiva e, perciò, non impugnabili. 


2. Il mutamento di destinazione d’uso senza opere, attuato in contrasto con le prescrizioni degli strumenti urbanistici, comporta un aumento degli standard urbanistici e, pertanto, configura un abuso riconducibile nella tipologia n. 3 della tabella C, allegata alla Legge n. 326/2003, per il quale è ammissibile domanda di sanatoria (nel caso di specie, è stato ritenuto abusivo perchè  in contrasto con gli strumenti urbanistici, il mutamento di destinazione d’uso impresso a un capannone ubicato su un’area ricadente in zona omogenea E/2 a vocazione agricola, trasformato da deposito di attrezzi agricoli e stoccaggio di prodotti agricoli in laboratorio artigianale di tornitura e fresatura, essendo stato accertato che l’attività  artigianale è prevalente su quella agricola).


3. Il mancato assolvimento dell’obbligo di corrispondere gli importi più volte richiesti dall’Amministrazione a titolo di oblazione per la commessa violazione edilizia comporta, ai sensi dell’art. 32 comma 37, decreto legge n. 269/2003, il rigetto della domanda di condono e l’applicazione delle sanzioni tipicamente previste dalla L. 28.2.1985, n. 47.

N. 00081/2015 REG.PROV.COLL.
N. 00621/2013 REG.RIC.
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 621 del 2013, integrato da motivi aggiunti, proposto da: 
Angela Maria Mallardi, Tommaso Radicci, rappresentati e difesi dall’avv. Francesco Muscatello, con domicilio eletto presso Francesco Muscatello in Bari, Strada Torre Tresca, n. 2/A; 

contro
Comune di Gioia del Colle, rappresentato e difeso dall’avv. Eugenio Matarrese, con domicilio eletto presso Segreteria T.A.R. Bari in Bari, Piazza Massari; 

per l’annullamento
1. del provvedimento di diniego del permesso di costruire in sanatoria con diffida ex art. 31 D.P.R. n. 380 del 6.6.2001 al ripristino dello stato dei luoghi di cui alla nota a firma del dirigente l’Ufficio tecnico prot. n. 32589/3757/5308 del 18.3.2013, notificata alla sig.ra Mallardi il 20.3.2013;
2. di tutti gli atti presupposti, consequenziali o comunque connessi, ancorchè ignoti, in quanto lesivi, ivi comprese la determina prot. 947/ut – Serv. Urb. del 16.3.2009 e le note prot. n. 3929 del 4.11.08, n. 8079/6523/760 del 21.3.12, n. 30194/3498 del 12.11.12.
e per l’accertamento
del diritto della sig.ra Angela Maria Mallardi ad ottenere il rilascio del condono edilizio per il cambio di destinazione d’uso di un capannone agricolo preesistente in laboratorio artigianale attraverso l’accertamento e la dichiarazione di congruità  e di correttezza di quanto dovuto nella misura calcolata e versata in base alla domanda a suo tempo inoltrata al Comune o la declaratoria di compatibilità  dell’attività  artigianale che viene svolta nel predetto capannone in quanto collegata e compatibile con l’uso agricolo.
Con motivi aggiunti depositati il 12 novembre 2014
per la nullità  e/o annullamento
della nota prot. n. 18561/1878/29775 del 22.07.2014 a firma del responsabile dell’Ufficio tecnico del Comune di Gioia del Colle.
 

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Gioia del Colle;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 10 dicembre 2014 la dott.ssa Cesira Casalanguida e uditi per le parti i difensori Francesco Muscatello e Eugenio Matarrese;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 

FATTO
I. Con ricorso notificato il 13.05.2013 e depositato il successivo 16 maggio, i coniugi Angela Maria Mallardi e Tommaso Radicci hanno impugnato il provvedimento in epigrafe con il quale il Comune intimato ha negato il permesso di costruire in sanatoria, con diffida al ripristino dello stato dei luoghi. Il provvedimento è stato adottato a conclusione del procedimento relativo alla domanda di sanatoria presentata ai sensi della L. 326/2003 e della L. R. Puglia n. 28/2003, per il cambio di destinazione d’uso da deposito attrezzi agricoli e stoccaggio dei prodotti agricoli in laboratorio artigianale di tornitura e fresatura, dell’immobile di proprietà , sito in gioia Del Colle, in via Provinciale per Noci, ex SS 604 per Alberobello, Km. 2,925, in zona omogenea E/2, del vigente PRG, identificato al catasto al fg. 72 p.lla 963.
Riferiscono i ricorrenti che in tale immobile il sig. Radicci svolge attività  di riparatore di macchine agricole.
Con nota prot. n. 8079/6523/780 del 21.03.2012, l’Ufficio Tecnico del Comune ha richiesto il versamento di € 36.791,20 per oblazione, con ulteriore maggiorazione regionale del 10%, oltre agli oneri accessori nella misura di € 13.882,45. L’importo richiesto deriva dall’inquadramento dell’abuso oggetto di sanatoria da parte dell’ufficio tecnico comunale nella tipologia contraddistinta con il n. 3), relativa alle “opere di ristrutturazione edilizia definite dall’art. 3, comma 1 lett. d) del D.P.R. 380/2001 realizzate in assenza o in difformità  dei titoli abilitativi”.
La nota del 21.03.2012 era stata preceduta da altre richieste del medesimo importo, determinato in via definitiva con provvedimento prot. 947 del 16 marzo 2009, delle quali i ricorrenti avevano contestato la qualificazione dell’intervento oggetto di sanatoria come “di ristrutturazione edilizia” definito ai sensi dell’art. 3 del D.P.R. 380/2001, sostenendo l’assenza di un mutamento di destinazione d’uso urbanisticamente rilevante, ai sensi dell’art. 8 comma 1 c, lett. A) L. 47/85.
L’ufficio tecnico del Comune ha rideterminato la tipologia di abuso individuata nell’istanza di sanatoria secondo l’allegato 1 del D.L. 269/2003, convertito in L. 326/2003, nel n. 6 della tabella, ritenendo che l’esatta tipologia fosse quella di cui al n. 3, con conseguente quantificazione dell’ammontare definitivo delle somme dovute.
Alla nota del 21 marzo 2012, dopo ulteriore sollecito di pagamento trasmesso con nota prot. 30194/3498, seguiva il provvedimento gravato, prot. 32589/3757/5308 del 18 marzo 2013, notificato il 20 marzo, di diniego del permesso di costruire in sanatoria.
I ricorrenti nell’impugnare tale provvedimento hanno premesso che la controversia non verte sulla sanabilità  delle opere ma sulla categoria nella quale debbano ricondursi gli interventi oggetto di sanatoria rispetto alla tabella di cui alla Legge n. 326/2003, da cui discende la diversa quantificazione dell’importo dovuto a titolo di oblazione e di oneri di urbanizzazione.
II. Costituiscono motivi di ricorso:
1. violazione di legge, in particolare, della L. 326/2003 e della L. 241/1990, in riferimento al D.P.R. 380/2001, alle L.L. R.R. 56/1980 e 20/2001 e al PRG vigente nonchè ai principi generali di buona amministrazione e di affidamento;
2. eccesso di potere per erronea presupposizione, travisamento dei fatti, ingiustizia manifesta e sviamento;
I ricorrenti sostengono che, con la domanda di condono del 9.12.2004, hanno dichiarato l’abuso realizzato come riconducibile alla tipologia contraddistinta con il n. 6 della tabella e proceduto al pagamento degli importi indicati in domanda.
Ritengono che il Comune avrebbe erroneamente identificato l’abuso come integrante la fattispecie di cui alla tipologia “3”, “opere di ristrutturazione edilizia” come definite dall’art. 3 comma 1 lett. d) D.P.R. 380/2001 della suddetta tabella, giungendo, pertanto, alla diversa e maggiore quantificazione dell’oblazione. Si tratterebbe, piuttosto, di mutamento di destinazione d’uso del capannone da deposito di attrezzi agricoli e stoccaggio di prodotti agricoli, in laboratorio artigianale di tornitura e fresatura per macchine agricole, senza la realizzazione di opere interne, da collocarsi all’interno della categoria 6).
Secondo i ricorrenti il comune avrebbe errato nel ritenere l’attività  artigianale incompatibile con la tipizzazione della zona come agricola, in quanto l’art. 20 NTA del PRG consentirebbe la “realizzazione di costruzioni adibite alla lavorazione dei prodotti delle attività  di queste zone ed all’esercizio delle necessarie macchine”.
Trattandosi di capannone artigianale, ubicato in zona agricola priva di valore paesistico ambientale, già  legittimamente realizzato con la destinazione ad uso agricolo, esso sarebbe compatibile con le caratteristiche della zona e le altre tipologie di insediamenti consentiti nella medesima area.
Aggiungono che l’attività  svolta dal sig. Radicci nel capannone per cui è causa sarebbe strettamente funzionale e di supporto all’attività  agricola, in quanto volta alla riparazione dei mezzi agricoli;
3. illegittimità  derivata dell’ordine di ripristino dello stato dei luoghi, da quella degli atti e provvedimenti presupposti.
L’ordine di demolizione si fonderebbe unicamente sul diniego di condono che, in quanto illegittimo, non sarebbe idoneo a giustificarne l’adozione. Inoltre, ne censurano la genericità  per assenza delle prescrizioni sulle modalità  di esecuzione e sull’individuazione delle opere sanzionabili in ipotesi di persistente inerzia.
III. Con ordinanza n. 961 del 6.6.2013 è stata accolta la domanda incidentale di sospensione.
In prossimità  dell’udienza pubblica, i ricorrenti hanno ribadito le ragioni poste a fondamento del ricorso.
All’esito dell’udienza pubblica del 4 giugno 2014, essendo stata la causa ritenuta non matura per la decisione, è stata adottata l’ordinanza n. 755 del 18.6.2014, con cui sono stati disposti incombenti istruttori nei confronti del Comune di Gioia del Colle.
IV. L’amministrazione ha ottemperato alle richieste istruttorie con nota prot. 18561/1878/200775 del 22.07.2014, depositata in data 29.07.2014.
L’ufficio tecnico ha specificato di avere ritenuto riconducibili le opere oggetto di domanda di sanatoria alla tipologia n. 3), in quanto considerate come espressione di ristrutturazione edilizia ai sensi dell’art. 3 comma 1), lett. d) del D.P.R. 380/2001. Tale determinazione deriverebbe dal fatto che il cambio di destinazione d’uso del capannone in laboratorio artigianale per tornitura e fresatura non sarebbe compatibile con la destinazione impressa all’area dal PRG, relativa alla Zona agricola E2, disciplinata dall’art. 20 delle NTA del vigente PRG.
V. Il Comune di Gioia del Colle si è successivamente costituito in giudizio con atto depositato il 26.09.2014, per resistere al ricorso.
Ha contestato, in particolare, l’applicazione al caso in esame della lett. b) dell’art. 3 del D.P.R. 380/01, di cui alla tipologia n. 6, che è da riferirsi ad interventi che non comportino modifiche alla destinazione d’uso, affermando, invece, la riconducibilità  a quella della lett. d), del n. 3, che definisce gli “interventi di ristrutturazione edilizia”, come quelli volti a trasformare gli organismi edilizi.
Ribadisce di aver più volte rappresentato ai ricorrenti, nel corso dell’istruttoria, che “l’attività  di officina di riparazione di macchine agricole costituisce attività  artigianale e, in quanto tale, incompatibile con la zona agricola in cui ricade l’immobile” e che per tale ragione l’istanza di sanatoria è stata ricondotta alla tipologia n. 3, relativa ad opere di ristrutturazione edilizia.
Specifica che l’attività  svolta nel laboratorio di tornitura e fresatura nonchè di riparazione delle macchine agricole costituirebbe, piuttosto, tipica attività  artigianale, il cui svolgimento è consentito in zona D2, secondo l’art. 16 delle NTA del PRG.
Esclude che la riparazione di macchine agricole possa ritenersi strumentale e funzionale all’attività  compatibile con la vocazione agricola dell’area, in quanto essa è svolta per conto di terzi.
Concorda con i ricorrenti nel sostenere che il nodo della controversia consista nella individuazione della tipologia di abuso, la n. 3 in luogo della n. 6. e della conseguente quantificazione dell’importo dell’oblazione.
A tal proposito eccepisce la tardività  del gravame avverso il diniego di sanatoria, già  oggetto di provvedimento notificato il 22.03.2012 e non gravato. Il provvedimento del 18.03.2013 impugnato sarebbe meramente confermativo per identità  di soggetti, competenza e contenuto, di quello del marzo 2012, e per questo la sua impugnazione sarebbe inammissibile per decorrenza dei termini di legge.
VI. Con motivi aggiunti depositati in data 12.11.2014, i ricorrenti hanno gravato la nota prot. n. 18561/1878/29775 del 22.07.2014 a firma del responsabile dell’Ufficio tecnico del Comune di Gioia del Colle, recante adempimento all’incombente istruttori disposto con ordinanza n. 755 del 18.06.2014.
Essi censurano la relazione dirigenziale ritenuta affetta da nullità , in quanto non satisfattiva delle richieste contenute nell’ordinanza sopra indicata.
Sostengono la legittimità  del capannone in questione in quanto realizzato in conformità  a titoli edilizi validi ed efficaci, precisando che l’abuso consisterebbe unicamente nel mutamento di destinazione d’uso, insistendo per la compatibilità  di quello impresso dai ricorrenti e oggetto di sanatoria con la vocazione agricola dell’area.
All’udienza pubblica del 10.12.2014, il legale dell’amministrazione ha accettato il contraddittorio sui motivi aggiunti da ultimo notificati e la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
VIII. Il nodo centrale della controversia portata all’attenzione del Collegio, secondo quanto rilevato in modo concorde dalle parti, consiste nel’individuazione della categoria alla quale ricondurre l’abuso oggetto di domanda di condono presentata ai sensi della L. 326/2003 e la conseguente quantificazione degli importi dovuti a titolo di oblazione e di oneri accessori.
L’abuso oggetto di domanda di permesso di costruire in sanatoria consiste nel cambio di destinazione d’uso – di un immobile di proprietà  dei ricorrenti – da deposito di attrezzi agricoli e stoccaggio di prodotti agricoli in laboratorio artigianale di tornitura e fresatura.
I ricorrenti sostengono che tale mutamento di destinazione d’uso non sarebbe urbanisticamente rilevante ai sensi dell’rt. 8 comma 1 lett. A) della L. 47/85, riconducendo, pertanto, l’abuso nella tipologia n. 6 di cui all’allegato 1 di cui al D.L. 269/2003, convertito in L. 326/2003, recante la tabella per la determinazione della misura dell’oblazione.
L’ufficio tecnico del Comune, invece, come evidenziato negli atti riferiti al procedimento relativo alla domanda di condono, ha ritenuto che l’attività  svolta nell’officina per la riparazione delle macchine agricole costituisca attività  artigianale e, in quanto tale, incompatibile con la vocazione agricola impressa alla zona su cui insiste l’immobile dal vigente PRG.
Ne è conseguita la riconduzione dell’abuso nella tipologia 3 di cui all’allegato 1 sopra indicato, relativo alle “opere di ristrutturazione edilizia” definite dall’art. 3 comma 1 – lett. d) D.P.R. n. 380/2001, con conseguente diversa e maggiore quantificazione degli importi dovuti per oblazione ed oneri accessori.
Ciò premesso, occorre ora procedere con l’esame dei motivi di ricorso.
IX. Preliminarmente il Collegio ritiene di soffermarsi sull’eccezione di inammissibilità  del ricorso per decorrenza dei termini per impugnare, sollevata dal Comune di Gioia del Colle.
Il provvedimento di diniego di sanatoria del 18.03.2013 gravato, secondo la difesa dell’amministrazione, sarebbe meramente confermativo di quello del 21.03.2012, contenente diffida a provvedere al versamento delle somme dovute per il perfezionamento del condono, secondo l’importo quantificato dall’amministrazione, che sarebbe, per questo, dotato di autonoma portata lesiva. Dalla sua mancata impugnazione deriverebbe l’inammissibilità  del ricorso principale.
L’eccezione è infondata.
Nel provvedimento del 21 marzo 2012, l’amministrazione indica espressamente che il mancato riscontro alla richiesta di pagamento ed integrazione documentale, nei termini specificati nella nota medesima, avrebbe comportato la qualificazione della stessa comunicazione come preavviso di rigetto dell’istanza di condono ai sensi dell’art. 32 della L. 326/2003.
Se ne desume che sia stata proprio l’amministrazione a qualificare testualmente l’atto del 21.03.2012, sicchè è da escludere che in giudizio essa ne possa mutare la natura, nel senso di considerarlo come provvedimento definitivo di diniego, in luogo di comunicazione di preavviso di rigetto.
La conclusione del procedimento relativo all’istanza di condono viene ulteriormente preannunciata dall’amministrazione con nota del 12.12.2012, avente ad oggetto l’ulteriore sollecito all’invio di quanto richiesto con quella del 21.03.2012.
La perdurante pendenza del procedimento relativo all’istanza di condono è, ulteriormente, confermata dalle note di riscontro con osservazioni inviate dalla sig.ra Mallardi, che costituiscono attuazione del contradditorio procedimentale.
Solo il provvedimento prot. n. 32589/3757/5308 del 18.03.2013, che testualmente è epigrafato “diniego del permesso di costruire in sanatoria”, contiene la determinazione conclusiva dell’istanza delle opere abusive oggetto dell’istanza di condono.
Il diniego definitivo è atto autonomamente lesivo e, pertanto, correttamente gravato dai ricorrenti, rispetto alle quali le precedenti note, compresa quella del 21.03.2012, costituiscono meri atti endoprocedimentali, privi di autonoma portata lesiva.
X. Nel merito il Collegio osserva che il ricorso principale e quello per motivi aggiunti, avendo ad oggetto la medesima questione, possono essere trattati congiuntamente.
XI. I primi due motivi di gravame, contenuti nel ricorso principale e quelli contenuti nei motivi aggiunti, impongono di puntualizzare ulteriormente che oggetto del contendere non è l’ammissibilità  del mutamento di destinazione d’uso oggetto dell’istanza di condono, quanto piuttosto in quale tipologia di abuso esso debba ricondursi ai sensi dell’art. 32 comma 26 della L. 326/2003, essendo correlata a ciascuna tipologia una diversa quantificazione della misura dell’oblazione dovuta ai fini del condono.
La destinazione d’uso giuridicamente rilevante e ammissibile è unicamente quella prevista dalla normativa urbanistica di riferimento, salvo nei casi in cui intervengano discipline derogatorie come quelle relative al condono edilizio di cui alla L. 326/2003.
Nel caso in esame, l’area su sorge il capannone per il cui mutamento di destinazione d’uso i ricorrenti hanno presentato istanza di condono, secondo le previsioni del PRG vigente, ricade in zona omogenea E/2, a vocazione agricola.
L’art. 20 delle NTA del PRG del Comune di Gioia del Colle dispone nel senso che le zone agricole E2 “sono destinate prevalentemente all’esercizio delle attività  boschive ed agricole e di quelle connesse alla predetta attività . In tali zone sono consentite: a) – case di abitazione, fabbricati rurali quali stalle, porcili, ricoveri per macchine agricole, serbatoi idrici e simili; b) costruzioni adibite alla lavorazione dei prodotti delle attività  di queste zone, ed all’esercizio delle necessarie macchine”.
La destinazione d’uso precedentemente impressa sull’immobile in questione, come riconosciuto dalla sig.ra Mallardi nella nota pervenuta al Comune in data 08.03.2012, era quella di deposito di attrezzi agricoli, deposito per lo stoccaggio di prodotti agricoli e, solo in parte, di officina per macchine agricole (come evidenziato nella relazione tecnica allegato al progetto autorizzato con p.d.c. n. 24/2004).
La destinazione d’uso per cui si chiede la legittimazione attraverso l’istanza di condono è relativa “al laboratorio artigianale di tornitura e fresatura”.
Secondo la disciplina generale del condono, gli interventi realizzati in assenza di titolo abilitativo edilizio possono costituire oggetto di sanatoria, previo pagamento di un’oblazione la cui misura varia in relazione alla tipologia di abuso realizzata.
Più specificamente, la misura dell’oblazione e’ determinata nella tabella C, allegata alla Legge 326/2003, in relazione alla destinazione residenziale o non residenziale dell’opera da sanare.
Mentre per gli abusi classificabili nelle tipologie 4, 5, 6 della tabella C la misura dell’oblazione, stante la minore gravità  degli stessi, e’ determinata in misura fissa, per le tipologie 1, 2 e 3 è necessario effettuare il calcolo della superficie del manufatto abusivo ed applicare l’oblazione in base alla categoria di destinazione d’uso dell’immobile.
Per quanto concerne più specificamente la questione dei mutamenti di destinazione d’uso, la giurisprudenza dominante, condivisa dal Collegio, ammette che possa essere attuato anche senza opere.
In tale ambito, occorre introdurre ulteriori distinzioni: da un lato, sono configurabili interventi non assoggettati al previo rilascio del titolo abilitativi. (In tal senso cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 10 marzo 1999, n. 231 e sez. V, 14 maggio 2003, n. 2586 e la Corte costituzionale, sent. n. 73 dell’11 febbraio 1991, sentenze richiamate anche dalla Circolare esplicativa del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti del 7 dicembre 2005, n. 2699/C, pubblicata sulla G.U. Serie Generale n.52 del 3-3-2006). In caso di mutamenti conformi alle previsioni urbanistiche della zona, la diversa utilizzazione di un edificio, attuata senza opere, costituisce esercizio di «jus utendi» che, diversamente dallo «jus aedificandi», non rientra, pertanto, nella disciplina urbanistico-edilizia generale. In tali casi il mutamento di destinazione d’uso non si configura come abuso da sanare.
Dall’altro lato, è stata distinta la diversa ipotesi in cui il mutamento di destinazione d’uso senza opere, avvenga, invece, in contrasto con le prescrizioni degli strumenti urbanistici. Per tali ipotesi è stata ritenuta ammissibile la presentazione di una domanda di sanatoria e la tipologia a cui l’abuso va ricondotta è quella n. 3. Ciò in quanto la definitiva introduzione della destinazione d’uso si traduce in una variazione che comporta un aumento degli standard urbanistici e per questo inserita nella tipologia n. 3 (in tal senso anche la Circolare esplicativa del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti del 7 dicembre 2005, n. 2699/C, sopra menzionata).
L’amministrazione comunale, nel caso in esame, ha agito in conformità  a tale consolidato orientamento ritenendo riconducibile l’abuso per cui è causa nella tipologia 3, proprio in quanto la destinazione d’uso impressa al capannone, trasformato in laboratorio artigianale, è stato considerato in contrasto con le prescrizioni urbanistiche che regolano la zona, come sopra richiamate.
Del resto, gli atti dei proprietari confermano tale impostazione, in quanto essi stessi presentando l’istanza di condono hanno ammesso che la diversa utilizzazione del capannone non si risolve nel mero esercizio dello ius utendi, riconoscendo di fatto che il mutamento di destinazione d’uso realizzato configuri un’ipotesi di abuso..
Nè può escludersi che lo svolgimento di attività  artigianale per cui è causa comporti un aumento degli standard urbanistici.
Infondate a riguardo sono le censure dei ricorrenti tese a sostenere che l’attività  artigianale in questione sia funzionale e connessa a quella agricola.
Il Collegio, in conformità  alla prevalente giurisprudenza che si è pronunciata sul punto, precisa che affinchè possa ritenersi un’attività  connessa a quella della vocazione agricola della zona, essa deve restare collegata all’attività  agricola esercitata in via principale sul suolo, mediante un vincolo di strumentalità  o complementarietà  funzionale, in assenza del quale è da escludere che essa rientri nell’esercizio normale dell’agricoltura, assumendo piuttosto il carattere prevalente o esclusivo dell’attività  artigianale, commerciale o industriale Costituisce, dunque, attività  agricola solo quella che utilizza lo specifico fattore produttivo costituito dalla terra (in tal senso: Cons. Stato, sez. IV sent. n. 2669 del 14.05.2001).
Con specifico riguardo all’attività  svolta dal sig. Radicci, essa consiste in quella dell’artigiano tornitore di pezzi speciali delle macchine agricole. Trattasi a bene vedere di attività  in cui il bene terra non è funzionale all’attività , nel senso che essa si attua con tecniche e procedimenti del tutto estranei all’agricoltura ed in cui la presenza del bene terra ha scarso rilievo.
Lo stretto legame con l’attività  agricola, quale requisito determinante ai fini della qualificazione dell’attività  svolta come conforme alla vocazione agricola dell’area, si desume anche la previsione di cui alla lett. b) dell’art. 20 NTA del PRG vigente.
La norma in questione introduce una deroga alla vocazione agricola della zona E2 soltanto con espresso e tassativo riferimento alla presenza di costruzioni adibite alla lavorazione dei prodotti delle attività  di queste zone e “all’esercizio delle necessarie macchine”.
Il laboratorio artigianale per la tornitura e fresatura per macchine agricole, qualora sia svolto anche a favore di terzi, può definirsi agricolo solo se la relativa attività  non sia prevalente (Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza n. 651 del 04.02.2013).
Da quanto emerge dalla documentazione versata in atti, l’attività  svolta nel capannone è da ritenersi prevalente rispetto a quella agricola.
Ne deriva che, allorquando l’attività  della cui connessione con un’attività  propriamente agricola si discute, abbia in concreto dimensioni tali che la rendono principale rispetto quella agricola, deve escludersi il carattere agricolo dell’attività  stessa.
Alla stregua delle predette considerazioni deve senz’altro negarsi il carattere agricolo dell’attività  in questione, giacchè la tornitura e la fresatura dei pezzi di macchinari, sia pure agricoli, non possono ritenersi espressione di tipica attività  agricola.
A queste considerazioni si aggiunga, come evidenziato anche dalla difesa del Comune, che l’art 16 delle NTA del PRG vigente individua le aree artigianali, in cui attività  come quella per cui è causa trovano la più opportuna e naturale collocazione, secondo le scelte urbanistiche compiute dall’amministrazione nell’esercizio dell’ampia discrezionalità  in tale materia.
Il mutamento di destinazione d’uso del capannone in questione, seppure lo si ritenga realizzato senza opere, è in definitiva da ritenersi attuato in contrasto con le prescrizioni degli strumenti urbanistici, con conseguente incidenza della variazione sugli standard urbanistici.
Ne deriva che correttamente l’ufficio tecnico del Comune, nel valutare la domanda di sanatoria dei coniugi Mallardi Radicci, abbia considerato la definitiva introduzione della destinazione d’uso riconducibile alla tipologia 3 di cui alla tabella allegata alla L. 326/2003, trattandosi di una variazione che comporta un aumento degli standard urbanistici.
XII. Infondate sono, pertanto, anche le censure avverso la relazione dell’ufficio tecnico, gravata con motivi aggiunti, in quanto con la medesima l’amministrazione ha ribadito le argomentazioni a sostegno delle determinazioni assunte.
XIII. Parimenti infondato è anche il terzo motivo di ricorso, richiamato anche in quello contenente motivi aggiunti.
Il mancato assolvimento dell’obbligo di corrispondere gli importi più volte richiesti dall’amministrazione a titolo di oblazione per la commessa violazione comporta il rigetto della domanda di condono e l’applicazione delle sanzioni tipicamente previste dalla l. 28 febbraio 1985, n. 47.
E’ quanto si desume dall’esame dell’articolo 32, comma 37, del decreto-legge n. 269 del 2003.
La disposizione, nel fissare regole puntuali in ordine alle domande di sanatoria ammesse dalla normativa del 2003, prevede espressamente che “se nei termini previsti l’oblazione dovuta non è stata interamente corrisposta o è stata determinata in forma dolosamente inesatta, le costruzioni realizzate senza titolo abilitativo edilizio sono assoggettate alle sanzioni richiamate all’articolo 40 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, e all’articolo 48 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380”.
Il diniego di condono e l’ordine di ripristino dello stato dei luoghi si fondano sull’esito negativo del procedimento volto al rilascio del permesso di costruire in sanatoria, in quanto non sono state realizzate le condizioni prescritte dalla legge.
Non rilevano neppure le ulteriori censure avverso l’ordine di ripristino dello stato dei luoghi, in quanto esse attengono alle modalità  attuative dell’ordine, propriamente tipiche della successiva ed autonoma fase esecutiva.
IX. Per tutto quanto esposto il ricorso, come integrato da motivi aggiunti, deve essere respinto.
Le peculiarità  sottese alla natura della controversia e il comportamento processuale delle parti, costituiscono giustificati motivi per disporre la compensazione delle spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Terza)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità  amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 10 dicembre 2014 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Sergio Conti, Presidente
Desirèe Zonno, Primo Referendario
Cesira Casalanguida, Referendario, Estensore
 
 
 
 

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 15/01/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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