1. Edilizia e urbanistica – Attività  edilizia privata –  Permesso di costruire – Variazioni in esecuzione –  Valutazione – Effetti


2. Edilizia e urbanistica – Attività  edilizia privata – Opere abusive – Ordine di sospensione lavori  – Natura – Effetti 

3. Edilizia e urbanistica – Attività  edilizia privata – Opere abusive – Istanza di sanatoria – Mancata definizione del procedimento – Ordine di demolizione – Illegittimità 

1. L’entità  delle variazioni attuate in difformità  rispetto al titolo abilitativo in corso di esecuzione dell’opera va valutata in ordine alla natura e alle dimensioni delle opere, nonchè in ordine alla destinazione e alla funzione delle medesime, nonchè al risultato complessivo dell’intervento edilizio (art. 8 L. n. 47/1985), con l’effetto che la demolizione è legittimamente ordinata quando l’intervento determini incida su uno di detti parametri di valutazione (nella specie era stato realizzato un bagno accessoriato in un luogo con destinazione urbanistica deposito).


2. L’ordine di sospensione lavori, avendo la funzione di di evitare l’aggravarsi della situazione con la prosecuzione dell’opera abusiva, è di natura cautelare dalla durata provvisoria, cui segue entro i 45 giorni successivi l’ordine di demolizione che determinerà  la lesione della sfera giuridica del destinatario con assorbimento dell’ordine di sospensione lavori. Non vi è una necessaria propedeuticità  tra il primo ed il secondo provvedimento sanzionatorio qualora i lavori oggetto di sanzione al momento dell’irrogazione della stessa risultino già  conclusi.

3. E’ illegittimo il provvedimento sanzionatorio della P.A. nella parte in cui, prima che sia stata definita la domanda di condono edilizio, dispone la demolizione di manufatti oggetto della  medesima, posto che l’amministrazione ha l’obbligo di astenersi da ogni iniziativa repressiva sino alla definizione del procedimento attivato per il rilascio della concessione in sanatoria (art. 38 L. n. 47/1985).

N. 00063/2015 REG.PROV.COLL.
N. 00587/2008 REG.RIC.
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 587 del 2008, proposto da: 
Michele Leonetti, rappresentato e difeso dall’avv. Francesco Bruno, con domicilio eletto presso Alberto Bagnoli, in Bari, Via Dante, n. 25; 

contro
Comune di Andria, rappresentato e difeso dagli avvocati Giuseppe De Candia, Giuseppe Di Bari, con domicilio eletto presso Giuseppe De Candia, in Bari, presso E. Augusto via Abate Gimma, n. 147; 

per l’annullamento
– del provvedimento del Dirigente del Settore Pianificazione del Territorio del Comune di Andria n. 102 del 22.2.2008, notificato il 28.2.2008, con cui è stato ingiunto all’ing. Michele Leonetti, “in qualità  di proprietario della unità  immobiliare ubicata a primo piano cantinato e/o piano intermedio”, contraddistinta con il sub 43, posta in via Piero della Francesca n. 69, nel P.d.Z. 167 Nord, terzo comparto, lotto 224/c, “il ripristino dello stato dei luoghi relativo alla realizzazione di un vano adibito a bagno completamente accessoriato, in conformità  all’uso previsto in progetto assentito con Permesso di Costruire n. 108 del 3.7.2002 (RE. n. 37/02), entro e non oltre novanta giorni dalla data di notifica della presente ingiunzione”;
– di ogni altro atto presupposto, connesso e consequenziale, ancorchè allo stato non conosciuto.
 

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Andria;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 26 novembre 2014 la dott.ssa Maria Colagrande;
Uditi per le parti i difensori Francesco Bruno;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 

FATTO e DIRITTO
àˆ impugnato il provvedimento del Dirigente del Settore Pianificazione del Territorio del Comune di Andria n. 102 del 22.2.2008, notificato il 28.2.2008, con cui è stato ingiunto al ricorrente – quale proprietario di unità  immobiliare di un fabbricato sito in Andria alla via Piero della Francesca n. 69 contraddistinta al foglio 30, particella 2333 sub 43 – di ripristinare lo stato dei luoghi in relazione all’abusiva realizzazione di un bagno completamente accessoriato.
Avverso detto atto vengono articolate le seguenti doglianze:
1. “Violazione ed erronea applicazione degli articoli 31 e 32 del D.P.R. n. 380/2001. Violazione ed erronea applicazione dell’art. 2 della l.r. n. 26/1985. Eccesso di potere per carente e difettosa istruttoria, difetto di motivazione, erronea presupposizione, violazione dei giusto procedimento, illogicità , contraddittorietà . Violazione dei principio di efficacia e buon andamento della Pubblica Amministrazione”, sostenendosi che non sussisterebbero i presupposti per l’applicazione della sanzione demolitoria – riservata alle sole ipotesi di interventi edilizi posti in essere in assenza del permesso di costruire, in totale difformità  o con variazioni essenziali – dato che la realizzazione del bagno:
– non comporta alcuna modifica di destinazione d’uso in senso urbanisticamente apprezzabile, in considerazione della sua modestia (ben al di sotto rispetto ai limiti normativamente stabiliti dal legislatore regionale);
– costituisce una mera specificazione della destinazione assentita, cioè di cantinola/deposito; -afferisce alla distribuzione interna della cantinola/deposito;
– non implica variazione di standards urbanistici;
– non comporta alcun aumento volumetrico, così come non produce alcuna volumetria l’intera cantinola/deposito, posta al primo piano interrato;
– non viola norme in materia di edilizia antisismica;
– non aumenta la superficie e non muta le caratteristiche dell’intervento assentito.
2. “Violazione dell’art. 27, comma 3, del d.P.R. n. 380/2001. Violazione dell’art. 41 della l.r. n. 56/1980. Eccesso di potere per carente e difettosa istruttoria, difetto dl motivazione, violazione del giusto procedimento. Violazione del principio di economicità , efficacia e buon andamento della Pubblica Amministrazione”, per non essere stata disposta, prima dell’ingiunzione, la sospensione dei lavori.
3. “Violazione dell’art. 38 della l. n. 47/1985, in relazione alle previsioni di cui all’art. 32, comma 25 e 28, della l. 326/2003. Violazione della l.r. n. 28/2003. Eccesso di potere per carente e difettosa istruttoria, difetto di motivazione, violazione del giusto procedimento. Violazione del principio di economicità , efficacia e buon andamento della Pubblica Amministrazione”, poichè non si sarebbe tenuto conto dell’avvenuta presentazione – da parte dell’originario titolare della concessione edilizia Di Schiena Giacomo – di domanda di condono (all. 10 ricorso) ex art. 32 della l. 326/2003 e l.r. 28/2003, determinante la sospensione, ex art. 38 della L.n. 47/1985, dei procedimenti amministrativi sanzionatori.
Si è costituito in giudizio l’intimato Comune di Andria, chiedendo il rigetto del gravame.
Con ordinanza presidenziale n. 102/2014 del 15.4.2014 è stato richiesto al Comune di Andria di produrre una relazione di chiarimenti nella quale, esposti i fatti di causa (con la relativa documentazione) fosse precisato se, successivamente all’adozione dell’atto qui impugnato, siano stati adottati ulteriori provvedimenti o sia mutata la situazione di fatto e di diritto (anche al fine di verificare l’effettiva permanenza dell’interesse alla decisione).
Il predetto Comune ha adempiuto, con deposito effettuato il 24.9.2014.
In particolare, dalla nota prot. 37912 datata 19.5.2014 del Dirigente dello Sportello Unico Edilizia emerge che:
– non sono stati emessi nuovi provvedimenti;
– “l’ufficio sta predisponendo la decisione finale in ordine al procedimento afferente il condono edilizio p.e.c. n. 464/2004 a nome Di Schiena Giacomo”.
Alla pubblica udienza del 29.10.2014 il ricorso è stato trattenuto per la decisione.
In punto di fatto va rilevato che :
– parte ricorrente è proprietaria di unità  immobiliare facente parte del fabbricato condominiale posto nell’abitato di Andria, nell’ambito del P.d.Z. 167 Nord, terzo comparto, lotto 224/c, in via Piero della Francesca n. 69, riportata nel Catasto fabbricati al foglio 30, particella 2333, sub. 43;
– l’intero complesso edilizio è stato realizzato in forza dei seguenti titoli abilitativi edilizi rilasciati dal Comune di Andria e relativi alla P.E. n. 37/2002: – Concessione Edilizia n. 108 del 3.7.2002; Concessione in Variante n. 108/A del 19.9.2002; – varianti in corso d’opera presentate il 25.10.2002, il 20.4.2003 e il 13.10.2003.
– nella cantinola/deposito interrata di proprietà  della ricorrente è stato realizzato ab origine un modesto vano adibito a bagno;
– il Dirigente del Settore Pianificazione del Territorio del Comune di Andria ha emesso, ex art. 31 del D.P.R. n. 380/2001, il provvedimento qui impugnato (n. 102 del 22.2.2008, notificato il 28.2.2008) con cui ha ingiunto “in qualità  di proprietaria della unità  immobiliare ubicata a primo piano cantinato e/o piano intermedio”, contraddistinta con il sub 43, “il ripristino dello stato dei luoghi relativo alla realizzazione di un vano adibito a bagno completamente accessoriato, in conformità  all’uso previsto in progetto assentito con Permesso di Costruire n. 108 del 3.7.2002 (P.E. n. 37/02), entro e non oltre novanta giorni dalla data di notifica della presente ingiunzione”.
In punto di diritto va osservato quanto segue che:
A) sul primo motivo:
– secondo il costante orientamento della giurisprudenza amministrativa, la valutazione in ordine alla necessità  del tipo di titolo abilitativo per la realizzazione di opere va effettuata sulla scorta dei due parametri consistenti nella natura e dimensioni delle opere e loro destinazione e funzione;
– se le opere comportano una significativa trasformazione edilizia del territorio per effetto dell’aumento volumetrico realizzato è necessario il rilascio del permesso di costruire; viceversa, in mancanza del permesso per costruire o se sussistono significative difformità  dai relativi limiti, è irrogabile la misura della demolizione di tal che, in assenza e significativa difformità  dei relativi limiti, è irrogabile la misura della demolizione.
– per determinare il carattere essenziale, o meno, di una variazione al titolo edilizio si deve aver riguardo al risultato complessivo dell’intervento edilizio, per cui il relativo giudizio va formulato non già  esaminando l’intervento stesso nei suoi singoli elementi, ma valutando l’insieme delle modificazioni apportate al primitivo progetto;
– ai sensi dell’art. 8 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, l’essenzialità  delle variazioni al progetto edilizio sussiste ex se per la modifica di alcuni dei parametri in esso indicati (destinazione d’uso, caratteristiche di cui all’art. 31, lett. d) ed e), della l. 5 agosto 1978, n. 457) e, per altri, soltanto se quantitativamente rilevante (volumetria, assetto urbanistico-edilizio etc.);
– nella fattispecie all’esame è pacifica l’immutazione della destinazione d’uso del locale cantina rispetto a quella assentita nel titolo concessorio, determinata dall’esecuzione di opere edilizie ontologicamente e funzionalmente incompatibile con l’uso “cantina” del locale de quo;
– è palese che la trasformazione urbanistica del locale per cambio di destinazione d’uso mediante opere edilizie determina un maggiore carico urbanistico in violazione della concessione edilizia originariamente rilasciata e del quale deve essere verificata la conformità  con la disciplina urbanistica di zona.
– per una compiuta ricostruzione del sistema si rinvia a Cass. Pen. 13.11.2012 n. 43885.
B) sul secondo motivo:
– secondo il consolidato indirizzo giurisprudenziale, il potere di sospensione dei lavori in corso, attribuito all’Autorità  comunale dall’art. 27, comma 3, del d.P.R. n. 380 del 2001 è di tipo cautelare, in quanto destinato ad evitare che la prosecuzione dei lavori determini un aggravarsi del danno urbanistico; alla natura interinale del potere consegue che il provvedimento emanato nel suo esercizio ha la caratteristica della provvisorietà , fino all’adozione dei provvedimenti definitivi. Logico corollario di ciò è che, a seguito dello spirare del termine di quarantacinque giorni, ove l’Amministrazione non abbia emanato alcun provvedimento sanzionatorio definitivo, l’ordine in questione perde ogni efficacia, mentre nell’ipotesi di adozione del provvedimento sanzionatorio, è quest’ultimo che determina la lesione della sfera giuridica del destinatario, con assorbimento dell’ordine di sospensione dei lavori.
– Qualora le opere edilizie abusive risultino realizzate da tempo, non essendo necessaria alcuna sospensione di lavori, l’amministrazione comunale legittimamente può emettere l’ordinanza di demolizione delle stesse (cfr. Cons. St. Sez. V, 7/4/2006 n.1900).
C) sul terzo motivo:
– va ricordato l’orientamento giurisprudenziale consolidato (cfr. da ultimo: Sez. V, 23 giugno 2014, n. 3143; Sez. V, 31 marzo 2014, n. 1546; id., VI, 14 marzo 2014, n. 1292; id., VI, 7 maggio 2009, n. 2833), secondo cui, se è pur vero che la presentazione di un’istanza di sanatoria non inficia la legittimità  dell’ordine di demolizione impartito in precedenza, quando la domanda di sanatoria sia stata poi respinta, è altresì vero che la presentazione di una siffatta richiesta impedisce che l’amministrazione, prima del suo esame, possa attivarsi per eliminare un abuso che potrebbe potenzialmente essere sanato e determina – di conseguenza – la temporanea sospensione degli effetti dell’ordine di demolizione già  impartito;
– L’art. 38 della legge n. 47/1985 impone all’Amministrazione di astenersi, sino alla definizione del procedimento attivato per il rilascio della concessione in sanatoria, da ogni iniziativa repressiva, la quale vanificherebbe a priori l’eventuale rilascio del titolo abilitativo in sanatoria. Pertanto, il provvedimento sanzionatorio è illegittimo nella parte in cui, prima che sia stata definita la domanda di condono edilizio, dispone la demolizione dei manufatti oggetto della domanda stessa (cfr. da ultimo TAR Lazio, sez. I, 07/4/2014 n. 3774 e TAR Toscana, Sez. III, 27/3/2014 n. 571).
Pertanto il ricorso, previa reiezione dei primi due motivi di doglianza, risulta fondato limitatamente al terzo motivo, avendo il Comune emesso il provvedimento sanzionatorio senza tenere assolutamente conto dell’antecedente avvenuta presentazione di una domanda di condono (nel 2004 da parte del Di Schiena Giacomo – all. 10 del ricorso) che determina, sul piano procedimentale, l’onere da parte dell’Amministrazione, di esaminare ed eventualmente respingere la domanda di condono.
La reiezione di alcuni motivi di ricorso giustifica la compensazione delle spese.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei limiti di cui in motivazione e, per l’effetto, annulla l’atto impugnato.
Spese compensate.
Contributo unificato rifuso, ai sensi dell’art. 13 comma 6 bis.1 del d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità  amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 26 novembre 2014 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Desirèe Zonno, Presidente FF
Viviana Lenzi, Referendario
Maria Colagrande, Referendario, Estensore
 
 
 
 

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 15/01/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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