1. Risarcimento del danno – Domanda – Impianti pubblicitari – Autorizzazione – Ritardo della p.A. – Sussiste – Adozione piano generale degli impianti – Irrilevanza – Fattispecie
2. Risarcimento del danno – Domanda – Quantificazione – Concorso di colpa del danneggiato – Sussiste – Conseguenze
1. Nell’ambito del procedimento di rilascio delle autorizzazioni per l’istallazione degli impianti pubblicitari, non costituisce scriminante del comportamento inadempiente del Comune nel non prendere in esame le relative istanze, l’iter di approvazione del piano generale degli impianti, non potendo, i tempi di approvazione di quest’ultimo, condizionare il rilascio delle autorizzazioni. Non può escludersi, infatti, nella specie, la colpa dell’amministrazione che, nonostante fosse stata destinataria dell’ordine del giudice di provvedere all’esame delle istanze presentate, non vi aveva adempiuto, tanto da determinare la necessità della nomina del commissario ad acta, nè in giudizio risulta provata in alcun modo l’assenza di colpa.
2. Nella quantificazione del danno da riconoscersi all’impresa che abbia presentato istanze di autorizzazione all’ installazione di impianti pubblicitari mai evase dal Comune, rileva, ai sensi del comma 2 art. 1223 c.c. il comportamento assunto dal ricorrente, il quale non deve essere risarcito del danno che avrebbe potuto evitare qualora avesse tenuto il comportamento collaborativo richiesto dalle regole di correttezza: si vuole, in tal modo, circoscrivere il danno derivante dall’inadempimento dell’amministrazione entro i limiti che rappresentano una diretta conseguenza dell’altrui colpa. (nella specie la società chiedeva il risarcimento del danno causato da silenzio dell’amministrazione protrattosi sin dal 1992, pur avendo deciso di agire contro il silenzio soltanto nel 2002.
In applicazione di detto principio e della relativa norma civilistica, è stata riconosciuta la quantificazione del danno in misura piena per il periodo decorrente dalla diffida all’amministrazione (16.05.2002) sino al rilascio delle autorizzazioni da parte del commissario ad acta, mentre nella misura del 50% (correlata al concorso di colpa del ricorrente) per il periodo decorrente dal 1992 al 2002).
N. 01703/2014 REG.PROV.COLL.
N. 00483/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 483 del 2012, proposto da:
Pubblicità Foggetti di Antonio e Francisco Foggetti S.n.c., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv. Raffaele Gassi, Massimo Vernola, con domicilio eletto presso Raffaele Gassi in Bari, via Manzoni, n. 144;
contro
Comune di Bari, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Augusto Farnelli, con domicilio eletto presso Augusto Farnelli in Bari, c/o Avvocatura Comunale, via P.Amedeo, n. 26;
per la condanna ai sensi degli artt. 30 e 112, c. 3 coc.proc.amm.
del Comune di Bari al risarcimento dei danni in favore della ricorrente nella misura di Euro 177.587,20 o in quella minore o maggiore che verrà determinata da questo Collegio, “stante l’accertamento dell’inadempimento del Comune di Bari come statuito dal T.A.R. Puglia Bari con le ordinanze nn. 676/2002, 224/2003 e 433/2003, e la sentenza n. 308/2004, per non avere illegittimamente esaminato tempestivamente n. 31 domande di autorizzazione all’installazione degli impianti pubblicitari presentate dalla società Foggetti Antonio e Francisco Foggetti S.n.c negli anni 1992 e 1999 e per non aver terminato l’istruttoria nei termini di legge rilasciando le relative autorizzazioni, oltre a non aver ottemperato tempestivamente ai provvedimenti cautelari del Giudice Amministrativo¦”;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Bari;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 23 ottobre 2014 la dott.ssa Flavia Risso;
Uditi per le parti i difensori avv.ti Massimo Vernola e Augusto Farnelli;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
La società ricorrente con il ricorso in riassunzione indicato in epigrafe chiede “stante l’accertamento dell’inadempimento del Comune di Bari come statuito dal T.A.R. Puglia Bari con le ordinanze nn. 676/2002, 224/2003 e 433/2003, e la sentenza n. 308/2004, per non avere illegittimamente esaminato tempestivamente n. 31 domande di autorizzazione all’installazione degli impianti pubblicitari presentate dalla società Foggetti negli anni 1992 e 1999 e per non aver terminato l’istruttoria nei termini di legge rilasciando le relative autorizzazioni, oltre a non aver ottemperato tempestivamente ai provvedimenti cautelari del Giudice Amministrativo¦” di condannare il Comune di Bari al risarcimento dei danni in favore della ricorrente nella misura di Euro 177.587,20 o in quella minore o maggiore che verrà determinata da questo Collegio.
Con atto depositato in data 3.4.2012 si è costituito in giudizio il Comune di Bari chiedendo il rigetto del ricorso poichè infondato.
All’udienza del 23.10.2014 la causa è stata trattenuta per la decisione.
DIRITTO
1. – Il ricorso è fondato, atteso che la domanda risarcitoria proposta dalla società Pubblicità Foggetti Antonio e Francisco Foggetti S.n.c. è meritevole di accoglimento alla stregua delle osservazioni che seguono.
2. – In punto di fatto occorre premettere quanto segue.
La società ricorrente nel ricorso deduce che:
– in data 26.10.1992 la società Pubblicità Foggetti Antonio e Francisco Foggetti S.n.c, presentava al Comune di Bari n. 30 istanze per la concessione di suolo pubblico per impiantistica pubblicitaria con numero d’ordine dal 414 al 443;
– successivamente, interveniva la delibera n. 1483 del 21.5.1997 (allegata al ricorso) con la quale si fissavano alcuni nuovi criteri per il rilascio delle autorizzazioni e, in particolare, risultava “che per gli impianti fino a 3,50 mt di formato, può essere concessa l’autorizzazione sulla base della decisione della Giunta municipale del 27.9.1996, senza espressione di parere tecnico, trattandosi di impianti di ridotte dimensioni” e contestualmente si approvavano numerose istanze, limitatamente agli impianti del formato fino a mq 3,50. La società Pubblicità Foggetti Antonio e Francisco Foggetti S.n.c. provvedeva dunque, con nota del 7.10.1997 (allegata al ricorso), a richiedere la variazione di misura degli impianti pubblicitari di cui alle istanze presentate nel 1992 per adeguarsi alle nuove prescrizioni comunali;
– il Comune di Bari aveva adottato all’inizio dell’anno 1994 il Primo Piano Triennale per la Impiantistica pubblicitaria (Piano scaduto alla fine dell’anno 1997) e, stante l’intervenuta proroga di due anni, autorizzava in data 30.11.1999 solo n. 5 istanze della società Pubblicità Foggetti Antonio e Francisco Foggetti S.n.c., rigettando espressamente altre tre istanze (nn. 432, 439 e 442);
– in data 15.12.1998 il Comune di Bari chiedeva alla società Pubblicità Foggetti Antonio e Francisco Foggetti S.n.c. l’integrazione della documentazione per quattro istanze presentate nel 1992, richiesta che, secondo quanto affermato dal ricorrente, veniva riscontrata in data 16.3.1999;
– per queste quattro istanze e per tutte le altre istanze depositate in data 26.10.1992 e modificate in data 7.10.1997 alcuna risposta, sino al mese di maggio 2002, seppur interlocutoria, giungeva dal Comune di Bari;
– in data 15.4.1999 la società ricorrente depositava al Comune di Bari ulteriori n. 35 istanze di autorizzazione di impianti pubblicitari;
– in data 10.6.1999 il Dirigente del Settore pubblicità disponeva la trasmissione degli atti relativi alle suddette istanze alla Ripartizione Edilizia privata e quest’ultima comunicava alla società ricorrente che le istanze sarebbero state prese in considerazione nella Conferenza di Servizi;
– in data 16.5.2002 la società ricorrente notificava al Comune di Bari un atto di diffida stragiudiziale (allegato al ricorso), invitandolo ad emettere tutte le autorizzazioni richieste nel termine di trenta giorni, chiedendo contestualmente di conoscere lo stato di tutte le pratiche relative alle istanze presentate ed eventuali motivi ostativi alla loro definizione;
– il Comune di Bari rispondeva alla diffida con nota del 12.6.2002 (allegata al ricorso) con cui ribadiva che l’istanza del 26.10.1992 risultava ancora carente della documentazione integrativa e che in ordine alle ulteriori n. 56 istanze presentate (n. 21 nel 1992 e n. 35 del 1999) si sarebbe provveduto a comunicare l’esito direttamente alla ricorrente;
– il Comune di Bari, in pari data, inviava alla società ricorrente n. 56 note (allegate al ricorso) con cui comunicava che la Ripartizione Territorio e Qualità Edilizia aveva espresso nei primi giorni del mese di giugno 2002 parere contrario “non essendo stato adottato il Nuovo Piano Generale degli Impianti”; per n. 14 di queste note il parere contrario era motivato anche per presunte violazioni dell’art. 51 del Regolamento del Codice della Strada sotto vari profili;
– in data 5.7.2002 la società ricorrente notifica al Comune di Bari un ricorso a questo Tribunale con cui chiedeva l’annullamento, previa concessione di idonee misure cautelari, dei predetti atti;
– questo Tribunale, con Ordinanza n. 676 del 19.9.2002 (allegata al ricorso) accoglieva la domanda incidentale di sospensione, ordinando al Comune di Bari di riesaminare gli atti gravati alla luce delle censure espresse nei motivi sub 3 e 4 del ricorso introduttivo (eccesso di potere per difetto di motivazione, violazione art. 64 Regolamento Comunale sulla pubblicità ; eccesso di potere per difetto di istruttoria e carenza dei presupposti, difetto di motivazione e ingiustizia manifesta);
– l’Ordinanza suddetta veniva notificata al Comune di Bari in data 26.9.2002 e solo a seguito di un atto di diffida del 30.10.2002 (allegato al ricorso), stante l’inottemperanza del Comune, quest’ultimo avviava l’istruttoria con nota del 5.11.2002 con cui comunicava di aver trasmesso in data 19.10.2002 le n. 74 pratiche alla Ripartizione Territorio e Qualità Edilizia per “l’acquisizione del prescritto parere tecnico”;
– con nota del 18.11.2002 (allegata al ricorso) il Comune resistente richiedeva alla società ricorrente, al fine di riesaminare n. 53 pratiche, una serie di documenti con grafici e fotografie;
– tali atti venivano impugnati dalla società ricorrente con atto di motivi aggiunti depositati in data 20.12.2002 (allegato al ricorso), chiedendo nuovamente la tutela cautelare; questo Tribunale, con Ordinanza n. 224 del 13.3.2003 (allegata al ricorso) prendeva atto che il Comune di Bari non aveva ancora ottemperato alla precedente Ordinanza n. 676 del 19.9.2002 ed ordinava all’Amministrazione resistente di concludere l’istruttoria entro trenta giorni;
– con nota del 3.4.2003 (allegata al ricorso) il Comune di Bari chiedeva alla società ricorrente di produrre a breve ogni documento utile alla comprensione del progetto di localizzazione degli impianti;
– la società ricorrente con nota del 15.4.2003 contestava la legittimità di tale richiesta di produzione documentale;
– con nota del 24.4.2003 (allegata al ricorso), la Ripartizione Tributi del Comune di Bari comunicava il rigetto di tutte le istanze;
– avverso tali provvedimenti la società ricorrente proponeva ricorso innanzi a questo Tribunale che, con Ordinanza n. 433 del 5.6.2003 (allegata al ricorso), nominava un Commissario ad acta, affinchè questi, in luogo e vece del Comune di Bari, provvedesse al riesame di tutte le istanze di autorizzazione alla installazione di impianti pubblicitari presentate dalla società ricorrente, rilasciando, se del caso, l’autorizzazione;
– Il Commissario ad acta nominato da questo Tribunale emanava, tra il mese di ottobre e dicembre 2003, n. 31 provvedimenti con cui rilasciava altrettante autorizzazioni (modificate in parte con successivo unico provvedimento del 3.12.2003); più nello specifico, dei 31 impianti autorizzati dal Commissario ad acta, 11 erano afferenti ad istanze formulate il 26.10.1992, mentre i restanti 20 cartelli a domande presentate in data 26.4.1999;
La società ricorrente nel ricorso indicato in epigrafe dichiara di aver potuto iniziare ad utilizzare dal punto di vista commerciale i citati n. 31 nuovi impianti pubblicitari solo dal mese di gennaio 2004, con un ritardo dunque di diversi anni rispetto alla data di presentazione delle istanze (per un gruppo l’anno 1992, per un altro gruppo l’anno 1999) e che ciò ha determinato per la ricorrente un inevitabile danno economico causato, a suo dire, dal comportamento illegittimo del Comune di Bari.
Così sintetizzati i fatti – non contestati dall’Amministrazione resistente – alla base della controversia, il Collegio ritiene che sussistano effettivamente gli elementi costitutivi della fattispecie dell’illecito aquiliano, sia sotto il profilo oggettivo, sia sotto quello soggettivo, esistendo effettivamente il ritardo con cui sono state rilasciate le autorizzazioni di che trattasi (anno 2003) alla società Foggetti S.n.c. (richieste alcune nel 1992 e altre nel 1999), quale evento dannoso conseguenza diretta ed immediata dei comportamenti, commissivi ed omissivi, non conformi alla normativa vigente, posti in essere dall’amministrazione comunale di Bari, come emerge con sufficiente chiarezza e precisione dalla documentazione versata in atti.
Sul punto ci si limita ad osservare che pur essendo di per sè fattispecie già da tempo nota alla giurisprudenza amministrativa, è solo con l’articolo 2 bis della L. 241/1990, introdotto, nella sua versione originaria, dall’art. 7 della L. 18 giugno 2009, n. 69, che si è fornito per la prima volta un fondamento normativo di diritto positivo al c.d. danno da ritardo.
Questo Collegio, pertanto, ritiene che, nel caso di specie, sussistano tutti i presupposti per chiedere il risarcimento del danno patito dalla società ricorrente per il ritardo con cui le autorizzazioni (rilasciate dal Commissario ad acta nominato da questo Tribunale a causa dell’inerzia del Comune resistente) sono state adottate e per il lasso temporale che va dall’atto di diffida notificato al Comune in data 16.5.2002 all’effettivo rilascio delle autorizzazioni di che trattasi da parte del Commissario ad acta (ottobre – dicembre 2003).
Più nello specifico, l’illegittimità della condotta inerte serbata dall’Amministrazione resistente risulta essere confermata dai provvedimenti adottati da questo Tribunale che:
– con Ordinanza n. 676 del 2002, ordinava al Comune di Bari di riesaminare gli atti gravati alla luce delle censure espresse nei motivi sub 3 e 4 dell’atto introduttivo;
– con Ordinanza n. 224 del 13.3.2003 disponeva che il Comune doveva concludere il procedimento avviato entro trenta giorni dalla ricezione dell’Ordinanza suddetta;
– con Ordinanza n. 433 del 5.6.2003 affermava che “Considerato che il comportamento tenuto dal Comune di Bari in sede di riesame delle istanze di autorizzazione alla installazione di impianti pubblicitari non appare conforme al dictum del giudice delle ordinanze 676 del 2002 e 224 del 2003, in specie: la richiesta del Comune alla ditta ricorrente “di produrre a breve ogni documento utile alla comprensione del progetto di localizzazione degli impianti”, attesa la indubbia genericità non appare preordinata alla effettiva sollecita definizione del procedimento, quanto ad una apparente esecuzione della ordinanza 676/2002; la determina del Direttore di Ripartizione del 24.4.2003 in cui si afferma che “le ˜istanze’ non possono essere accolte” per mancata adesione della ricorrente alla produzione di documentazione integrativa, manifesta in maniera chiara la predetta volontà , facendo derivare l’esito negativo del riesame da mancanza di documentazione mai indicata in modo preciso; Ritenuto, peraltro, che non appare ragionevole una integrazione documentale di istanze presentate da più di dieci anni, adeguate nel 1997 alle nuove norme regolamentari, già oggetto di istruttoria e, soprattutto sproporzionata rispetto al tipo di provvedimento richiesto; Considerato, inoltre, che i tempi di approvazione del piano generale degli impianti, non possono in alcun modo condizionare il rilascio delle autorizzazioni; Ritenuto, in conclusione, che non appare sussistere la volontà del Comune di esaminare le istanze presentate dalla ditta ricorrente; Ritenuto per le ragioni espresse, attesa la inadempienza del Comune di Bari, di dover nominare commissario ad acta che in luogo e vece dell’amministrazione provveda all’esame delle istanze presentate dalla ricorrente nel corso degli anni al fine della autorizzazione alla installazione degli impianti pubblicitari, così come disposto con la ordinanza n.676/2002 di questo Tribunale¦”.
Per quanto riguarda l’attività posta in essere dall’Amministrazione comunale si osserva quanto segue.
Preliminarmente si evidenzia che “¦l’attività amministrativa deve essere ispirata a criteri di economicità , efficacia, imparzialità , pubblicità e trasparenza; che l’amministrazione non può aggravare il procedimento se non per straordinarie e motivate esigenze imposte dalla doverosa attività istruttoria; che tutti i procedimenti amministrativi devono concludersi con un provvedimento espresso e che tutti i provvedimenti amministrativi devono essere motivati – i principi di legalità , imparzialità e buon andamento, predicati dall’articolo 97 della Costituzione, sono stati sempre ritenuti immediatamente cogenti e direttamente applicabili all’azione della pubblica amministrazione. Sono stati ritenuti illegittimi gli atti e/o provvedimenti (sfavorevoli agli interessi dei privati) privi di adeguata motivazione e/o non supportati da adeguata motivazione (ex pluribus, C.d.S., sez. V, 20 febbraio 1990, n. 158; 11 gennaio 1989, n. 1; 20 ottobre 1988, n. 580), quelli che hanno determinato un ingiustificato arresto procedimentale, rinviando sine die il doveroso esercizio della funzione amministrativa; è stata altresì affermata la violazione dei principi di imparzialità e buon andamento allorquando l’amministrazione avesse interposto un ingiustificato ritardo nell’espletamento delle attività svolte a provvedere sull’istanza legittimamente proposta dal privato, arrecandogli un pregiudizio (C.d.S., sez. VI, 2 luglio 1987)” (Cons. Stato, sez. V, 9 ottobre 2013, n. 4968).
Dal testo dell’Ordinanza n. 433 del 5.6.2003 di questo Tribunale “¦la richiesta del Comune alla ditta ricorrente “di produrre a breve ogni documento utile alla comprensione del progetto di localizzazione degli impianti”, attesa la indubbia genericità non appare preordinata alla effettiva sollecita definizione del procedimento, quanto ad una apparente esecuzione della ordinanza 676/2002; la determina del Direttore di Ripartizione del 24.4.2003 in cui si afferma che “le ˜istanze’ non possono essere accolte” per mancata adesione della ricorrente alla produzione di documentazione integrativa, manifesta in maniera chiara la predetta volontà , facendo derivare l’esito negativo del riesame da mancanza di documentazione mai indicata in modo preciso; Ritenuto, peraltro, che non appare ragionevole una integrazione documentale di istanze presentate da più di dieci anni, adeguate nel 1997 alle nuove norme regolamentari, già oggetto di istruttoria e, soprattutto sproporzionata rispetto al tipo di provvedimento richiesto; Considerato, inoltre, che i tempi di approvazione del piano generale degli impianti, non possono in alcun modo condizionare il rilascio delle autorizzazioni; Ritenuto, in conclusione, che non appare sussistere la volontà del Comune di esaminare le istanze presentate dalla ditta ricorrente¦” emergono chiare circostanze sintomatiche del comportamento negligente e superficiale tenuto dagli uffici, in dispregio dei canoni di legalità , imparzialità , buon andamento e efficienza.
Più nello specifico, non elimina l’illegittimità della condotta dell’Amministrazione resistente la circostanza evidenziata dal Comune di Bari nelle memorie difensive “che era in corso l’iter per l’adozione del Nuovo Piano Generale degli Impianti”. Questo Tribunale, infatti, già con l’Ordinanza sopra richiamata (non impugnata), aveva sottolineato che i tempi di approvazione del piano generale degli impianti, non possono in alcun modo condizionare il rilascio delle autorizzazioni.
Tutto ciò che è accaduto dopo il rilascio delle autorizzazioni di che trattasi da parte del Commissario ad acta (ottobre – dicembre 2003) non rileva in questa sede, tenuto conto che il lasso temporale a cui si riferisce la domanda risarcitoria proposta dalla società ricorrente si estende solo fino a questo momento.
In merito, ci si limita ad aggiungere che non si è in presenza di un mero ritardo nell’esercizio dell’attività amministrativa, giacchè con l’avvenuto rilascio delle autorizzazioni di che trattasi da parte del Commissario ad acta è stato inconfutabilmente ritenuto spettante all’interessato il bene della vita effettivamente perseguito.
E’ noto, infatti, che alla categoria del danno da ritardo possono essere ricondotte sostanzialmente tre ipotesi: a) l’adozione tardiva di un provvedimento legittimo, ma sfavorevole per il privato interessato; b) l’adozione di un provvedimento favorevole, ma tardivo; c) la mera inerzia, ossia la mancata adozione tout court del provvedimento.
Dai provvedimenti di questo Tribunale sopra citati emerge anche il profilo soggettivo della colpa in capo al Comune di Bari il quale, pur a fronte di due Ordinanze cautelari di questo Tribunale, non ha provveduto ad istruire le istanze presentate dalla società ricorrente, istruttoria che è stata infatti condotta dal Commissario ad acta che questo Tribunale ha dovuto nominare.
Se è vero, infatti, che “¦ai fini dell’ammissibilità dell’azione risarcitoria non è sufficiente il solo annullamento del provvedimento lesivo ovvero la sola riscontrata ingiustificata o illegittima inerzia dell’amministrazione o il ritardato esercizio della funzione amministrativa, dovendo anche accertarsi se l’adozione o la mancata o ritardata adozione del provvedimento amministrativo lesivo sia conseguenza della grave violazione delle regole di imparzialità , correttezza e buona fede, alle quali deve essere costantemente ispirato l’esercizio della funzione, e si sia verificata in un contesto di fatto ed in un quadro di riferimento normativo tale da palesare la negligenza e l’imperizia degli uffici o degli organi dell’amministrazione ovvero se per converso la predetta violazione sia ascrivibile all’ipotesi dell’errore scusabile, per la ricorrenza di contrasti giurisprudenziali, per l’incertezza del quadro normativo o per la complessità della situazione di fatto¦” (Cons. Stato, sez. V, 9 ottobre 2013, n. 4968), nel caso di specie, ad avviso di questo Collegio, non può negarsi la ricorrenza dell’elemento psicologico dell’illecito aquiliano, sub specie della colpa.
L’emanazione nei confronti del Comune di Bari delle Ordinanze sopra richiamate è da sola sufficiente, a parere di questo Collegio, a dimostrare la colpa dell’Amministrazione resistente.
Dallo stesso contenuto delle Ordinanze di che trattasi, nonchè dagli atti di causa, emerge la violazione dei fondamentali principi cui deve essere conformata l’attività amministrativa ex art. 97 Cost. (quali l’imparzialità e il buon andamento e dei corollari di economicità , speditezza, efficienza, buona fede e della tutela dell’affidamento).
Tale illegittima condotta non può che ascriversi quanto meno a grave negligenza o imperizia degli uffici dell’amministrazione comunale complessivamente considerati.
Nè sono emerse nella fattispecie in esame quelle peculiari circostanze di complessità dei fatti, di contrasti giurisprudenziali ovvero di incertezza normativa, che integrano la fattispecie dell’errore scusabile e che escludono l’elemento psicologico della responsabilità .
Ritiene il Collegio che anche il comportamento tenuto nel procedimento in questione dalla società ricorrente abbia concorso al verificarsi dell’evento dannoso, consistito nel ritardato rilascio delle autorizzazioni di che trattasi.
Sul punto, l’art. 1227 c.c., comma 1, dispone che, se il fatto colposo del creditore ha concorso a cagionare il danno, il risarcimento è diminuito secondo la gravità della colpa e l’entità delle conseguenze che ne sono derivate e al successivo comma 2, che il risarcimento non è dovuto per i danni che il creditore avrebbe potuto evitare usando l’ordinaria diligenza.
Come ha evidenziato l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato “le regole di cui al primo e al secondo comma dell’art. 1227 disciplinano i due diversi segmenti del nesso causale in materia di illecito civile. In particolare, il comma 1, in combinato disposto con l’art. 1218 c.c., nell’affrontare il primo stadio della causalità (c.d. causalità materiale), inerente al rapporto tra condotta illecita (o inadempitiva) e danno-evento, valorizza il concorso di colpa del danneggiato come fattore che limita il risarcimento del danno-causato in parte dallo stesso danneggiato o dalle persone di cui questi risponde. Il comma 2, invece, operando sui criteri di determinazione del danno-conseguenza ex art. 1223 c.c, regola il secondo stadio della causalità (c.d. causalità giuridica), relativo al nesso tra danno-evento (o evento-inadempimento contrattuale) alle conseguenze dannose da esso derivanti. In questo quadro la norma introduce un giudizio basato sulla cd. causalità ipotetica, in forza del quale non deve essere risarcito il danno che il creditore non avrebbe subito se avesse serbato il comportamento collaborativo cui è tenuto, secondo correttezza. Si vuole, a questa stregua, circoscrivere il danno derivante dall’inadempimento entro i limiti che rappresentano una diretta conseguenza dell’altrui colpa” (Consiglio di Stato, Ad. Plen., 23 marzo 2011, n. 3).
La giurisprudenza amministrativa ha sottolineato che “la regola della non risarcibilità dei danni evitabili con l’impugnazione del provvedimento e con la diligente utilizzazione degli altri strumenti di tutela previsti dall’ordinamento, oggi sancita dall’art. 30, comma 3 c.p.a., deve ritenersi ricognitiva di principi già evincibili alla stregua di un’interpretazione evolutiva del comma 2, art. 1227 c.c. Pertanto l’omessa attivazione degli strumenti di tutela costituisce, nel quadro del comportamento complessivo delle parti, dato valutabile, alla stregua del canone di buona fede e del principio di solidarietà , ai fini dell’esclusione o della mitigazione del danno evitabile con l’ordinaria diligenza, non più come preclusione di rito, ma come fatto da considerare in sede di merito ai fini del giudizio sulla sussistenza e consistenza del pregiudizio risarcibile” (così, Consiglio di Stato, sez. IV, 26 marzo 2012, n. 1750. Sul punto vedasi anche Consiglio di Stato ad. plen., 23 marzo 2011, n. 3).
Nel caso in esame non può ragionevolmente escludersi che la tempestiva proposizione del ricorso avverso il silenzio inadempimento serbato dal Comune di Bari dal 1992 al 1997 e poi di nuovo dal 1999 al 2002 da parte della società ricorrente, avrebbe potuto impedire il danno patrimoniale patito in questo lasso temporale, ottenendo, eventualmente, anche attraverso il Commissario ad acta nominato nel giudizio medesimo, il rilascio delle autorizzazioni di che trattasi.
Per quanto riguarda la quantificazione del danno subito per il ritardo nell’adozione delle autorizzazioni rilasciate solo nei mesi di ottobre e dicembre 2003 dal commissario ad acta, la società ricorrente deduce che:
– se le istanze accolte in virtù di pronuncia giudiziale con provvedimenti adottati dal Commissario ad acta fossero state per tempo esaminate dalla Amministrazione resistente, nel termine di trenta giorni dal loro deposito, la società ricorrente non avrebbe subito un danno patrimoniale per il periodo intercorrente sino al successivo rilascio delle autorizzazioni da parte del Commissario ad acta nel 2003, quantificabile in Euro 58.826,00 per quanto concerne le istanze di autorizzazione ad installare cartelli pubblicitari depositate il 26.10.2002 ed in Euro 47.420,00 per quanto concerne quelle depositate il 26.4.1999.
Tali importi sarebbero relativi al mancato guadagno che si sarebbe potuto acquisire dalla vendita degli spazi pubblicitari in oggetto, calcolato al netto delle imposte di pubblicità versate annualmente per ogni impianto per il periodo intercorrente dalla scadenza del trentesimo giorno dal deposito dell’istanza alla data dell’effettivo rilascio delle autorizzazioni.
Al fine di dimostrare la congruità della somma richiesta a titolo di pregiudizio economico subito, la società ricorrente esibisce e deposita “a campione” una serie di contratti di noleggio e manutenzione di altri cartelli pubblicitari preesistenti stipulati dalla società attrice con i vari clienti nell’arco temporale compreso tra gli anni 1992/2004.
Inoltre, la ricorrente asserisce che in via istruttoria è stata provata nel giudizio civile a mezzo di prove testimoniali la reale possibilità di allocare sui mercati detti spazi negli anni precedenti.
La società ricorrente chiede altresì il risarcimento per danno all’immagine pari a Euro 50.000,00 per non aver potuto offrire alla clientela spazi pubblicitari adeguati alla richiesta di mercato per il periodo 1992/2003, con conseguente sviamento del mercato.
La società ricorrente deduce ulteriormente di avere sopportato per far valere le proprie ragioni spese e competenze legali pari a Euro 9.750,00 oltre i costi per la riproduzione di materiale fotografico, per gli elaborati tecnici che sono stati aggiornati allo stato dei luoghi dopo dieci anni dalla prima presentazione, il tutto per ulteriori Euro 1.591,20.
Infine, la ricorrente chiede ancora un risarcimento del danno pari a Euro 10.000,00 per il danno morale sofferto per la frustrazione, umiliazione, vessazioni, dinieghi immotivati, subiti dai due imprenditori titolari della società .
Sulla quantificazione del danno il Collegio osserva quanto segue.
Sulla scorta della documentazione esaminata e delle osservazioni fin qui svolte, non può dubitarsi dell’effettiva verificazione dell’evento dannoso (ricollegabile causalmente ai comportamenti dell’amministrazione comunale di Bari e della stessa società ricorrente), consistito nel ritardato rilascio delle autorizzazioni per l’affissione di cartelli pubblicitari e nella conseguente tardiva vendita degli spazi pubblicitari.
Inoltre, la società ricorrente ha depositato idonea documentazione tesa a dimostrare il mancato guadagno che la ricorrente avrebbe potuto acquisire nel periodo 1992/2004 (i verbali di udienza di assunzione testi relativi alla causa tra la società ricorrente e il Comune di Bari innanzi al Tribunale di Bari, alcuni contratti di noleggio e manutenzione di altri cartelli pubblicitari preesistenti stipulati dalla società attrice con i vari clienti nell’arco temporale compreso tra gli anni 1992/2004 e l’elenco dei clienti). Tale documentazione non è stata adeguatamente contestata dall’amministrazione resistente, che non ha fornito alcun elemento, anche solo indiziario, idoneo a far dubitare dell’effettiva possibilità per la società ricorrente di allocare sul mercato i suddetti spazi pubblicitari negli anni 1992/2004. Più nello specifico, l’Amministrazione resistente si è limitata ad affermare alle pagine nove e dieci della memoria depositata in data 23.7.2014 che “¦il privato non ha neppure assolto all’onere probatorio (ex art. 2697 c.c.) relativo all’individuazione essenziale dei criteri di quantificazione dello stesso, nonchè all’ammontare privo di ogni necessaria indicazione in ordine alle possibili voci di danno¦”.
Se, per un verso, non può negarsi che il ritardato rilascio delle autorizzazioni di che trattasi e la consequenziale tardiva vendita degli spazi pubblicitari abbia determinato per la società ricorrente un mancato guadagno, d’altra parte la somma indicata dalla società ricorrente non può essere interamente riconosciuta.
Innanzitutto per il periodo antecedente la data del 16.5.2002 (quando la società ricorrente ha diffidato il Comune di Bari a rilasciare le autorizzazioni) il risarcimento del danno da mancato guadagno deve essere ridotto in applicazione dell’art. 1227, 2 comma.
I danni subiti prima del 16.5.2002, infatti, potevano ragionevolmente essere evitati o comunque ridotti esperendo nei confronti della pubblica amministrazione l’azione avverso il silenzio inadempimento.
Nulla può essere invece riconosciuto alla ricorrente, che ne ha fatto solo mera richiesta, a titolo di danno all’immagine per non aver potuto offrire alla clientela spazi pubblicitari adeguati alla richiesta di mercato per il periodo 1992/2003, nonchè a titolo di danno morale.
Più nello specifico, il ritardato rilascio delle autorizzazioni, in mancanza di qualsiasi adeguato elemento anche solo indiziario in tal senso, non può influire per ciò solo sulla reputazione e sull’immagine di un imprenditore (con particolare riferimento alla sua capacità , professionalità e moralità ), nè può determinare quella che viene comunemente definita “sofferenza psicologica transeunte”.
Nulla può essere riconosciuto alla ricorrente anche per le spese legali sostenute per il lungo iter processuale innanzi al T.A.R. Bari, in quanto su tali spese (per le quali è applicabile la specifica disciplina di cui all’art. 26 cod.proc.amm.) il T.A.R. Puglia – Bari si è già pronunciato in sede di adozione dei relativi provvedimenti. Nè può sovrapporsi una ulteriore valutazione in ordine a tali profili dopo quella effettuata dal giudice con la sentenza che ha chiuso il processo avanti a lui (Cons. Stato, sez. IV, 4 luglio 2008, n. 3340).
Vanno invece risarciti i costi per la riproduzione di materiale fotografico e per gli elaborati tecnici che il ricorrente ha dovuto aggiornare allo stato dei luoghi dopo anni dalla presentazione delle istanze, per un importo pari a Euro 1.591,20, come da fattura allegata n. 34/03 del 24.7.2003 dello Studio Tecnico Geom. Marcello Ritella che riporta nella descrizione delle prestazioni “Per sopralluoghi e rilievi, relativi a n. 75 impianti in Bari, facenti parte del contenzioso con il Comune di Bari”.
In conclusione, alla stregua delle osservazioni svolte, il ricorso deve essere accolto in relazione all’an debeatur, con conseguente condanna del Comune di Bari al risarcimento del danno.
Per quanto riguarda, invece, la quantificazione del danno questo Collegio, ai sensi dell’art. 34, comma 4 del Cod.proc.amm., ordina al Comune di Bari di formulare una proposta risarcitoria che tenga conto dei criteri sopra indicati (e sotto sintetizzati), a favore della società Foggetti S.n.c., entro il termine di 90 (novanta) giorni dalla comunicazione o, se anteriore, dalla notificazione delle presente sentenza.
In estrema sintesi, i criteri a cui il Comune di Bari si dovrà attenere nel formulare la proposta risarcitoria sono i seguenti:
– in primo luogo va risarcito il mancato guadagno causato dal ritardo con cui sono state rilasciate le autorizzazioni di che trattasi da calcolarsi in misura piena per il periodo successivo alla data del 16.5.2002 e fino all’adozione delle suddette autorizzazioni da parte del Commissario ad acta (ottobre – dicembre 2003), in misura ridotta (50%) per il periodo antecedente al 16.5.2002 e con esclusivo riferimento alle autorizzazione rilasciate dal commissario ad acta;
– come riferimento per calcolare il mancato guadagno il Comune di Bari dovrà tenere conto della documentazione depositata in atti dalla società ricorrente e, in particolare, delle fatture e dei contratti allegati per dimostrare i prezzi applicati ai clienti dal 1992 al 2004 (Allegato n. 24 all’atto di citazione innanzi al Tribunale di Bari che a sua volta è stato allegato a questo ricorso) e dell’elenco clienti di cui all’Allegato n. 25 dell’atto di citazione richiamato;
– vanno risarciti altresì i costi sostenuti per la riproduzione di materiale fotografico, per gli elaborati tecnici che il ricorrente ha dovuto aggiornare allo stato dei luoghi dopo anni dalla presentazione delle istanze, per un importo pari a Euro 1.591,20, come da fattura allegata;
– nulla è dovuto a titolo di danno all’immagine e a titolo di danno morale per le ragioni sopra specificate;
– nulla è dovuto altresì per le spese legali per le ragioni sopra specificate.
Sul quantum risarcitorio in tal modo determinato, quale credito di valore, dovranno essere riconosciuti la rivalutazione monetaria e gli interessi legali.
Non si ritiene pertanto, in questa sede, di accogliere la richiesta di CTU formulata da parte ricorrente per l’esatta quantificazione dei danni subiti dalla stessa.
Le spese del presente giudizio, da distrarsi in favore dei procuratori dichiaratisi anticipatari, seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia – Bari, Sezione Seconda, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei limiti e termini di cui in motivazione e, per l’effetto, condanna il Comune di Bari al risarcimento del danno in favore della società Pubblicità Foggetti di Antonio e Francisco Foggetti S.n.c. con le modalità di cui in parte motiva.
Conseguentemente, ai sensi dell’art. 34, comma 4 cod.proc.amm., ordina al Comune di Bari di formulare una proposta risarcitoria, a favore della società Pubblicità Foggetti di Antonio e Francisco Foggetti S.n.c., entro il termine di 90 (novanta) giorni dalla comunicazione o, se anteriore, dalla notificazione delle presente sentenza.
Condanna altresì il Comune di Bari alla rifusione in favore della società Pubblicità Foggetti di Antonio e Francisco Foggetti S.n.c., delle spese del presente giudizio che si liquidano in complessivi Euro 1.500,00 (millecinquecento/00), oltre accessori come per legge, da distrarsi in favore dei procuratori dichiaratisi anticipatari, e contributo unificato.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 23 ottobre 2014 con l’intervento dei magistrati:
Antonio Pasca, Presidente
Giacinta Serlenga, Primo Referendario
Flavia Risso, Referendario, Estensore
L’ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 30/12/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)