Edilizia e urbanistica- Attività edilizia privata – Silenzio assenso – Provvedimento di rimozione – Presupposti – Fattispecie
Il provvedimento sopravvenuto di rimozione del silenzio significativo, formatosi sull’istanza del permesso di costruire è legittimo anche se adottato senza le formalità dei provvedimenti di secondo grado, quando non vi è alcuna esigenza di certezza sulla richiesta di permesso di costruire nè vi è un affidamento legittimo da salvaguardare. (Nel caso di specie, la ricorrente deduceva l’illegittimità del provvedimento di diniego del permesso di costruire, per il formarsi del silenzio assenso per decorso dei termini di cui all’art. 20 del D.P.R. 380 /2001, ma il Collegio rigettava il ricorso in quanto rilevava che non vi era identità tra lo stato di fatto e quello di progetto presentato con l’istanza di permesso di costruire, che è condizione necessaria per il formarsi del silenzio assenso e che mancava un legittimo affidamento in capo alla ricorrente, che aveva cercato di ottenere la sanatoria su un abuso già consumato).
N. 01253/2014 REG.PROV.COLL.
N. 01422/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1422 del 2012, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
Rocca Busco, rappresentato e difeso dagli avv. Pasquale La Pesa, Giuseppe De Francesco, con domicilio eletto exlege presso la Segreteria del T.A.R. Bari, in Bari, Piazza Massari;
contro
Comune di Casamassima, rappresentato e difeso dall’avv. Vincenzo Ricciardi, con domicilio eletto presso la Segreteria del T.A.R. Bari, in Bari, Piazza Massari;
per l’annullamento
della “ingiunzione di riduzione in pristino” n. 60 del 6 giugno 2012 ” prot. n. 7306/u.t., notificata in pari data, nonchè degli atti presupposti, connessi o successivi, quand’anche ignoti, purchè lesivi.
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Comune di Casamassima;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 15 ottobre 2014 la dott.ssa Maria Colagrande;
Uditi per le parti i difensori Pasquale La Pesa e Vincenzo Ricciardi;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
La ricorrente, proprietaria di un fabbricato sito in Casamassima, via degli Alberi nn. 19, 21 e 23, impugna l’ordinanza del 6 giugno 2012 che intima la demolizione di locali dell’estensione di 50 mq, realizzati al piano terra, numero civico 21, in assenza di permesso per costruire, nonostante, lamenta la ricorrente, nel provvedimento siano menzionati due permessi per costruire, il n. 11598/2006 e il n. 6060/2011, entrambi rilasciati alla ricorrente per la ristrutturazione in sanatoria dell’abitazione, sita in via degli Alberi 19-21, e un’istanza di permesso per costruire depositata il 21 luglio 2011, in corso di definizione.
Sono dedotti i seguenti vizi:
1) violazione di legge ed eccesso di potere per carenza dei presupposti, perchè il contestato abuso sarebbe stato emendato dai titoli edilizi in sanatoria menzionati nel provvedimento e comunque non potrebbe essere sanzionato in ragione del fatto che pende un’istanza di permesso per costruire, ai sensi della l.r. 14/2009 (piano casa), il cui progetto prevede la demolizione delle opere non conformi al PRG; avrebbe poi rilievo il fatto che una parte della giurisprudenza ammette la sanatoria di opere che, pur essendo in contrasto con gli strumenti vigenti all’epoca della loro realizzazione, siano compatibili con quelli vigenti al momento dell’esame dell’istanza;
2) violazione della l. 241/90 e del giusto procedimento, difetto di istruttoria, perchè la ricorrente non avrebbe ricevuto la comunicazione di avvio del procedimento, nè l’amministrazione avrebbe tenuto conto delle osservazioni con le quali la ricorrente aveva chiesto la revoca della sospensione dei lavori disposta con provvedimento n. 23 del 16 febbraio 2012.
Il Comune di Casamassima ha contestato che i permessi precedentemente rilasciati riguardassero le opere oggetto di ordine di demolizione, sostenendo altresì che si tratta di opere non sanabili con il permesso per costruire richiesto alla ricorrente con istanza del 21 luglio 2011 ai sensi della l.r. 14/2009 (piano casa), trattandosi in specie di un intervento edilizio già realizzato.
Disposta, in sede cautelare, la sospensione del provvedimento, il 12 luglio 2013 sopravveniva il diniego di permesso per costruire che la ricorrente impugnava con motivi aggiunti per illegittimità propria e derivata, deducendo, in sintesi, che ben prima si sarebbe formato il silenzio assenso per decorso dei termini previsti dall’art. 20 del d.P.R. 380/01 e che, comunque, il diniego sarebbe illegittimo in quanto motivato dal fatto che la ricorrente non avrebbe allegato, benchè sollecitata dal Comune procedente, l’assenso all’esecuzione delle opere da parte del condominio in realtà inesistente, facendo capo l’edificio in questione a due soli proprietari.
Il ricorso non è fondato.
E’ preliminare ad ogni altra questione stabilire se il diniego, impugnato con motivi aggiunti, sia idoneo a superare il silenzio assenso formatosi per decorso del termine a provvedere sull’istanza di permesso per costruire inoltrata il 21 luglio 2011, quando già era in vigore il d.l. 70/11 convertito con l. n. 106/2011 che ha reintrodotto l’istituto.
Il silenzio significativo secondo la giurisprudenza maggioritaria ha forza attiva e passiva equivalente al provvedimento espresso, con la conseguenza che l’amministrazione competente dispone solo di poteri di autotutela per contravvenire al provvedimento silenzioso.
Pertanto il provvedimento sopravvenuto di segno contrario deve altresì rendere conto delle ragioni di pubblico interesse che giustificano il sacrificio dell’interesse particolare già soddisfatto con il silenzio.
Tuttavia, come l’azione amministrativa esplicita è vincolata al principio di legalità , parimenti deve ammettersi che il silenzio con valore provvedimentale, in quanto idoneo a costituire situazioni di vantaggio potenzialmente in conflitto con l’interesse pubblico, che se non rivalutato in sede di autotutela è destinato a recedere, può formarsi solo a fronte di un’istanza chiara e congruente con il modello legale tipico, funzionale a costituire la posizione di vantaggio che in concreto si invoca.
Dunque il mero decorso del termine a provvedere successivo ad un’istanza, non può valere a colmarne lacune o contraddizioni che sono la negazione dell’esigenza di certezza e di tutela del legittimo affidamento, che impone alla p.a. l’adozione di un provvedimento espresso di segno contrario nell’esercizio del potere di autotutela che spieghi le ragioni per le quali il provvedimento per silentium debba essere posto nel nulla.
Ne consegue che se invece lo scopo seguito dal privato non è chiaramente individuabile nella relativa istanza o addirittura ad essa contrario, parimenti sarà incerto, indeterminato o divergente dall’istanza il contenuto del silenzio provvedimentale formalmente maturato a seguito del decorso del tempo.
Ecco dunque che il provvedimento sopravvenuto di rimozione del silenzio, non può considerarsi illegittimo solo perchè adottato senza le guarentigie dei provvedimenti di secondo grado, non essendovi alcuna esigenza di certezza, nè affidamento legittimo da salvaguardare.
Facendo applicazione dei principi richiamati al caso in decisione, appare evidente che la stessa ricorrente non ha certezza della effettiva consistenza del vantaggio asseritamente conseguito con il silenzio assenso, la cui formazione sostiene per la prima volta in sede di motivi aggiunti e solo dopo l’adozione del provvedimento di diniego dell’istanza di permesso per costruire, benchè, secondo la ricostruzione della Busco, alla data del deposito del ricorso (22 ottobre 2012) avverso l’ordine di demolizione, il silenzio si fosse già formato per il decorso del termine di sessanta giorni dal deposito (17.2. 2012) delle integrazioni documentali richieste dal Comune in seno al procedimento.
Per questo, inoltre, i motivi aggiunti con i quali si oppone il silenzio assenso al diniego sopravenuto in corso di causa, non rilevano avverso l’ordinanza di demolizione, perchè non formulati, ancorchè il silenzio fosse maturato, con il ricorso principale avente ad oggetto l’annullamento di detta ordinanza.
Ciò conferma l’ambiguità dell’istanza del 21 luglio 2011 che la ricorrente ha inoltrato al fine di ottenere un ampliamento del fabbricato già oggetto di interventi di ristrutturazione ammessi a sanatoria con i due precedenti permessi per costruire, previa demolizione della volumetria non conforme al vigente PRG, salvo poi invocare la sanatoria dell’esistente per decorso del termine a provvedere, senza aver provveduto, come si desume dal preavviso di rigetto del 20 febbraio 2013 in atti del Comune, a demolire alcunchè, in aperto contrasto con l’intendimento dichiarato.
E’ allora evidente che la situazione reale che al ricorrente pretende ormai assentita per silentium è palesemente difforme dal progetto di cui all’istanza del 21.7.2011 che si propone di demolire le opere non conformi agli strumenti urbanistici o anche solo parte di esse.
Ne consegue che, essendo la identità dello stato di fatto rispetto a quello di progetto la condizione necessaria perchè si formi il silenzio assenso, nessun silenzio può dirsi intervenuto nel caso in esame e quindi a torto la ricorrente ne invoca i vantaggi se – come constatato nel provvedimento di diniego e non superato da prova contraria – le opere di demolizione programmate con l’istanza del 21.7.2011 non sono state mai eseguite.
Insomma, oltre a venire contra factum proprium, ciò che esclude in capo alla ricorrente qualsiasi legittimo affidamento meritevole delle cautele dell’autotutela, Rocca Busco ha tentato, facendo ricorso alla normativa che consente l’ampliamento di edifici esistenti purchè previamente autorizzato, di ottenere la sanatoria di un abuso già consumato, che non aveva alcuna intenzione di rimuovere o ridurre e del quale l’ordine di demolizione è la conseguenza più vistosa e inevitabile.
Il mezzo, eccentrico rispetto al fine, integra in pieno quella carenza di tipicità dell’istanza che, per questo, e nonostante il decorso del tempo, impedisce il formarsi di un provvedimento per silentium, in quanto si realizzerebbe con ciò un fenomeno analogo allo sviamento del potere che si consuma quando l’azione amministrativa, sebbene condotta nel quadro formale delineato dal legislatore, devia dalla causa tipica e persegue altre finalità sconosciute alla norma presupposta.
Deve quindi escludersi che l’istanza del 21 luglio 2011 ex l.r. 14/09 promossa dalla ricorrente, possa in concreto generare un silenzio assenso, non avendo neppure in astratto l’idoneità a conseguire la sanatoria di opere abusive, come peraltro indicato nella motivazione del diniego che ha invitato la ricorrente a perseguire la diversa via dell’accertamento di conformità ex art. 36 d.P.R. 380/01.
Parimenti deve escludersi che i precedenti permessi per costruire abbiano sanato l’abuso per cui è causa, considerato che, per ammissione della stessa ricorrente, essi si riferiscono ad opere di ristrutturazione – non già di ampliamento quali sono quelle per cui è causa – eseguite senza titolo abilitativo successivamente conseguito in sanatoria.
Al lume di dette considerazioni deve quindi concludersi che l’ordinanza di demolizione resiste alle censure articolate con il ricorso principale, facendo seguito come atto vincolato all’accertamento dell’abusività delle opere realizzate dalla ricorrente.
La natura vincolata dell’ordinanza osta inoltre alla rilevanza del vizio di omessa comunicazione di avvio del procedimento lamentata con il secondo motivo del ricorso principale, che peraltro è infondato, considerato che la notifica dell’ordine di sospensione dei lavori apparentemente abusivi è per sua natura prodromico all’adozione di provvedimenti sanzionatori e di tanto la ricorrente era edotta, al punto da inoltrare istanza di revoca della sospensione motivata dalla esistenza del permesso per costruire n. 138/2010 rilasciato a sanatoria delle opere di ristrutturazione.
Per i suesposti motivi il ricorso deve essere respinto.
Le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Terza) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna la ricorrente al pagamento delle spese di giudizio che liquida in € 1.500,00 oltre accessori d legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 15 ottobre 2014 con l’intervento dei magistrati:
Sergio Conti, Presidente
Desirèe Zonno, Primo Referendario
Maria Colagrande, Referendario, Estensore
L’ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 29/10/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)