1. Ambiente ed ecologia – Inquinamento – Bonifica di aree – Responsabilità del proprietario del fondo – Condotta dolosa o colposa – Fattispecie
2. Ambiente ed ecologia – Inquinamento – Bonifica di aree – Ordine di bonifica ex art. 242, D.Lgs. n. 152/2006 – Natura vincolata del provvedimento ex art. 21octies L. 241/1990 – Presupposti – Fattispecie
1. L’onere di procedere alla bonifica di un fondo inquinato sussiste non solo in capo al responsabile dell’inquinamento, ex art. 242 D.Lgs. 152/2006, ma anche in capo al proprietario del fondo qualora sia a quest’ultimo effettivamente imputabile una condotta dolosa o colposa (Nel caso di specie, il quantitativo di rifiuti solidi urbani interrati e abbandonati sul fondo e l’aver omesso la recinzione del suolo o le doverose denunce all’autorità hanno delineato a carico del proprietario del fondo l’elemento soggettivo della colpa – sub specie omissiva – con conseguente responsabilità dello stesso).
2. L’ordine di bonifica di un fondo inquinato costituisce attività tipicamente vincolata dell’Amministrazione cosicchè tale provvedimento, ai sensi dell’art. 21octies co. 2 L. 241/1990, non è annullabile qualora l’apparato motivazionale dia atto delle ragioni di fatto e dei motivi di diritto posti a base della statuizione amministrativa adottata, giungendo alla conclusione che il risultato dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato (Nel caso di specie, l’istruttoria in concreto svolta è risultata esaustiva e formalizzata in atti pubblici che fanno piena prova dei fatti in essi attestati fino a querela di falso).
N. 01185/2014 REG.PROV.COLL.
N. 00966/2014 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
()
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 966 del 2014, proposto da:
Celeste Anna Maria Cocciardi, rappresentata e difesa dall’avv. Alessandra Metta, con domicilio eletto presso Ernesto Cianciola, in Bari, via Calefati, 266;
contro
Comune di Apricena, rappresentato e difeso dall’avv. Alessandro Casolino, con domicilio eletto presso Domenico Bonifacio, in Bari, corso Vittorio Veneto, 6;
per l’annullamento
previa sospensiva dell’efficacia
dell’ordinanza contingibile ed urgente del Commissario Straordinario del Comune di Apricena n. 9 Prot. 7049 del 8/5/2014, notificata alla ricorrente in data 10/5/2014;
nonchè di ogni altro atto presupposto connesso e consequenziale rispetto a quello impugnato.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Apricena;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 3 settembre 2014 il dott. Alfredo Giuseppe Allegretta;
Uditi per le parti i difensori avv.ti Alessandra Metta e Alessandro Casolino;
Comunicata alle parti in forma diretta ed esplicita la possibilità di adottare una sentenza semplificata, ricorrendone le condizioni previste;
Sentite le stesse parti ai sensi dell’art. 60 cod. proc. amm.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
Con ricorso pervenuto in Segreteria in data 29 luglio 2014, Celeste Anna Maria Cocciardi impugnava il provvedimento in oggetto, a mezzo del quale le era stato ordinato di bonificare un fondo di sua proprietà , già adibito a cava, sito in agro di Apricena, in catasto al foglio 10, part. 228, sul quale erano stati rinvenuti, interrati ed in condizioni di abbandono, rifiuti solidi urbani indifferenziati.
In particolare, l’ordinanza n. 9, prot. n. 7049 del 8/5/2014 intimava alla ricorrente di avviare tutte le procedure di cui al D.Lgs. n. 152/2006 nei tempi e nei modi da esso stabiliti, in particolare dall’art. 242, attribuendole altresì l’onere di tempestiva comunicazione degli esiti dell’attività di bonifica svolta, espressamente preavvisando, in caso di inottemperanza, della possibile attivazione dei poteri sostitutivi così come legislativamente previsti.
Insorgeva avverso detto provvedimento la ricorrente, sollevando due motivi di gravame.
Veniva evidenziato, in primo luogo, il vizio di violazione e falsa applicazione dell’art. 242 del D.Lgs. n. 152/2006, con violazione altresì del principio “chi inquina paga”, in tesi sussistendo un onere di procedere alla bonifica solo in capo al responsabile dell’inquinamento e non anche al proprietario del terreno, per il mero fatto di essere tale.
Sottolineava, in proposito, come la questione in esame fosse stata fatta oggetto di rimessione alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea per mezzo dell’ordinanza n. 21 del 29/9/2013 da parte dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato.
Lamentava, inoltre, la violazione degli artt. 3 e 6 della L. n. 241/1990, sussistendo in tesi, nel provvedimento impugnato di cui al caso di specie, carenza di istruttoria e difetto di motivazione.
Con memoria difensiva di costituzione, pervenuta in Segreteria il 20 agosto 2014, si costituiva il Comune di Apricena, evidenziando la legittimità del provvedimento impugnato e contestando, nel merito, punto per punto gli argomenti di ricorso così come introdotti.
Nel merito, il ricorso è infondato e, pertanto, deve essere respinto.
Quanto al primo motivo di ricorso, in esso si sostiene, in sintesi, che il proprietario di un fondo sarebbe responsabile dell’abbandono di rifiuti sul medesimo solo nel caso in cui risulti a lui effettivamente imputabile una condotta attiva, dolosa o colposa, causalmente efficiente in relazione al detto abbandono.
Sulla premessa di base che l’ordine di rimozione di rifiuti pacificamente non integra una ipotesi legale di responsabilità oggettiva, il requisito della colpa, quanto menosub specie di colpa omissiva, non appare ragionevolmente potersi escludere nel caso di specie, atteso che il quantitativo di rifiuti solidi urbani interrati ed abbandonati sul fondo della ricorrente non appare poter essere stato ivi lasciato in un breve arco di tempo.
Inoltre, l’aver omesso la recinzione del suolo o le doverose denuncie all’autorità (cfr. Cass. Pen., Sez. III, 11 marzo 2008, n. 14747, sulla sussistenza della responsabilità colposa omissiva in un caso analogo) in relazione, peraltro, ad un fondo già adibito a cava e “che si presentava con libero accesso e privo di custodia” (cfr. verbale del 5 maggio 2014 di ispezione e contestuale sequestro preventivo del NOE di Bari, in atti) permette complessivamente di delineare in modo netto un quadro – quanto meno – di colposo abbandono del detto fondo, con quanto ne consegue in punto di affermazione della sussistenza della responsabilità della ricorrente per lo sversamento dei rifiuti che in esso è stato possibile effettuare.
Il primo motivo di ricorso deve essere, pertanto, respinto.
Quanto al secondo motivo di ricorso, la ricorrente lamenta la violazione degli artt. 3 e 6 della L. n. 241/1990, sussistendo in tesi, nel provvedimento impugnato di cui al caso di specie, carenza di istruttoria e difetto di motivazione.
àˆ notorio, tuttavia, che, in base all’art. 21 octies, secondo comma, L. n. 241/1990 “Non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato. (¦)”.
Nel caso di specie deve evidenziarsi che l’ordine di bonifica di un fondo sul quale siano stati abbandonati rifiuti solidi urbani di ogni genere costituisce esercizio di attività tipicamente vincolata dell’Amministrazione (cfr. T.A.R. Puglia Lecce, Sez. I, 25 ottobre 2012, n. 1810), in relazione alla quale l’istruttoria in concreto svolta risulta essere stata pienamente esaustiva, oltre ad essere stata formalizzata in atti pubblici (cfr. verbali del NOE di Bari, in atti) che fanno piena prova dei fatti in essi attestati fino a querela di falso.
Tenuto conto, altresì, del congruo apparato motivazionale inserito nel corpo del provvedimento impugnato, tale da dare pienamente atto delle ragioni di fatto e dei motivi di diritto posti a base della statuizione amministrativa adottata, si giunge in modo assai lineare alla conclusione secondo la quale non sarebbe stato possibile giungere ad un risultato dispositivo diverso da quello in concreto adottato.
Ne consegue l’infondatezza del secondo motivo di ricorso.
Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, Sezione Unica, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna Celeste Anna Maria Cocciardi al pagamento in favore dell’Amministrazione resistente delle spese di lite, che liquida in complessivi euro 1.500,00, oltre accessori come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 3 settembre 2014 con l’intervento dei magistrati:
Corrado Allegretta, Presidente
Alfredo Giuseppe Allegretta, Referendario, Estensore
Cesira Casalanguida, Referendario
L’ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 14/10/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)