1. Tutela dei beni culturali e del paesaggio – Attività edilizia privata – Opere abusive – Vincoli – Autorizzazione paesaggistica in sanatoria ex l. 24 novembre 2003, n. 326 – Annullamento d’ufficio – Direzione regionale per i beni architettonici e del paesaggio – Competenza – Sussiste – Garanzie partecipative – Non sussistono
2. Tutela dei beni culturali e del paesaggio – Attività edilizia privata – Opere abusive – Vincoli – Autorizzazione paesaggistica in sanatoria ex l. 24 novembre 2003, n. 326 – Presupposti
1. Secondo quanto disposto dall’art. 159 del D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 la Sovrintendenza è tenuta a verificare, con l’esercizio della discrezionalità tecnica, se le opere condonate siano suscettibili o meno di sanatoria paesaggistica dovendo effettuare una constatazione tecnica se esse rientrino o meno dell’elenco delle opere previste ai numeri 4,5,6, dell’allegato A della legge 24 novembre 2003, n. 326. Il potere di annullamento d’ufficio, pertanto, viene esercitato rispetto ad un provvedimento vincolato, che ai sensi dell’art. 21 octies della legge 6 agosto 1990, n. 241 non prevede le garanzie partecipative al tutela del privato impossibilitato dalla natura vincolata del provvedimento a fornire contributo alcuno idoneo a determinare un esito diverso del procedimento di secondo grado.
2. La sanatoria paesaggistica delle opere abusive oggetto di condono di cui alla legge 24 novembre 2003, n. 326 è esclusa per le opere realizzate dopo l’imposizione dei vincoli di cui all’art. 32, comma 27, lett. d) della legge 326/2003 che risultino non conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici.
N. 01183/2014 REG.PROV.COLL.
N. 00502/2008 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 502 del 2008, proposto da:
Maria Vincenza Augelli e Concetta Ippolito, rappresentate e difese dall’avv. Angelo Ippolito, con domicilio ex lege presso la Segreteria T.A.R. Puglia Bari, in Bari, Piazza Massari;
contro
Ministero per i Beni e le Attività Culturali, in persona del Ministro p.t.;
Comune di Lesina, in persona del Sindaco p.t.;
Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio per la Puglia;
Province di Bari e Foggia;
per l’annullamento
del decreto prot. n. 10982, assunto in data 12.12.2007 dal Soprintendente ad interim, con cui è stato disposto l’annullamento del provvedimento n. 44/S/2007 del 12.11.2007 a firma del Responsabile del Settore Urbanistica del Comune di Lesina, con cui si rilasciava autorizzazione paesaggistica in condono, ai sensi della L. 326/2003, in favore della ditta Augelli Maria Vincenza;
di tutti gli atti consequenziali, antecedenti e comunque connessi, anche se non noti;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 25 giugno 2014 il dott. Alfredo Giuseppe Allegretta;
Udito per la parte ricorrente il difensore avv. Margherita Torroni, per delega dell’avv. Angelo Ippolito;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con ricorso pervenuto in Segreteria in data 7.4.2008, Augelli Maria Vincenza e Ippolito Concetta impugnavano dinanzi al Tribunale Amministrativo Regionale in epigrafe il decreto in data 12.12.2007, con cui il Soprintendente ad interim della Direzione per i Beni Architettonici e per il Paesaggio per la Puglia disponeva l’annullamento del provvedimento reso in data 12.11.2007, a firma del Responsabile del Settore urbanistica del Comune di Lesina, con cui si rilasciava, in favore della Augelli, autorizzazione paesaggistica in condono per talune opere abusive consistenti nella costruzione di un fabbricato ad uso deposito ubicato nel centro urbano di Lesina.
Parte ricorrente esponeva in fatto che nel corso del 1994 aveva realizzato un locale deposito in ampliamento di un preesistente fabbricato, sito in Lesina, Corso Vittorio Emanuele 113.
Detto fabbricato aveva una superficie coperta di 25,35 mq per un volume di 84,92 mc e, sul piano amministrativo, risultava edificato in assenza di concessione edilizia, in area soggetta a vincolo paesistico, nella zona territoriale omogenea B del vigente P.R.G. del Comune di Lesina.
In data 29 gennaio 2004, parte ricorrente, con istanza indirizzata agli uffici del detto Comune, dichiarava il proprio interesse alla sanatoria dell’illecito edilizio posto in essere a mezzo del c.d. condono ex L. n. 326/2003 e L.R. Puglia n. 28/2003.
In data 31.05.2005 proponeva, altresì, alla competente autorità domanda di accertamento di compatibilità paesaggistica.
In data 12.11.2007, la Augelli otteneva, con provvedimento del Comune di Lesina prot. n. 44/S/2007, autorizzazione paesaggistica in condono ex L. n. 326/2003.
Con il decreto impugnato, meglio indicato in epigrafe, la Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio per la Puglia annullava l’autorizzazione paesaggistica in condono in quanto l’illecito edilizio realizzato non rientrava fra le tipologie di opere suscettibili di sanatoria paesaggistica, in esse ricadendo solo le tipologie di illecito di cui ai nn. 4, 5 e 6 dell’allegato A della L. n. 326/2003.
Più nel dettaglio, il provvedimento impugnato faceva riferimento alle seguenti tipologie di opere: tipologia 4: opere di restauro e risanamento conservativo come definite dall’articolo 3, comma 1, lettera c) del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, realizzate in assenza o in difformità dal titolo abilitativo edilizio, nelle zone omogenee A di cui all’articolo 2 del decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444; tipologia 5: opere di restauro e risanamento conservativo come definite dall’articolo 3, comma 1, lettera c) del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, realizzate in assenza o in difformità dal titolo abilitativo edilizio; tipologia 6: opere di manutenzione straordinaria, come definite all’articolo 3, comma 1, lettera b) del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, realizzate in assenza o in difformità dal titolo abilitativo edilizio; opere o modalità di esecuzione non valutabili in termini di superficie o di volume.
Poichè, in tesi dell’Amministrazione, l’illecito edilizio realizzato non rientrava fra le sopra indicate tipologie di opere, esso non risultava essere suscettibile di valida sanatoria paesaggistica.
Insorgeva avverso detto provvedimento parte ricorrente, sollevando plurime censure di legittimità , fra le quali si segnalavano la carenza di potere dell’autorità emanante per incompetenza, derivata dalla violazione di norme costituzionali e di legge ordinaria sul corretto assetto delle attribuzioni in materia fra Stato, Regioni ed Enti Locali; la violazione di legge, in base agli artt. 7 e 8 della L. n. 241/1990, per carenza di istruttoria, oltre che per contraddittorietà ed illogicità della stessa; inoltre, veniva evidenziata la carenza della comunicazione di avvio del relativo procedimento, nonchè il difetto di motivazione per erronea valutazione dei presupposti di fatto, contraddittorietà ed illogicità manifesta; si lamentava, infine, l’eccesso di potere per falsità dei presupposti, in quanto contrariamente a quanto ritenuto dalla Soprintendenza, l’art. 32 L. n. 47/1985 consentiva la sanatoria di opere di qualsivoglia tipologia anche nelle aree vincolate.
Nessuno si costituiva per le Amministrazioni resistenti.
All’udienza pubblica del 25.6.2014, la causa veniva definitivamente trattenuta per la decisione.
Il ricorso è infondato e, pertanto, non può essere accolto.
Il primo motivo di ricorso risulta essere generico, oltre che non fondato nel merito.
Dal tenore letterale del detto motivo di ricorso così come svolto, infatti, non emerge con chiarezza se la rilevata incompetenza si configuri come una incompetenza relativa o assoluta, nè in alcun modo si indica l’organo in tesi ritenuto competente alla tutela del vincolo paesaggistico, anche in sede di autotutela, e la disciplina attributiva del relativo potere.
In ogni caso, nella specie, il Sovrintendente per i Beni Architettonici e per il Paesaggio per la Puglia non ha fatto altro che esercitare il potere di annullamento espressamente previsto ed attribuitogli dall’art. 159 del DLgs 22 gennaio 2004 n. 42.
Il secondo ed il terzo motivo di ricorso sugli asseriti vizi procedimentali e motivazionali di cui sarebbe, in tesi, affetto il provvedimento impugnato possono essere esaminati congiuntamente.
Essi sono entrambi infondati.
In base all’art. 21-octies, secondo comma, L. n. 241/1990, “Non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato. Il provvedimento amministrativo non è comunque annullabile per mancata comunicazione dell’avvio del procedimento qualora l’amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato.”.
Nel caso di specie deve anzitutto evidenziarsi che il provvedimento emanato si appalesa essere di natura vincolata.
Infatti, a norma del citato art. 159, co. 3, la Soprintendenza è tenuta a verificare se le opere poste in essere e condonate rientrino o non rientrino nelle tipologie di opere suscettibili di sanatoria paesaggistica, all’esito di una mera constatazione tecnica sulla consistenza delle opere così come in concreto realizzate e per come documentalmente risultanti dalla domanda di condono.
Qualificata la fattispecie di edilizia abusiva di cui al caso in esame e sussunta la stessa nelle tipologie di opere suscettibili o meno di sanatoria (cfr. allegato A della L. n. 326/2003), il provvedimento che conferma o annulla l’autorizzazione ha natura precipuamente vincolata.
Da quanto sin qui detto consegue, dunque, che sia l’omessa comunicazione di avvio del procedimento che la asserita insufficiente motivazione del provvedimento finale, con gli ancillari rilievi di contraddittorietà ed illogicità manifesta della stessa, finiscono per essere destituiti di fondamento, in quanto l’insieme dei passaggi logico giuridici che conducono dalla constatazione tecnica della consistenza delle opere abusive realizzate – e successivamente condonate – si pone su una linea di stretta continuità razionale alla sussunzione delle dette opere fra quelle legittimamente condonabili o meno, dal punto di vista specifico della tutela del vincolo paesaggistico.
Accertato tale dato di fatto, il privato non può fornire un contributo che conduca ad un esito procedimentale diverso da quello in concreto adottato, nè può risultare utile un più intenso sforzo motivazionale a corredo del dispositivo di annullamento reso nel decreto impugnato, stante la lineare coerenza interna del medesimo, di per sè non contraddittoria e non illogica.
Venendo al merito della questione, in parte toccata nel terzo motivo di ricorso in punto di eccesso di potere per erronea valutazione dei presupposti di fatto, in parte affrontata nel quarto motivo di ricorso nella sua interezza, il Collegio osserva quanto segue.
La problematica connessa alla possibilità di applicare la sanatoria edilizia prevista dall’art. 32, commi 25 e ss. della Legge n. 326/2003 anche agli immobili realizzati su aree vincolate è stata ampiamente affrontata, nel recente passato, dalla giurisprudenza che, sul punto, ha ritenuto ammissibili alle procedure di condono, in aree gravate da vincoli paesaggistici, le sole opere minori, cioè quelle indicate ai numeri 4, 5 e 6 dell’allegato 1 alla legge n. 326/2003 (Cass. penale, sez. IV, 12/01/2005, n. 12577; Tar Campania Napoli, sez. VI, 3/08/2005 n. 10563). Più recentemente è stato altresì affermato che “con riferimento al condono edilizio introdotto con la legge 326/03, che la realizzazione, in area assoggettata a vincolo paesaggistico, di nuove costruzioni in assenza di permesso di costruire non è suscettibile di sanatoria. In altra occasione, nel ribadire il concetto, si è anche fornita dettagliata confutazione di alcune posizione dottrinarie divergenti che avevano prospettato una interpretazione più permissiva delle disposizioni menzionate (Sez. III n. 6431, 15/02/2007)” (cfr. Cass. penale, sez. III, 28/03/2012, n. 14746).
Tale orientamento negativo della giurisprudenza ha poi trovato più matura espressione in alcune decisioni ulteriori, che hanno rilevato la necessità di escludere dalla sanatoria “gli immobili soggetti a vincolo ambientale e paesaggistico allorchè le opere abusive contrastino con lo strumento urbanistico in vigore.” (cfr. T.A.R. Veneto, sez. II, 19 giugno 2006 n. 1884; T.A.R. Campania Napoli, sez. VI, 16 marzo 2006 n. 3043; 8 febbraio 2007 n. 963).
Invero, l’art. 32, comma 27, lett. d) del d.l. 30 settembre 2003 n. 269 (conv. in l. 24 novembre 2003, n. 326) esclude che possano essere sanate le opere abusive che “siano state realizzate su immobili soggetti a vincoli imposti sulla base di leggi statali e regionali a tutela degli interessi idrogeologici e delle falde acquifere, dei beni ambientali e paesistici, nonchè dei parchi e delle aree protette nazionali, regionali e provinciali qualora istituiti prima della esecuzione di dette opere, in assenza o in difformità del titolo abilitativo edilizio e non conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici.”.
Con tutta evidenza, si tratta, quindi, di una previsione che esclude dalla sanatoria le opere abusive realizzate su aree caratterizzate da una determinata tipologia di vincoli (in particolare, i vincoli imposti sulla base di leggi statali e regionali a tutela degli interessi idrogeologici e delle falde acquifere, dei beni ambientali e paesistici, nonchè dei parchi e delle aree protette nazionali, regionali e provinciali), subordinando, però, l’operatività dell’esclusione a due condizioni, costituite:
1) dal fatto che il vincolo sia stato istituito prima dell’esecuzione delle opere abusive;
2) che le opere, realizzate “in assenza o in difformità del titolo abilitativo edilizio”, non possano essere ritenute “conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici”.
Dalla ricostruzione sistematica delle due limitazioni all’operatività del divieto di condono in aree paesaggisticamente vincolate, emerge dunque un sistema che permette la sanatoria delle opere realizzate sulle aree in discorso solo in due ipotesi, caratterizzate dalla natura disgiuntiva e costituite:
1) dalla realizzazione delle opere abusive prima dell’imposizione dei vincoli previsti dall’art. 32, comma 27 lett. d) del d.l. 30 settembre 2003 n. 269;
2) dal fatto che le opere oggetto di sanatoria, sia pure non autorizzate o difformi dal “titolo abilitativo edilizio”, siano comunque “conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici”.
In tale contesto, è stato evidenziato che “La sistematica dell’art. 32, commi 25 e ss. del d.l. 30 settembre 2003 n. 269 (conv. in l. 24 novembre 2003, n. 326) è pertanto notevolmente più complessa di quella dei due precedenti provvedimenti di condono e prevede una particolare strutturazione che, nell’ipotesi dei vincoli previsti dall’art. 32, comma 27 lett. d), comporta l’obbligo di verificare la compatibilità urbanistica delle opere, così dando vita ad una soluzione normativa che si avvicina fortemente all’istituto dell’accertamento di conformità previsto dall’art. 36 del d.p.r. 6 giugno 2001 n. 380, piuttosto che ai provvedimenti di sanatoria edilizia finora conosciuti” (cfr. T.A.R. Puglia, Lecce, sent. 20/04/2007 n. 1690).
Tale ultimo indirizzo risulta essersi integralmente consolidato nella successiva giurisprudenza.
Infatti, secondo il Consiglio di Stato, “In base alla disciplina posta da d.l. n. 269 del 2003, la sanabilità delle opere realizzate in zona vincolata è radicalmente esclusa solo qualora si tratti di un vincolo di inedificabilità assoluta e non anche nella diversa ipotesi di un vincolo di inedificabilità relativa, ossia di un vincolo superabile mediante un giudizio a posteriori di compatibilità paesaggistica. Infatti, è ben possibile ottenere la sanatoria delle opere abusive realizzate in zona sottoposta ad un vincolo di inedificabilità relativa, purchè ricorrano le condizioni previste dall’art. 32, comma 27, lett. D), d.l. n. 269 del 2003, convertito dalla l. n. 326 del 2003, vale a dire che non si tratti di opere realizzate dopo l’imposizione del vincolo ed in assenza o in difformità del titolo abilitativo che risultino non conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici. ” (cfr. inter alia, Cons. Stato, sez. IV, sent. n. 3174/2010).
Si veda anche la recentissima Consiglio di Stato Sez. IV, sentenza 28.11.2013, in materia di sanatoria di abusi edilizi su aree soggette a vincolo, secondo cui “è esclusa la sanatoria ai sensi dell´art. 32, comma 27, lett. d), dl. n. 269 del 2003 se il vincolo è stato istituto prima dell´esecuzione delle opere abusive e/o le opere realizzate in assenza o in difformità del titolo abilitativo non sono conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici.”.
Dato che nel caso di specie si è giunti alla edificazione di un non trascurabile volume abusivo in zona pacificamente assoggettata a vincolo paesaggistico, anche il quarto motivo di ricorso dovrà essere conseguentemente respinto.
Tenuto conto delle specificità del caso in esame, della soccombenza del ricorrente e della mancata costituzione delle Amministrazioni resistenti, ritiene il Collegio che sussistono i presupposti di legge per dichiarare irripetibili le spese di lite di cui al presente giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Prima) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese irripetibili.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 25 giugno 2014 con l’intervento dei magistrati:
Corrado Allegretta, Presidente
Francesco Cocomile, Primo Referendario
Alfredo Giuseppe Allegretta, Referendario, Estensore
L’ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 14/10/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)