1. Pubblico impiego – Rapporto di servizio – Procedimento disciplinare – Termine conclusione – Interruzione – Condizione


2. Pubblico impiego – Rapporto di servizio – Procedimento disciplinare – Cessazione rapporto d’impiego – Prosecuzione procedimento – Art. 118, D.P.R. n. 3/1957 – Estensione a collocamento a riposo per infermità  


3. Pubblico impiego – Rapporto di servizio – Procedimento disciplinare – Sanzioni disciplinari – Destituzione dall’impiego – Decorrenza effetti da sospensione cautelare – Ragioni


4. Pubblico impiego – Rapporto di servizio – Procedimento disciplinare – Sospensione cautelativa – Durata – Limiti – Riammissione in servizio – Art. 9, L. n. 19/1990 – Successiva destituzione con effetto retroattivo – Legittimità 


5. Pubblico impiego – Rapporto di servizio –  Provvedimento disciplinare – Congruità  della sanzione – Proporzionalità  – Sindacato G.A. – Limiti


6. Pubblico impiego – Rapporto di servizio – Procedimento disciplinare – Sospensione cautelare – Successiva destituzione da impiego – Computo periodo sospensione per trattamento economico e previdenziale – Esclusione

1. Il termine estintivo del procedimento disciplinare fissato dall’art. 120, comma 1, D.P.R. n. 3/1957 in novanta giorni, si interrompe ogniqualvolta sia adottato, prima della sua scadenza, un atto infraprocedimentale, anche se di carattere interno, dal quale possa desumersi inequivocabilmente la volontà  dell’Amministrazione di portare a conclusione il procedimento.


2. L’art. 118, D.P.R. n. 3/1957, in forza del quale è consentita la prosecuzione del procedimento disciplinare quando nel corso di esso il rapporto di impiego cessi anche per dimissioni volontarie se la sua definizione influisce sul trattamento di quiescenza e di previdenza, trova applicazione anche in caso di collocamento a riposo per infermità , non avendo detta norma carattere eccezionale.


3. Il provvedimento di destituzione, preceduto dalla sospensione cautelare dal servizio, ha effetti dalla data del provvedimento cautelare in ragione della natura di questa, i cui effetti provvisori e interinali sono destinati a essere rimossi dal provvedimento definitivo, con la conseguenza, in caso di destituzione, della “naturale” retrodatazione della cessazione del rapporto alla data in cui è stata emessa la misura cautelare della sospensione dal servizio.


4. Il principio della “naturale” retroattività  dell’atto di destituzione, laddove preceduto dalla sospensione cautelare facoltativa, è applicabile anche quando l’Amministrazione, in considerazione della durata del processo penale, abbia poi doverosamente riammesso in servizio il dipendente successivamente al decorso di cinque anni dalla sospensione ai sensi dell’art. 9, L. n. 19/1990.


5. La congruità  della sanzione disciplinare irrogata dall’Amministrazione sfugge a un pieno sindacato giurisdizionale del G.A., non potendo in nessun caso quest’ultimo sostituire le proprie valutazioni a quelle operate dalla P.A., salvo che le valutazioni siano inficiate da travisamento dei fatti ovvero il convincimento non risulti formato sulla base di un processo logico e coerente.


6. Il periodo di sospensione cautelare, ove seguito dalla rimozione del dipendente all’esito del procedimento disciplinare tempestivamente avviato, non può essere computato ai fini del trattamento di quiescenza e non è valutabile nel compito dell’anzianità  di servizio, in assenza di prestazione lavorativa.

N. 01163/2014 REG.PROV.COLL.
N. 01348/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1348 del 2013, proposto da: 
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’avv. Michele Gigliobianco, con domicilio eletto presso l’avv. Antonio Arzano in Bari, via Principe Amedeo, 82/A; 
contro
Ministero della Giustizia, in persona del Ministro p.t., Consiglio Centrale di Disciplina del Corpo di Polizia Penitenziaria – Dipartimento Amministrazione Penitenziaria, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Bari, domiciliataria in Bari, via Melo, 97; 
per l’annullamento
– del decreto n. 0064633-2013/10042/DS14 del 5 agosto 2013 del Ministero della Giustizia, Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, Direzione Generale del Personale e della Formazione, con cui è stata comminata a-OMISSIS-la sanzione della destituzione con decorrenza immediata, e della relativa nota di accompagnamento accusata al protocollo della Casa Circondariale di Trani in data 7.8.2013, al n. 19691, notificati il 14.8.2013;
– di ogni altro atto connesso, presupposto e/o consequenziale, ancorchè non conosciuto;
nonchè
per l’accertamento del diritto del ricorrente all’intero trattamento economico e previdenziale per il periodo (4.12.2006 – 28.1.2012) di sospensione cautelare dal servizio;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero della Giustizia e del Ministero della Giustizia Dipartimento Amministrazione Penitenziaria – Consiglio Centrale di Disciplina;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Visto l’art. 52 D. Lgs. 30.6.2003 n. 196, commi 1 e 2;
Relatore la dott.ssa Maria Grazia D’Alterio e uditi nell’udienza pubblica del giorno 25 giugno 2014 per le parti i difensori avv.ti Michele Gigliobianco e Donatella Testini;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 
FATTO e DIRITTO
1. In data 4 dicembre 2006 il ricorrente, all’epoca assistente capo della Polizia Penitenziaria in servizio presso la Casa Circondariale di Trani, veniva sospeso cautelativamente dal servizio, ai sensi dell’art. 7, comma 2, D.Lgs. 30 ottobre 1992 n. 449, a seguito della richiesta di rinvio a giudizio della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Taranto, per i reati di cui agli artt. 424, 425 e 635 c.p. e artt. 10 e 12 L. n. 497/1974.
Con sentenza del 29 maggio 2007 il GIP presso il Tribunale di Taranto condannava il -OMISSIS- a due anni di reclusione per il reato di danneggiamento a seguito di incendio aggravato; pena ridotta dalla Corte di Appello di Lecce ad anni uno e mesi otto di reclusione.
1.1 Decorso il periodo massimo di sospensione cautelare di cui alla L. n. 19/1990, il -OMISSIS- veniva riammesso in servizio a far data dal 26 gennaio 2012.
1.2 Con sentenza del 27 novembre 2012 la Suprema Corte di Cassazione rigettava il ricorso proposto dal -OMISSIS-, sicchè la condanna riportata in grado di appello diveniva definitiva.
1.3 L’Amministrazione provvedeva dunque alla contestazione degli addebiti disciplinari in data 19 dicembre 2012, mentre in data 8 gennaio 2013 il -OMISSIS- faceva pervenire le proprie giustificazioni.
1.4 Nelle more dello svolgimento del procedimento disciplinare, con provvedimento ministeriale del 24 giugno 2013 n. 0225132-2013, il -OMISSIS- veniva collocato a riposo per infermità  a decorrere dalla data dell’11 giugno 2013, essendogli state riscontrate numerose patologie dipendenti da causa di servizio, con espressa riserva del procedimento penale in corso.
1.5 Con decreto del Ministero della Giustizia, Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, Direzione generale del Personale e della Formazione n. 0064633-2013/10042/DS14 del 5 agosto 2013, su proposta del Consiglio Centrale di disciplina del 17 luglio 2013, veniva inflitta al -OMISSIS- la sanzione disciplinare della destituzione, ai sensi dell’art. 6, comma 2, lett. a), b), c), d) e comma 3, lett. a) del D.lgs. n. 449/92, con decorrenza immediata.
Con successivo decreto n. 0064633-2013/10042/DS03-Bis del 9 agosto 2013, a parziale modifica del precedente, la sanzione della destituzione veniva fatta decorrere dal 4 dicembre 2006, ovvero dalla data della sospensione cautelare dal servizio.
1.6 Con il ricorso in epigrafe il ricorrente impugnava i suddetti decreti di destituzione dal servizio, unitamente alla delibera del Consiglio Centrale di disciplina del Corpo della Polizia Penitenziaria del 17 luglio 2013, deducendo censure così riassumibili:
I. Violazione di legge con riferimento agli artt. 1 e 6 D.lgs. n. 449/1992, eccesso di potere per illogicità , carenza istruttoria, ingiustizia manifesta, contraddittorietà : la sanzione impugnata sarebbe illegittima in quanto inflitta quando il rapporto di servizio era cessato a seguito di collocamento a riposo per inidoneità  fisica del -OMISSIS-, ovvero quando oramai era venuto meno il potere disciplinare dell’Amministrazione. Inoltre essa sarebbe comunque sproporzionata, non essendo il -OMISSIS- nella possibilità  di nuocere in alcun modo all’Amministrazione, dopo il suo collocamento a riposo.
II. Violazione e falsa applicazione dell’art. 3 L. 241/90, art. 9 L. n. 19/90 e art. 85 D.P.R. n. 3/57: carente motivazione del provvedimento di destituzione del -OMISSIS-, in relazione alla circostanza che il ricorrente da due mesi non prestava più servizio, che era stato reintegrato per circa diciotto mesi e che le ipotesi delittuose risalivano ad oltre otto anni prima.
III. Violazione e falsa applicazione dell’art. 120 D.P.R. n. 3/1957: tra la data della contestazione disciplinare (19 dicembre 2012) e la convocazione innanzi al Consiglio di disciplina (28 maggio 2013) risultano trascorsi più di novanta giorni, sicchè il relativo procedimento doveva ritenersi estinto.
IV. Violazione dell’art. 1 D.lgs n. 449/1992, nonchè degli artt. 3, 7, 8, 9 e 10 L. 241/90. In sintesi: la retrodazione degli effetti della destituzione dal servizio avrebbe illegittimamente determinato la revoca del provvedimento ministeriale di riforma per infermità , così incidendo ingiustamente sul diritto al trattamento pensionistico maturato, peraltro in assenza di adeguata motivazione sul punto e senza consentire al ricorrente alcuna partecipazione procedimentale.
1.7 Si costituiva il Ministero della Giustizia, resistendo al gravame.
1.8 Alla pubblica udienza del 25 giugno 2014, la causa è passata in decisione.
2. Ciò premesso in punto di fatto, ritiene questo Collegio che il ricorso sia infondato.
2.1 Per ragioni di ordine logico va esaminato dapprima il terzo motivo di gravame con cui il ricorrente lamenta l’estinzione del procedimento disciplinare per mancato rispetto del termine di novanta giorni dettato dall’art. 120 D.P.R. n. 3/1957. La doglianza va disattesa, configgendo con quanto emerge dall’esame della documentazione depositata in atti dall’Amministrazione resistente, da cui risulta l’adozione di diversi atti infraprocedimentali tra la data della contestazione dell’addebito e quella di convocazione del -OMISSIS- innanzi al Consiglio di disciplina. Detti atti, pur assumendo una rilevanza meramente interna, risultano in ogni caso idonei ad interrompere il terminede quo, in quanto lasciano trapelare in maniera inequivocabile la volontà  dell’Amministrazione di portare a conclusione l’iter procedimentale (ex multis Cons. di Stato, sez. IV, n. 2643 del 3 maggio 2011).
2.2 Nè può dirsi, come pure sostenuto dalla difesa del ricorrente, che il potere disciplinare dell’Amministrazione resistente sia venuto meno a seguito del collocamento a riposo per infermità  del -OMISSIS-.
Anche a tacer del fatto che la cessazione dal servizio per infermità  è stata disposta con espressa riserva e fino all’esito del procedimento penale in atto, rileva sul punto la dirimente disposizione normativa di cui all’art. 118 D.P.R. n. 3/1957, cui fa rinvio l’art. 24, comma 5,del D.lgs. n. 449/92, che impone all’Amministrazione di proseguire il procedimento disciplinare anche ove, durante il suo svolgimento, il rapporto d’impiego cessi per dimissioni volontarie o collocamento a riposo a domanda, se in grado di determinare effetti sull’eventuale trattamento di quiescenza e previdenza.
Detta norma non ha carattere eccezionale, risultando dunque applicabile, contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa del ricorrente, anche in presenza di altre situazioni non enunciate ma assimilabili a quelle considerate, qual è il collocamento a riposo per infermità , di cui al caso in esame (Consiglio di Stato, Sez. V, n. 504 del 23-04-1993).
Come inoltre chiarito dal Consiglio di Stato con sentenza del 2 luglio 2014, n. 3324 “l’adozione del provvedimento di dispensa dal servizio per inabilità  fisica non priva l’Amministrazione del potere di definire il procedimento disciplinare avviato per fatti precedenti soprattutto quando l’interessato per tali fatti è stato sospeso in via cautelativa dal servizio con riduzione della retribuzione. Altrimenti, venendo meno con la mancata instaurazione del procedimento disciplinare o con l’estinzione del procedimento disciplinare già  avviato, gli effetti della sospensione dal servizio, l’interessato avrebbe poi diritto alla integrale ricostruzione della sua posizione economica pur non avendo svolto il servizio per fatti comunque a lui imputabili”.
2.3 Alla luce di tali osservazioni va anche confutata la doglianza appuntata avverso il decreto di rettifica n. 0064633-2013/10042/DS03-Bis del 9 agosto 2013, che ha disposto la sanzione disciplinare della destituzione con effetto retroattivo dalla data di sospensione cautelare dal servizio. La giurisprudenza amministrativa ha chiarito che il provvedimento di sospensione dal servizio, per la sua intrinseca natura cautelare e non sanzionatoria, produce effetti interinali destinati ad essere rimossi e sostituiti dal provvedimento che sia stato poi adottato all’esito del procedimento disciplinare, con la conseguenza, in caso di destituzione, della ˜naturale’ retrodatazione della cessazione del rapporto alla data in cui è stata emessa la misura cautelare della sospensione dal servizio (in termini, Consiglio di Stato, Sez. VI, 13 maggio 2011, n. 2916, Sez. VI, 29 gennaio 2002, n. 487; Sez. VI, 20 giugno 2001, n. 3271; Sez. IV, 22 marzo 2001, n. 1695; Sez. VI, 18 aprile 2000, n. 2313).
Inoltre, detto principio della ˜naturale’ retroattività  dell’atto di destituzione – ove preceduto dalla sospensione cautelare facoltativa – è applicabile anche quando l’Amministrazione, in considerazione della durata del processo penale, abbia doverosamente riammesso in servizio il dipendente successivamente al decorso di cinque anni dalla sospensione, ai sensi dell’art. 9 della l. n. 19/1990 (cfr. Consiglio di Stato, sez. VI, 25 giugno 2002 n. 3476).
2.4 Quanto alle censure con cui il ricorrente lamenta la sproporzione della sanzione comminata, va richiamata la consolidata giurisprudenza che sul punto ha rimarcato come la congruità  del provvedimento disciplinare sfugga ad un pieno sindacato giurisdizionale del giudice amministrativo, non potendo in nessun caso quest’ultimo sostituire le proprie valutazioni a quelle operate dall’Amministrazione, salvo che le valutazioni siano inficiate da travisamento dei fatti ovvero il convincimento non risulti formato sulla base di un processo logico e coerente (Consiglio di Stato, sez. III, 2 luglio 2014, n. 3324, sez. I, 31 gennaio 2012, n. 4680, sez. VI, 21 maggio 2009, n. 3125, sez. IV, 14 febbraio 2008, n. 512).
Nel caso di specie va rilevato che le condotte censurate risultano correttamente sottoposte ad un’autonoma valutazione al fine di evidenziarne il rilievo sotto il profilo tipicamente disciplinare, in considerazione degli interessi pubblici che devono essere tutelati attraverso tale procedimento. Inoltre, contrariamente a quanto affermato da parte ricorrente, il provvedimento sanzionatorio impugnato risulta proporzionato oltre che adeguatamente motivato in relazione alla gravità  dei fatti accertati in sede penale.
In particolare, la decisione dell’Amministrazione resistente di disporre la sanzione massima della destituzione, anche motivata attraverso il richiamo alla delibera del Consiglio Centrale di Disciplina del 17 luglio 2013, appare esente dalle censure mosse ove si consideri la puntuale valutazione compiuta in relazione alla gravità  dei reati ascritti, per come in concreto risultano perpetrati, rimarcandosi specificamente la particolare virulenza della condotta di lanciare una molotov contro dei beni, col rischio di coinvolgere, peraltro, anche delle persone; la circostanza di aver agito in concorso con altri soggetti; la motivazione grave e gratuita del gesto, che pacificamente il Tribunale ha qualificato come circostanza aggravante, ovvero l’aver agito il -OMISSIS- solo per assecondare i desideri di un’amica, mandante del reato, che aveva avuto un diverbio con il titolare dello stabilimento balneare danneggiato; nonchè la natura dolosa del reato ascrittogli.
2.5 Pertanto assume carattere recessivo la circostanza evidenziata dalla difesa del ricorrente e rappresentata dall’avere il -OMISSIS- mantenuto in servizio, nel corso di tutta la carriera professionale un comportamento adeguato e corretto, ed in particolare a seguito della sua riammissione in servizio, risultando la sanzione della destituzione impugnata assunta nel rispetto dei principi di gradualità  e proporzionalità , non emergendo comunque vizi sindacabili ab externo in sede di giurisdizione generale di legittimità .
2.6 Nè può dirsi manifestamente irragionevole l’irrogazione della sanzione in relazione al tempo trascorso dai fatti che avevano dato luogo al giudizio penale, considerato che il procedimento disciplinare è stato portato a termine solo dopo la conclusione della lunga vicenda penale, all’esito del giudizio svoltosi in ultima istanza innanzi alla Corte di Cassazione.
3. In conclusione, dalle argomentazioni espresse in precedenza discende il rigetto del ricorso, con conseguente reiezione della connessa domanda di restituito in integrum, attesa la legittimità  dell’operato dell’Amministrazione in relazione ai profili censurati dal ricorrente. Sotto tale ultimo aspetto va ribadito, in particolare, che il periodo di sospensione cautelare, ove seguito dalla rimozione del dipendente all’esito del procedimento disciplinare tempestivamente avviato, non può essere computato ai fini del trattamento di quiescenza e non è valutabile nel computo dell’anzianità  di servizio, in assenza di prestazione lavorativa (cfr. Tar Lazio, Roma, sez. I, 11 febbraio 2011, n. 1340).
4. In considerazione della natura e della peculiarità  della presente controversia, nonchè della qualità  delle parti, sussistono gravi ed eccezionali ragioni di equità  per compensare le spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Prima) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità  amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’art. 52, comma 1 D. Lgs. 30 giugno 2003 n. 196, a tutela dei diritti o della dignità  della parte interessata, per procedere all’oscuramento delle generalità  e degli altri dati identificativi di -OMISSIS- manda alla Segreteria di procedere all’annotazione di cui ai commi 1 e 2 della medesima disposizione, nei termini indicati.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 25 giugno 2014 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Corrado Allegretta, Presidente
Francesco Cocomile, Primo Referendario
Maria Grazia D’Alterio, Referendario, Estensore
 
 
 
 

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 07/10/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

Share on facebook
Facebook
Share on twitter
Twitter
Share on linkedin
LinkedIn
Share on whatsapp
WhatsApp

Tag

Ultimi aggiornamenti

Galleria