1. Risarcimento del danno – Appalti pubblici – Responsabilità  della p.A. – Natura giuridica – Responsabilità  oggettiva – Principio generale del diritto comunitario 


2. Risarcimento del danno – Appalti pubblici -Responsabilità  della p.A. – Responsabilità  oggettiva – Principio generale del diritto comunitario  – Applicabilità  –  Effettività  


3. Risarcimento del danno – Appalti pubblici – Incarico direzione lavori – Revoca – Illegittimità  – Interesse oppositivo a mantenimento incarico – Sussistenza ingiustizia del danno – Responsabilità  p.A. ex 2043 c.c.


4. Risarcimento del danno – Appalti pubblici – Incarico direzione lavori – Revoca – Illegittimità  – Responsabilità  p.A. ex 2043 c.c. – Presupposti  – Nesso di causalità  – Accertamento – Fattispecie 


5. Risarcimento del danno – Appalti pubblici – Quantificazione – Spese per partecipazione a gara – Esclusione


6. Risarcimento del danno – Appalti pubblici  – Incarico direzione lavori –  Revoca –  Illegittimità  – Danno curriculare – Sussiste – Determinazione equitativa – Fattispecie


7. Risarcimento del danno – Contratti pubblici – Incarico direzione lavori – Revoca – Illegittimità  – Danno risarcibile –  Quantificazione – Aliunde perceptum – Deduzione da lucro cessante – Esclusione


8. Risarcimento del danno – Debito di valore – Calcolo della rivalutazione – Ammissibilità 

1. In materia di appalti pubblici, per consolidata adesione ai principi enunciati dalla Corte di Giustizia alla luce della Dir. n. 89/665/CEE (modificata dalla Dir. 92/50/CEE), è da ritenersi superfluo l’accertamento dell’elemento soggettivo della colpa ai fini della responsabilità  della p.A. per il danno risarcibile ex art. 2043 c.c. cagionato da provvedimenti lesivi di interessi legittimi; in tale ambito la regola comunitaria configura una responsabilità  oggettiva, non avente natura nè contrattuale, nè extracontrattuale, sottratta a ogni possibile esimente, poichè derivante da un principio generale, funzionale a garantire la piena ed effettiva tutela degli interessi delle imprese, a protezione della concorrenza nel settore degli appalti pubblici.


2. Nell’ambito degli appalti pubblici, la regola comunitaria vigente in materia di risarcimento del danno che configura una responsabilità  oggettiva della p.A. per illegittimità  accertate in relazione all’adozione di provvedimenti lesivi di interessi legittimi, non deve ritenersi limitata ai soli appalti comunitari, ma deve estendersi a tutto il campo degli appalti pubblici nei quali i principi di diritto comunitario hanno diretta rilevanza e incidenza, anche alla luce del richiamo che a essi viene fatto dal legislatore nazionale nel codice dei contratti pubblici. 


3. Nell’ambito degli appalti pubblici, a fronte di provvedimenti lesivi dell’interesse oppositivo al mantenimento dell’incarico di direzione dei lavori, sussistono gli estremi della ingiustizia del danno  in forza di una posizione soggettiva di vantaggio in essere, comportante sul piano economico, determinati emolumenti. 


4. La verifica del nesso causale richiesta per accertare la risarcibilità  del danno da provvedimento illegittimo deve svolgersi sulla base di un giudizio prognostico contrattuale, indagando quale sarebbe stato l’esito del procedimento ove il fatto antigiuridico (nella specie l’illegittima attività  amministrativa) non si fosse prodotto e l’Amministrazione avesse agito correttamente al fine di stabilire quale sia stata l’efficienza causale del vizio rilevato con sentenza di annullamento rispetto al pregiudizio lamentato dal ricorrente (nel caso di specie, è stato lamentato il danno conseguente all’affidamento ad altri  dell’incarico di direzione dei lavori, aggiudicato al ricorrente anni addietro e solo implicitamente oltre che illegittimamente revocato; poichè l’Amministrazione avrebbe potuto decidere diversamente e non conservare l’affidamento dei ricorrenti, motivando opportunamente e assicurando le garanzie del contraddittorio, il danno emergente non può sic et simpliciter essere determinato in relazione alla perdita dei compensi all’epoca stabiliti, ma è risarcibile nei termini di chance di mantenere il precedente affidamento: in via equitativa il danno è stato quantificato sull’ammontare dei compensi pattuiti per l’incarico ridotti della metà ). 


5. In conformità  a consolidata giurisprudenza, le spese di partecipazione alla gara costituiscono onere legittimamente imposto per la partecipazione alla stessa, che il ricorrente avrebbe comunque sostenuto, a prescindere dagli esiti della procedura; ne deriva che esse non risultano riconducibili all’area del danno, in quanto non possono dirsi conseguenza del fatto illegittimo della p.A..


6.  In relazione al risarcimento del cd. “danno curriculare”, conseguente all’impossibilità  di utilizzare le referenze derivanti dall’esecuzione dell’incarico di direzione dei lavori  nell’ambito di futuri ed eventuali procedimenti di gara, la giurisprudenza ha  evidenziato che il soggetto economico non può dirsi gravato di un particolare onere probatorio; secondo condivisi principi,  l’esecuzione di commesse pubbliche risulta comunque fonte per l’operatore di un vantaggio economicamente valutabile, perchè accresce la sua capacità  di competere sul mercato e quindi la chance di aggiudicarsi ulteriori e futuri incarichi, oltre che la propria immagine e prestigio professionale, al di là  dell’incremento degli specifici requisiti di qualificazione e di partecipazione alle singole gare (nella specie, in relazione a tale profilo, è stato ritenuto congruo liquidare, in via forfettaria ed equitativa, tenuto conto delle circostanze, una somma pari al 3% del danno ristorabile). 


7. In materia di risarcimento del danno negli appalti, conseguente all’illegittima attività  provvedimentale della p.A., nel caso di illegittima revoca dell’incarico di direzione dei lavori, nulla va detratto a titolo di aliunde perceptum  su quanto dovuto a titolo di lucro cessante; la direzione dei lavori è affidata in via prevalente al lavoro intellettuale dei professionisti incaricati, i quali ben potevano realizzare forme flessibili di organizzazione e ripartizione del carico lavorativo, non risultando specifiche incompatibilità  ovvero preclusioni allo svolgimento contemporaneo di più incarichi libero-professionali; sicchè la mancata prova dell’acquisizione di ulteriori opportunità  reddituali, non può rappresentare motivo per ridurre oltremodo il quantum debeatur, atteso che gli ulteriori ed eventuali guadagni realizzati ben avrebbero potuto sommarsi a quelli derivanti dall’incarico illegittimamente revocato. Ciò diversamente da quanto accade per l’esecuzione di appalti di lavori pubblici, ove la giurisprudenza richiede la prova a carico dell’impresa di non aver utilizzato in maniera alternativa mezzi e risorse tenuti a disposizione dell’appalto.


8. Sulla complessiva somma dovuta a titolo di risarcimento del danno da illecito aquiliano della p.A., trattandosi di debito di valore, va calcolata la rivalutazione anno per anno secondo gli indici ISTAT con decorrenza dalla data dell’illecito (i.e. momento dell’adozione del provvedimento illegittimo), oltre interessi legali sulla somma annualmente rivalutata secondo il cosiddetto criterio “a scalare” individuato dalla Suprema Corte (cfr. Sezioni unite n. 1712/1995).

N. 01162/2014 REG.PROV.COLL.
N. 01287/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1287 del 2011, proposto da: 
Elio Epifanio Pasquale Contini, in proprio e quale capogruppo del raggruppamento temporaneo di professionisti con Alberto Ferruccio Piccinni, Gioacchino Angarano ed Ermanno Martelli, rappresentato e difeso dall’avv. Marco Lancieri, con domicilio eletto presso il suo studio in Bari, via Cardassi, 58; 

contro
Comune di Noci, rappresentato e difeso dall’avv. Emilio Toma, con domicilio eletto presso il suo studio in Bari, via Calefati, 133; 

per la condanna al risarcimento del danno ingiusto ex art. 30 c.p.a.
per illegittimo esercizio dell’attività  amministrativa accertata con sentenza del Tar Puglia, Bari, sez. I, n. 4184, passata in giudicato.
 

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Noci;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore la dott.ssa Maria Grazia D’Alterio e uditi nell’udienza pubblica del giorno 11 giugno 2014 per le parti i difensori avv.ti Anna Del Giudice, per delega dell’avv. Marco Lancieri, ed Emilio Toma;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 

FATTO
1. Con il ricorso in esame il R.T.P. Contini chiedeva condannarsi il comune di Noci al risarcimento dei danni per lesione di interesse legittimo, derivanti da illegittima attività  amministrativa e, in particolare, dalla determinazione del Responsabile del Settore Gestione e Assetto del Territorio dell’8 giugno 2007, n. 552, annullata con sentenza del Tar Puglia, Bari, sez. I, del 15 dicembre 2010 n. 4184, passata in giudicato.
2. Premetteva in fatto il ricorrente che con determina n. 500 del 10 maggio 2002 il Comune di Noci aveva affidato ai professionisti facenti parte del raggruppamento, individuati a seguito di procedura selettiva pubblica, l’incarico di direzione lavori per la costruzione del nuovo impianto di depurazione a servizio dell’abitato cittadino, come da disciplinare d’incarico sottoscritto in data 12 luglio 2002.
Sennonchè, detto incarico veniva svolto soltanto per una minima parte a causa del contenzioso insorto tra il Comune di Noci e l’originaria società  appaltatrice dei lavori come pure con l’impresa subentrante, entrambe in seguito estromesse dall’esecuzione dell’opera.
3. Nelle more il comune di Noci espletava un nuovo pubblico incanto, sulla base di un mero adeguamento del progetto preliminare alla normativa sopravvenuta, e procedeva all’individuazione della nuova impresa esecutrice dei lavori. Infine, con determina n. 552 dell’8 giugno 2007 stabiliva di incaricare un dipendente comunale della direzione lavori, coadiuvato da direttore operativo esterno, senza peraltro provvedere alla formale revoca o annullamento del precedente affidamento al raggruppamento ricorrente.
4. Detto provvedimento veniva annullato con sentenza di questo Tribunale n. 4184/2012, che nella parte motiva statuiva che: “il Comune di Noci avrebbe dovuto conservare l’affidamento dell’incarico di direzione lavori ai professionisti ricorrenti o, quanto meno, avrebbe dovuto esplicitamente rimuovere detto affidamento in via di autotutela, sussistendone le ragioni di pubblico interesse, nel rispetto delle ordinarie garanzie procedimentali e del contraddittorio”.
5. Il R.T.P. ricorrente, assumendo di aver subito un gravissimo danno, per il quale, peraltro, non era più possibile invocare la reintegrazione in forma specifica, risultando oramai completata l’opera e svolta da altri la direzione dei lavori oggetto di incarico, chiedeva di ottenere l’integrale risarcimento dei danni per illegittima attività  amministrativa, ai sensi dell’art. 30, comma 2, cod. proc. amm..
6. Si è costituita l’amministrazione comunale di Noci, resistendo al ricorso e chiedendone il rigetto.
7. Le parti hanno svolto difese in vista della pubblica udienza dell’11 giugno 2014, nella quale la causa è passata in decisione.
DIRITTO
1. Il ricorso è fondato, e va accolto nei limiti ed alla stregua delle considerazioni che seguono.
2. Da quanto esposto nella narrativa in fatto risulta acclarata, a seguito della sentenza di questo Tribunale n. 4184/2010, l’illegittimità  degli atti che il ricorrente assume come causativi dei danni lamentati.
3. Tuttavia, per accordare la tutela risarcitoria richiesta con il ricorso in esame, occorre procedere alla verifica ulteriore della ricorrenza, nella specie, dei presupposti richiesti dall’art. 2043 c.c., non essendo sufficiente la declaratoria dell’illegittimità  degli atti adottati dall’amministrazione resistente (cfr. ex multis, Consiglio di Stato, Sez. V, 15 settembre 2010, n. 6797). Infatti, occorre siano anche provati, con onere a carico del danneggiato ex art. 2697 cod. civ., sotto il profilo oggettivo, il danno (che parte ricorrente riferisce nell’atto introduttivo del giudizio al mancato utile, alle spese sostenute per la partecipazione e al danno curriculare) ed il nesso causale tra l’illecito e il danno che ne è derivato; mentre trattandosi di controversia afferente la materia dei pubblici appalti, non occorre procedere alla verifica ulteriore dell’elemento soggettivo dell’illecito.
3.1 In relazione a tale ultima questione, la giurisprudenza amministrativa è oramai assestata su una posizione di consolidata condivisione dei principi affermati dalla Corte di Giustizia CE, Sez. III, 30 settembre 2010, n. 314, che ha ritenuto superfluo in tema di procedure di appalti pubblici l’accertamento dell’elemento soggettivo della colpa, ai fini della responsabilità  della Amministrazione da provvedimento illegittimo: “La direttiva del Consiglio 21 dicembre 1989 n. 89/665/Cee, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all’applicazione delle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di lavori, come modificata dalla direttiva del Consiglio 18 giugno 1992 n. 92/50/Cee, deve essere interpretata nel senso che essa osta a una normativa nazionale, la quale subordini il diritto a ottenere un risarcimento a motivo di una violazione della disciplina sugli appalti pubblici da parte di un’Amministrazione aggiudicatrice al carattere colpevole di tale violazione, anche nel caso in cui l’applicazione della normativa in questione sia incentrata su una presunzione di colpevolezza in capo all’Amministrazione suddetta, nonchè sull’impossibilità  per quest’ultima di far valere la mancanza di proprie capacità  individuali e, dunque, un difetto di imputabilità  soggettiva della violazione lamentata”.
In particolare, il Consiglio di Stato, sez. V, con sentenza n. 966 del 18 febbraio 2013 ha precisato che: “la regola comunitaria vigente in materia di risarcimento del danno per illegittimità  accertate in materia di appalti pubblici per avere assunto provvedimenti illegittimi lesivi di interessi legittimi configurerebbe una responsabilità  non avente natura nè contrattuale nè extracontrattuale, ma oggettiva, sottratta ad ogni possibile esimente, poichè derivante da principio generale funzionale a garantire la piena ed effettiva tutela degli interessi delle imprese, a protezione della concorrenza, nel settore degli appalti pubblici.
Intesa in questo senso, è dunque evidente che tale regola non può essere circoscritta ai soli appalti comunitari ma deve estendersi, in quanto principio generale di diritto comunitario in materia dì effettività  della tutela, a tutto il campo degli appalti pubblici, nei quali i principi di diritto comunitario hanno diretta rilevanza ed incidenza, non fosse altro che per il richiamo che ad essi viene fatto dal nostro legislatore nel Codice appalti (art 2 d.lgs. 163/06)”.
3.2 Passando ad esaminare la fattispecie concreta rappresentata con l’odierno ricorso, va rilevato come nella specie sicuramente risultano integrati gli estremi della ingiusta lesione (i.e. del danno ex art. 2043 cod. civ.) della situazione soggettiva di interesse tutelata dall’ordinamento facente capo al RTP ricorrente (i.e. interesse oppositivo al mantenimento dell’incarico di direzione dei lavori per cui è causa, in forza di una posizione soggettiva di vantaggio in essere, comportante, sul piano economico determinati emolumenti).
3.3 Quanto poi alla verifica del nesso causale, la stessa va condotta sulla base di un giudizio prognostico controfattuale, al fine di verificare quale sarebbe stato l’esito del procedimento ove il fatto antigiuridico (nella specie l’illegittima attività  amministrativa) non si fosse prodotto e l’amministrazione avesse agito correttamente. Occorre allora stabilire quale sia stata l’efficienza causale del vizio rilevato con sentenza di annullamento rispetto al pregiudizio lamentato dal raggruppamento ricorrente.
Sul punto occorre preliminarmente precisare che ciò che viene lamentato con l’odierno ricorso è il danno conseguente all’affidamento ad altri (dipendente comunale coadiuvato da un direttore tecnico esterno) dell’incarico di direzione dei lavori, ad essi aggiudicato anni addietro e solo implicitamente oltre che illegittimamente revocato. Tuttavia, come rilevato dalla più volte richiamata sentenza di questo Tribunale, legittimamente l’amministrazione avrebbe potuto, motivando opportunamente ed assicurando le garanzie del contraddittorio, decidere diversamente e non conservare l’affidamento al R.T.P. ricorrente.
4. Ne consegue, in punto di quantificazione del danno emergente, derivante dall’atto oggetto di annullamento e di cui l’istante chiede ora il risarcimento, che esso non può sic et simpliciter essere determinato in relazione alla perdita dei compensi all’epoca stabiliti e che il R.T.P. Contini aveva diritto a conseguire. Infatti, non è possibile dire con certezza quale avrebbe potuto essere la sorte dell’affidamento in questione, ove l’Amministrazione avesse correttamente esercitato la sua discrezionalità  e deciso di valutare, nell’ambito di un giusto procedimento di autotutela, la posizione dei ricorrenti.
La circostanza, inoltre, che l’Amministrazione dopo il lungo lasso temporale trascorso si fosse poi risoluta nel senso di non esternare in toto l’incarico di Direzione dei lavori per l’appalto in questione, lascia intravedere una diversa valutazione di interessi che tuttavia illegittimamente non risulta esternata nei provvedimenti adottati e, peraltro, non partecipata con le garanzie procedimentali al R.T.P. ricorrente che godeva di una posizione di affidamento consolidata ed illegittimamente sacrificata.
Tale insuperabile situazione di dubbio si proietta allora inevitabilmente sul risarcimento ottenibile dalla parte ricorrente, consentendone il ristoro in termini di chance di mantenere il precedente affidamento, in ragione della prospettazione delle due soluzioni alternative, entrambe legittime, che l’amministrazione comunale avrebbe potuto seguire.
4.1 Ne consegue, sotto il profilo quantificatorio del danno ristorabile, che possono essere assunti a parametro i compensi pattuiti per l’incarico in questione ma ridotti nella misura che si può equitativamente determinare ex art. 1226 c.c. nel cinquanta per cento della somma che l’impresa avrebbe potuto ottenere ove l’incarico non fosse stato illegittimamente revocato (risultando così pari ad € 24.358,08, oltre accessori di legge).
4.2 Parte ricorrente chiede altresì procedersi al rimborso delle spese di partecipazione alla gara.
In conformità  a consolidata giurisprudenza, il Collegio ritiene che dette spese costituiscano onere legittimamente imposto per la partecipazione alla gara, che la società  avrebbe comunque sostenuto, a prescindere dagli esiti della procedura. Ne deriva che esse non risultano riconducibili all’area del danno, in quanto non possono dirsi conseguenza del fatto illegittimo dell’amministrazione (Consiglio di Stato, sez. IV, 12 giugno 2014, n. 3003).
4.3 Quanto all’ulteriore richiesta di liquidazione del cd. danno curriculare, conseguente all’impossibilità  di utilizzare le referenze derivanti dall’esecuzione dell’incarico de quo nell’ambito di futuri ed eventuali procedimenti di gara, va rilevato che è mancata sul punto una prova specifica.
Tuttavia in relazione a tale voce di danno la giurisprudenza ha pure evidenziato che il soggetto economico non può dirsi gravato di un particolare onere probatorio (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 19 novembre 2012, n. 5846). Secondo condivisi principi giurisprudenziali (ex multis Consiglio di Stato sez. VI 18 marzo 2011, n. 1681; Tar Bari, sez. I, 14 giugno 2012, n. 1192) l’esecuzione di commesse pubbliche, secondo l’id quod plerunque accidit, risulta comunque fonte per l’operatore di un vantaggio economicamente valutabile, perchè accresce la sua capacità  di competere sul mercato e quindi la chance di aggiudicarsi ulteriori e futuri incarichi, oltre che la propria immagine e prestigio professionale, al di là  dell’incremento degli specifici requisiti di qualificazione e di partecipazione alle singole gare (cfr. Consiglio di Stato, sez. VI, 11 gennaio 2010, n. 20; sez. VI, 9 giugno 2008, n. 2751; sez. IV, 6 giugno 2008, n. 2680). In relazione a tale profilo, pertanto, il Collegio reputa congruo liquidare, in via forfettaria ed equitativa, tenuto conto della circostanza che l’incarico, sia pure in minima percentuale, risulta svolto, oltre che della sua importanza (cfr. su tale ultimo criterio: Consiglio di Stato, Sez. VI, 21 maggio 2009, n. 3144; T.A.R. Sicilia Catania, Sez. IV, 25.05.2011, n. 1279; T.A.R Lazio Roma, Sez. III, 2 febbraio 2011, n. 974), una somma pari al 3% sulla somma di € 24.358,08, di cui al precedente punto 4.1.
4.4 Infine, nulla va detratto a titolo di aliunde perceptum su quanto dovuto a titolo di lucro cessante. Diversamente da quanto accade per l’esecuzione di appalti di lavori pubblici, ove la giurisprudenza richiede la prova a carico dell’impresa di non aver utilizzato in maniera alternativa mezzi e risorse tenuti a disposizione dell’appalto (pena, in mancanza la conseguente decurtazione della liquidazione forfettaria del danno), nel caso di illegittima revoca dell’incarico di direzione dei lavori, occorre muovere da altre considerazioni.
Va infatti evidenziato che la direzione dei lavori risulta affidata in via prevalente al lavoro intellettuale dei professionisti incaricati, che, oltretutto, per quanto concerne il caso di specie, erano riuniti in raggruppamento; sicchè ben potevano essere realizzate forme flessibili di organizzazione e ripartizione del carico lavorativo, non risultando specifiche incompatibilità  ovvero preclusioni allo svolgimento contemporaneo di più incarichi libero-professionali. Dunque, la mancata prova dell’acquisizione di ulteriori opportunità  reddituali, non può rappresentare motivo per ridurre oltremodo il quantum debeatur, atteso che gli ulteriori ed eventuali guadagni realizzati ben avrebbero potuto sommarsi a quelli derivanti dall’incarico illegittimamente revocato.
5. Va infine precisato che sulla complessiva somma dovuta a titolo di risarcimento del danno da illecito aquiliano della P.A., trattandosi di debito di valore, va calcolata la rivalutazione anno per anno secondo gli indici ISTAT con decorrenza dalla data dell’illecito (i.e. momento dell’adozione della determina n. 552 dell’8.6.2007), oltre interessi legali sulla somma annualmente rivalutata secondo il cosiddetto criterio “a scalare” individuato dalla Suprema Corte con la sentenza a Sezioni Unite n. 1712/1995 (cfr. Tar Bari, sez. I, 18 aprile 2012, n. 741).
Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Prima) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, accoglie la domanda risarcitoria per equivalente e condanna il Comune di Noci al risarcimento del danno in favore del ricorrente raggruppamento temporaneo di professionisti, liquidato nella misura di € 25.089,54, oltre accessori di legge, rivalutazione ed interessi legali, come in motivazione.
Condanna il Comune di Noci al pagamento delle spese processuali in favore del ricorrente raggruppamento temporaneo di professionisti, nella misura di euro 4.000 (quattromila) oltre I.V.A., C. P.A. ed accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità  amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 11 giugno 2014 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Corrado Allegretta, Presidente
Francesco Cocomile, Primo Referendario
Maria Grazia D’Alterio, Referendario, Estensore
 
 
 
 

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 07/10/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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