1. Contratti pubblici – Gara – Scelta del contraente – Servizi d’ingegneria – Servizi svolti per committenti privati – Interpretazione
2. Risarcimento del danno – Aggiudicazione – Annullamento -Per equivalente – Prova del danno – Necessità – Criterio di predeterminazione – Inapplicabilità
3. Risarcimento del danno – – Aggiudicazione – Annullamento – Danno curriculare – Onere probatorio – Attenuazione
4. Risarcimento del danno – Aggiudicazione – Annullamento -Perdita di chance – Prova – Criterio di probabilità statistica – Sufficienza
1. In materia di affidamento di servizi attinenti all’architettura e all’ingegneria, l’art. 263, comma 2, DPR n. 207/2010 – requisiti di partecipazione economico – finanziari e tecnico – organizzativi deve essere interpretato nel senso che la dimostrazione del requisito di partecipazione dell’avvenuto espletamento di servizi attinenti l’architettura e l’ingegneria, ex art. 252 del medesimo regolamento, è data, in ipotesi di servizi svolti per committenti privati, solo ove i relativi lavori connessi alla progettazione siano stati effettivamente eseguiti, a differenza di quanto invece previsto dal medesimo art. 263 per i servizi di progettazione resi nei confronti di un soggetto pubblico.
2. Ai sensi dell’art.124 c.p.a., “se il giudice non dichiara l’inefficacia del contratto, dispone il risarcimento del danno per equivalente subìto”, a condizione, tuttavia, che lo stesso sia stato “provato”, e, pertanto, non è possibile un’applicazione automatica del criterio desunto in via analogica dell’art.345, della legge n. 2248 che quantifica il danno in un decimo del valore delle opere – relativo, in realtà , ad altri istituti, come l’indennizzo dell’appaltatore nel caso di recesso dell’Amministrazione committente – introducendosi altrimenti un meccanismo indennitario predeterminato, in contrasto coi principi di onere della prova del danno introdotti dal c.p.a.
3. Il danno curriculare deve essere riconosciuto senza la necessità di uno specifico supporto probatorio e deve essere liquidato in via equitativa in misure percentuali comprese tra l’1% e il 5% dell’importo globale del servizio da aggiudicare.
4. La risarcibilità del danno da perdita di chance non può essere subordinata all’offerta in giudizio di una sua prova rigorosa, ciò essendo logicamente incompatibile con la natura di tale voce di danno, risultando invece sufficiente che gli elementi addotti consentano una prognosi concreta e ragionevole circa la possibilità di vantaggi futuri.
N. 01157/2014 REG.PROV.COLL.
N. 01061/2013 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1061 del 2013, proposto da:
S.A.D. S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. Fabrizio Lofoco, con domicilio eletto presso il suo studio in Bari, via Pasquale Fiore, 14;
contro
Comune di Gioia del Colle, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Gennaro Rocco Notarnicola, con domicilio eletto presso il suo studio in Bari, via Piccinni, 150;
nei confronti di
Edil Bat S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. Carlo Tangari, con domicilio eletto presso il suo studio in Bari, via Piccinni, 150;
per l’annullamento
previa sospensione
– del provvedimento del Comune di Gioia del Colle prot. 19415 del 16.07.2013, di aggiudicazione definitiva alla Edil Bat s.r.l. di Trani dell’appalto integrato;
– di ogni altro atto endoprocedimentale relativo alla gara de qua;
– del punteggio erroneamente ed illegittimamente attribuito alla Edil Bat s.r.l., pari a 95,55/100;
– di tutti i verbali di gara;
– di ogni altro atto precedente, seguente e/o comunque connesso con quelli impugnati;
– di ogni e qualsiasi procedimento di valutazione afferente i progetti di cui alla gara de qua;
– del contratto, se stipulato;
– del bando e del disciplinare di gara;
nonchè per l’accertamento
– del diritto di SAD s.r.l. a subentrare quale seconda classificata, alla Edil Bat s.r.l., previa esclusione di quest’ultima dalla gara, per carenza dei requisiti dell’offerta e per erronea attribuzione di punteggio;
– del diritto di SAD s.r.l. di vedersi riconosciuto il maggior punteggio, rispetto a Edil Bat s.r.l., così diventando aggiudicataria della gara;
nonchè ancora, per il risarcimento dei danni
subiti e subendi, in esito all’illegittima aggiudicazione alla controinteressata;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Gioia del Colle e della Edil Bat S.r.l.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Visti gli artt. 74 e 120, co. 10, cod. proc. amm.;
Relatore nell’Udienza Pubblica del giorno 26 giugno 2014 la dott.ssa Paola Patatini e uditi per le parti i difensori avv. Fabrizio Lofoco, per la ricorrente, avv. Giuseppe Rizzi, su delega dell’avv. Gennaro R. Notarnicola, per il Comune e avv. Carlo Tangari, per la controinteressata;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Col presente ricorso, la società S.A.D. a r.l. espone di aver partecipato all’appalto integrato indetto dal Comune di Gioia del Colle, volto alla progettazione esecutiva e all’affidamento dei lavori di ristrutturazione di un immobile comunale da adibire a centro interculturale e sportello per l’integrazione socio sanitaria culturale per gli immigrati, da aggiudicarsi secondo il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa.
All’esito della procedura, la Edil Bat s.r.l., odierna contro interessata, si è classificata al primo posto in graduatoria, col punteggio di 95,55/100, mentre la ricorrente si è classificata al secondo posto, riportando un punteggio pari a 75,35/100.
E’ stata quindi disposta in favore della Edil Bat l’aggiudicazione definitiva, qui impugnata unitamente a tutti i verbali e gli atti di gara per i seguenti motivi:
1)Violazione artt. 2, 2bis, 3 e 10bis della l. n. 241/90 – violazione par condicio e dei principi di buon andamento dell’azione amministrativa, per non aver la stazione appaltante riscontrato le istanze di autotutela avanzate dalla ricorrente;
2)Violazione del bando di gara e del disciplinare – violazione artt. 252 e 263 del DPR 207/10 – eccesso di potere per disparità di trattamento – violazione par condicio, illogicità e irrazionalità manifesta nonchè erronea presupposizione di fatto, per aver la stazione appaltante aggiudicato la gara alla contro interessata priva dei requisiti tecnici, anzichè escluderla, non avendo la Edil Bat espletato negli ultimi 10 anni i servizi tecnici di cui all’art.252 DPR 207/10, come richiesto dalla legge di gara;
3)Violazione art.46 Codice Appalti – eccesso di potere per sviamento, violazione par condicio, erronea presupposizione di fatto, violazione principio di buon andamento e buona amministrazione, per l’asserita possibilità che l’Amministrazione ricorra all’istituto del soccorso istruttorio nei confronti della contro interessata;
4)Violazione del bando e del disciplinare di gara con riferimento all’attribuzione dei punteggi alla contro interessata – eccesso di potere per erronea presupposizione di fatto, in quanto l’aggiudicataria ha progettato l’ascensore collocandolo all’esterno del fabbricato, in violazione di un parametro del progetto preliminare di massima, ciò nonostante conseguendo il punteggio massimo di 10 punti.
La ricorrente chiede pertanto l’annullamento degli atti impugnati, previa sospensione degli effetti, nonchè l’accertamento del proprio diritto al subentro nell’appalto, previa esclusione della Edil Bat, infine il risarcimento dei danni subiti e subendi per l’illegittima aggiudicazione.
Si sono costituiti il Comune di Gioia del Colle e l’aggiudicataria, entrambi contestando la fondatezza del ricorso chiedendone il rigetto, previa reiezione dell’istanza cautelare.
Con Ordinanza n. 498 del 12.09.2013, questo Tribunale ha respinto la domanda cautelare, ritenendo, seppur ad un sommario esame, che “il requisito dell’avvenuto espletamento dei servizi richiesti dal disciplinare appare documentato nelle modalità espressamente stabilite dall’art.263, comma 2, DPR n. 207/10 per l’ipotesi di servizi svolti per committenti privati”.
Avverso tale decisione parte ricorrente ha proposto appello, che la Sezione Quinta del Consiglio di Stato ha accolto ai soli fini della sollecita fissazione dell’udienza di merito in primo grado, “considerato che le censure dedotte dalla ricorrente richiedono di essere esaminate nella più consona sede di merito” (Ordinanza n. 4329 del 6.11.2013).
In vista della trattazione del merito, le parti hanno quindi depositato memorie e repliche insistendo per l’accoglimento delle proprie argomentazioni.
In particolare, con la replica del 16.06.2014, la SAD s.r.l., nel ribadire la richiesta di dichiarazione di inefficacia del contratto d’appalto nelle more stipulato e del conseguente accertamento del proprio diritto al subentro per la restante parte dei lavori ancora da eseguire, ha esplicitato la domanda di risarcimento dei danni per mancata aggiudicazione della gara, quantificandoli nella misura percentuale del 20% dell’importo offerto in gara, a titolo di lucro cessante, nonchè nell’ulteriore percentuale del 5% per il cd “danno curriculare, ed infine in un’ulteriore somma pari al 20% dell’importo offerto, a titolo di danno da “perdita di chance”.
All’esito dell’Udienza Pubblica del 26.06.2014, la causa è stata trattenuta per la decisione, con decisione riservata; la riserva è stata sciolta nella Camera di Consiglio del 29.07.2014.
DIRITTO
Il Collegio, melius re perpensa a seguito dell’approfondimento in sede di merito delle questioni prospettate e tenuto conto delle recenti pronunce intervenute sul punto (Tar Lazio, II Quater, n. 2180 del 28.02.2013; Consiglio di Stato, VI, n. 3663 del 17.07.2014), ritiene fondato il motivo di ricorso rubricato sub 2), relativo alla asserita mancanza, in capo all’aggiudicataria, del requisito previsto dall’art.5, comma 1, punto n) del disciplinare di gara, ovvero “l’avvenuto espletamento negli ultimi 10 anni di servizi tecnici di cui all’art.252 del DPR 207/10 e s.m.i.”
La questione dirimente il presente giudizio – potendosi prescindere dall’esame delle altre censure relative a meri vizi formali o comunque incidenti sulle valutazioni discrezionali della stazione appaltante e come tali non sindacabili se non manifestamente illogiche – verte infatti esclusivamente sull’interpretazione da dare all’art. 263, comma 2, del citato DPR n.207, il quale individua i servizi valutabili ai fini dell’affidamento di quelli attinenti l’architettura e l’ingegneria, ex art. 252.
Il disciplinare di gara appunto, nell’indicare i requisiti tecnici di partecipazione, richiedeva, a pena di esclusione, l’avvenuto espletamento nell’ultimo decennio dei servizi tecnici di cui all’art.252 per lavori individuati distintamente in determinate classi e categorie, sulla base delle vigenti tariffe professionali per un importo di lavori pari a tre volte determinati importi di progetto, il tutto indicato in una specifica tabella del disciplinare stesso.
L’odierna contro interessata ha fornito, quale prova del possesso del requisito in parola, copia dei contratti e l’attestazione del fatturato conseguito nell’ultimo decennio dall’arch. Antonio Carriero, il professionista da essa indicato per la progettazione esecutiva dell’opera, ritenendo applicabile al caso di specie la previsione del quarto periodo del 2° comma dell’art. 263, secondo cui “sono valutabili anche i servizi svolti per committenti privati documentati attraverso certificati di buona e regolare esecuzione rilasciati dai committenti privati o dichiarati dall’operatore economico che fornisce, su richiesta della stazione appaltante, prova dell’avvenuta esecuzione attraverso gli atti autorizzativi o concessori, ovvero il certificato di collaudo, inerenti il lavoro per il quale è stata svolta la prestazione, ovvero tramite copia del contratto e delle fatture relative alla prestazione medesima.”
La tesi sostenuta dall’aggiudicataria, su cui concorda anche la stazione appaltante, è infatti quella secondo cui, ai fini della valutabilità dei servizi, rileverebbe unicamente l’effettivo svolgimento delle prestazioni di progettazione, come dimostrato dalla documentazione richiamata dalla norma (copia del contratto e fatture relative alla prestazione medesima), e non anche la successiva esecuzione dei relativi lavori oggetto della progettazione.
Alla luce di tale interpretazione, nessun rilievo assumerebbe quindi, nell’ipotesi in cui il servizio di progettazione fosse stato presentato quale offerta tecnica in sede di gara, l’avveramento della condizione ulteriore dell’aggiudicazione dell’appalto di esecuzione dei lavori indicati nel progetto eseguito dal professionista, in favore dell’impresa che abbia candidato quest’ultimo nella procedura di affidamento dei lavori stessi.
Ciò sarebbe ulteriormente dimostrato, a parere della contro interessata, anche dalla previsione del secondo periodo del comma 2 dello stesso art. 263, il quale recita testualmente “non rileva al riguardo la mancata realizzazione dei lavori ad essa relativi.”
Tale tesi, tuttavia, seppur suggestiva, non può essere condivisa.
La ricorrente si duole invero della mancata esclusione della Edil Bat, sul presupposto che quest’ultima non potesse vantare il requisito in questione, atteso che i progetti redatti dall’arch. Carriero, relativamente agli appalti per l’affidamento dei lavori di restauro della Masseria Filieri di Poggiorsini e della Cascina Cassino Pò di Broni – presentati quale prova dell’avvenuto espletamento dei servizi di progettazione – non sono stati invero utilizzati e quindi approvati dal committente, in quanto i due appalti relativi furono aggiudicati ad un’impresa diversa da quella per la quale l’architetto ha dichiarato di aver progettato le opere.
Il Collegio condivide la suddetta doglianza, ritenendo non sussistente, in capo all’aggiudicataria, il requisito tecnico richiesto dal disciplinare di gara.
Come è stato recentemente riconosciuto dal Tar Lazio, “negli appalti integrati la valutazione dei requisiti di capacità economico-finanziari e tecnico-organizzativi relativi al servizio di progettazione, in mancanza di un sistema di qualificazione formale analogo a quello presente per i lavori pubblici, avviene mediante la dimostrazione di avere svolto, in un determinato periodo temporale, specifiche attività indicate dalla legge, dal regolamento e dal bando di gara”.
Il secondo comma dell’art. 263 del DPR n. 207 elenca quali siano a tal fine i servizi valutabili, distinguendo però due ipotesi: la prima, relativa alle progettazioni rese nei confronti di soggetti pubblici, stazioni appaltanti o pubbliche amministrazioni; la seconda, relativa a quelli resi nei confronti di committenti privati.
Invero, secondo una interpretazione letterale e teleologica già svolta dal Tar capitolino e confermata dal Consiglio di Stato, a tale bipartizione corrispondono due diversi precetti e discipline.
Il primo precetto, nell’individuare i servizi di progettazione «attinenti all’architettura e all’ingegneria» valutabili ai fini della dimostrazione del possesso dei requisiti tecnico-organizzativi, indica «quelli iniziati, ultimati e approvati nel decennio o nel quinquennio antecedente la data di pubblicazione del bando, ovvero la parte di essi ultimata e approvata nello stesso periodo per il caso di servizi iniziati in epoca precedente». La norma aggiunge che «non rileva al riguardo la mancata realizzazione dei lavori ad essa relativi».
Esso riguarda i servizi di progettazione che, inseriti nell’ambito di una procedura di affidamento dell’appalto, siano stati formalmente «approvati» dal committente pubblico che, ad esempio, si è determinato nel senso di aggiudicare la gara al soggetto cui quei servizi si riferiscono. In questo caso, non rileva che successivamente all’approvazione i lavori relativi alla progettazione non siano stati realizzati.
Il secondo precetto riguarda invece i servizi di progettazione svolti per conto di un committente privato.
Infatti, la disposizione prosegue prescrivendo, come noto, che «sono valutabili anche i servizi svolti per committenti privati documentati attraverso certificati di buona e regolare esecuzione rilasciati dai committenti privati o dichiarati dall’operatore economico che fornisce, su richiesta della stazione appaltante, prova dell’avvenuta esecuzione attraverso gli atti autorizzativi o concessori, ovvero il certificato di collaudo, inerenti il lavoro per il quale è stata svolta la prestazione, ovvero tramite copia del contratto e delle fatture relative alla prestazione medesima».
In questo caso, i lavori connessi alla progettazione devono invece essere stati eseguiti.
La disposizione richiamata dalla Edil Bat invero, secondo la quale non rileva la mancata realizzazione dei lavori relativi ai servizi di progettazione, si trova difatti nella prima parte del comma in esame, la quale, come si è visto, si occupa dei servizi di progettazione resi nei confronti di un soggetto pubblico. Essa dunque non sembra potersi riferire, nemmeno testualmente, a quelle eseguite nei confronti dei committenti privati.
La differenza di trattamento normativo rinviene infatti la sua giustificazione nella diversità soggettiva dei destinatari dei servizi di progettazione: da una parte, la pubblica amministrazione che, in qualità di committente pubblico, offre garanzie di certificazione anche in mancanza della concreta attuazione del progetto; dall’altra parte, il committente privato che assicura un livello analogo di garanzie soltanto nel caso in cui il progetto abbia ricevuto concreto svolgimento mediante l’esecuzione dei lavori.
Se ne deve dedurre che, nel caso di committenti privati, non solo i servizi di progettazione debbono essere stati ultimati, ma anche i relativi lavori debbono essere stati completati o per lo meno iniziati, comunque suscettibili di effettiva realizzazione.
Il committente privato, diversamente da quello pubblico, non ha infatti di regola competenze tecniche che gli permettano di verificare la validità del servizio e l’affidabilità del progettista, se non dopo aver effettuato i relativi lavori.
àˆ vero che la norma consente all’operatore economico di provare l’avvenuta esecuzione dei lavori anche tramite copia del contratto e relative fatture – cosa che è accaduta nella specie – ma questa parte della norma non può essere intesa, come voluto dall’aggiudicataria e dal Comune, nel senso della sufficienza della produzione di tale documentazione, in quanto essa non può leggersi al di fuori del contesto in cui è collocata, che esige la prova dell’effettiva e concreta realizzabilità del progetto da parte del committente privato.
In conclusione, tale norma deve essere intesa come la previsione di un ulteriore mezzo con cui l’operatore economico può provare, in assenza del certificato di regolare e corretta esecuzione, che il committente privato, destinatario finale della progettazione, ha inteso effettivamente accettare il progetto e realizzarne i lavori, pagando il compenso relativo.
Essa non può però essere invocata per sostenere la diversa tesi della valutabilità dei progetti commissionati da soggetti privati solo per la partecipazione a gare pubbliche che non siano poi risultati vincitori, in quanto in tale ipotesi il vero destinatario finale non è il committente privato, bensì la pubblica amministrazione che ha bandito la gara e che, aggiudicandola ad un diverso operatore, fa venir meno la prova della validità e realizzabilità del progetto stesso.
In tale ottica, qualunque attestazione di buona e regolare esecuzione, rilasciata dall’impresa che ha conferito l’incarico di progettazione, ma che non è il vero destinatario di essa, non può avere alcun rilievo.
Alla luce di dette considerazioni, la ditta Edil Bat avrebbe dovuto essere esclusa per mancanza del requisito in questione, atteso che i servizi di progettazione presentati a comprova di questo, sono stati in realtà eseguiti nei confronti di una ditta privata che non risultava essere tuttavia il destinatario finale della prestazione, essendo state le progettazioni poste a base di offerte tecniche, non risultate però “approvate” dal vero destinatario finale, ovvero la stazione appaltante.
Tuttavia, pur avendo così accertata la fondatezza della censura, il Collegio non ritiene di dichiarare l’inefficacia del contratto stipulato tra l’illegittima aggiudicataria ed il Comune, col conseguente diritto al subentro della ditta ricorrente, in considerazione dell’avanzato stato dei lavori, la cui conclusione è prevista entro il 30.9.2014, come dichiarato dalle controparti e non contestato dalla SAD.
Ne deriva che, non potendo dichiararsi l’inefficacia del contratto nè disporsi il subentro della SAD nell’esecuzione dei lavori per la ragione di cui sopra, da un eventuale annullamento degli atti impugnati non potrebbe discendere alcuna concreta utilità per la ricorrente.
L’azione di annullamento proposta va pertanto dichiarata improcedibile, mentre è da respingersi la domanda di subentro.
Lo stesso non può dirsi invece per l’azione risarcitoria.
Parte ricorrente ha chiesto il risarcimento dei danni per mancata aggiudicazione, consistenti sia nel mancato conseguimento delle utilità economiche che la SAD avrebbe ricavato dall’esecuzione del contratto posto a base d’asta, quantificato nell’importo del 20%, in base all’art.345, l. n.2248 del 1865 All. F, sia nel cd. danno curriculare, liquidato in una somma pari al 5% dell’importo offerto per i lavori, sia infine nel danno da perdita di chance, calcolato in un ulteriore 20%.
Il Collegio, visto l’art.124 c.p.a., a tenore del quale “se il giudice non dichiara l’inefficacia del contratto, dispone il risarcimento del danno per equivalente subìto”, a condizione, tuttavia, che lo stesso sia stato “provato”, ritenuti comunque sussistenti gli altri presupposti per l’accoglimento della domanda risarcitoria, non condivide tuttavia la quantificazione del danno effettuata dalla parte.
Sul punto infatti, si rileva l’ultimo orientamento della giurisprudenza inteso a non riconoscere un’applicazione automatica del criterio desunto in via analogica dell’art.345, della citata legge n. 2248 – che riguarda in realtà altri istituti, come l’indennizzo dell’appaltatore nel caso di recesso dell’Amministrazione committente – introducendosi altrimenti un meccanismo indennitario predeterminato, in contrasto coi principi probatori introdotti dal c.p.a. (Cons. St., V, n. 1883, del 8.3.2013; n.5884 del 9.12.2013).
àˆ riconosciuta invero la spettanza dell’utile di impresa nella misura del 10% solo nel caso in cui il ricorrente dimostri di non aver potuto altrimenti utilizzare maestranze e mezzi, in quanto tenuti a disposizione in vista della commessa. In difetto di tale dimostrazione (che compete all’impresa fornire), è da ritenere che l’impresa possa ragionevolmente aver riutilizzato mezzi e manodopera per altri lavori o servizi; da qui, la decurtazione del risarcimento, a titolo di aliunde perceptum vel percipiendum.
Con riferimento invece al danno curriculare, la giurisprudenza è orientata a riconoscerlo senza la necessità di uno specifico supporto probatorio (Cons. Stato, Sez. V, 3 maggio 2012, n. 2546), da liquidarsi in via equitativa in misure percentuali comprese tra l’1% e il 5% dell’importo globale del servizio da aggiudicare.
Da ultimo, anche la risarcibilità della chance non può essere subordinata all’offerta in giudizio di una sua prova rigorosa, ciò essendo logicamente incompatibile con la natura di tale voce di danno, risultando invece sufficiente che gli elementi addotti consentano una prognosi concreta e ragionevole circa la possibilità di vantaggi futuri (Cons. Stato, sez. V, 2 maggio 2013, n. 2399; 1672 dell’8.4.2014).
Applicando i suddetti criteri al presente giudizio, tenuto conto della mancata prova dell’aliunde perceptum vel percipiendum fornita dalla SAD e della ragionevole prognosi sulla possibilità dell’aggiudicazione in suo favore se la contro interessata fosse stata esclusa, il Collegio ritiene equo determinare l’ammontare della somma spettante a titolo di lucro cessante, nella misura ridotta del 5% dell’importo dell’offerta economica da questa presentata – tenendo conto in via prudenziale dell’aliunde perceptum – cui va aggiunta una somma pari all’1% a titolo di danno curriculare ed una pari al 2% a titolo di perdita di chance, del prezzo offerto in gara.
Praticando tali percentuali sull’importo offerto dalla ricorrente, si ottiene la somma pari ad euro 39,570.05, sulla quale deve riconoscersi, trattandosi di debito di valore, la rivalutazione monetaria, secondo gli indici Istat, da computarsi dalla data della stipula del contratto da parte dell’impresa che è rimasta illegittimamente aggiudicataria e fino alla data di deposito della sentenza (data quest’ultima che costituisce il momento in cui, per effetto della liquidazione giudiziale, il debito di valore si trasforma in debito di valuta).
Restano infine in ogni caso assorbiti gli altri motivi di doglianza, non espressamente esaminati, che il Collegio ha ritenuto non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.
Data la particolarità della vicenda, le spese di lite possono essere compensate.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia – Bari, Sezione Seconda, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, così dispone:
– Dichiara improcebile l’azione di annullamento proposta, nei sensi di cui in motivazione;
– Respinge la domanda di subentro;
– Accoglie la domanda di risarcimento del danno economico sofferto, e per l’effetto,
– Condanna il Comune di Gioia del Colle al pagamento in favore della SAD s.r.l. del risarcimento del danno, liquidato nella somma pari ad euro 39,570.05 (trentanovemilacinquecentosettanta/05).
Il tutto con rivalutazione monetaria dalla data della sottoscrizione del contratto di appalto fino alla pubblicazione della presente decisione.
Successivamente sono dovuti gli interessi legali sino al soddisfo.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Bari nelle Camere di Consiglio del giorno 26 giugno 2014 e 29 luglio 2014 con l’intervento dei magistrati:
Antonio Pasca, Presidente
Giacinta Serlenga, Primo Referendario
Paola Patatini, Referendario, Estensore
L’ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 02/10/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)