1. Espropriazione per pubblica utilità – Occupazione illegittima – Mancata adozione del decreto di esproprio – Irreversibile trasformazione del suolo – Effetto traslativo della proprietà in capo alla p.a. – Non sussiste
2. Risarcimento del danno – Occupazione illegittima – Mancata adozione del decreto di esproprio – Irreversibile trasformazione del suolo – Obbligo di restituzione del suolo – Obbligo di ristoro per equivalente – Alternatività
3. Espropriazione per pubblica utilità – Occupazione illegittima – Mancata adozione del decreto di esproprio – Irreversibile trasformazione del suolo – Illecito permanente della p.a. – Obbligo di cessazione della condotta illecita – Modalità
4. Risarcimento del danno – Occupazione illegittima – Decreto di acquisizione sanante del bene al patrimonio – Quantificazione
5. Espropriazione per pubblica utilità – Occupazione illegittima – Mancata adozione del decreto di esproprio – Irreversibile trasformazione del suolo – Illecito permanente della p.a. – – Risarcimento del danno – Quantificazione – Art. 34, comma 4, c.p.a. – Congruità dei criteri di cui all’art. 42-bis DPR 327/2001 – Rinvio – Indicizzazione della somma risarcitoria – Lucro cessante – Quantificazione
1. In assenza del decreto di esproprio nel termine quinquennale dall’occupazione temporanea, il privato resta titolare del diritto di proprietà in quanto solo il formale atto di acquisizione dell’amministrazione, ora ai sensi dell’art. 42-bis D.P.R. n. 327/2001, può limitarne il diritto alla restituzione, non potendo rinvenirsi atti estintivi della proprietà in altri comportamenti, fatti o contegni quali l’irreversibile trasformazione del suolo e la fine dei lavori.
2. L’occupazione delle aree e la realizzazione delle opere di trasformazione del suolo, in assenza di decreto di esproprio, costituisce un illecito permanente della p.a. in quanto condotta lesiva del diritto di proprietà che permane in capo al privato. Ne consegue l’obbligo per la p.a., alternativamente, di procedere alla restituzione ovvero al risarcimento del danno per equivalente configurabile come corrispettivo dell’eventuale definitivo trasferimento della proprietà (ancora a disporsi) in base a titolo legittimante tale effetto. La tutela in forma specifica e quella per equivalente risultano mezzi concorrenti e alternativi per conseguire la riparazione del pregiudizio. E’ in ogni caso dovuto altresì il risarcimento del danno medio tempore subìto per l’illegittima occupazione.
3. Il giudice chiamato a decidere su una controversia risarcitoria da occupazione sine titulo deve in prima battuta disporre la restituzione del suolo abusivamente occupato. Resta salva la possibilità per l’Amministrazione di procedere all’acquisizione, consensuale o coattiva, delle stesse aree valutando gli interessi in conflitto al fine di disporre che esso sia acquisito al suo patrimonio indisponibile mediante il decreto di acquisizione sanante, ai sensi dell’art. 42-bis dpR 327/2001 (atto discrezionale con effetti ex nunc), ovvero con altro strumento privatistico rimesso alla consensuale libera autonomia delle parti.
4. In caso di illecita occupazione sine titulo dell’area di proprietà del privato, qualora la p.a. adotti il provvedimento di acquisizione ex art. 42-bis DPR. 327/2001, il risarcimento del danno dovrà essere commisurato al valore venale del bene alla data adozione del suddetto atto. A questi fini potrà essere posta come base di valutazione qualora necessario, la quantificazione desumibile da atti pubblici di acquisto per suoli consimili rinvenibili presso pubblici Uffici, ovvero da dati catastali aggiornati, disponibili presso la P.A. ovvero acquisiti dal ricorrente. Il danno per il periodo di illecita occupazione è commisurato ex lege al 5 % di tale valore venale ed è previsto anche l’indennizzo del danno “non patrimoniale”, da calcolarsi forfettariamente nella misura del 10 % del valore venale del bene.
5. Ai fini della quantificazione del danno subito dal proprietario a fronte di illegittima occupazione del suolo da parte della p.a., in applicazione dell’art. 34 comma 4 c.p.a. si possono determinare in giudizio i criteri di liquidazione dello stesso rinviando alle indicazioni stabilite dall’art. 42-bis del d.p.R. 327/2001.
N. 01104/2014 REG.PROV.COLL.
N. 01776/2011 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1776 del 2011, proposto da:
Andrea Amatulli, rappresentato e difeso dall’avv. Andrea Sylos Labini, con domicilio eletto presso Andrea Sylos Labini in Bari, via Andrea Da Bari, n. 55/A;
contro
Comune di Putignano;
per la condanna
dell’amministrazione al risarcimento, anche in forma specifica mediante restituzione, dei danni derivanti dall’illegittima occupazione dell’area, determinata dalla mancata adozione del decreto di esproprio nei termini di legge.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 16 luglio 2014 la dott.ssa Cesira Casalanguida e uditi per le parti i difensori Saverio Romita;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Nel ricorso notificato il 6 ottobre 2011 e depositato presso la Segreteria della Sezione il successivo 18 ottobre 2011, il sig. Andrea Amatulli espone di essere proprietario di un suolo a vocazione edificatoria, sito nella zona industriale del Comune di Putignano, identificato catastalmente al fg.51, particella 34, per il quale il Comune predetto, con ordinanza sindacale n. 37 del 2 marzo 1998, disponeva l’occupazione d’urgenza per il completamento delle “opere di urbanizzazione primaria nel comparto 3 dell’area PIP”, il cui progetto esecutivo era stato approvato con delibera del Commissario straordinario, n. 478/1997 del 19 maggio 1997.
In particolare, tra gli immobili da occupare risultava compresa la sua proprietà , per una superficie definitivamente calcolata in mq 277. Il Comune di Putignano si immetteva nel possesso di tale area, dopo avere provveduto a redigerne lo stato di consistenza.
Sull’area, come previsto dal progetto, veniva realizzato l’ampliamento di una strada. Il Comune, tuttavia, non ha mai emesso il definitivo decreto di esproprio, pur essendo decorso il termine quinquennale previsto dall’art. 13 del D.P.R. 327/2001, nè ha provveduto al pagamento dell’indennità di occupazione ed esproprio.
Così definita la vicenda, il ricorrente propone alla Sezione domanda risarcitoria (comprensiva – come sarà specificato in appresso di quella restitutoria, sul presupposto della persistente posizione di titolare del diritto di proprietà ) in mancanza della emanazione di decreto di esproprio ovvero di altro atto comportante la perdita della proprietà ; come tale, deduce di aver titolo all’integrale risarcimento, parametrato al valore venale dei fondi, alla perdita di valore della residua proprietà ed alla illegittima occupazione fino all’attualità .
Il ricorrente deduce: “violazione dell’art. 13 L. 2359/1865 e dell’art. 13 comma 6 D.P.R. 327/2001 per la mancata adozione del provvedimento di esproprio nel termine quinquennale dall’emissione del decreto di occupazione di urgenza”.
Nella dichiarazione di pubblica utilità delle opere realizzate sul suolo dell’odierno ricorrente, non è stata indicato il termine entro cui emanare il decreto di esproprio. Per tali ipotesi l’art 13 comma 4 del D.P.R. 327/2001 prevede che l’emanazione debba avvenire “entro il termine di cinque anni, decorrente dalla data in cui diviene efficace l’atto che dichiara la pubblica utilità dell’opera”. La data di riferimento sarebbe, allora, quella successiva al decreto di occupazione d’urgenza del 13 marzo 1998, ovvero quella in cui il Comune di Putignano ha provveduto all’immissione in possesso dei beni, avvenuta in data 21 maggio 1998. Tuttavia, alla data del 21 maggio 2003, nessun provvedimento sarebbe stato adottato dal Comune.
Il comma 6 dell’art 13 del D.P.R. 327/2001 prevede, altresì, per le ipotesi di mancata adozione del decreto di esproprio nel termine quinquennale “l’inefficacia della dichiarazione di pubblica utilità “.
Dal cattivo esercizio del potere da parte del Comune e dalla irreversibile trasformazione del bene sarebbe derivato un ingente danno, che secondo il ricorrente, sarebbe da computare secondo due distinti profili: da un lato, il valore attuale di mercato del bene, dall’altro il danno da occupazione illegittima, a cui sarebbe da aggiungere la perdita di valore della parte residua del suolo rimasta nella disponibilità del ricorrente, oltre agli interessi e alla rivalutazione monetaria, dovuti dalla data di proposizione del ricorso fino alla data di deposito della sentenza.
Con il proposto gravame l’Amatulli chiede la dichiarazione dell’illegittimità dell’occupazione e della conseguente irreversibile trasformazione del suolo di sua proprietà ; la condanna del Comune di Putignano al risarcimento del danno subito a seguito dell’operato illegittimo , in via istruttoria, l’ammissione di una consulenza tecnica d’ufficio per l’esatta quantificazione del danno.
Il Comune di Putignano, pur regolarmente intimato, non si è costituito in giudizio.
All’udienza pubblica del 16 luglio 2014, la difesa del ricorrente ha precisato che la domanda oggetto del ricorso deve ritenersi comprensiva anche della richiesta di risarcimento in forma specifica, da intendersi finalizzata, anche alla luce delle sopravvenienze normative, alla restituzione del bene, oltre che al risarcimento per illegittima occupazione. Nella medesima udienza la causa è stata trattenuta in decisione.
I. La fattispecie in concreto posta in essere dal Comune di Putignano è la seguente: a) occupazione del fondo, realizzazione dei lavori in esecuzione di atti autoritativi, espressione di poteri pubblicistici; b) mancata emissione del decreto di esproprio entro il prescritto termine, così venendo in rilievo la mancata, doverosa, conclusione del procedimento ed il mancato esercizio del potere pubblico, funzionalmente volto a far acquisire al patrimonio pubblico il bene già realizzato nel corso del procedimento nelle forme all’uopo determinate dalla legge; c) permanenza dell’utilizzo del suolo altrui.
Tale situazione, alla luce del mutato quadro normativo di riferimento, derivante dal disconoscimento dell’accessione invertita, determina la permanenza del diritto di proprietà in capo al privato in assenza del decreto di esproprio. Il momento dell’irreversibile trasformazione del suolo, come pure quello della fine dei lavori, infatti, non hanno più alcuna valenza ai fini del trasferimento della proprietà in capo all’Amministrazione. L’occupazione delle aree finalizzata all’esecuzione di opere pubbliche si configura piuttosto alla stregua di un illecito permanente di cui il privato può sempre chiedere la rimozione, mediante la restituzione del fondo, salvo un provvedimento costitutivo di acquisizione da parte dell’Amministrazione ex art. 42-bis T.U. n. 327/2001, disposizione che ha, come noto, sostituito il previgente art. 43 dichiarato incostituzionale (Tar L’Aquila, sent. n. 168, del 15.03.2012).
II. Più specificatamente va rilevato quanto segue.
Nel caso di specie è indubbio che il momento occupativo sia riconducibile ad esercizio di potere pubblico, in quanto sorretto da dichiarazione di pubblica utilità delle opere e da un provvedimento di occupazione.
Se questo vale ai fini dell’affermazione della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, ai sensi del vigente art. 133, comma 1, lettera g), in quanto non rileva che i termini di validità siano poi spirati senza che sia stato emesso il decreto di esproprio, non vale, invece, ai fini del passaggio della titolarità del diritto di proprietà che permane in capo al ricorrente.
Il comportamento del Comune di Putignano costituisce un illecito permanente, dal quale consegue l’obbligo, alternativamente, di far cessare l’illegittima compromissione del diritto di proprietà mediante la richiesta restituzione ovvero mediante il ristoro per equivalente configurabile come corrispettivo dell’eventuale definitivo trasferimento della proprietà (ancora a disporsi) in base a titolo legittimante tale effetto, oltre al risarcimento del danno, comunque dovuto per l’illegittima occupazione persistente all’attualità .
Va osservato che, ai sensi dell’art. 30, comma 2 cpa, “può essere chiesta la condanna al risarcimento del danno ingiusto derivante dall’illegittimo esercizio dell’attività amministrativa o dal mancato esercizio di quella obbligatoria. Nei casi di giurisdizione esclusiva può altresì essere chiesto il risarcimento del danno da lesione di diritti soggettivi. Sussistendo i presupposti previsti dall’articolo 2058 del codice civile, può essere chiesto il risarcimento del danno in forma specifica”.
In tal senso, il Collegio ritiene che la tutela in forma specifica e quella per equivalente risultano mezzi concorrenti per conseguire la riparazione del pregiudizio subito.
A tale riguardo la giurisprudenza, dalla quale il Collegio non ha ragione di discostarsi, ha affermato che il giudice chiamato a decidere su una controversia risarcitoria da occupazione sine titulo deve in prima battuta disporre la restituzione del suolo abusivamente occupato.
La sopravvenuta irreversibile trasformazione del suolo per effetto della realizzazione dell’opera pubblica non è stata, infatti, ritenuta idonea a fondare una condanna puramente risarcitoria a carico dell’Amministrazione, poichè una tale pronuncia presuppone in ogni caso l’avvenuto trasferimento della proprietà del bene per fatto illecito dalla sfera giuridica di parte ricorrente, originaria proprietaria, a quella della P.A. che se ne è illecitamente impossessata, esito, questo, non più consentito in seguito alle modifiche normative intervenute, successive alle pronunce della Corte Costituzionale ed in conformità alle prescrizioni del Primo Protocollo addizionale della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo e alla giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo.
Si è in proposito affermato, che “non può essere risarcito il danno alla proprietà , in quanto il diritto dominicale permane in capo al privato non legittimamente espropriato, il risarcimento del danno deve allora operare in relazione alla illegittima occupazione del bene, che è illecito permanente, e deve pertanto coprire le voci di danno da questa azione derivanti, dal momento del suo perfezionamento fino alla giuridica regolarizzazione della fattispecie” (Cons. Stato,sez. IV, sent n. 3331, del 01.06.2011).
Ne deriva che il proprietario del fondo illegittimamente occupato, può legittimamente domandare il risarcimento, comprensivo della restituzione quale forma di risarcimento in forma specifica, in quanto solo il formale atto di acquisizione dell’amministrazione, ora ai sensi dell’art. 42-bis D. P.R. n. 327/2001, può limitarne il diritto alla restituzione, non potendo rinvenirsi atti estintivi della proprietà in altri comportamenti, fatti o contegni (cfr. Cons. Stato, sez. IV, sent. n. 4833 del 29.08.2011, ma v. anche Tar Sicilia, Catania, Sez. III, sent. n. 2099/2011).
III. Pertanto, secondo l’attuale quadro normativo, l’Amministrazione ha l’obbligo giuridico di far venir meno l’occupazione sine titulo, adeguando la situazione di fatto a quella di diritto, mediante la restituzione del terreno al titolare oppure attivandosi perchè vi sia un titolo di acquisto dell’area da parte del soggetto attuale possessore (cfr. Cons. Stato, sez. VI, sent. 5813 del 31.10.2011, Tar Lazio, sez. II, sent. n. 9948 del 21.11.2013).
Il Comune di Putignano è, pertanto, obbligato a far cessare l’illegittima compromissione del diritto di proprietà .
Tuttavia, spetta in via esclusiva all’Amministrazione che utilizza un bene immobile per scopi di interesse pubblico, modificato in assenza di un valido ed efficace provvedimento di esproprio o dichiarativo della pubblica utilità , procedere alla valutazione degli interessi in conflitto al fine di disporre che esso sia acquisito, non retroattivamente, al suo patrimonio indisponibile, non potendo il Giudice sostituirsi all’Amministrazione comunale nelle valutazioni alla stessa spettanti in merito alla sussistenza dei presupposti.
IV. Il Collegio riconosce, per quanto finora esposto, al ricorrente il diritto alla restituzione delle aree illegittimamente occupate e ad ottenere il risarcimento dei danni medio tempore subìti, a vario titolo derivanti dalla perdurante abusiva occupazione delle aree di sua proprietà , secondo quanto di seguito si andrà ad illustrare. Resta salva la possibilità per l’Amministrazione Comunale di procedere all’acquisizione, consensuale o coattiva, delle stesse aree, dovendo al riguardo evidenziarsi che sia la restituzione, sia il passaggio della proprietà avverrebberoex nunc, con diritto del ricorrente di essere in ogni caso ristorato di ogni danno ingiusto medio tempore subìto.
V. Nell’imporre la restituzione del bene illegittimamente appreso, per esigenze di economia dei mezzi processuali e di efficacia della tutela, il Collegio ritiene di concedere preventivamente un termine all’Amministrazione onde consentirle di valutare, se ricorrere, in luogo della restituzione del suolo oggetto di diritto di proprietà secondo le modalità e con gli effetti della ordinaria normativa civilistica, all’adozione del provvedimento previsto e disciplinato dall’art. 42 -bis del D.P.R. n. 327/2001, “Utilizzazione senza titolo di un bene per scopi di interesse pubblico”, aggiunto dal comma 1 dell’art. 34 D.L. 6 luglio 2011, n. 98 D.P.R. n. 327 del 2001, convertito in Legge 15 luglio 2011, n. 111 (in materia di misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria).
Detta disposizione, sul presupposto che la perdita della proprietà non possa collegarsi se non ad un atto di natura contrattuale o autoritativa, attribuisce, all’Amministrazione, qualora si sia verificata una sostanziale perdita della disponibilità del bene in capo al privato, il potere di acquisire la proprietà dell’area con un atto formale di natura ablatoria e discrezionale, con valore di sostanziale sanatoria, al termine del procedimento legale nel corso del quale vanno motivatamente valutati gli interessi in conflitto.
Il decreto di acquisizione sanante, ai sensi dell’art. 42-bis citato, costituisce un atto discrezionale con effetti ex nunc, emesso però nel rispetto del principio di legalità e delle condizioni legislativamente previste, e come tale ed entro tali limiti rispettoso anche dalla giurisprudenza CEDU.
L’art. 42-bis riserva, dunque, a livello di diritto positivo, unicamente alla valutazione discrezionale della P.A. la decisione di emettere il decreto di acquisizione sanante, e, per converso, la mancanza di tale decreto comporta la perdurante sussistenza del diritto di proprietà in capo ai soggetti incisi.
Fino a quando non si verifichi il passaggio di proprietà delle aree in capo all’Amministrazione, a mezzo del suindicato strumento autoritativo (il decreto di cui all’art. 42-bis T.U. n. 327/2001), ovvero con altro strumento privatistico rimesso alla consensuale libera autonomia delle parti, il danno subito dai privati è da individuarsi nella permanente occupazione sine titulo dell’area.
Nel caso in cui l’Amministrazione decidesse di restituire le aree, dunque, non farebbe altro che far cessare, ex nunc, la situazione illecita causativa del danno e sarebbe comunque tenuta al risarcimento per il periodo di occupazione sine titulo, sino al momento della restituzione del bene.
Ove invece l’Amministrazione ritenesse necessario continuare ad utilizzare i fondi in questione, deve acquisirli o mediante lo strumento autoritativo richiamato (con le conseguenze patrimoniali indicate) ovvero con gli ordinari strumenti privatistici.
Tutto ciò premesso ed accertata la responsabilità del Comune di Putignano, il Collegio concede un termine di 90 (novanta) giorni, decorrenti dalla notifica della presente sentenza a cura di parte ricorrente, al fine di consentire al suddetto ente di valutare se mantenere la disponibilità del bene illegittimamente appreso, adottando il provvedimento di cui all’art. 42-bis cit., ovvero restituirlo al proprietario, nel successivo termine di ulteriori 60 (sessanta) giorni.
VI. Ai fini della quantificazione del danno che il Comune di Putignano deve in ogni caso corrispondere a favore del ricorrente, il Collegio ritiene di ricorrere allo strumento previsto dall’art. 34, comma 4 c.p.a., con i criteri che verranno di seguito dettati, riservandosi, in sede di ottemperanza, ove non si addivenga ad un accordo, di valutare la condotta tenuta dalle parti ai fini dell’eventuale riconoscimento della risarcibilità degli ulteriori danni cagionati dal protrarsi dell’illegittima occupazione.
Più specificamente, ai sensi dall’art. 34, comma 4, del c.p.a.: “In caso di condanna pecuniaria, il giudice può, in mancanza di opposizione delle parti, stabilire i criteri in base ai quali il debitore deve proporre a favore del creditore il pagamento di una somma entro un congruo termine. Se le parti non giungono ad un accordo, ovvero non adempiono agli obblighi derivanti dall’accordo concluso, con il ricorso previsto dal Titolo I del Libro IV, possono essere chiesti la determinazione della somma dovuta ovvero l’adempimento degli obblighi ineseguiti”.
Per la determinazione dei criteri di liquidazione del danno, imposta dalla disposizione che precede, possono ritenersi congrue le indicazioni stabilite dall’art. 42-bis citato. Secondo tale norma, il danno da perdita della proprietà è commisurato al valore venale dell’immobile, il danno per il periodo di illecita occupazione è commisurata ex lege al 5 % di tale valore venale (comma 3). Inoltre, con un’innovazione introdotta proprio dal più recente intervento normativo, è previsto anche l’indennizzo del danno “non patrimoniale”, da calcolarsi forfettariamente nella misura del 10 % del valore venale del bene (comma 1).
La commisurazione del risarcimento del danno, pertanto, qualora l’Amministrazione ritenesse di adottare il provvedimento di acquisizione ex art. 42-bis DPR. 327/2001, dovrà dunque essere commisurata al valore venale del bene, come del resto nello stesso articolato espressamente previsto, e non già alla data di trasformazione dello stesso, bensì alla data in cui sarà adottato il citato atto di acquisizione (così Tar Salerno, sez. II, sent n. 1606 del 03.10.2011, sent. n. 1066 del 30.05.2012, ma in questo senso anche la giurisprudenza CEDU, nei casi Scordino/Italia, Belvedere Alberghiera c/Italia, Prena c/Italia).
L’unico criterio utilizzabile risulta essere dunque quello del valore venale delle aree.
A questi fini potrà essere posta, come base di valutazione, qualora necessario, la quantificazione desumibile da atti pubblici di acquisto per suoli consimili rinvenibili presso pubblici Uffici, ovvero da dati catastali aggiornati, disponibili presso la P.A. ovvero acquisiti dal ricorrente, tenuto conto del fatto che, secondo la richiamata giurisprudenza della CEDU, il danno deve essere parametrato all'” attuale” valore di mercato dei beni illecitamente appresi (posto che la permanente titolarità del diritto comporta anche la permanenza della lesione all’attualità ), in relazione al quale non possono più aver rilievo le pregresse destinazioni di zona.
La voce di danno comunque risarcibile, qualunque sia la decisione dell’amministrazione comunale, è quella inerente l’illegittima occupazione, dovuta per il mancato godimento e utilizzo del bene nel periodo intercorrente tra la scadenza del decreto di occupazione e la restituzione o il momento in cui la pubblica amministrazione acquisterà legittimamente la proprietà dell’area. Il termine iniziale è quello rappresentato dallo scadere del termine massimo di occupazione legittima, essendo questa prima fase rimasta integra, mentre quello finale coinciderà con quello di cessazione dell’illegittima occupazione attraverso una delle possibili soluzioni alternative evidenziate (cfr Cons Stato, sez. IV, sent. 4833 del 29.08.2011).
Nel caso in esame, l’occupazione d’urgenza è stata disposta con provvedimento n. 37, prot. 4495 del 2 marzo 1998, l’immissione in possesso è avvenuta per la particella n. 34 di cui al fg. 51, di mq 86, il giorno 21 maggio 1998, mentre per la restante parte della particella 34, di cui al fg. 51 pari a mq 56, il giorno 8 febbraio 2000, come risulta dai rispetti verbali di consistenza e di immissione nel possesso versati in atti. Ai metri quadri che risultano dai suddetti verbali andranno aggiunti gli ulteriori eventuali metri quadri oggetto di occupazione sine titulo.
All’unico criterio utilizzabile riferito al valore venale delle aree, dovrà essere aggiunto il danno subito dalla residua proprietà , ove accertato e tuttora sussistente, quantificabile secondo le medesime modalità .
Trattandosi di obbligazione derivante da illecito extracontrattuale e, quindi, di debito di valore (Cass., I, sent. n. 2602 del 4.2.2010), le somme così risultanti devono essere rivalutate all’attualità sulla base degli indici ISTAT. Quanto alla possibilità di riconoscere il danno da lucro cessante per perdita della possibilità di far fruttare la somma stessa, si è fatto riferimento alla misura degli interessi legali sulle somme rivalutate anno per anno a decorrere dalla data dell’illecito (Cons. Stato, Sez. V, sent. n. 5844 del 2 novembre 2011, n. 5844; Tar Bari, sez. II, sent n.142 del 30.01.2014; Tar Bari, sez. III, sent. n. 954 del 18.07.2014).
VII. Qualora l’Amministrazione non raggiunga alcun accordo con il ricorrente e non emani alcun atto formale volto all’acquisizione delle aree, nel termine di 90 (novanta) giorni, nè provveda entro il successivo termine di 60 (sessanta) giorni alla restituzione delle aree e al risarcimento dei danni da illegittima occupazione, decorso tale ultimo termine, il ricorrente potrà chiedere al TAR l’esecuzione della presente decisione, per la conseguente adozione delle misure necessarie, mediante la nomina di un Commissario ad acta che provveda in luogo dell’Amministrazione inadempiente e con l’ineludibile trasmissione degli atti alla Corte dei Conti, per le valutazioni di competenza.
In conclusione, alla luce delle considerazioni sin qui illustrate, il ricorso va accolto nei limiti e nei termini sopra precisati e va, conseguentemente, ordinato all’intimata Amministrazione Comunale di procedere alla restituzione delle aree illegittimamente occupate – ferma restando, in alternativa, la facoltà di procedere all’acquisizione di dette aree tramite un valido titolo di acquisto, e, in primo luogo, tramite quello disciplinato dall’art. 42- bis, del D.P.R. n. 327 del 2001 – con condanna della stessa a corrispondere a favore della società ricorrente il risarcimento del danno conseguente alla occupazione illegittima, secondo le modalità e con riferimento alle voci di danno sopra indicate.
Le spese di giudizio seguono la soccombenze e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Terza)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei sensi e limiti di cui in motivazione e per l’effetto condanna il Comune di Putignano ai sensi dell’art. 34, comma 4, del codice del processo amministrativo a quanto meglio in motivazione precisato, nella misura, con le modalità e i criteri ivi stabiliti.
Condanna la stessa Amministrazione al pagamento delle spese di giudizio in favore del ricorrente che si liquidano in complessivi € 1.500,00 (euro millecinquecento/00) oltre IVA, CPA e spese generali.
Contributo unificato rifuso ex art. 13 c 6-bis.1 D.P.R. 30.5.2002 n. 115.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 16 luglio 2014 con l’intervento dei magistrati:
Sergio Conti, Presidente
Desirèe Zonno, Primo Referendario
Cesira Casalanguida, Referendario, Estensore
L’ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 10/09/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)