1. Sanità e farmacie – Struttura sanitaria privata accreditata – Autorizzazione – Sospensione e chiusura della sede – Fattispecie
2. Risarcimento del danno – Prova del danno – Art. 2697 c.c. – Applicazione – Conseguenze
3. Sanità e farmacie – Struttura sanitaria privata accreditata – Autorizzazione – Rilascio – Prescrizioni – Requisiti organizzativi minimi – Norme applicabili
1. Sono legittimi i provvedimenti “sanzionatori”, ex artt. 21-quater della l. 7.8.1990, n. 241, e 15 e 16 della l.r. 28.5.2004, n. 8, di sospensione dell’autorizzazione all’esercizio ed all’accreditamento di una struttura sanitaria e di chiusura della sua nuova sede, adottati a causa del trasferimento di fatto dell’attività in altro Comune del medesimo distretto sanitario senza aver ottenuto la relativa autorizzazione.
2. Nel processo amministrativo grava sul ricorrente l’onere di fornire la prova del danno lamentato, secondo il principio generale stabilito dall’art. 2697 c.c.; pertanto, va respinta la domanda risarcitoria (nella specie, per danno da ritardo) della parte che non abbia assolto in alcun modo al relativo onere probatorio.
3. A seguito dell’entrata in vigore del regolamento regionale n. 3/2010 e della L.R. 25.2.2010, n. 4, (che lo richiama), è abrogata la norma recata dalla l.r. 31.12.2007, n. 40, che aveva disposto la sospensione dei requisiti organizzativi minimi richiesti dal regolamento regionale n. 3/2005 per l’autorizzazione e l’accreditamento delle strutture sanitarie. Pertanto, è legittimo il provvedimento per il rilascio di autorizzazione provvisoria all’esercizio per trasferimento di una struttura sanitaria che, previo richiamo alle predette disposizioni regolamentari, imponga il rispetto di talune prescrizioni in ordine al possesso dei requisiti organizzativi minimi.
N. 01048/2014 REG.PROV.COLL.
N. 00223/2013 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 223 del 2013, integrato da motivi aggiunti, proposto da G. e M. S. s.p.a., rappresentata e difesa dall’avv. Francesco Racanelli, con domicilio eletto in Bari, corso Cavour, 60;
contro
Regione Puglia, rappresentata e difesa dall’avv. Sabina Ornella di Lecce, con domicilio eletto presso l’Avvocatura regionale in Bari, Lungomare Nazario Sauro, 31;
Azienda Sanitaria Locale Bari;
Azienda Sanitaria Locale Taranto;
e con l’intervento di
ad opponendum:
CGIL Funzione Pubblica Metropolitana e Provinciale di Bari, rappresentata e difesa dagli avv.ti Felice Eugenio Lorusso e Giuseppe Palumbo, con domicilio eletto in Bari, via Amendola, 166/5;
per l’annullamento,
previa sospensione dell’efficacia,
– della determina dirigenziale della Regione Puglia n. 36 del 13.2.2013;
– di ogni atto presupposto e/o connesso anche se non conosciuto dalla ricorrente;
e per l’accertamento della illegittimità del silenzio serbato dalla Regione Puglia sulla istanza, presentata dalla società ricorrente, di autorizzazione all’esercizio e di presa d’atto del trasferimento definitivo ed accreditamento del presidio Padre Pio da Adelfia a Capurso;
per l’accertamento dell’obbligo della Regione Puglia di provvedere su detta istanza;
e per la condanna della Regione Puglia al risarcimento dei danni patiti;
quanto al primo ricorso per motivi aggiunti depositato in data 3 aprile 2013, per l’annullamento,
previa sospensione dell’efficacia,
del decreto del Presidente della Giunta regionale n. 157 del 18.3.2013;
quanto al secondo ricorso per motivi aggiunti depositato in data 3 dicembre 2013, per l’annullamento,
previa sospensione dell’efficacia,
della nota dirigenziale prot. n. 4189/APS1 in data 18.11.2013 della Regione Puglia – Assessorato alle Politiche della Salute – Area Politiche per la promozione della salute, delle persone e delle pari opportunità – Servizio Accreditamento e Programmazione Sanitaria – Uff. 1 – Accreditamenti;
e per l’accertamento della illegittimità del silenzio serbato dalla Regione Puglia ovvero dalla ASL Bari sulla istanza di rilascio dell’autorizzazione all’esercizio ed accreditamento istituzionale per trasferimento presentata dalla società ricorrente e reiterata da ultimo con nota del 19 aprile 2013;
per l’accertamento dell’obbligo di provvedere su detta istanza;
e per la condanna della Regione Puglia al risarcimento dei danni da ritardo patiti;
quanto al terzo ricorso per motivi aggiunti depositato in data 14 marzo 2014, per l’annullamento,
previa sospensione dell’efficacia,
nei limiti dell’interesse della ricorrente, della determinazione regionale n. 55 del 5 marzo 2014;
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della Regione Puglia;
Visto l’atto di intervento ad opponendum della CGIL Funzione Pubblica Metropolitana e Provinciale di Bari depositato in data 26 maggio 2014;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore il dott. Francesco Cocomile e uditi nell’udienza pubblica del giorno 25 giugno 2014 per le parti i difensori avv.ti Francesco Racanelli, Sabina Ornella Di Lecce e Alessandra Casamassima, su delega dell’avv. Felice Eugenio Lorusso;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
Con l’atto introduttivo del presente giudizio la ricorrente G. e M. S. s.p.a. (GMS s.p.a.) impugnava la determina dirigenziale regionale n. 36 del 13.2.2003 avente ad oggetto la sospensione per gravi motiviex art. 21 quater legge n. 241/1990 dell’autorizzazione all’esercizio e dell’accreditamento istituzionale relativi alla struttura ed alla sede di Adelfia gestita dalla stessa società .
Chiedeva, altresì, dichiararsi ex art. 117 cod. proc. amm. l’illegittimità del silenzio serbato dalla Regione Puglia sulla propria istanza di autorizzazione all’esercizio e di presa d’atto del trasferimento definitivo ed accreditamento del presidio Padre Pio da Adelfia a Capurso.
Invocava, infine, la condanna della Regione Puglia al risarcimento dei danni patiti.
Con il primo ricorso per motivi aggiunti GMS contestava il decreto del Presidente della Giunta Regionale n. 157 del 18.3.2013 con cui veniva disposta la chiusura del presidio di riabilitazione Padre Pio trasferito definitivamente dalla sede di Adelfia ad altra sede in Capurso in assenza della previa autorizzazione di cui agli artt. 7 e 8 legge regionale n. 8/2004.
Con il secondo ricorso per motivi aggiunti la società censurava la nota regionale del 18.11.2013.
Con detta nota il Dirigente dell’Ufficio Regionale dell’Assessorato alle Politiche della Salute invitava il Direttore Generale dall’ASL Bari a relazionare in ordine alla necessità assistenziale delle prestazioni, nonchè a trasmettere gli esiti della verifica del possesso dei requisiti di cui al regolamento regionale n. 16/2010, il Dipartimento di Prevenzione dell’ASL Bari ad integrare e rivalutare gli esiti della verifica in ordine ai requisiti minimi strutturali, tecnologici e organizzativi previsti dal regolamento n. 3/2005 e successive modificazioni e integrazioni per le attività di riabilitazione esercitate presso il presidio di riabilitazione di Capurso, il Dipartimento di Prevenzione dell’ASL Taranto a concludere con sollecitudine la verifica dei requisiti ulteriori.
La società interessata chiedeva, inoltre, dichiararsi ex art. 117 cod. proc. amm. l’illegittimità del silenzio della Regione Puglia ovvero della ASL Bari in ordine alla istanza di rilascio della autorizzazione all’esercizio ed accreditamento istituzionale per trasferimento.
Insisteva, inoltre, per la condanna della Regione Puglia al risarcimento dei danni da ritardo patiti.
Con ordinanza n. 730/2013 (non appellata) questo T.A.R. accoglieva l’istanza cautelare della società ricorrente formulata con il secondo ricorso per motivi aggiunti sulla base della seguente motivazione:
“¦ Rilevato che la gravata nota del 18.11.2013 subordina ogni determinazione definitiva in ordine alla richiesta di autorizzazione all’esercizio e di mantenimento dell’accreditamento nella nuova sede in Capurso all’esito del presente giudizio;
Ritenuto che l’Amministrazione regionale debba comunque concludere, in ossequio al disposto di cui all’art. 2 legge n. 241/1990, il procedimento avviato dalla società ricorrente con la presentazione della suddetta istanza di autorizzazione;
Ritenuto, conseguentemente, di accogliere l’istanza cautelare della società istante formulata con il secondo ricorso per motivi aggiunti depositato in data 3 dicembre 2013 e di ordinare alla Regione Puglia di concludere il procedimento in esame; ¦”.
Con ricorso ex art. 59 cod. proc. amm. la società ricorrente chiedeva l’ottemperanza della ordinanza n. 730/2013 (con nomina di commissario ad acta) a fronte della inerzia della Regione Puglia.
Successivamente, la Regione Puglia adottava l’atto dirigenziale regionale n. 55 del 5.3.2014 (con cui veniva rilasciata alla società GMS l’autorizzazione provvisoria all’esercizio per trasferimento del Presidio di Riabilitazione “Padre Pio” da Adelfia a Capurso e confermato l’accreditamento istituzionale nella nuova sede con le prescrizioni previste ai punti n. 1, 2, 3, 4, 5, 6 e 7 riportati in narrativa dell’impugnato provvedimento) di esecuzione dell’ordinanza del T.A.R. Bari n. 730/2013.
Con il terzo ricorso per motivi aggiunti GMS gravava il menzionato atto dirigenziale regionale n. 55 del 5.3.2014.
Si costituiva l’Amministrazione regionale, resistendo al gravame.
Ciò premesso in punto di fatto, ritiene questo Collegio che il ricorso introduttivo, integrato da motivi aggiunti, non può trovare nel complesso positivo apprezzamento.
Preliminarmente, va dichiarato inammissibile l’atto di intervento ad opponendum della CGIL in quanto non notificato alla società ricorrente, così come imposto dall’art. 50, comma 2 cod. proc. amm. (cfr. T.A.R. Puglia, Bari, Sez. II, 5 giugno 2012, n. 1099: “Va dichiarata l’inammissibilità dell’intervento spiegato in giudizio non notificato alle altre parti del giudizio secondo le prescrizioni dell’art. 50 comma 2 c.p.a. e, comunque, privo del contenuto prescritto dal comma primo della stessa norma.”).
Venendo al merito delle doglianze, va evidenziato in primis che la domanda proposta avverso il silenzio della Amministrazione contenuta nel ricorso introduttivo e nel secondo ricorso per motivi aggiunti deve essere dichiarata improcedibile per sopravvenuto difetto di interesse.
Infatti, la Regione Puglia con l’atto dirigenziale “autorizzatorio” n. 55 del 5.3.2014 ha posto definitivamente termine alla propria inerzia.
La domanda impugnatoria di cui al ricorso introduttivo (proposto avverso la determina n. 36/2013 di sospensione cautelare ex art. 21 quater legge n. 241/1990 della struttura di Adelfia) ed al primo ricorso per motivi aggiunti (proposto avverso il DPGR n. 157/2013 di chiusura della struttura in esame) deve essere respinta.
Invero, i provvedimenti “sanzionatori” contestati, diversamente da quanto sostenuto da parte ricorrente, sono stati legittimamente adottati dalla Regione Puglia in forza delle disposizioni contenute rispettivamente nell’art. 21 quaterlegge n. 241/1990 e nella legge Regione Puglia n. 8/2004 (artt. 15, comma 1 e 16, comma 3), a fronte dell’attività illegittima indiscutibilmente posta in essere dalla stessa società GMS (i.e. trasferimento in via di fatto della struttura sanitaria in altro Comune del medesimo distretto sanitario, senza la prevista autorizzazione).
Detta attività legittimava per ciò solo l’Autorità competente (nel caso di specie la Regione) ad adottare i gravati provvedimenti, che, conseguentemente, non avrebbero potuto avere un diverso contenuto dispositivo (art. 21 octies, comma 2 legge n. 241/1990).
La domanda impugnatoria di cui al secondo ricorso per motivi aggiunti deve essere dichiarata inammissibile in quanto proposta avverso la nota regionale del 18.11.2013 costituente mero atto endoprocedimentale e, pertanto, non immediatamente lesivo.
L’azione risarcitoria di cui al ricorso introduttivo ed al secondo ricorso per motivi aggiunti deve essere respinta: non è stata, infatti, fornita alcuna prova del danno da ritardo lamentato da parte ricorrente su cui gravava il relativo onere probatorio (cfr. ex multis Cons. Stato, Sez. IV, 10 gennaio 2014, n. 46: “Nel processo amministrativo spetta al ricorrente, che assume di aver subito un danno dall’adozione di un provvedimento illegittimo o anche da un comportamento della Pubblica amministrazione l’onere della prova, secondo il principio generale fissato dall’art. 2697 c.c. non potendo a tanto supplire il soccorso istruttorio del giudice, trattandosi di prove che sono nella piena disponibilità della parte.”).
Relativamente alla domanda per risarcimento del danno da provvedimento amministrativo illegittimo, la stessa non può trovare accoglimento poichè – come detto – i provvedimenti gravati risultano essere legittimi.
Anche il terzo ricorso per motivi aggiunti (proposto, nei limiti dell’interesse della società GMS, avverso l’atto dirigenziale “autorizzatorio” n. 55 del 5.3.2014) va disatteso.
Infatti, diversamente da quanto evidenziato da parte ricorrente, le condizioni apposte alla autorizzazione n. 55/2014 non sono illegittime e vessatorie.
Dette condizioni partono dal condivisibile presupposto della attuale vigenza ed operatività del regolamento regionale n. 3/2005 (correttamente richiamato dal gravato atto dirigenziale n. 55/2014).
A tal riguardo, va rimarcato che la disposizione regionale (i.e. art. 3, comma 29 legge Regione Puglia n. 40/2007) sulla sospensione dei requisiti organizzativi previsti dal citato regolamento regionale n. 3/2005 è stata abrogata dall’art. 5, comma 1 legge Regione Puglia n. 4/2010 con effetto dal 30º giorno successivo alla data di approvazione del regolamento contenente modifica e/o integrazione del regolamento regionale n. 3/2005 in relazione al processo di autorizzazione e accreditamento delle strutture di riabilitazione (cfr. art. 5, comma 4 legge Regione Puglia n. 4 del 25.2.2010).
Detta modificazione / integrazione, con fonte normativa regionale secondaria, del regolamento n. 3/2005 è avvenuta con il regolamento regionale n. 3 del 5.2.2010 (anche se trattasi di regolamento precedente rispetto alla legge Regione Puglia n. 4 del 25.2.2010).
E’ evidente che l’art. 5, commi 3 e 4 legge Regione Puglia n. 4 del 25.2.2010 si limita a prendere atto del precedente regolamento modificativo ed integrativo n. 3 del 5.2.2010.
Ne discende che, essendo ormai decorsi i trenta giorni dalla data di approvazione del regolamento (i.e. regolamento n. 3/2010) contenente modifica e/o integrazione del regolamento regionale n. 3/2005, l’abrogazione dell’art. 3, comma 29 legge Regione Puglia n. 40/2007 (disposizione relativa alla sospensione dei requisiti organizzativi di cui al regolamento regionale n. 3/2005) è ormai effettiva e che quindi i requisiti organizzativi previsti dal regolamento regionale n. 3/2005 non possono più considerarsi sospesi, bensì pienamente vigenti e, quindi, correttamente richiamati dal censurato atto dirigenziale n. 55/2014.
Peraltro, a pag. 5 del gravato atto dirigenziale n. 55/2014 viene operato un chiaro riferimento alla verifica della osservanza dei requisiti minimi di cui al regolamento n. 3/2005, verifica imposta dall’art. 8, comma 5 legge Regione Puglia n. 8/2004 (ultima versione: “La Regione e il Comune, avvalendosi del Dipartimento di prevenzione dell’Azienda USL competente per territorio, eventualmente di concerto con altre strutture competenti nell’ambito dell’attività da autorizzare, verificano l’effettivo rispetto dei requisiti minimi di cui al regolamento regionale 13 gennaio 2005, n. 3 (Requisiti per autorizzazione e accreditamento delle strutture sanitarie), e successive modificazioni, nonchè ogni eventuale prescrizione contenuta nell’autorizzazione alla realizzazione, ove prevista. L’accertamento da parte del Dipartimento di prevenzione deve essere effettuato entro novanta giorni dalla data di ricevimento della documentazione.”).
Detta disposizione legislativa regionale è stata modificata dall’art. 4, comma 1, lett. i) legge Regione Puglia n. 4/2010 che ha così previsto:
«¦ dopo le parole: “requisiti minimi” sono inserite le seguenti: “di cui al regolamento regionale 13 gennaio 2005, n. 3 (Requisiti per autorizzazione e accreditamento delle strutture sanitarie), e successive modificazioni,”; ¦».
Ne consegue che la stessa legge Regione Puglia n. 4/2010, contenente la prescrizione (cfr. art. 5) relativa alla abrogazione (immediata per quanto detto in precedenza) della norma sulla sospensione dei requisiti organizzativi di cui al regolamento n. 3/2005 (i quali, pertanto, tornano ad essere immediatamente operativi e vigenti), ha al tempo stesso imposto (cfr. art. 4) alla Regione di verificare l’effettivo rispetto dei requisiti minimi di cui al regolamento n. 3/2005.
In ultima analisi, il legislatore regionale n. 4/2010 (artt. 4 e 5) ha manifestato una chiara volontà nel senso dell’attuale vigenza e piena ed immediata operatività del regolamento regionale n. 3/2005 (correttamente richiamato ed applicato dalla gravata autorizzazione n. 55/2014) e dei requisiti ivi contemplati.
Dalle argomentazioni espresse in precedenza discende:
1) la declaratoria di inammissibilità dell’atto di intervento della CGIL Funzione Pubblica Metropolitana e Provinciale di Bari;
2) la declaratoria di improcedibilità per sopravvenuto difetto di interesse della domanda proposta avverso il silenzio contenuta nel ricorso introduttivo e nel secondo ricorso per motivi aggiunti;
3) la reiezione della domanda impugnatoria di cui al ricorso introduttivo ed al primo ricorso per motivi aggiunti;
4) la declaratoria di inammissibilità della domanda impugnatoria di cui al secondo ricorso per motivi aggiunti;
5) la reiezione della domanda risarcitoria di cui al ricorso introduttivo ed al secondo ricorso per motivi aggiunti;
6) la reiezione del terzo ricorso per motivi aggiunti.
In considerazione della natura e della peculiarità della presente controversia, nonchè della complessità delle questioni affrontate, sussistono gravi ed eccezionali ragioni di equità per compensare le spese di giudizio.
P.Q.M.
il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, sede di Bari, Sez. I, definitivamente pronunciando sul ricorso come in epigrafe proposto, così provvede:
1) dichiara inammissibile l’atto di intervento della CGIL Funzione Pubblica Metropolitana e Provinciale di Bari;
2) dichiara improcedibile per sopravvenuto difetto di interesse la domanda proposta avverso il silenzio contenuta nel ricorso introduttivo e nel secondo ricorso per motivi aggiunti;
3) respinge la domanda impugnatoria di cui al ricorso introduttivo ed al primo ricorso per motivi aggiunti;
4) dichiara inammissibile la domanda impugnatoria di cui al secondo ricorso per motivi aggiunti;
5) respinge la domanda risarcitoria di cui al ricorso introduttivo ed al secondo ricorso per motivi aggiunti;
6) respinge il terzo ricorso per motivi aggiunti.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 25 giugno 2014 con l’intervento dei magistrati:
Corrado Allegretta, Presidente
Francesco Cocomile, Primo Referendario, Estensore
Maria Grazia D’Alterio, Referendario
L’ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 02/09/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)