Processo amministrativo – Giudizio impugnatorio – Domanda risarcitoria ex art. 96 c.p.c. – Rigetto per genericità della domanda – Sanzione di cui all’art. 26, co.2 c.p.a. – Imposizione d’ufficio – Presupposti
In un giudizio conclusosi con la declaratoria di irricevibilità del ricorso per tardività , il Tribunale, pur non accogliendo la domanda di condanna al risarcimento danni ex art. 96 c.p.c. stante la genericità della richiesta derivante dell’impossibilità di ravvisarvi l’ipotesi, tra quelle previste dall’ordinamento, invocata dalla p.A., può nondimeno infliggere d’ufficio a carico del ricorrente la sanzione di cui all’art. 26, co.2 c.p.a., come modificato dal D.Lgs. 15 novembre 2011, n.195, prevista per il caso in cui la parte soccombente abbia agito o resistito temerariamente in giudizio, misura sanzionatoria che prescinde da una specifica domanda nonchè dalla prova del danno subito e il cui gettito è destinato al bilancio della giustizia amministrativa. (Nella fattispecie, la temerarietà è stata ravvisata nel fatto che il ricorrente, pur edotto con largo anticipo -in virtù di riscontro documentale versato in atti dalla p.A.- dell’incontrovertibile tardività della notifica del ricorso, abbia ciò nonostante proseguito nel proprio percorso giudiziale.)
N. 00650/2014 REG.PROV.COLL.
N. 00414/2014 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 414 del 2014, proposto da:
He Zhuping, rappresentato e difeso dall’avv. Uljana Gazidede, con domicilio eletto presso Uljana Gazidede in Bari, corso Mazzini 83;
contro
U.T.G. – Prefettura di Bari, Ministero dell’Interno, U.T.G. – Prefettura di Bari – S.U.I., rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura Distr.le Stato Di Bari, domiciliata in Bari, via Melo, 97;
per l’annullamento
previa sospensiva
– del provvedimento di rigetto della emersione, Prot. N. P-BA/L/N/2012/103522 dell’11.2.2013 , emesso dalla Prefettura di Bari -UTG- Sportello Unico per l’Immigrazione a firma del suo Dirigente – dott.ssa Cangiano;
– nonchè di ogni altro atto comunque connesso e/o collegato con i provvedimenti di cui innanzi;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di U.T.G. – Prefettura di Bari e di Ministero dell’Interno e di U.T.G. – Prefettura di Bari – S.U.I.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 23 aprile 2014 la dott.ssa Flavia Risso e udito per l’Amministrazione l’ avv. dello Stato Donatella Testini;
Sentite le parti presenti ai sensi dell’art. 60 cod. proc. amm.;
Il ricorrente impugna il provvedimento indicato in epigrafe con cui la Prefettura di Bari – UTG – Sportello Unico per l’Immigrazione di Bari ha respinto l’istanza presentata dal Sig. Roberto Calabrese per l’emersione del lavoro irregolare subordinato in favore del ricorrente medesimo.
Il provvedimento è stato adottato sul presupposto che la ditta esercitava un’attività diversa da quella dichiarata nell’istanza e che non risultava dichiarato, da parte della stessa, nessun reddito all’agenzia dell’entrate ai sensi e per gli effetti dell’art. 5, comma 7 del D.Lgs. 109/2012.
Con il ricorso, il ricorrente denuncia la violazione di legge e l’eccesso di potere per motivazione intrinsecamente illogica e contradditoria.
L’Avvocatura dello Stato deposita il 18.04.2014 una memoria difensiva con cui solleva, tra l’altro, l’irricevibilità del ricorso per tardività .
Alla camera di consiglio del 23 aprile 2014, la causa è stata trattenuta per essere definita con sentenza in forma semplificata, sussistendone i presupposti di legge e previo avviso alle parti presenti.
Preliminarmente ed in rito, il ricorso è tardivo e, pertanto, deve dichiararsi irricevibile.
Il provvedimento impugnato è stato comunicato al ricorrente a mezzo di raccomandata a/r ed è stato ricevuto in data 28 marzo 2013, come da cartolina di ritorno sottoscritta da quest’ultimo e versata in atti dall’Amministrazione.
Non corrisponde, dunque, al vero quanto affermato nel ricorso circa l’inerzia dell’Amministrazione nel comunicare l’atto impugnato e l’ignoranza da parte del ricorrente sull’esito del procedimento amministrativo de quo.
Ebbene, il ricorso è stato notificato in data 21 marzo 2014, quindi, dopo circa un anno dalla comunicazione del provvedimento.
Ai sensi del combinato disposto degli articoli 29, 35 e 41 del cod. proc. amm. il ricorso deve pertanto dichiararsi irricevibile.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
Non può, invece, essere accolta la domanda avanzata dall’Avvocatura dello Stato di condanna al risarcimento del danno ai sensi dell’art. 96 c.p.c., stante la sua genericità (pagina 3 della memoria difensiva depositata il 18 aprile 2014).
E’ sufficiente osservare che non è dato comprendere neppure a quale ipotesi di responsabilità processuale si riferisca l’Avvocatura fra quelle previste dall’ordinamento (cfr., sul punto e da ultimo, Cons. Stato, sez. V, 31 ottobre 2013, n. 5246 cui si rinvia a mente dell’art. 88, co. 2, lett. d), c.p.a.):
“a) art. 96, co. 1, c.p.c. applicabile ex art. 26, co. 1, c.p.a. (che prevede l’assolvimento dell’onere della prova della mala fede e colpa grave dell’autore dell’illecito nonchè del danno in concreto subito, di cui non v’è traccia in atti);
b) art. 96, co. 3, c.p.c. applicabile ex art. 26, co. 1, c.p.a. (che consente al giudice di condannare anche d’ufficio l’autore dell’illecito processuale ad una pena privata in favore della controparte);
c) art. 26, co. 2, c.p.a. (che consente al giudice amministrativo di infliggere una sanzione pecuniaria processuale da riversarsi a speciale capitolo per il funzionamento della giustizia amministrativa)”.
Tuttavia, il Collegio, d’ufficio, rileva che sussistono i presupposti per applicare la sanzione pecuniaria di cui all’art. 26, comma 2 del c.p.a.
L’art. 26 secondo comma c.p.a., recentemente modificato per effetto del d.lgs. 15 novembre 2011 n.195, correttivo al Codice del processo amministrativo, dispone che “Il giudice condanna d’ufficio la parte soccombente al pagamento di una sanzione pecuniaria, in misura non inferiore al doppio e non superiore al quintuplo del contributo unificato dovuto per il ricorso introduttivo del giudizio, quando la parte soccombente ha agito o resistito temerariamente in giudizio. Al gettito delle sanzioni previste dal presente comma si applica l’articolo 15 delle norme di attuazione”.
Il Consiglio di Stato, con riferimento alla nuova formulazione dell’art. 26, co. 2, ha recentemente osservato che:
– si tratta di una previsione normativa di chiusura dell’ordinamento processuale amministrativo che “consente di approntare, in via generale e residuale, un’adeguata reazione alla violazione del principio internazionale e costituzionale del giusto processo, espressamente richiamato dall’art. 2, comma 1, c.p.a.,” evitando così “la beffa di norme processuali, prescrittive di oneri ed obblighi, ma minus quam perfectae, ovvero prive di una sanzione”;
– “è pacifica la natura sanzionatoria della misura pecuniaria in esame, che prescinde da una specifica domanda nonchè dalla prova del danno subito, ed il cui gettito, commisurato a predeterminati limiti edittali, è destinato al bilancio della giustizia amministrativa, atteso che lo scopo della norma è quello di tutelare la rarità della risorsa giudiziaria”;
– il presupposto per applicare tale norma è la temerarietà della lite (Cons. Stato, Sez. V, 11 giugno 2013, n. 3210; più di recente Cons. Stato, Sez. V, n. 1435 e 1436 del 2014).
Facendo applicazione dei su esposti principi al caso che occupa, il Collegio rileva che il carattere temerario della presente lite discende dal fatto che:
– l’Amministrazione aveva trasmesso al ricorrente il provvedimento di rigetto dell’istanza di emersione del lavoro irregolare con raccomandata a/r e quest’ultimo l’aveva ricevuto in data 28 marzo 2013;
– di tale circostanza il difensore era stato edotto dall’Amministrazione con la nota Prot. n. 103522 del 26 novembre 2013;
– l’Amministrazione aveva altresì provveduto in data 24 gennaio 2014 a trasmettere al difensore copia della cartolina di ritorno sottoscritta dal ricorrente;
– quindi, il difensore era a conoscenza dell’irrimediabile decorso del termine di impugnazione.
Pertanto, il Collegio ritiene di dover condannare, ai sensi dell’art. 26, comma 2, c.p.a., il ricorrente al pagamento del doppio del contributo unificato che è tenuto a versare in relazione al presente ricorso.
La segreteria della Sezione provvederà agli adempimenti conseguenti alla condanna della ricorrente, ex art. 26, co. 2, c.p.a., secondo quanto previsto dagli artt. 202 e ss. d.P.R. n. 115 del 2002 in ordine al recupero delle somme dovute all’erario a titolo di sanzione pecuniaria processuale.
L’applicabilità delle su menzionate disposizioni al processo amministrativo è pacifica sulla scorta di quanto stabilito in via diretta dall’art. 208 d.P.R. n. 115 del 2002 (Cons. Stato, Sez. V, 11 giugno 2013, n. 3210).
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia – Bari, Sezione Seconda, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto:
a) lo dichiara irricevibile;
b) condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese di giudizio, che liquida in € 800,00, oltre accessori, in favore dell’Amministrazione;
c) condanna il ricorrente al pagamento del doppio del contributo unificato che è tenuto a versare in relazione al presente ricorso, ai sensi dell’art. 26, comma 2 del c.p.a., mandando alla segreteria per i conseguenti adempimenti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 23 aprile 2014 con l’intervento dei magistrati:
Antonio Pasca, Presidente
Paola Patatini, Referendario
Flavia Risso, Referendario, Estensore
L’ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 29/05/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)