1. Edilizia e urbanistica – Attività edilizia privata – Costruzioni abusive – Ordinanza di sospensione lavori – Natura ed effetti – Perdita di efficacia – Improcedibilità impugnazione
2. Edilizia e urbanistica – Attività edilizia privata – Costruzioni abusive – Ordinanza di demolizione – Principio di prova in ordine all’ultimazione dei lavori – Dichiarazione sostitutiva di certificazione – Insufficienza
3. Edilizia e urbanistica – Attività edilizia privata – Costruzioni abusive – Ordinanza di demolizione – Motivazione – Non necessaria
1. Stante la natura di provvedimento cautelare e provvisorio, l’ordinanza comunale di sospensione dei lavori consuma la propria efficacia al quarantacinquesimo giorno dall’adozione, cosicchè l’eventuale impugnazione della stessa diviene improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse.
2. La contestazione della legittimità dell’ordinanza di demolizione di un manufatto abusivo realizzato fuori dal centro abitato deve essere fondata su un principio di prova in ordine al tempo di ultimazione di quest’ultimo, onde consentire di verificare che la realizzazione sia avvenuta entro una certa data che consente la sanatoria (nella specie in epoca antecedente al settembre 1967); a tal fine non è sufficiente la dichiarazione di atto sostitutivo di notorietà se vi è contestazione e se non vi sono ulteriori riscontri.
3. L’ingiunzione di demolizione non richiede, in linea generale, specifica motivazione costituendo l’abusività di per sè motivazione sufficiente per l’adozione della misura repressiva, esercitabile in ogni tempo.
N. 00269/2014 REG.PROV.COLL.
N. 00022/2014 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 22 del 2014, proposto da:
Giuseppe Piscitelli, rappresentato e difeso dagli avv. Giovanni Carta, Giuseppe Piscitelli, Giorgio Carta, con domicilio eletto presso Segreteria T.A.R. Bari in Bari, Pza Massari;
contro
Comune di Canosa di Puglia, rappresentato e difeso dall’avv. Massimo F. Ingravalle, con domicilio eletto presso Massimo F. Ingravalle in Bari, piazza Garibaldi N.63;
per l’annullamento
– dell’ingiunzione n. 131/2013 ” protocollo n. 31259 ” del 31 ottobre 2013, con la quale il Dirigente del settore edilizia, urbanistica, agricoltura ed attività produttive del Comune di Canosa di Puglia ha ordinato al ricorrente la demolizione di alcune costruzioni;
– per quanto possa occorrere, dell’ordinanza di sospensione lavori edili n. 28360 di protocollo ” Reg. Ord. n. 118/2013 del 2 ottobre 2013, con la quale il Dirigente del settore edilizia, urbanistica, agricoltura ed attività produttive del Comune di Canosa di Puglia ha ordinato al ricorrente la sospensione dei lavori asseritamente in corso;
– di tutti gli atti comunque presupposti, connessi e/o conseguenti a detti provvedimenti.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Comune di Canosa di Puglia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 5 febbraio 2014 la dott.ssa Cesira Casalanguida e uditi per le parti i difensori Giuseppe Piscitelli e Massimo F. Ingravalle;
Sentite le stesse parti ai sensi dell’art. 60 cod. proc. amm.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con provvedimento n. 131/2013, del 31 ottobre 2013, il Comune di Canosa di Puglia ha ordinato al sig. Piscitelli Giuseppe di rimuovere alcune opere “realizzate in assenza di permesso di costruire” ubicate su di un fondo sito in Agro di Canosa di Puglia in contrada “Belvedere”, distinto in Catasto al Foglio 21 -p.lla n. 1404. Si tratta, nel dettaglio, di un fabbricato a piano terra a pianta rettangolare, di una piscina delle dimensioni di m. 12,00 per m. 6,00 e della profondità di circa m. 2,00 e di una recinzione del fondo rustico con paletti e rete metallica dell’altezza di circa m. 1,50 su cordolo in cls.
Il citato provvedimento è successivo all’ordinanza di sospensione dei lavori, n. 118/2013 del 2 ottobre 2013 emanata a seguito di sopralluogo della Polizia Municipale e della Polizia di Stato.
Non ritenendo legittimo l’ordine impartito, il sig. Piscitelli lo ha impugnato dinnanzi a questo TAR, domandandone l’annullamento previa sospensione cautelare. Oggetto di impugnazione è anche la citata ordinanza di sospensione.
Sostiene il ricorrente che i fabbricati de quibus sarebbero stati realizzati in data antecedente al 1956, ristrutturati prima del 1 giugno 1967 e per questo privi di relativo provvedimento autorizzatorio.
Si è costituito in giudizio il Comune di Canosa di Puglia, in persona del Sindaco pro tempore, depositando documenti e concludendo per il rigetto del gravame.
Alla Camera di Consiglio del 5 febbraio 2014, fissata per la trattazione dell’istanza cautelare, il Collegio, sentite le parti, ha trattenuto la causa per la decisione con sentenza in forma semplificata, stante l’integrità del contraddittorio, l’avvenuta esaustiva trattazione delle tematiche oggetto di giudizio, nonchè la mancata enunciazione di osservazioni oppositive delle parti, rese edotte dal Presidente del Collegio di tale eventualità .
Il ricorso è improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse con riferimento all’impugnazione dell’ordinanza di sospensione dei lavori.
In proposito, occorre richiamare l’art. 27, comma 3, del D.P.R. 6.6.2001, n. 380 e s.m.i., il quale statuisce che la sospensione dei lavori ha effetto fino all’adozione ed alla notifica dei provvedimenti definitivi sanzionatori, che deve avvenire “entro quarantacinque giorni dall’ordine di sospensione dei lavori”.
L’ordinanza di sospensione dei lavori, secondo l’orientamento della prevalente giurisprudenza, “ha natura di provvedimento cautelare e provvisorio, inteso ad evitare che l’attività costruttiva abusivamente condotta possa essere portata ad ulteriori conseguenze e ha efficacia temporalmente limitata, spirando al decorso del quarantacinquesimo giorno dalla sua adozione: e ciò sia che venga soppiantata dal provvedimento definitivo di demolizione, sia che quest’ultimo non venga adottato. In ambedue i casi, infatti, l’ordinanza di sospensione dei lavori consuma la sua efficacia e l’eventuale sua impugnazione, quand’anche proposta prima del decorso dei quarantacinque giorni dalla sua notificazione, diviene improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse a motivo della postuma perdita di effetti dell’ordinanza stessa” (Cfr. TAR Lazio, Sez. I Quater, 2 maggio 2013, n. 04373).
Il ricorso è, invece, infondato con riferimento all’impugnazione dell’ordinanza di demolizione, per non avere parte ricorrente fornito prova non contestata della realizzazione degli immobili, in data antecedente al settembre 1967, ossia precedente all’introduzione dell’obbligo di ottenere la licenza edilizia per immobili siti al di fuori dei centri abitati. Per consolidata giurisprudenza, infatti, chi contesta la legittimità dell’ordinanza di demolizione di un manufatto abusivo realizzato fuori dal centro abitato ante Legge n. 765 del 1967 ha l’onere di fornire perlomeno un principio di prova in ordine al tempo dell’ultimazione di quest’ultimo (cfr. ex multis T.A.R. Puglia Lecce, sez. III, 9 novembre 2010 , n. 2631; T.A.R. Campania Napoli, Sez. II 7 maggio 2012, n. 2083) .
Non costituisce prova sufficiente il contratto di compravendita immobiliare del 30 gennaio 1956 in quanto dal medesimo non risulta che “sul fondo insistono una fabbrica rurale per ricovero ed una pescara”, come sostenuto dal ricorrente, facendo esso, piuttosto, espresso riferimento alla vendita “di un intero fondo rustico di natura mandorleto-oliveto”, ed essendo indicati solo tra i diritti compresi nella vendita, quelli di comunione con altri dei citati manufatti, senza indicazioni relative alla loro ubicazione.
Quand’anche non si aderisse alla tesi, sostenuta dalla difesa del Comune, secondo cui la “fabbrica rurale” per ricovero e la “pescara” sarebbero collocati in zona diversa rispetto agli immobili oggetto del contendere, nessuna costruzione emerge sul terreno di proprietà del ricorrente, nè dal rilievo aerofotogrammatico del 1997, effettuato nel corso del procedimento volto alla realizzazione del Piano regolatore generale, nè dalla planimetria agli atti del 26 maggio 2004, relativa al medesimo P.R.G., adottato dal Comune di Canosa di Puglia.
Non si ricavano utili elementi di prova nemmeno dall’atto di Accertamento della proprietà immobiliare urbana dell’Agenzia del territorio, essendo riportato solo tra le notazioni, senza specificazioni sulla provenienza della dichiarazione, il riferimento all’ultimazione del fabbricato.
La data dell’atto in questione, 20 febbraio 2007, deporrebbe piuttosto a favore della tesi, posta a sostengo dell’operato del Comune, secondo cui l’epoca di realizzazione dei manufatti sarebbe successiva al 2005, suffragata anche dai rilievi fotografici allegati al verbale di accertamento eseguito dagli ufficiali di Polizia comunale e di Stato, in data 16 settembre.
Dagli atti di causa non emergono, insomma, elementi di prova capaci di contrastare le conclusioni cui è giunto il Comune.
Nè le dichiarazioni sostitutive di certificazione, rispettivamente del Sig. Giuseppe Piscitelli, ricorrente, dell’11 novembre 2013 e del Sig. Savino Rotondo, del 27 dicembre 2013, costituiscono adeguata prova.
Giova richiamare a riguardo la giurisprudenza successiva al Codice, secondo cui la prova del momento in cui sono realizzate le opere abusive grava sull’interessato che può avvalersi, solo se non vi è contestazione, della dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà (T.A.R. Piemonte Torino, sez. II, 12 gennaio, n. 34; T.A.R. Lazio Roma, sez. II, 06 dicembre 2010, n. 35404).
Osserva il Collegio come tale onere non possa dirsi soddisfatto mediante la semplice produzione in giudizio di una dichiarazione sostitutiva di atto notorio, anche se proveniente da un terzo, la quale non può in alcun modo assurgere al rango di prova neppur presuntiva, sull’epoca di realizzazione dell’abuso (ex multis T.A.R. Umbria, sez. I, 2 agosto 2013, n. 411; T.A.R. Liguria, sez. I, 4 dicembre 2012, n. 1565; T.A.R. Toscana, sez. III, 16 maggio 2012, n. 940) essendo necessari ulteriori riscontri, non emersi dai documenti prodotti.
Non essendo stato provato il fondamentale elemento postulato dal ricorrente vengono conseguentemente meno anche le ulteriori deduzioni articolate nella medesima censura. Così, in particolare, quelli relativi al presunto difetto di motivazione, rilevando in proposito il Collegio che è pacifica la giurisprudenza nel ritenere che l’ingiunzione di demolizione non richiede, in linea generale, una specifica motivazione, costituendo l’abusività di per sè motivazione sufficiente per l’adozione della misura repressiva (ex multis, T.A.R. Campania, Napoli, sez. III, 08 novembre 2013, n. 5023; T.A.R. Puglia, Bari, sez. III, 26 gennaio 2012, n. 245 ). Altrettanto vale per la censura relativa all’asserito “lungo lasso di tempo trascorso dalla commissione dell’abuso ed il protrarsi dell’inerzia dell’amministrazione” tale da ingenerare una posizione di presunto “affidamento del privato”. Il potere repressivo delle violazioni in materia edilizia, non essendo in quanto tale sottoposto a termini di decadenza nè di prescrizione, è esercitabile in ogni tempo, tanto più se, come nel caso di specie, la parte interessata non abbia dato prova del momento in cui sono state realizzate le opere ritenute abusive (Consiglio di Stato, Sezione VI, 11 maggio 2011, n. 2781 e 28 gennaio 2013, n. 496).
Le spese di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Terza) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, in parte lo dichiara improcedibile per sopravvenuta carenza d’interesse e in parte lo respinge.
Condanna il ricorrente al pagamento delle spese di giudizio, che liquida in € 2.000,00, comprensivi di onorari, diritti e spese, oltre I.V.A e C.P.A.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 5 febbraio 2014 con l’intervento dei magistrati:
Sergio Conti, Presidente
Desirèe Zonno, Primo Referendario
Cesira Casalanguida, Referendario, Estensore
L’ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 19/02/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)