1. Processo amministrativo – Giudizio di ottemperanza – Competenza G.A. – art. 112 C.P.A. – Ipotesi
2. Processo amministrativo – Giudizio di ottemperanza – Sentenza G.O.- Sentenza G.A. – Cumulatività domande- Presupposti – Art. 32, comma 1, c.p.a.
1. Ai sensi dell’art. 112, comma 2, lett.a), b) e c), del c.p.a., in sede di ottemperanza deve essere dichiarata la competenza del giudice amministrativo a fronte di sentenze passate in giudicato ovvero semplicemente esecutive adottate dal g.a., nonchè a fronte di sentenze passate in giudicato del giudice ordinario.
2. Ai sensi dell’art.32, comma 1, prima parte, del c.p.a., deve essere dichiarata ammissibile la proponibilità cumulativa in un unico contesto processuale di due domande di ottemperanza, di cui una volta alla esecuzione del giudicato civile, l’altra finalizzata all’esecuzione del giudicato amministrativo qualora le stesse risultino chiaramente connesse.
N. 00118/2014 REG.PROV.COLL.
N. 01198/2013 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1198 del 2013, proposto da Sciancalepore Saverio e Sciancalepore Cosmo, rappresentati e difesi dagli avv.ti Michele Marella e Nicolò Marella, con domicilio in Bari, piazza Massari, presso la Segreteria del T.A.R. Puglia, sede di Bari;
contro
Comune di Molfetta;
per l’ottemperanza
della sentenza n. 168/2011 del Tribunale di Trani – Sezione Distaccata di Molfetta e della sentenza n. 2050/2012 del T.A.R. Puglia, sede di Bari;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’art. 114 cod. proc. amm.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore il dott. Francesco Cocomile e udito nella camera di consiglio del giorno 15 gennaio 2014 per la parte ricorrente il difensore avv. Nicolò Marella;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
Gli odierni ricorrenti Sciancalepore Saverio e Sciancalepore Cosmo sono comproprietari del fondo sito in Molfetta alla contrada Piscina D’Amato (in catasto alla p.ta 12150, fg. 9, p.lla 157, are 25,48), confinante con proprietà del Comune di Molfetta (su cui insiste l’istituto scolastico denominato scuola elementare “Prefabbricata di Levante”) e, per i restanti due lati, con terreno di proprietà del sig. Di Bisceglia Vincenzo e con un viottolo.
Alla fine dell’anno 2001 il Comune di Molfetta frazionava materialmente il fondo di proprietà dei ricorrenti in due distinte parti al fine di occupare una delle due porzioni destinandola a parcheggio a servizio del confinante edificio scolastico.
A seguito di tale evento gli istanti convenivano il Comune di Molfetta dinanzi al Tribunale di Trani – Sezione Distaccata di Molfetta, il cui giudizio veniva definito con sentenza n. 168 del 16.8.2011 passata in giudicato come da attestazione del 12.12.2013.
Con tale sentenza il Tribunale di Trani – Sezione Distaccata di Molfetta, in accoglimento delle domande attoree, così disponeva:
«¦ 1) accerta l’occupazione c.d. usurpativa, da parte del Comune di Molfetta, del fondo rustico, di proprietà degli attori, sito in agro di Molfetta alla c.da Piscina D’Amato (in catasto alla p.ta 12150, fg.9, ptc.157, are 25,48) per la parte, di forma triangolare, delimitata da un muro di cemento di circa 3 metri, adibita a parcheggio pubblico a servizio dell’adiacente scuola elementare e meglio descritta nella CTU in atti e nei relativi allegati, costituenti parte integrante del presente provvedimento;
2) condanna il Comune a rilasciare l’area occupata, libera da persone e cose, in favore degli attori, entro e non oltre il 31.12.2011;
3) condanna il Comune a ridurre in pristino stato, entro il termine di cui sub 2), l’area occupata, mediante demolizione del muro ed eliminazione di tutte le opere realizzate per destinarla a parcheggio;
4) condanna il Comune a risarcire agli attori i danni da mancato godimento, liquidati nella misura di € 306,40 annuali a partire dall’anno 2001 e sino all’effettivo rilascio, oltre rivalutazione annuale in base agli indici Istat sui prezzi al consumo, nonchè interessi legali, sulle somme annualmente rivalutate, sino al soddisfo;
5) condanna il Comune a rifondere agli attori le spese di lite, che liquida in complessivi € 4.420,87, di cui € 212,87 per esborsi, € 2.108,00 per diritti ed € 2.100,00 per onorari, oltre RSG, CPA ed IVA di legge;
6) pone definitivamente a carico del Comune i costi di CTU (€ 998,00 oltre accessori di legge);
7) dispone la distrazione di spese anticipate ed onorari non riscossi in favore dell’avv. Leonardo Scardigno, dichiaratosi anticipatario. ¦».
La richiamata sentenza, munita della formula esecutiva, veniva ritualmente notificata in data 13.9.2011, senza ottenere l’adempimento spontaneo del Comune.
Detto inadempimento risulta tuttora persistente, nonostante il decorso del termine di 120 giorni di cui all’art. 14 decreto legge n. 669/1996 convertito nella legge n. 30/1997.
Con missiva del 19.6.2012 gli odierni istanti formalizzavano istanza di accesso ai sensi degli artt. 22 e ss. legge n. 241/1990 al fine di esaminare il fascicolo d’ufficio relativo alle opere (anche in cemento armato) realizzate sul fondo in esame (in particolare il permesso di costruire, con relativo progetto approvato ai sensi del d.p.r. n. 380/2001, di tutte le opere realizzate sul descritto terreno; progetto esecutivo afferente l’impiego del conglomerato cementizio armato ai sensi degli artt. 64 e ss. d.p.r. n. 380/2001, nella specie riguardante il muro di contenimento in c.a. posto a delimitazione dei lotti posizionati a quote differenziate a seguito degli interventi in contestazione).
L’istanza di accesso veniva ricevuta dal Comune in data 22.6.2012 e dal Settore Territorio in data 25.6.2012.
Si formava il silenzio diniego, oggetto di contestazione dinanzi al T.A.R. Bari, stante la perdurante inerzia del Comune.
Con ricorso r.g. n. 1262/2012, infatti, i ricorrenti agivano in giudizio dinanzi a questo Tribunale per l’annullamento del diniego implicito per silentium formatosi sulla domanda di accesso documentale spedita con racc. a.r. del 19.6.2012.
Con sentenza n. 2050 del 4.12.2012 (non appellata) questo Tribunale, nell’accogliere la domanda degli interessati, così provvedeva:
«¦ Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla l’implicito diniego di accesso e ordina al Comune di Molfetta l’esibizione della documentazione richiesta e il rilascio in copia, entro e non oltre trenta giorni dalla comunicazione della presente sentenza.
Condanna altresì l’Amministrazione comunale stessa alla rifusione delle spese di giudizio, complessivamente quantificate in € 1.000,00 (mille/00), oltre spese generali, IVA e CAP. da liquidarsi in favore dei ricorrenti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa. ¦».
A seguito di atto di precetto, notificato in data 12.3.2013 dall’avv. Leonardo Scardigno (legale dei ricorrenti nel giudizio civile), l’Amministrazione provvedeva al pagamento delle spese in favore del procuratore antistatario, oltre al risarcimento del danno liquidato dal Tribunale ordinario con sentenza n. 168/2011 nella misura di € 4.754,32 (€ 2.377,16 pro capite in favore dei due odierni ricorrenti), come risulta dagli ordini di bonifico prodotti in copia, sopravvivendo in favore degli Sciancalepore il credito riveniente dall’obbligo di rimborsare le spese di c.t.u. nella misura di € 1.217,52, come da fattura del consulente (ing. Vincenzo Zaza) n. 37/2007 regolarmente saldata dai ricorrenti con assegno circolare del 26.11.2007.
Allo stato sopravvive l’inosservanza, da parte della Amministrazione comunale, dell’obbligo di restituzione del lotto di terreno con rimessione in pristino (disposta dalla sentenza civile n. 168/2011) e l’inottemperanza della sentenza di questo T.A.R. n. 2050/2012.
Pertanto, gli istanti adivano questo Tribunale con domanda cumulativa finalizzata alla ottemperanza delle due sentenze.
Ciò premesso in punto di fatto, ritiene questo Collegio che il predetto ricorso sia fondato nei limiti di seguito esposti.
Nel caso di specie, legittimamente i ricorrenti Sciancalepore Saverio e Sciancalepore Cosmo Angela si rivolgevano al giudice amministrativo competente in sede di ottemperanza ai sensi degli artt. 112 e ss. cod. proc. amm. a fronte di una sentenza del T.A.R. Bari (la n. 2050/2012 in materia di accesso a documentazione amministrativa) e di una sentenza passata in giudicato del giudice ordinario (la n. 168/2011 del Tribunale di Trani – Sezione Distaccata di Molfetta) al fine di ottenere l’adempimento dell’obbligo della pubblica amministrazione di conformarsi, per quanto riguarda il caso deciso, al giudicato.
Invero, l’art. 112, comma 2, lett. c) cod. proc. amm. contempla espressamente le sentenze passate in giudicato del giudice ordinario quale categoria di decisioni delle quali il giudice amministrativo può disporre l’ottemperanza.
Nulla quaestio in ordine alla ottemperabilità delle sentenze passate in giudicato ovvero semplicemente esecutive adottate dal giudice amministrativo (cfr. art. 112, comma 2, lett. a) e b) cod. proc. amm.).
La proponibilità cumulativa in un unico contesto processuale delle due domande di ottemperanza (quella volta alla esecuzione del giudicato civile e quella finalizzata alla esecuzione del giudicato amministrativo) deve ritenersi ammissibile ai sensi dell’art. 32, comma 1, prima parte cod. proc. amm., risultando le stesse chiaramente “connesse” (cfr. T.A.R. Puglia, sede di Bari, Sez. I, 21 febbraio 2012, n. 367).
Come rilevato da Cons. Stato, Sez. V, 14 dicembre 2011, n. 6537, “Nel processo amministrativo la connessione oggettiva può ritenersi sussistente quando: a) fra gli atti impugnati viene ravvisata quantomeno una connessione procedimentale di presupposizione giuridica o di carattere logico, in quanto i diversi atti incidono sulla medesima vicenda; b) le domande cumulativamente avanzate si basano sugli stessi presupposti di fatto o di diritto e sono riconducibili nell’ambito del medesimo rapporto o di un’unica sequenza procedimentale; c) sussistono elementi di connessione tali da legittimare la riunione dei ricorsi.”.
Analogamente T.A.R. Sardegna, Cagliari, Sez. I, 14 gennaio 2011, n. 28 (che richiama Cons. Stato, Sez. IV, 18 marzo 2010, n. 1617) ha sottolineato che “Il principio, secondo cui il ricorso deve essere rivolto, a pena d’inammissibilità , contro un solo atto ovvero contro atti diversi, purchè collegati, va inteso senza formalismi, in termini di ragionevolezza e, ora, anche in sintonia con la disposizione di cui all’art. 32, Codice del processo amministrativo (in base al quale è sempre possibile nello stesso giudizio il cumulo di domande connesse proposte in via principale o incidentale e, se le azioni sono soggette a riti diversi, si applica quello ordinario, salvo quanto previsto dai Capi I e II del Titolo V del Libro IV; inoltre, il giudice qualifica l’azione proposta in base ai suoi elementi sostanziali e, sussistendone i presupposti, può sempre disporre la conversione delle azioni); pertanto, deve ritenersi ammissibile il ricorso cumulativo quando sussistano oggettivi elementi di connessione tra i diversi atti, ovvero ogni qual volta le domande cumulativamente avanzate si basino sugli stessi presupposti di fatto o di diritto e/o siano riconducibili nell’ambito del medesimo rapporto o di un’unica sequenza procedimentale.”.
Nel caso di specie, le due domande di ottemperanza cumulativamente avanzate dai ricorrenti si basano sugli stessi presupposti di fatto e di diritto (identica procedura “ablatoria” relativa allo stesso terreno) e sono riconducibili nell’ambito dello stesso rapporto intercorrente tra gli interessati e l’Amministrazione comunale; in ultima analisi riguardano la medesima vicenda e la realizzabilità dello stesso interesse economico degli istanti.
Considerato che, come visto, non risulta l’adempimento integrale da parte del Comune di Molfetta ai giudicati formatosi sulle sentenze de quibus, avendo il Comune provveduto unicamente al pagamento delle spese in favore del procuratore antistatario ed al risarcimento del danno (voci indicate nell’atto di precetto notificato in data 12.3.2013 e relative alla sentenza civile n. 168/2011), le due domande di ottemperanza devono essere accolte.
In accoglimento del ricorso, pertanto, va ordinato al Comune di Molfetta di provvedere alla integrale esecuzione di quando disposto dalle citate sentenze, dovendosi escludere il pagamento delle somme già versate in precedenza.
Va fissato il termine di sessanta giorni dalla notifica della presente sentenza per l’ottemperanza.
Si riserva, nel caso di persistente inadempienza dell’Amministrazione resistente, la nomina di un commissario ad actasu presentazione di apposita domanda da parte dei ricorrenti.
Per quanto concerne l’istanza, formulata dagli interessati, volta ad ottenere la fissazione, ai sensi dell’art. 114, comma 4, lett. e) cod. proc. amm., della somma di denaro dovuta dall’Amministrazione resistente per ogni violazione o inosservanza successiva, ritiene questo Collegio che detta domanda debba essere disattesa. La stessa, infatti, non appare congrua rispetto alle peculiarità e complessità del caso.
Infine, relativamente alla domanda di condanna del Comune al risarcimento del danno per responsabilità processuale aggravata ai sensi dell’art. 96 cod. proc. civ., si ritiene di dover escludere la sussistenza dei presupposti di legge (malafede o colpa grave della parte convenuta), in considerazione della complessità della vicenda ablatoria per cui è causa e della rilevanza degli interessi pubblici connessi allo sfruttamento del fondo in esame (i.e. destinazione a parcheggio a servizio del confinante edificio scolastico), valutazione che può aver indotto l’Amministrazione a tardare l’esecuzione delle due sentenze.
Vanno, altresì, poste a carico dell’Amministrazione resistente le spese del presente giudizio, equitativamente liquidate nell’importo indicato in dispositivo.
P.Q.M.
il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, sede di Bari, Sez. I, definitivamente pronunciando sul ricorso come in epigrafe proposto, disattesa ogni altra istanza, lo accoglie nei limiti di cui in motivazione e, per l’effetto, ordina al Comune di Molfetta di dare esecuzione a quanto statuito nella sentenza n. 168/2011 del Tribunale di Trani – Sezione Distaccata di Molfetta e nella sentenza n. 2050/2012 del T.A.R. Puglia, sede di Bari nel termine indicato nella parte motiva.
Condanna il Comune di Molfetta al pagamento delle spese di giudizio in favore dei ricorrenti, liquidate in complessivi € 2.000,00, oltre accessori come per legge, da distrarsi in favore dei procuratori dichiaratisi anticipatari.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 15 gennaio 2014 con l’intervento dei magistrati:
Corrado Allegretta, Presidente
Giuseppina Adamo, Consigliere
Francesco Cocomile, Primo Referendario, Estensore
L’ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 30/01/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)