1. Sanità e farmacie – Dirigenti medici – Attività professionale intra moenia – Aumento tariffe – Natura – Imposta indiretta
2. Leggi, decreti, regolamenti – Dirigenti medici – Attività professionale intra moenia – Aumento tariffe – Potestà regolamentare regionale – Assenza di legislazione statale – Effetti
3. Leggi, decreti, regolamenti – Piano di rientro sanitario – Previsione di una legge regionale di imposizione tributaria – Mancata previsione statale – Incidente di costituzionalità – Irrilevanza – Fattispecie
1. La previsione dell’aumento di tariffe per l’erogazione delle prestazioni professionali intra moenia per la copertura dei costi di gestione della ASL di appartenenza, non integra un corrispettivo del paziente per la singola prestazione sanitaria ricevuta, bensì una partecipazione alle spese generali di gestione sanitaria, dato che i costi della prestazione sanitaria ottenuta in regime intra moenia sono integralmente a carico del paziente stesso: il predetto aumento di tariffe, pertanto, non può essere annoverato tra le ipotesi di partecipazione al costo delle prestazioni sanitarie previste dall’art. 1 comma 796 lett. p-bis) della L. 27.12.2006, n. 296, caratterizzate, viceversa, da un nesso di stretta sinallagmaticità tra la compartecipazione prevista a carico del paziente e la prestazione sanitaria ricevuta, rientrante, peraltro, in quest’ultimo caso, tra quelle erogate dal sistema sanitario nazionale al fine di soddisfare i LEA, mentre le prestazioni richieste intra moenia, sono l’ esito di una libera scelta del paziente stesso.
2. La natura di imposta indiretta della previsione dell’aumento delle tariffe per l’esercizio dell’attività professionale intra moenia e l’esclusione della fattispecie in esame dal novero delle ipotesi di compartecipazione alle prestazioni sanitarie di cui all’art. 1 comma 796 lett. p-septies della L. 27.12.2006, n. 296 determinano l’illegittimità delle deliberazioni regionali dalle quali scaturisce detto aumento, non disponendo la regione di una potestà impositiva autonoma, data la necessità prevista dal nostro ordinamento che una disposizione di legge statale definisca gli elementi essenziali del tributo (il presupposto di imposta, i soggetti passivi e le relative aliquote massime).
3. Non può essere dichiarata rilevante la questione di legittimità costituzionale proposta contro la L.R. del 9.2.2011, n. 2 ( legge di recepimento del piano di rientro ospedaliero) che preveda, a sua volta, l’emanazione di una legge regionale impositiva di un tributo quale quello dell’aumento delle tariffe per l’erogazione delle prestazioni intra moenia, a titolo di contribuzione ai costi di gestione della ASL di appartenenza, laddove, (come accade nel caso di specie) detta legge non sia stata emanata, mentre, per l’altro, l’aumento sia stato disposto con deliberazioni di giunta regionali oggetto di impugnazione vertente sull’assenza di normativa statale contenente gli elementi essenziali del tributo stesso e, pertanto, ritenuta fondata.
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Vedi Cons. St., sez. III, sentenza 25 novembre 2014, n. 5831 – 2014; dicc. nn.3554/2014 e 3938/2014.
N. 00065/2014 REG.PROV.COLL.
N. 00468/2013 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 468 del 2013, proposto da Cicinelli Ettore, Sisto Francesco, Bettocchi Stefano, Ceci Oronzo Ruggero, Quercia Michele, Rizzo Giovanna, Procoli Ugo, Moretti Biagio, Pesce Vito, Orsini Umberto, rappresentati e difesi dagli avv.ti Lorenzo Biasi e Michele Langiulli, con domicilio in Bari, piazza Massari, presso la Segreteria del T.A.R. Puglia, sede di Bari;
contro
Azienda Ospedaliera Universitaria Consorziale Policlinico di Bari;
Regione Puglia;
per l’annullamento
– nella parte specificata in ricorso, della deliberazione del Direttore Generale n. 30 del 15.1.2013, “Determinazioni in ordine alla Deliberazione D.G. n. 742 del 29/05/2009” affissa nell’albo pretorio dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Consorziale Policlinico di Bari per la durata di giorni quindici dal 15.1.2013;
– ove ritenuto e se nell’interesse dei ricorrenti, della delibera di Giunta Regionale n. 1226 del 12.6.2012, comunque nella parte specificata in ricorso;
– di ogni altro atto presupposto, connesso e/o consequenziale, ancorchè non conosciuto, in quanto lesivo;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore il dott. Francesco Cocomile e udito nell’udienza pubblica del giorno 18 dicembre 2013 per i ricorrenti il difensore avv. Michele Langiulli;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
Gli odierni ricorrenti sono dirigenti medici in servizio presso l’Azienda Ospedaliera Universitaria Consorziale Policlinico di Bari che esercitano l’attività libero professionale in regime di intra moenia (ALPI) cosiddetta allargata e cioè svolgono attività professionale libera all’esterno della struttura ospedaliera, al di là dell’impegno di servizio.
Con l’impugnata deliberazione n. 1226 del 12 giugno 2012 la Giunta regionale pugliese così decideva:
«¦ – di disporre, per quanto esposto in narrativa e quivi riportato a farne parte sostanziale, che i Direttori Generali delle Aziende ed Enti del Servizio Sanitario Regionale, entro quindici giorni dall’adozione del presente provvedimento rideterminino il valore della quota delle tariffe ALPI, a favore delle aziende in misura non inferiore al 30%, a copertura dei costi di gestione;
– di stabilire che in caso di inadempienza, la Giunta regionale provvederà alla nomina di un Commissario ad acta;
– di disporre la pubblicazione del presente provvedimento sul BURP della Regione Puglia ai sensi della l.r. 15/2009. ¦».
Con la deliberazione del Direttore Generale n. 1244 del 23 ottobre 2012, in applicazione della D.G.R. n. 1226 del 12.6.2012 e del decreto legge n. 158 del 13.9.2012, si era stabilito:
«¦ 1. di disporre l’aumento della quota percentuale delle tariffe a favore dell’Azienda per la copertura dei costi di gestione pari al 30 per cento (IRAP inclusa), là dove è necessario, diminuendo di una pari percentuale la quota destinata al personale coinvolto nell’ALPI;
2. di trattenere, come previsto dall’art. 2 lettera c) del D.L. n. 158 del 13 settembre 2012, una ulteriore quota, oltre quella già prevista dalla vigente disciplina contrattuale, pari al 5 per cento, dal compenso del libero professionista, vincolata ad interventi di prevenzione ovvero volti alla riduzione delle liste d’attesa. ¦».
Con deliberazione del Direttore Generale n. 1473 dell’11 dicembre 2012, veniva successivamente revocata la citata deliberazione n. 1244 del 23.10.2012, a seguito della richiesta delle Organizzazioni Sindacali Aziendali dell’Area Medica, formulata con nota n. 102837 del 5 dicembre 2012.
Da ultimo con la gravata delibera n. 30 del 15 gennaio 2013, l’Azienda Ospedaliera Universitaria Consorziale Policlinio di Bari deliberava:
«¦ 1. di disporre l’aumento della quota percentuale delle tariffe a favore dell’Azienda per la copertura dei costi di gestione pari al 30% (IRAP inclusa), là dove è necessario diminuendo di una pari percentuale la quota destinata al personale coinvolto nell’ALPI;
2. di trattenere, come previsto dall’art. 2 lettera c) del D.L. n. 158 del 13 settembre 2012, una ulteriore quota, oltre quella già prevista dalla vigente disciplina contrattuale, pari al 5 per cento, dal compenso del libero professionista, vincolata ad interventi di prevenzione ovvero volti alla riduzione delle liste d’attesa;
3. di destinare al personale atipico non sanitario, indispensabile all’organizzazione dell’attività intramoenia, le quote calcolate dalle UU.OO. cliniche proponenti, liquidandole in favore degli stessi, sottoforma di incentivazione alla produttività , transitando attraverso il fondo corrispondente. La partecipazione all’attività esclude i beneficiari a far parte della ripartizione del fondo comune della produttività .
4. di trasmettere il presente provvedimento, unitamente al Regolamento Aziendale modificato ed integrato: alle Organizzazioni Sindacali dell’Area di Comparto, della Dirigenza Medica e della Dirigenza S.P.T.A.; all’Assessorato delle Politiche della Salute; al Collegio Sindacale ed è pubblicato come per legge. ¦».
Con l’atto introduttivo del presente giudizio gli odierni istanti contestavano la deliberazione del Direttore Generale dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Consorziale Policlinico di Bari n. 30/2013 e, ove ritenuto necessario e nei limiti del proprio interesse, la presupposta delibera di Giunta Regionale n. 1226/2012 (di cui il primo provvedimento citato costituisce attuazione concreta).
Deducevano censure così sinteticamente riassumibili:
1) incompetenza della Regione Puglia; violazione e falsa applicazione degli artt. 117 e 119 Cost.; violazione e falsa applicazione dell’art. 1, comma 796 lettera p-bis, punto 2 legge n. 296/2006, dell’art. 5 d.p.c.m. 27 marzo 2000, dell’art. 1 legge n.120/2007; eccesso di potere per difetto dei presupposti;
2) violazione e falsa applicazione dell’art. 23 Cost., dell’art. 1, comma 796 lettera p-bis, punto 2 legge n. 296/2006, dell’art. 1 legge n. 120/2007; eccesso di potere per difetto dei presupposti;
3) eccesso di potere per sviamento; violazione e falsa applicazione dell’art. 1, comma 796 lettera p-bis, punto 2 legge n. 296/2006 sotto ulteriore profilo; eccesso di potere per difetto dei presupposti.
Evidenziavano in sostanza l’asserita illegittimità dell’introduzione, da parte della Regione Puglia con i gravati provvedimenti attuativi della legge regionale n. 2/2011 (di approvazione dell’Accordo sottoscritto in data 29 novembre 2010 tra il Ministro della Salute, il Ministro dell’Economia e delle Finanze ed il Presidente della Giunta regionale, avente ad oggetto il “Piano di rientro e di riqualificazione del sistema sanitario regionale 2010-2012”), di una imposta indiretta sulle attività libero professionali intra moenia in violazione degli artt. 23, 117, comma 3 e 119, comma 2 Cost. in forza dei quali la Regione (ente privo di un autonomo potere impositivo) può istituire una nuova imposta unicamente in presenza di una disposizione di legge statale che definisca, quanto meno, gli elementi essenziali del tributo, non potendosi riconoscere nell’art. 1, comma 796, lett. p) e p-bis) legge n. 296/2006 l’indispensabile fondamento normativo primario a supporto dell’esercizio del potere regionale impositivo, per la genericità ed indeterminatezza del tenore di detta disposizione (la stessa non definirebbe per nulla gli elementi essenziali del prelievo, vale a dire, quantomeno, il presupposto di imposta, i soggetti passivi e le relative aliquote massime).
La normativa di riferimento (i.e. art. 1, comma 796, lettere p) e p-bis), punto 2 legge n. 296/2006) consentirebbe alle Regioni la limitata scelta tra la misura del ticket pari a € 10,00 (cfr. lett. p) ovvero, in alternativa, “altre misure di partecipazione al costo delle prestazioni sanitarie” capaci di garantire l’equilibrio finanziario (cfr. lett. p-bis) che non possono costituire una forma di imposizione tributaria.
Secondo la prospettazione di parte ricorrente la misura prescritta dalla gravata delibera aziendale n. 30/2013 sulla base della D.G.R. n. 1226/2012 e della legge regionale n. 2/2011 (i.e. aumento della quota percentuale delle tariffe a favore dell’Azienda per la copertura dei costi di gestione pari al 30% [IRAP inclusa], là dove è necessario diminuendo di una pari percentuale la quota destinata al personale coinvolto nell’ALPI) avrebbe natura di vera e propria imposta, diretta a finanziare la spesa generale sanitaria e non correlata allo svolgimento di prestazioni sanitarie intra moenia, i cui costi sarebbero già interamente a carico dell’utenza.
Peraltro, in asserita violazione degli artt. 3 e 53 Cost., nei provvedimenti gravati non si opererebbe alcuna differenziazione, relativamente alla entità del prelievo, tra medici che operano in intra moenia “ordinaria” (cioè in strutture del S.S.N.) e medici che operano al di fuori di esse, sopportandone direttamente i costi, con oneri maggiori, realizzando una ulteriore disparità di trattamento.
I provvedimenti impugnati non concretizzerebbero alcuna forma di compartecipazione alle specifiche prestazioni sanitarie rese dal professionista (consentite dall’art. 1, comma 796, lett. p-bis), punto 2 legge n. 296/2006), ma al contrario realizzerebbero il finanziamento della spesa generale sanitaria, in assenza di qualsivoglia sinallagmaticità , essendo già interamente a carico dell’assistito la spesa corrispondente alle prestazioni professionaliintra moenia.
I ricorrenti chiedevano, conseguentemente, sollevarsi questione di legittimità costituzionale della previsione di cui all’art. 1 legge Regione Puglia n. 2/2011 di approvazione del Piano regionale di rientro per contrasto con gli artt. 23, 117 e 119, comma 2 Cost. per i motivi in precedenza esposti (illegittima introduzione con legge Regionale di una nuova imposta indiretta sulle attività libero professionali intra moenia in assenza di previa disposizione di legge statale che definisca gli elementi essenziali del tributo).
Nessuno si costituivano per l’Azienda Ospedaliera Universitaria Consorziale Policlinico di Bari e la Regione Puglia.
Ciò premesso in punto di fatto, ritiene questo Collegio che il ricorso sia fondato e debba essere accolto nei limiti di seguito esposti.
Deve, infatti, condividersi l’esposizione dei motivi di doglianza di parte ricorrente.
Invero, la previsione introdotta in Puglia con la gravata deliberazione n. 30/2013 del Direttore Generale dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Consorziale Policlinico di Bari nella parte in cui, in attuazione della impugnata D.G.R. n. 1226/2012 e del punto B3.7 del Piano di rientro recepito con l’art. 1 legge Regione Puglia n. 2/2011, dispone l'”aumento della quota percentuale delle tariffe a favore dell’Azienda per la copertura dei costi di gestione pari al 30% (IRAP inclusa), là dove è necessario diminuendo di una pari percentuale la quota destinata al personale coinvolto nell’ALPI”, travalica l’ambito delle “misure di partecipazione al costo delle prestazioni sanitarie” previsto dall’art. 1, comma 796, lettera p-bis, punto 2) legge n. 296/2006, non avendo finalità di compartecipazione alle prestazioni del S.S.N., per porsi, invece, quale misura sostanzialmente tributaria di imposizione indiretta sul reddito derivante dall’attività intra moenia, volta al finanziamento della spesa del S.S.N. e, quindi, quale misura sostitutiva delticket sulle ricette per le prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale.
Analoga misura amministrativa (i.e. prelievo del 29 % sul valore tariffario su ogni singola prestazione libero professionale in regime di intra moenia) era stata introdotta in Umbria con provvedimenti amministrativi della Regione annullati con sentenza del T.A.R. Umbria, Perugia, Sez. I. 18 gennaio 2013, n. 20, su ricorso di dirigenti del ruolo sanitario esercenti, come gli odierni istanti, l’attività libero professionale in regime di cd. intra moenia.
Questo Collegio condivide le argomentazioni espresse dalla citata sentenza: le “misure di partecipazione al costo delle prestazioni sanitarie” previste dall’art. 1, comma 796, lettera p-bis, punto 2) legge n. 296/2006 (che possono essere adottate dalle Regioni) possono avere, quale unica finalità , quella di compartecipazione alle prestazioni del S.S.N.
Viceversa, non possono porsi quale misura sostanzialmente tributaria di imposizione indiretta dell’attività intra moenia, volta al finanziamento della spesa del S.S.N. e, quindi, quale misura sostitutiva del ticket sulle ricette per le prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale.
A tal proposito, ha evidenziato T.A.R. Umbria nella citata sentenza con motivazione cui questo Collegio ritiene di aderire (in quanto “precedente conforme” ai sensi degli artt. 74 e 88, comma 2, lett. d) cod. proc. amm.):
«¦ 5.3. Stando così le cose, l’avversata introduzione da parte della Regione Umbria, di un prelievo pari al 29 % sulle suddette prestazioni non assume alcun carattere di sinallagmaticità , non concretando una “forma di compartecipazione” ai costi delle prestazioni sanitarie, essendone gli oneri già interamente a carico degli assistiti, bensì una ben diversa forma di “finanziamento della spesa pubblica sanitaria”.
La misura introdotta travalica quindi l’ambito delle “misure di partecipazione al costo delle prestazioni sanitarie” previsto dall’art. 1 c. 796 lettera p-bis punto 2) della legge 27 dicembre 2006 n. 296, non avendo finalità di compartecipazione alle prestazioni del S.S.N., per porsi, invece, quale misura sostanzialmente tributaria di imposizione indiretta dell’attività intra moenia, volta al finanziamento della spesa del S.S.N., quale misura sostitutiva delticket sulle ricette per le prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale.
Sul punto, non ritiene infatti il Collegio di poter condividere la tesi delle Amministrazioni resistenti in merito all’asserita riconducibilità del prelievo in questione a generica “misura di partecipazione al costo delle prestazioni sanitarie” alternativa al ticket sanitario: la sentenza 16 luglio 2012 n. 187 della Corte Costituzionale, nell’affermare la competenza regolamentare regionale ad introdurre tali misure sulla base dell’art. 17 comma 1 lett d) del D.L 98/2011, non attiene a fattispecie quale quella per cui è causa, ma a prestazioni erogate dal S.S.N. in regime ordinario.
Ritiene il Collegio che le prestazioni in regime di intra moenia, in quanto erogate su specifica scelta del paziente e con costi a suo carico, non possano ricondursi nel novero delle prestazioni erogate dal S.S.N. al fine di soddisfare i LEA, fuoriuscendo quindi dall’ambito di operatività delle misure di partecipazione, da riferirsi appunto alle prestazioni di natura commutativa in rapporto di stretta correlazione con l’erogazione di un servizio pubblico. La stessa Corte Costituzionale (sentenza 13 giugno 2008, n. 203) ha affermato che la disciplina di cui all’art. 1 c. 796 lett p) e p-bis) della L. 296/1996 ha finalità di garantire “il mantenimento dei livelli essenziali delle prestazioni nei confronti di tutti i cittadini”.
5.4. In conclusione, “l’ampio ventaglio di soluzioni alternative” – secondo la stessa nozione della Consulta (sent. 187/2012) – riconosciuto dall’art. 1 c. 796 lett p) e p-bis) della L. 296/1996 riguarda misure alternative di partecipazione al costo delle “prestazioni sanitarie” rispetto alla misura “ordinaria” della quota fissa o ticket di 10 euro sulla ricetta, non già al costo della “complessiva spesa sanitaria”.
Viene a mancare, in definitiva, il rapporto sinallagmatico tra la prestazione imposta ed il beneficio che gli assistiti ne ricevono, che costituisce requisito indispensabile per escluderne la natura tributaria (ex multis Cassazione Sezioni Unite 9 gennaio 2007, n. 123, Corte Cost. 11 febbraio 2005, n. 73). D’altronde, la giurisprudenza è pacifica nel riconoscere natura di tassa al ticket sanitario (Cassazione civile sez. un. 09 gennaio 2007 n. 123; id. 22 dicembre 2004, n. 23880) come poi espressamente affermato dall’art. 12, comma 2, L. 28 dicembre 2001 n. 448, sostitutivo dell’art. 2 D. lgs. 31 dicembre 1992 n. 546.
5.5. Tanto premesso, ne consegue la fondatezza di tutte le censure (violazione artt. 23, 117 e 119 Cost, art. 1 c. 796 lett. p) e p-bis) della L. 296/1996) di cui al I, III, IV e VI motivo di gravame, che muovono dalla corretta prospettazione circa la natura tributaria (di imposta) o comunque para – tributaria della contestata misura del prelievo del 29 % sul valore tariffario su ogni singola prestazione libero professionale in regime di intra moenia.
Infatti, trattandosi di sostanziale imposta indiretta sulle attività , avrebbe dovuto essere introdotta sulla base degli artt. 23, 117 c. 3 e 119 c. 2 Cost. mediante legge dello Stato, non disponendo la Regione di una potestà impositiva autonoma, non potendo la potestà regionale essere legittimamente esercitata in mancanza di una previa disposizione di legge statale che definisca, quanto meno, gli elementi essenziali del tributo (Corte Costituzionale 28 ottobre 2011 n. 280; id. sentenze n. 355 del 1998, 295 del 1993; n. 294 del 1990; n. 214 e n. 204 del 1987; n. 272 e n. 271 del 1986).
Non può infatti riconoscersi nell’art. 1 c. 796 lett. p) e p-bis) della L. 296/1996 l’indispensabile fondamento normativo primario a supporto dell’esercizio del potere regionale impositivo, per l’evidente genericità ed indeterminatezza, non essendo per nulla definiti gli elementi essenziali del prelievo, vale a dire, quantomeno, lo stesso presupposto di imposta, i soggetti passivi e le relative aliquote massime (Corte Costituzionale 5 maggio 1988 n. 507; Consiglio di Stato sez V 17 dicembre 1984, n. 920).
Nella fattispecie per cui è causa, dall’art.1 c. 796 p-bis) punto 2) della L. 296/1996 non possono quindi trarsi i criteri oggettivi indispensabili nel rispetto di una pur non assoluta riserva di legge, atti a guidare e circoscrivere adeguatamente le scelte relative all’entità della prestazione imposta (Corte Cost. 5 febbraio 1986 n.34). Sul punto, la partecipazione al procedimento dei dicasteri della Sanità e dell’Economia e Finanze, attenendo esclusivamente alla verifica dell’invarianza finanziaria ed appropriatezza della misura, non pare certo sufficiente a delimitare la discrezionalità della Regione, al fine del rispetto della riserva di legge. E ciò e tanto più vero venendo in gioco i diritti riconosciuti dall’ordinamento dei dirigenti medici all’esercizio della libera professione in regime di intra moenia, come visto principio informatore dell’ordinamento statale sanitario. ¦».
Diversamente da quanto richiesto da parte ricorrente a pag. 15 dell’atto introduttivo, non è necessario sollevare questione di legittimità costituzionale dell’art. 1 legge Regione Puglia n. 2/2011 nella parte in cui recepisce il Piano di rientro ed in particolare il punto B3.7 che alla Sezione “Iniziative da intraprendere” contempla la possibilità dell’ “Approvazione di una legge regionale che preveda l’aumento della quota percentuale delle tariffe a favore dell’Azienda per la copertura dei costi di gestione al 30% (IRAP inclusa), diminuendo di una pari percentuale la quota destinata al personale coinvolto nell’ALPI”.
Infatti, la “legge regionale” di cui si fa menzione al citato punto B3.7 del Piano di rientro non è mai stata adottata, poichè la Regione Puglia ha provveduto all’aumento della quota percentuale delle tariffe con la gravata D.G.R. n. 1226/2012 e successivamente con la contestata deliberazione n. 30/2013 del Direttore Generale dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Consorziale Policlinico di Bari, e cioè con meri provvedimenti amministrativi (censurati in questa sede).
Ne consegue che dall’annullamento in parte qua dei censurati provvedimenti deriva il pieno soddisfacimento della pretesa di parte ricorrente, senza necessità di sollevare questione di legittimità costituzionale, che pertanto difetta del presupposto di rilevanza di cui all’art. 23, comma 2 legge n. 87/1953.
Dalle argomentazioni espresse in precedenza discende l’accoglimento del ricorso e, per l’effetto, l’annullamento degli atti impugnati nei limiti indicati in motivazione.
Ogni altra censura formulata da parte ricorrente resta assorbita.
In considerazione della natura e della peculiarità della presente controversia, nonchè della qualità delle parti, sussistono gravi ed eccezionali ragioni di equità per compensare le spese di giudizio.
P.Q.M.
il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, sede di Bari, Sez. I, definitivamente pronunciando sul ricorso come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla gli atti impugnati nei limiti indicati in motivazione.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 18 dicembre 2013 con l’intervento dei magistrati:
Corrado Allegretta, Presidente
Giacinta Serlenga, Primo Referendario
Francesco Cocomile, Primo Referendario, Estensore
L’ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 17/01/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)