1. Edilizia e urbanistica – Attività  edilizia privata  –  Condono Edilizio – Opere sanabili – Individuazione  –  D.L. 30.9.2003, n. 269


2. Edilizia e urbanistica – Attività  edilizia privata –  Condono – Silenzio assenso – Area sottoposta a vincolo paesaggistico – Inconfigurabilità 


3. Edilizia e urbanistica – Attività  edilizia privata – Condono edilizio  – Opere sanabili – Vincolo paesaggistico – Condizioni e limiti


4. Edilizia e urbanistica – Attività  edilizia privata – Condono edilizio – Diniego – Motivazione – Criterio di sufficienza


5. Procedimento amministrativo – Condono edilizio – Diniego – Comunicazione avvio del procedimento – Formalità  equipollenti – Garanzia principio del contraddittorio – Ammissibilità 

1. Secondo la disciplina introdotta dal D.L.  30.9. 2003, n. 269 sono suscettibili di condono edilizio anche gli abusi riconducibili alle tipologie di cui ai numeri 1, 2 e 3 (e non solo quelli di cui alle tipologie numeri 4, 5 e 6) della tabella 1, allegata al medesimo decreto, se posti in essere in zona vincolata anteriormente alla realizzazione delle opere, a condizione che sussistano contestualmente tre condizioni: 1) non insistano su beni riconosciuti monumento nazionale; 2) il vincolo esistente non comporti inedificabilità  assoluta; 3) le opere siano oggettivamente conformi alla normativa urbanistica vigente al momento della entrata in vigore del D.L. 269/03. àˆ infatti, sufficiente che non ricorra anche solo una di queste condizioni perchè l’abuso non sia sanabile.


2. In materia di condono edilizio, il silenzio assenso previsto dall’art. 35, comma 17,  della l. 28.2.1985, n. 47 non si configura in ipotesi di opere abusive realizzate su aree sottoposte a vincolo paesaggistico.


3. Il condono edilizio introdotto dal D.L. 30.9.2003, n. 269 prevede la non assoggettabilità  a sanatoria delle opere realizzate su aree sottoposte a vincolo paesaggistico (seppur a carattere relativo), qualora le stesse non siano conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici (in tal senso dispone espressamente l’art. 32, comma 27, lett. d) del predetto decreto).


4. Qualora la reiezione della domanda di condono edilizio sia conseguenza vincolata dell’applicazione della specifica disciplina (nella fattispecie, delle prescrizioni di cui all’art. 32, comma 27, lett. d), del D.L.  30.9.2003, n. 269 il relativo provvedimento è sufficientemente motivato con il richiamo, ancorchè sintetico, a tali prescrizioni.


5. Nel procedimento finalizzato al rilascio di condono edilizio, la formale comunicazione di avvio del procedimento ben può essere sostituita da note interlocutorie inviate dall’Amministrazione che, comunque, abbiano garantito il contraddittorio con l’interessato.


*
Idem sentenza n. 30/2014

N. 00029/2014 REG.PROV.COLL.
N. 00142/2009 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 142 del 2009, integrato da motivi aggiunti, proposto da: 
Nunzio De Felice, rappresentato e difeso dagli avv.ti Antonio L. Deramo, Domenico Fasanella e Alfredo Ricucci, con domicilio eletto presso il primo in Bari, via F. S. Abbrescia, 83/B; 

contro
Comune di Rodi Garganico, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dall’avv. Vito Aurelio Pappalepore, con domicilio eletto presso il suo studio in Bari, via Pizzoli, 8; 

per l’annullamento
a) del provvedimento prot. n. 10541 del 27 ottobre 2008, notificato in data 29 ottobre 2008, con il quale il Responsabile dell’UTC del Comune di Rodi Garganico è pervenuto nella determinazione di “non accogliere per le motivazioni espresse in narrativa che si intendono tutte di seguito integralmente trascritte, la domanda presentata dal Signor De Felice Nunzio, nato a Rodi Garganico il 19 gennaio 1935 ed ivi residente in C.so Madonna della Libera n. 102, acquisita al prot. n. 3637 in data 2 aprile 2004, Pratica Edilizia n. 8 R.C., relativa alla definizione degli illeciti edilizi in Loc. Pantanello, foglio di mappa n. 2, mappale n. 445, presentata ai sensi del D.L. 30 settembre 2003 n. 269, convertito in legge 24.11.2003 n. 326, per la realizzazione di una sopraelevazione su un fabbricato preesistente”;
b) di tutti gli atti presupposti, connessi e conseguenti a quello impugnato, ancorchè non conosciuti;
Motivi Aggiunti depositati in data 3 luglio 2012:
a) dell’ordinanza n. 14 del 29 marzo 2012, successivamente notificata, con la quale il Responsabile dell’UTC del Comune di Rodi Garganico ha ingiunto la demolizione di una soprelevazione su di un fabbricato esistente alla Loc. Pantanello, identificato in catasto urbano al foglio di mappa 2, p.lla 445;
b) di tutti gli atti presupposti, connessi e conseguenti a quello impugnato, ancorchè non conosciuti;
nonchè, con motivi aggiunti depositati in data 4 giugno 2013:
a) del provvedimento prot. 2917 dell’11 marzo 2013 a firma del Responsabile UTC, con il quale si è accertata la mancata ottemperanza all’ingiunzione a demolire n. 14 del 29 marzo 2012;
b) di tutti gli atti presupposti, connessi e conseguenti a quello impugnato, ancorchè non conosciuti, compresa la nota prot. P.M. n. 1900 del 13 febbraio 2013.
 

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Rodi Garganico;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore la dott.ssa Laura Marzano;
Uditi, nell’udienza pubblica del giorno 28 novembre 2013, i difensori avv. Antonio Deramo e avv. Vito Aurelio Pappalepore;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.
 

FATTO e DIRITTO
1. Con il ricorso in epigrafe il ricorrente ha impugnato il diniego di concessione del titolo in sanatoria, richiesto ai sensi del D.L. 30 settembre 2003, n. 269, per interventi edilizi abusivi, consistenti in sopraelevazione di un fabbricato preesistente sito in Località  Pantanello, fg. 2, mappale 445, inquadrati nella tipologia 1: “Opere realizzate in assenza o difformità  del titolo abilitativo edilizio e non conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici”.
Il Comune intimato si è costituito in giudizio chiedendo la reiezione del ricorso.
Con ordinanza n. 65 del 6 febbraio 2009 la Sezione ha respinto l’istanza cautelare.
Con motivi aggiunti notificati il 5 giugno 2012 il ricorrente ha impugnato per illegittimità  derivata l’ordinanza di demolizione delle opere abusive, adottata da Comune di Rodi Garganico in data 29 marzo 2012.
In vista della trattazione del merito il Comune intimato ha depositato memoria conclusiva.
Il ricorrente non ha svolto ulteriori difese.
All’udienza pubblica del 28 novembre 2013, sentiti i difensori presenti, la causa è stata trattenuta in decisione.
2. Il diniego di sanatoria impugnato, adottato all’esito di regolare procedimento, è stato assunto avendo il Comune ritenuto tale tipo di abuso non sanabile in quanto il manufatto è sottoposto a vincolo paesaggistico ai sensi della L. 1497/1939.
Il ricorrente ha impugnato detto diniego deducendo, con quattro brevi motivi, le seguenti censure:
– il preavviso di diniego, intervenuto a distanza di 36 mesi dalla richiesta di integrazione documentale, sarebbe stato adottato dopo il rilascio del titoloper silentium;
– il provvedimento di diniego sarebbe illegittimo poichè adottato senza la preventiva acquisizione del parere della Commissione Paesaggistica Locale e del parere della Soprintendenza competente;
– il provvedimento non sarebbe stato preceduto dalla comunicazione di avvio del procedimento ma solo dalla richiesta di integrazione documentale e dal preavviso di diniego;
– il provvedimento di diniego sarebbe affetto da carenza di motivazione.
Il Comune intimato si è difeso rappresentando che l’intervento, non conforme alle prescrizioni urbanistiche in quanto ricadente in zona “T: turistica e/o alberghiera”, riguarda un immobile che insiste in una zona sottoposta a vincolo paesaggistico ex lege 1497/1939 e ricompresa nel PUTT quale zona di ambito di valore relativo C (art. 2.02 N.T.A.).
Ha, inoltre, rappresentato che lo stabile ricade ad appena mt. 30 dal confine del demanio marittimo e in zona sismica di grado S=9.
Premettendo che tali circostanze non sono contestate dal ricorrente, il Comune ha osservato che, in virtù del descritto regime vincolistico, il provvedimento adottato era a contenuto vincolato in considerazione delle preclusioni derivanti dall’art. 32, comma 27, lett. d) del D.L. 269/2003 che dichiara insuscettibili di sanatoria le opere abusive insistenti su aree sottoposte a vincolo idrogeologico, ambientale, paesaggistico o derivante da parchi o aree protette.
3. Il ricorso è infondato.
La Sezione ha già  avuto modi di chiarire che anche gli abusi riconducibili alle tipologie di cui ai n. ri. 1, 2 e 3 – e non solo quelli di cui alle tipologie n. ri 4, 5 e 6 – della tabella 1, allegata al D.L. 269/03, sono suscettibili di sanatoria, se posti in essere in zona vincolata anteriormente alla realizzazione delle opere, a condizione che sussistano le tre seguenti condizioni: 1) non insistano su beni riconosciuti monumento nazionale; 2) il vincolo esistente non comporti inedificabilità  assoluta; 3) le opere siano oggettivamente conformi alla normativa urbanistica vigente al momento della entrata in vigore del d.l. 269/03. Con l’ulteriore precisazione che è sufficiente che anche solo una di queste condizioni non ricorra perchè l’abuso non sia sanabile (cfr. TAR Puglia, Bari, Sez. II, 12 febbraio 2009, n. 282).
Nel caso di specie, dunque, la dichiarata ed accertata non conformità  alle norme urbanistiche dell’immobile sottoposto a vincolo esclude la sanabilità  dell’opera.
Passando comunque all’esame delle singole censure, quanto al primo motivo, con cui il ricorrente sostiene essersi formato il silenzio assenso, il Collegio osserva che, in ragione del regime vincolistico cui l’area oggetto di intervento è sottoposta, deve escludersi il formarsi del titolo per silenzio assenso con il mero decorso del tempo (cfr. T.A.R. Puglia, Bari, Sez. III, 12 gennaio 2010, n. 18).
Quanto al secondo motivo, con cui il ricorrente contesta la mancata acquisizione del parere della Commissione Paesaggistica e della Soprintendenza, la giurisprudenza, ivi compresa quella di questo Tribunale, (cfr. sent. 18/2010 cit.) ha avuto modo di chiarire che, in mancanza di conformità  alla disciplina urbanistica, le opere realizzate su aree sottoposte a vincoli non sono suscettibili di applicazione della disciplina derogatoria del condono del 2003, stante il disposto dell’art. 32 comma 27, lettera d) del D.L. n. 269/2003 il quale dispone: “27. Fermo restando quanto previsto dagli articoli 32 e 33 della legge 28 febbraio 1985, n.47, le opere abusive non sono comunque suscettibili di sanatoria, qualora:¦.. d) siano state realizzate su immobili soggetti a vincoli imposti sulla base di leggi statali e regionali a tutela degli interessi idrogeologici e delle falde acquifere, dei beni ambientali e paesistici, nonchè dei parchi e delle aree protette nazionali, regionali e provinciali qualora istituiti prima della esecuzione di dette opere, in assenza o in difformità  del titolo abilitativo edilizio e non conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici;¦”.
Quanto al dedotto vizio afferente alla mancata comunicazione di avvio del procedimento il Collegio ne rileva l’inammissibilità  per mancanza di vulnus, prima ancora che l’infondatezza atteso che, come riportato in ricorso, il ricorrente ha avuto la possibilità  di interloquire con l’amministrazione sia producendo documentazione integrativa, sia presentando memorie dopo il preavviso di diniego.
Dunque la mancanza di un’espressa comunicazione di avvio del procedimento è stata concretamente sopperita dalle ulteriori note inviate dal Comune al ricorrente al quale è stato, in tal modo, consentito il contraddittorio.
Quanto, infine, al dedotto difetto di motivazione, la censura oltre che inammissibile per genericità , è anche infondata atteso che, a fronte di un provvedimento dal contenuto, per le esposte ragioni, pressochè vincolato, il Comune ha, comunque, esplicitato con chiarezza, sebbene in modo sintetico, i motivi del diniego.
Per quanto precede il ricorso deve essere respinto.
Alla reiezione del ricorso principale consegue la reiezione dei motivi aggiunti con i quali sono stati dedotti esclusivamente vizi di illegittimità  derivata.
Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, Bari, Sezione Seconda, definitivamente pronunciando sul ricorso e sui motivi aggiunti, li respinge.
Condanna il ricorrente alla rifusione, in favore del Comune di Rodi Garganico, delle spese del giudizio che liquida in € 2.500,00 (duemilacinquecento), oltre rimborso forfetario spese generali, nonchè CA e IVA come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità  amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 28 novembre 2013 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Antonio Pasca, Presidente FF
Desirèe Zonno, Primo Referendario
Laura Marzano, Primo Referendario, Estensore
 
 
 
 

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 13/01/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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