1. Edilizia e urbanistica – Attività  edilizia privata – Domanda accertamento conformità  paesaggistica – Diniego – Opera non riconducibile al concetto di “volume tecnico” – Legittimità 


2. Procedimento amministrativo – Provvedimento  – Motivazione – Pluralità  di motivi – Accertamento in sede giurisdizionale fondatezza anche uno solo – Legittimità 

1. àˆ legittimo il diniego opposto dall’Amministrazione alla domanda di accertamento di conformità  paesaggistica ex art. 1, comma 36, L. 15 dicembre 2004, n. 308, in relazione a opere non riconducibili al concetto di “volume tecnico”, ossia di opere completamente prive di una propria autonomia funzionale in quanto destinate a contenere impianti serventi la costruzione principale per esigenze tecnico-funzionali della stessa, atteso che, l’art. 146, comma 4°, del D.Lgs. 22.1.2004, n. 42 esclude dal divieto di rilasciare ex post l’autorizzazione paesaggistica unicamente i c.d. “abusi minori” ai sensi dell’ art. 167 comma 4 del medesimo D.Lgs., con esclusione, quindi, di interventi che creino superfici utili o volumi, eccezion fatta per il precitato “volume tecnico”, in quanto non computabile per costante giurisprudenza nel calcolo della volumetria.


2. Costituisce ormai jus receptum il principio secondo cui, qualora un provvedimento amministrativo sia fondato su una pluralità  di ragioni tra loro indipendenti, l’accertamento della fondatezza anche di una sola di esse vale a sorreggere la legittimità  del provvedimento stesso.

N. 00012/2014 REG.PROV.COLL.
N. 01487/2007 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1487 del 2007, proposto da: 
Russo Rosa, rappresentata e difesa dall’avv. Giuseppe Bizzarri, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Fabrizio Lofoco in Bari , via P. Fiore, n. 14; 

contro
Ministero per i Beni e le Attività  Culturali (ora Ministero dei Beni e delle Attività  Culturali e del Turismo) in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Bari, domiciliato per legge in Bari, Via Melo, n. 97;
Comune di Lucera – non costituito;

per l’annullamento
“dell’atto dell’11.6.2007, prot. n. 3658, pervenuto alla ricorrente il 13.6.2007, con il quale il Soprintendente per i Beni Architettonici e per il Paesaggio delle Province di Bari e Foggia, ha espresso parere contrario in merito alla domanda di accertamento di conformità  paesaggistica richiesta dalla ricorrente, ai sensi dell’art. 1, comma 36, legge n. 308/2004.”
 

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero per i Beni e le Attività  Culturali;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 24 ottobre 2013 la dott.ssa Rosalba Giansante e uditi per le parti, nelle preliminari, i difensori, l’avv. Enrico Follieri, in sostituzione dell’avv. Giuseppe Bizzarri e l’avv. dello Stato Ines Sisto;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 

FATTO
Con ricorso, ritualmente notificato il 26 e 27 settembre 2007 e depositato il 26 ottobre 2007, la dott.ssa Rosa Russo ha chiesto l’annullamento della nota prot. n. 3658 dell’11 giugno 2007, pervenuta il 13 giugno 2007, con la quale il Soprintendente per i Beni Architettonici e per il Paesaggio delle Province di Bari e Foggia, ha espresso parere contrario in merito alla domanda di accertamento di conformità  paesaggistica richiesta dalla ricorrente ai sensi dell’art. 1, comma 36, legge n. 308 del 2004.
Espone in fatto parte ricorrente di essere proprietaria dell’immobile sito nel Comune di Lucera, in via F.lli Bandiera, censito in catasto al fg. 28, p.lla 299 sub 1 e p.lla 480.
Riferisce che in data 10 gennaio 2003 aveva ottenuto la concessione edilizia n. 4356/01, in variante alla concessione edilizia n. 3788/01, per la realizzazione della copertura a falda di pensiline ed il ripristino delle facciate del suddetto immobile; che, considerato che nel corso dell’esecuzione dei lavori autorizzati con la predetta concessione edilizia, erano state eseguite opere in difformità  rispetto al progetto assentito, in data 3 febbraio 2006, aveva presentato una richiesta di permesso in sanatoria relativa alle difformità  eseguite, come descritte nella relazione allegata all’istanza.
Aggiunge che, successivamente, con atto del 16 febbraio 2006, aveva chiesto al Comune di Lucera, per le stesse opere, l’autorizzazione paesaggistica ex art. 181, comma 1-ter, del D. Lgs. 22.01.2004, n. 42 (comma aggiunto dall’art. 1, comma 36, della L. 15.12.2004, n. 308), stante la sussistenza del vincolo sull’area, poichè l’immobile ricade negli ambiti territoriali estesi di tipo “D” di cui al P.U.T.T./P approvato in via definitiva con delibera di G. R. n. 1748 del 15 dicembre 2000; che il Comune aveva trasmesso gli atti alla Soprintendenza per il rilascio del parere di sua competenza; che la Soprintendenza, dopo aver acquisito le relazioni paesaggistiche redatte dal tecnico comunale incaricato, favorevoli al rilascio dell’autorizzazione richiesta, con la nota prot. n. 3658 dell’11 giugno 2007 aveva espresso parere contrario sull’assunto che: a) “l’abuso è stato commesso in data successiva al 30.9.2004”; b) “dalla Relazione tecnica illustrativa” allegata agli atti di progetto, si evince che le opere in difformità  sono consistite nella variazione delle altezze di imposta e di colmo e che, a seguito di queste variazioni, “il locale (sottotetto) risulta essere praticabile, raggiungibile tramite botola…. inoltre avendo intenzione di utilizzare il locale, sono stati realizzati sette lucernari a raso ed una piccola loggia con affaccio sul giardino di proprietà “; c) “le opere hanno comportato un aumento di superficie utile e volume”.
La ricorrente espone, infine, di avere proposto, in data 2 agosto 2007, motivata istanza di riesame del predetto parere contrario ella Soprintendenza, senza avere avuto, alla data della redazione del ricorso, alcun riscontro.
La dott.ssa Russo ha, quindi, proposto l’odierno gravame avverso il parere contrario e vincolante reso dalla Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio delle Province di Bari e Foggia prot. n. 3658 dell’11 giugno 2007.
A sostegno del gravame la ricorrente ha dedotto le seguenti censure: 1) violazione ed erronea applicazione dell’art. 181, commi 1ter e 1quater del D.Lgs. n. 42 del 2004, come modificato dall’art. 1, comma 36, della L. n. 308 del 2004, eccesso di potere per travisamento dei fatti; 2) violazione ed erronea applicazione dell’art. 181, commi 1ter e 1quater del D.Lgs. n. 42 del 2004, come modificato dall’art. 1, comma 36, della L. n. 308 del 2004, eccesso di potere per erronea valutazione dei fatti e dei presupposti e difetto di istruttoria.
Si è costituito a resistere in giudizio il Ministero per i Beni e le Attività  Culturali, a mezzo dell’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Bari, chiedendo il rigetto del ricorso.
Entrambe le parti hanno prodotto documentazione e l’Avvocatura Distrettuale dello Stato, in data 2 dicembre 2008, ha depositato altresì la nota prot. n. 8212 del 5 ottobre 2007, diretta a parte ricorrente, con la quale il Soprintendente per i Beni Architettonici e per il Paesaggio delle Province di Bari e Foggia, in riscontro alla richiesta di riesame presentata dalla dott.ssa Russo in data 2 agosto 2007, aveva confermato il parere ostativo reso con la nota oggetto dell’odierno gravame, per le medesime motivazioni.
All’udienza pubblica del 24 ottobre 2013 la causa è stata chiamata e assunta in decisione.
DIRITTO
Il Collegio deve preliminarmente rilevare che la nota prot. n. 8212 del 5 ottobre 2007, depositata in giudizio dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Bari in data 2 dicembre 2008, diretta a parte ricorrente, con la quale il Soprintendente per i Beni Architettonici e per il Paesaggio delle Province di Bari e Foggia, in riscontro alla richiesta di riesame presentata dalla dott.ssa Russo in data 2 agosto 2007, aveva confermato il parere ostativo reso con la nota oggetto dell’odierno gravame, per le medesime motivazioni, deve ritenersi un atto meramente confermativo e, pertanto, non autonomamente impugnabile.
Nel merito il ricorso è infondato e va come tale respinto.
Con il primo motivo di ricorso la ricorrente ha dedotto le seguenti censure: violazione ed erronea applicazione dell’art. 181, commi 1ter e 1quater del D.Lgs. n. 42 del 2004, come modificato dall’art. 1, comma 36, della L. n. 308 del 2004, eccesso di potere per travisamento dei fatti.
La dott.ssa Russo, premesso che la Soprintendenza avrebbe assunto, tra le ragioni poste a base del parere contrario oggetto di impugnazione, che l’abuso sarebbe stato commesso in data successiva al 30 settembre 2004, come risulterebbe dalla relazione paesaggistica a firma del tecnico comunale del 12 aprile 2007, sostiene che tale circostanza sarebbe irrilevante nella fattispecie oggetto di gravame, in quanto sarebbe richiesta per la diversa ipotesi del c.d. “condono ambientale” di cui al successivo comma 37 del medesimo art. 1 della L. n. 308 del 2004 e non per l’accertamento di compatibilità  paesaggistica dell’intervento ai fini del rilascio del titolo abilitativo in sanatoria di cui al comma 36 dell’art. 1 della L. n. 308/04, per il quale nessuna rilevanza avrebbe la data di ultimazione dei lavori. Parte ricorrente aggiunge che, comunque, i lavori sarebbero terminati il 10 marzo 2004, come chiaramente affermato dal Direttore dei lavori nella dichiarazione di ultimazione lavori per cui è causa, depositata in giudizio, e, pertanto, sarebbero stati regolarmente ultimati prima del 30 settembre 2004.
Con il secondo motivo di ricorso la ricorrente ha dedotto le seguenti ulteriori censure: violazione ed erronea applicazione dell’art. 181, commi 1ter e 1quater del D.Lgs. n. 42 del 2004, come modificato dall’art. 1, comma 36, della L. n. 308 del 2004, eccesso di potere per erronea valutazione dei fatti e dei presupposti e difetto di istruttoria.
Il parere della Soprintendenza, ad avviso di parte ricorrente, sarebbe illegittimo in quanto la lieve differenza di altezza dell’intervento realizzato a fronte di quello inizialmente consentito, non sarebbe sufficiente a modificare la destinazione d’uso del sottotetto, che continuerebbe a costituire un volume tecnico, in quanto l’altezza raggiunta non sarebbe quella di un normale piano da utilizzare a scopo abitativo; considerato che l’altezza massima sarebbe di mt. 2,65 e quella minima di mt. 0,70, esse sarebbero notevolmente inferiori a quelle richieste dall’art. 36 delle N.T.A. del vigente P.R.G. del Comune di Lucera affinchè il sottotetto sia utilizzabile a fini abitativi o similari.
Le opere eseguite in difformità  ed oggetto della richiesta di autorizzazione paesaggistica avrebbero comportato soltanto un lieve innalzamento del sottotetto che rappresenterebbe un mero volume tecnico, trattandosi di spazio privo di una propria autonomia funzionale e strettamente necessario all’utilizzazione dell’immobile, in quanto indispensabile sotto il profilo statico e per la manutenzione del tetto; essendo un volume tecnico, il sottotetto, così come realizzato, sarebbe ininfluente ai fini del calcolo della volumetria e delle superfici utili.
Il Collegio ritiene che la questione centrale posta dall’odierno ricorso sia stabilire se l’intervento realizzato da parte ricorrente, oggetto del parere negativo impugnato, possa qualificarsi vano tecnico, come prospettato da parte ricorrente stessa, in quanto solo in caso di risposta affermativa a tale preliminare quesito si dovrà  decidere se la realizzazione di un vano tecnico possa rientrare tra i cosiddetti “abusi minori”, per i quali è ammissibile la relativa sanatoria ai sensi del combinato disposto degli artt. 146, comma 4 e 167, comma 4, del decreto legislativo n. 42 del 2004, e dell’art. 181, comma 1-ter, avente lo stesso contenuto del citato art. 167, comma 4, e del comma 1quater del medesimo art. 181, come modificato dall’art. 1, comma 36, della L. n. 308 del 2004, che parte ricorrente assume essere stati violati, articoli questi ultimi disciplinanti, rispettivamente, le sanzioni amministrative e le sanzioni penali (cfr. T.A.R. Bari, Sezione III, 11 gennaio 2013, n. 35).
In punto di diritto, infatti, l’art. 146, comma 4, del decreto legislativo n. 42 del 2004 esclude dal divieto di rilasciare ex postl’autorizzazione paesaggistica – che, sempre ai sensi dell’art. 146, comma 4, costituisce atto presupposto rispetto al permesso di costruire o agli altri titoli legittimanti l’intervento urbanistico-edilizio, ivi compresi quelli in sanatoria – i casi previsti dall’articolo 167, comma 4, del medesimo decreto legislativo n. 42 del 2004 e costituiti oltre che dall’impiego di materiali in difformità  dall’autorizzazione paesaggistica e dai lavori comunque configurabili quali interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria proprio dai “lavori, realizzati in assenza o difformità  dall’autorizzazione paesaggistica, che non abbiano determinato creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati”.
Secondo quanto chiarito dalla giurisprudenza prevalente, condivisa dal Collegio, per volumi tecnici, ai fini dell’esclusione dal calcolo della volumetria ammissibile, devono intendersi i locali completamente privi di una autonomia funzionale, anche potenziale, in quanto destinati a contenere impianti serventi di una costruzione principale, per esigenze tecnico-funzionali della costruzione stessa (cfr. ex multis T.A.R. Napoli, Sezione IV, 14 maggio 2012, n. 2251 e la giurisprudenza ivi richiamata, Consiglio di Stato Sezione IV, 15 gennaio 2013, n. 223) ed, in particolare, quei volumi strettamente necessari a contenere ed a consentire l’ubicazione di quegli impianti tecnici indispensabili per assicurare il comfort degli edifici (cfr. T.A.R. Bolzano, 29 novembre 2012, n. 355), che non possano, per esigenze tecniche di funzionalità  degli impianti, essere inglobati entro il corpo della costruzione realizzabile nei limiti imposti dalle norme urbanistiche (T.A.R. Napoli, Sezione IV, 14 maggio 2012, n. 2251 cit.).
Passando ad analizzare la fattispecie oggetto di gravame il Collegio deve innanzitutto evidenziare che parte ricorrente ha omesso di fornire elementi di prova, rientranti nella sua piena disponibilità  ex art. 64 c.p.a., in merito alla riconducibilità  dell’intervento realizzato a “volume tecnico” non computabili nel calcolo della volumetria; nè viene rappresentato nulla circa la necessità  tecnologica che avrebbe portato alla variazione delle altezze di imposta e di colmo nella relazione tecnica allegata alla domanda di accertamento di compatibilità  paesaggistica, nè la riconducibilità  delle opere realizzate al concetto di volume tecnico si evince dalla documentazione fotografica presentata.
Nella suddetta relazione, di contro, come letteralmente riportato nel provvedimento impugnato, è rappresentato che “il locale (sottotetto) risulta essere praticabile, raggiungibile tramite botola…. inoltre avendo intenzione di utilizzare il locale, sono stati realizzati sette lucernari a raso ed una piccola loggia con affaccio sul giardino di proprietà “.
Inoltre a nulla rileva la circostanza, richiamata da parte ricorrente, che l’altezza raggiunta non sarebbe quella di un normale piano da utilizzare a scopo abitativo. Ad avviso della giurisprudenza amministrativa condivisa dal Collegio, infatti, in materia edilizia, sono volumi tecnici quelli che per funzione e dimensione si pongono rispetto alla costruzione come elementi tecnici essenziali per l’utilizzazione della stessa e non ricomprendono, quindi, quelli suscettibili di assolvere a funzioni complementari (cfr. Consiglio di Stato Sezione V, 16 settembre 2004, n. 6038).
Conclusivamente occorre ricordare che, nel caso in cui il provvedimento amministrativo sia sorretto da più ragioni giustificatrici tra loro autonome, è sufficiente a sorreggere la legittimità  dell’atto la fondatezza anche di una sola di esse; tenuto conto che il provvedimento impugnato è un atto plurimotivato, il Collegio lo ritiene legittimo perchè coglie nel segno ed è sufficiente a sorreggerne il dispositivo la ragione ostativa con la quale il Comune ha ritenuto che, per quanto esposto nella Relazione tecnica illustrativa allegata agli atti di progetto, nella parte sopra riportata, “le opere suddette hanno comportato aumento di superficie utile e volume e, pertanto, non rientrano nella tipologia di abusi soggetti a compatibilità  paesaggistica ex art. 1 comma 36 della legge n. 308/2004;”.
Per i suesposti motivi, il ricorso deve essere respinto.
Le spese, secondo la regola della soccombenza, devono porsi a carico della parte ricorrente, nell’importo liquidato nel dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Terza) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna la dott.ssa Rosa Russo al pagamento di complessivi € 1.000,00 (mille/00) in favore del Ministero dei Beni e delle Attività  Culturali e del Turismo, a titolo di spese, diritti ed onorari di causa, oltre IVA e C.P.A..
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità  amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 24 ottobre 2013 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Sergio Conti, Presidente
Antonio Pasca, Consigliere
Rosalba Giansante, Primo Referendario, Estensore
 
 
 
 

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 09/01/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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