1. Procedimento amministrativo – Ricorso gerarchico – Silenzio – Decorso termine – Natura ordinatoria – Potere di pronunzia tardiva p.A. – Sussiste – Diritto del privato a pretendere decisione – Fattispecie
2. Procedimento amministrativo – Ricorso gerarchico – Silenzio – Decorso termine – Conseguenze – Esercizio alternativa tra rimedio amministrativo e giurisdizionale
3. Procedimento amministrativo – Ricorso gerarchico – Attività istruttoria p.A. – Legittima aspettativa ricorrente su decisione ricorso – Sussiste
4. Procedimento amministrativo – Ricorso gerarchico – Attività istruttoria p.A. – Acquisizione nuove circostanze – Nuovo provvedimento – Obbligo giuridico in capo all’Amministrazione – Sussiste
1. Il decorso del termine assegnato all’Amministrazione per la decisione sul ricorso gerarchico deve ritenersi di natura meramente ordinatoria o acceleratoria, permanendo di conseguenza in capo alla p.A. il potere di pronunciarsi anche tardivamente e, in capo al ricorrente in via gerarchica, il potere di pretendere una decisione sul ricorso gerarchico (nella fattispecie il ricorrente ha impugnato il silenzio serbato dalla p.A. sul ricorso gerarchico dal medesimo proposto).
2. L’inutile decorso del termine di decisione sul ricorso gerarchico costituisce mero presupposto per l’esercizio della alternativa facoltà di scelta per il ricorrente tra il rimedio giustiziale amministrativo e quello giurisdizionale.
3. Quando la p.A. pone in essere attività istruttoria, determina in capo al ricorrente la legittima aspettativa in ordine alla decisione del ricorso amministrativo.
4. Le circostanze sopravvenute, acquisite in via istruttoria al procedimento decisorio del ricorso gerarchico, determinano di per sè l’obbligo giuridico in capo all’Amministrazione di riprovvedere.
N. 00019/2014 REG.PROV.COLL.
N. 00995/2013 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 995 del 2013, proposto da:
Francesco Di Cillo, rappresentato e difeso dagli avv. Francesco Paolo De Sanctis, Ripalta Borrelli, con domicilio eletto presso Segreteria T.A.R. Bari in Bari, Pza Massari;
contro
U.T.G. – Prefettura di Foggia, Ministero dell’Interno, rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura Distr.le Stato Di Bari, domiciliata in Bari, via Melo, 97;
per l’annullamento
del silenzio rigetto serbato dalla Prefettura di Foggia sul ricorso gerarchico proprosto avverso il provvedimento della Questura di Fopggia con decreto del 12.7.2011, nonchè del silenzio serbato dalla Prefettura di Foggia sulla richiesta di definizione del procedimento formulata con nota del 26.6.2012, sulla richiesta di decisione del ricor5so gerarchico formulara il 24.10.2013, in sede di audizione personale del ricorrente, e sull’istanza di definizione del procedimento inviata il 28.3.2013 e, ove occorra, della nota prot. 23020/20102 ARE I bis del Prefetto di Foggia e della nota prot. Cat.6f del 19.11.2012 della Questura di Foggia,
nonchè per la declaratoria dell’obbligo di provvedere
della Prefettura di Foggia sul ricorso gerarchico proposto dal sig. Di Ci9llo avverso il provvedimento della Questura di Foggia con decreto del 12.7.2011
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di U.T.G. – Prefettura di Foggia e di Ministero dell’Interno;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 7 novembre 2013 il dott. Antonio Pasca e uditi per le parti i difensori Ripalta Borrelli e Giovanni Cassano;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con il ricorso in esame Di Cillo Francesco chiede dichiararsi l’illegittimità del silenzio rigetto formatosi in relazione all’inerzia del Prefetto di Foggia sul ricorso gerarchico proposto avverso il decreto del Questore di Foggia del 12.7.2011, nonchè dichiararsi l’obbligo del Prefetto di Foggia di provvedere in ordine alla decisione del ricorso gerarchico di cui sopra.
Il ricorrente era titolare di licenza di porto di fucile per uso venatorio n. 1201198/N del 19.8.2009.
A seguito dell’insorgere di una controversia con il fratello Di Cillo Gaetano, relativa alla pretesa restituzione di somme date a prestito, il ricorrente è stato destinatario di denuncia querela a firma del predetto fratello e della sua consorte Melillo Donata, querela che ha costituito il presupposto della revoca della licenza di porto d’armi da parte del Questore di Foggia con il citato decreto del 12.7.2011.
Avverso tale provvedimento, il ricorrente ha proposto ricorso gerarchico al Prefetto di Foggia, in data 6.10.2011, deducendo i seguenti motivi:
1) Violazione degli artt. 39 e 40 r.d. 773/1931. Violazione dell’art. 13 l. n. 241/1990 e art. 6 l. 152/1975. Eccesso di potere per carenza di motivazione.
2) Violazione di legge ed eccesso di potere per difetto di motivazione e carenza di istruttoria. Violazione degli artt. 3 ss. l. 241/1990.
Dopo l’avvio da parte del Prefetto di Foggia della fase istruttoria prodromica di una decisione sul ricorso, non è stata tuttavia adottato alcuna determinazione.
Il ricorrente ha quindi proposto alcune istanze sollecitando la definizione del procedimento, cui ha fatto seguito l’audizione del ricorrente medesimo in data 24.10.2012, nella quale lo stesso ha rappresentato l’avvenuta bonaria composizione della lite con il fratello, significata altresì dalla sentenza del Giudice di Pace di Ortanova n. 67/2012 con cui si dichiarava estinto il reato ascritto al ricorrente per remissione della querela.
Nonostante tutto quanto sopra il Prefetto di Foggia non ha adottato alcuna decisione sul ricorso gerarchico, comunicando invece – con nota del 30.4.2013 – che il ricorso doveva intendersi rigettato ai sensi dell’art. 6 del d.p.r. 1189/1971 (silenzio rigetto), provvedimento anche esso oggetto di impugnazione con il ricorso in esame.
Il ricorrente, a supporto della domanda deduce i seguenti motivi:
1) violazione e falsa applicazione degli artt. 2 ss. l. 241/1990 e ss.mm.ii.. Violazione dei principi di imparzialità e trasparenza e buon andamento della p.A.;
2) violazione dei principi di correttezza e buona fede e di leale collaborazione. Eccesso di potere per ingiustizia manifesta e perplessità dell’azione amministrativa. Violazione del principio del legittimo affidamento;
3) violazione del diritto di difesa sancito dall’art. 24 Cost. Difetto assoluto di motivazione e violazione dell’art. 3 l. 241/1990.
Si sono costituiti in giudizio la Prefettura di Foggia e il Ministero dell’Interno, contestando le avverse deduzioni e chiedendo la reiezione del ricorso.
Alla Camera di Consiglio del 7 novembre 2013 il ricorso è stato introitato per la decisione.
DIRITTO
Il ricorso è fondato e meritevole di accoglimento.
Ritiene infatti il Collegio, in conformità dei noti principi espressi dalle decisioni dell’Adunanza Plenaria n. 16 e 17 del 1989, che il decorso del termine assegnato all’Amministrazione per la decisione sul ricorso gerarchico debba ritenersi di natura meramente ordinatoria o acceleratoria, permanendo di conseguenza in capo all’Amministrazione il potere di pronunciarsi anche tardivamente e, in capo al ricorrente in via gerarchica, il potere di pretendere una decisione sul ricorso gerarchico.
Tale orientamento, condiviso dal Collegio, risulta chiaramente ispirato all’esigenza di assicurare la pienezza della tutela in via giustiziale amministrativa, oltre che in via giurisdizionale, dovendosi configurare l’effetto dell’inutile decorso del termine di decisione sul ricorso gerarchico come mero presupposto per l’esercizio della alternativa facoltà di scelta per il ricorrente tra il rimedio giustiziale amministrativo e quello giurisdizionale.
Diversamente opinando, infatti, il ricorrente risulterebbe privato della possibilità di ottenere una decisione supportata dalla valutazione di motivi di merito, dei quali è precluso lo scrutinio da parte del Giudice Amministrativo in sede di giudizio di legittimità .
Nel caso di specie ricorre peraltro evidente interesse in capo al ricorrente in ordine alla decisione del ricorso gerarchico, in considerazione delle valutazioni anche di merito che hanno supportato i motivi posti a base del ricorso in via amministrativa.
Ed invero, il ricorrente ha rappresentato l’insufficienza del presupposto per l’adozione del provvedimento di revoca del porto d’armi, rappresentato unicamente dalla proposizione di una querela, peraltro successivamente rimessa con conseguente sentenza di proscioglimento per difetto delle condizioni di procedibilità dell’azione penale.
L’ingresso di tali ulteriori vicende nella fattispecie procedimentale del ricorso gerarchico è supportato dalle successive istanze di definizione del procedimento, il cui contenuto ha integrato e precisato i termini dell’originario petitum.
La valutazione di tali ulteriori circostanze è stata infatti recepita e avallata dall’Amministrazione nell’ambito della fase istruttoria culminata con l’audizione dell’interessato e l’allegazione della documentazione comprovante la compiuta definizione della vicenda relativa alla controversia con il fratello.
Senza peraltro considerare che l’Amministrazione, anche oltre il termine stabilito per la decisione del ricorso gerarchico, ha posto in essere attività istruttoria, determinando in tal modo in capo al ricorrente la legittima aspettativa in ordine alla decisione del ricorso amministrativo.
La valutazione delle predette circostanze sopravvenute e della obiettiva inidoneità di una denuncia querela a supportare di per sè la revoca del porto d’armi ad uso venatorio costituiscono circostanze che attengono anzitutto a valutazioni di merito, demandate in via esclusiva all’Autorità amministrativa investita della decisione sul ricorso gerarchico.
Senza peraltro considerare che le circostanze sopravvenute, ormai acquisite in via istruttoria al procedimento decisorio del ricorso gerarchico, determinano di per sè l’obbligo giuridico in capo all’Amministrazione di riprovvedere.
Il ricorso va dunque accolto e, per l’effetto, va ordinato alla Prefettura di Foggia di adottare una decisione sul ricorso gerarchico di che trattasi, così come integrato dalle successive istanze, entro il termine di giorni trenta dalla data di notificazione e/o comunicazione in via amministrativa della presentente sentenza, disponendosi sin d’ora che – in caso di ulteriore inerzia della Prefettura di Foggia – a tanto provveda il Prefetto della BAT o suo delegato entro l’ulteriore termine di giorni trenta, nominato con la presente Commissario ad acta, riservandosi di determinare successivamente le competenze dovute al Commissario ad acta.
Le spese di giudizio, che si liquidano in complessivi euro 1.000,00 oltre iva e cpa e rimborso del c.u., seguono la soccombenza e vanno dunque poste a carico delle Amministrazioni resistenti, in solido fra loro.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Bari Sezione Terza definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, dichiara l’illegittimità dell’inerzia serbata dalla Prefettura di Foggia; dichiara l’obbligo della Prefettura di Foggia di adottare una decisione in ordine al ricorso gerarchico di che trattasi, così come integrato dalle successive istanze, entro il termine di giorni trenta dalla data di notificazione e/o comunicazione in via amministrativa della presentente sentenza; dispone sin d’ora che – in caso di ulteriore inerzia della Prefettura di Foggia – a tanto provveda il Prefetto della BAT o suo delegato entro l’ulteriore termine di giorni trenta, nominato con la presente Commissario ad acta.
Condanna le Amministrazioni resistenti, in solido fra loro, al pagamento, in favore del ricorrente, delle spese di giudizio che si liquidano in complessivi euro 1.000,00 oltre iva e cpa e rimborso del c.u..
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 7 novembre 2013 con l’intervento dei magistrati:
Sergio Conti, Presidente
Antonio Pasca, Consigliere, Estensore
Rita Tricarico, Consigliere
L’ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 10/01/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)