1. Giurisdizione – Rifiuti – Ordinanza sindacale di rimozione – G.A.


2. Processo amministrativo – Giudizio impugnatorio – Legittimazione passiva – Ordinanza sindacale dì rimozione dei rifiuti – Proprietario non possessore – Non sussiste


3. Ambiente ed ecologia – Rifiuti – Rimozione – Ordinanza sindacale – Accertamento della responsabilità  dell’agente per dolo o colpa grave  –  Necessità 


4. Ambiente ed ecologia – Rifiuti – Ordinanza sindacale di rimozione – Accertamento della responsabilità  – Istruttoria in contraddittorio – Motivazione – Assenza – Illegittimità 


5. Risarcimento del danno – Ordinanza sindacale di rimozione rifiuti – Assenza di responsabilità  del destinatario – Esecuzione dell’ordinanza senza acquiescenza – Conseguenze

1. Per consolidato orientamento giurisprudenziale la giurisdizione in materia di impugnazione dell’ordinanza sindacale di rimozione dei rifiuti è del giudice amministrativo in quanto espressione di un potere autoritario della p.A..


2. Il proprietario del fondo oggetto di un decreto di occupazione d’urgenza, in quanto privato della disponibilità  materiale e giuridica della cosa, non può essere destinatario dell’ordinanza sindacale di rimozione ripristino dello stato dei luoghi in caso di abbandono di rifiuti, ex art. 192 del D.Lgs. 196/2006, con conseguente difetto di legittimazione passiva dello stesso. 


3. àˆ illegittima l’ordinanza sindacale emessa in caso di abbandono di rifiuti ex art. 192 del D.Lgs. 196/2006 qualora essa non sia stata preceduta da adeguato accertamento sulla sussistenza della responsabilità  per dolo o colpa grave nell’abbandono dei rifiuti da parte sia del proprietario, sia del soggetto che è nella disponibilità  materiale dell’area i quali non possono essere destinatari dell’ordinanza stessa soltanto in ragione delle loro rispettive qualità .


4. In materia di bonifica dei siti inquinati attraverso l’emanazione dell’ordinanza sindacale di cui all’art. 192 del D. Lgs. 196/2006, l’istruttoria volta alla imprescindibile verifica della sussistenza in capo ai suoi destinatari della responsabilità  per dolo o colpa grave deve essere svolta in contraddittorio tra le parti chiamate al procedimento con comunicazione di avvio dello stesso e resa oggetto di un esauriente motivazione dell’ordinanza, pena la sua illegittimità .


5. L’ordinanza sindacale emanata per la rimozione di rifiuti, di cui all’art. 912 del D.Lgs. 196/2006, determina la responsabilità  da attività  provvedimentale illegittima della p.A. qualora essa sia stata emanata in assenza di istruttoria svolta in contraddittorio tra le parti per il necessario accertamento della responsabilità  per dolo o colpa grave degli agenti, sia priva di motivazione, e abbia causato danni al destinatario che abbia comunque ottemperato all’ordinanza di rimozione in essa contenuto pur non prestandovi acquiescenza.

N. 01715/2013 REG.PROV.COLL.
N. 01762/2007 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1762 del 2007, proposto da: 
Acquedotto Pugliese s.p.a., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’avv. Maria Rosaria Mola, con domicilio eletto presso la sede dell’Ufficio legale della società  in Bari, alla via Cognetti n. 36; 

contro
Comune di Canosa di Puglia, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’avv. Domenico Damato, con domicilio eletto presso il suo studio in Bari, alla via Cognetti n. 58; 

nei confronti di
Antonio Maddalena, rappresentato e difeso dall’avv. Giuseppe Mescia, con domicilio eletto presso l’avv. Vincenzo Resta in Bari, alla via Piccinni n. 210; Lucia Princigalli; 

per l’annullamento
dell’ordinanza n.114 del 25 luglio 2007, emessa dal Sindaco del Comune di Canosa e notificata all’Acquedotto pugliese il 28 luglio 2007 nonchè
per il risarcimento
dei danni patiti e patendi dall’odierna ricorrente per effetto del provvedimento impugnato;
 

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Canosa di Puglia e di Antonio Maddalena;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 19 giugno 2013 la dott.ssa Giacinta Serlenga e uditi per le parti i difensori avv.ti Maria Rosaria Mola; Domenico Damato; Giuseppe Mescia;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 

FATTO e DIRITTO
1.- La società  Acquedotto pugliese per azioni, in virtù di convenzione sottoscritta nel settembre 2002 con il Presidente della Giunta regionale della Puglia in qualità  di Commissario delegato per l’emergenza ambientale, è incaricata di provvedere alla gestione del Servizio idrico integrato nel territorio regionale. Questo comprende, per quel che qui rileva, l’esecuzione dei lavori diretti all’adeguamento del servizio stesso alla normativa comunitaria.
Alla predetta società  sono stati, dunque, affidati i lavori di ampliamento e adeguamento del depuratore comunale a servizio dell’abitato di Canosa, il cui progetto esecutivo è stato approvato dal Commissario delegato, giusta decreto n. 145/CD/A del 10.7.2006, con trasferimento alla società  stessa dei poteri espropriativi.
In tale quadro si inscrive la vicenda per cui è causa.
L’acquedotto ha invero disposto l’occupazione anticipata dell’area adiacente al depuratore, di proprietà  dei sigg.ri Antonio Maddalena e Lucia Princigalli, riportata in catasto al foglio 25, particella 138, della superficie di mq. 5373, giusta. decreto del Dirigente Ufficio espropri n. 24833 del 27.10.2006; ed ha poi affidato i lavori alla società  appaltatrice “Giovanni Putignano & figli s.r.l.”, in via definitiva soltanto in data 26.4.2007 (come da verbale in atti, dal quale però emerge un affidamento parziale già  in data 25 ottobre 2006).
Durante i lavori di scavo, cui hanno presenziato i rappresentanti della Soprintendenza Archeologica per la Puglia trattandosi di sito di interesse archeologico, sono stati rinvenuti rifiuti provenienti da attività  di costruzione e demolizione. Pertanto, sospesa ogni attività , di tanto veniva data comunicazione sia al Sindaco di Canosa che alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Trani (cfr. nota a firma del Direttore dei lavori prot. n. 48570 del 5.7.2007); oltre che ai proprietari del terreno, nei cui confronti si stava completando la procedura espropriativa.
Nonostante l’informativa, tuttavia, non è stato disposto alcun sopralluogo o intervento; soltanto il 25 luglio successivo, il Sindaco di Canosa ha emesso l’ordinanza n.114 con la quale, ai sensi e per gli effetti dell’art.192 del d.lgs. n.152/06, ha ordinato alla società  Acquedotto pugliese s.p.a. di provvedere alla rimozione e allo smaltimento dei predetti rifiuti .
La società  intimata, onde evitare la perdita dei finanziamenti pubblici per i lavori di adeguamento in corso, ha adempiuto all’ordine avvalendosi di ditta specializzata, sia pure chiarendo -con nota inviata all’Amministrazione comunale (prot. 71069 del 10.10.2007)- che l’intervenuta esecuzione non dovesse essere intesa quale acquiescenza al predetto provvedimento. L’operazione, secondo la stima iniziale, avrebbe dovuto avere un costo di € 83.000,00 (ottantatremila/00).
Con il gravame in epigrafe, pertanto, la società  stessa ha impugnato la predetta ordinanza chiedendone l’annullamento, unitamente al risarcimento dei danni subiti e subendi, da quantificarsi in corso di causa. Nell’ultima memoria, versata in atti il 16 maggio 2013, la somma è stata indicata in € 88.435,30, sulla scorta di quanto effettivamente corrisposto alla ditta incaricata della bonifica.
Si sono costituiti in giudizio sia l’Amministrazione comunale di Canosa sia il sig. Antonio Maddalena, uno dei due originari proprietari dell’area, entrambi eccependo il difetto di giurisdizione e, comunque, l’infondatezza del gravame. Il proprietario ha chiesto inoltre l’estromissione dal giudizio.
All’udienza del 19 giugno 2013 la causa è stata trattenuta in decisione.
2.- In via preliminare va disattesa l’eccezione di difetto di giurisdizione.
La più recente giurisprudenza amministrativa, dalla quale questo Collegio non ha ragione di discostarsi, individua -in modo costante- nel giudice amministrativo l’autorità  dotata di giurisdizione in relazione alle controversie aventi ad oggetto l’ordinanza emessa ai sensi dell’art.192 del Codice dell’ambiente, in considerazione della natura intrinseca del potere esercitato (cfr. da ultimo Tar Lazio, Roma, II ter, 18.3.2011 n.2388, Tar Campania, Napoli, Sez. V, 16.4.2007, n. 3727; C.G.A.S., 28.12.2006, n.874; in termini C.d.S., Sez. V, n. 439/2006 e n.935/2005).
3.- La richiesta di estromissione va, invece, accolta. Il sig. Maddalena, invero, a seguito del decreto di occupazione d’urgenza e della conseguente immissione in possesso disposta in favore della società  ricorrente, già  nell’ottobre 2006 ha perso la disponibilità  giuridica e materiale dell’area in questione; sicchè, alla stregua di consolidato orientamento giurisprudenziale sul quale ci si soffermerà  più diffusamente nell’esame del merito del ricorso, non può essere in alcun modo ritenuto corresponsabile ai fini della relativa bonifica.
I rifiuti sono stati infatti rinvenuti durante le operazioni di scavo nell’aprile 2007, ben sei mesi dopo lo spossessamento e non vi è prova in atti che l’abbandono dei rifiuti risalga ad un momento precedente .
4.- La responsabilità  per illecito abbandono dei rifiuti non può tuttavia essere configurata -ai sensi del richiamato art.192 del codice dell’ambiente- neanche in capo alla società  ricorrente, nella qualità  di soggetto nella cui disponibilità  materiale l’area si trovava al momento del rinvenimento; il ricorso è, pertanto, fondato nel merito e va accolto.
E’ invero prevalente e costante l’interpretazione fornita dalla giurisprudenza, già  in relazione all’art. 14, comma 3 del d. lgs. n. 22/97, secondo cui il proprietario del terreno su cui sono stati abbandonati i rifiuti è responsabile dell’abuso, in solido con il soggetto che ha commesso il fatto illecito -ed eventualmente da solo se quest’ultimo resta sconosciuto- esclusivamente allorquando, ai fini della commissione dell’illecito, gli si possa imputare un comportamento doloso o colposo.
Non si ritiene, cioè, configurabile in capo al proprietario una forma di responsabilità  oggettiva alla stregua di un’obbligazione propter rem, essendo viceversa necessario, affinchè sorga l’obbligo di procedere alla bonifica dell’area compromessa, che sia integrato l’elemento soggettivo del dolo o della colpa grave.
Il richiamato art.14 del cd. decreto Ronchi è stato poi abrogato e sostituito dalla disciplina, di analogo tenore, contenuta nell’art. 192 del d.lgs. n.152/2006 (cfr. art.264 stesso decreto); sicchè la precedente evoluzione giurisprudenziale ha trovato conferma in quella successiva (cfr., da ultimo, Tar Lazio, Roma, Sez. II ter, 1.2.2013, n.1142; Tar Piemonte, Torino, Sez. II, 14.3.2013, n.318; Tar Campania, Salerno, Sez. I, 20.6.2012, n.1254; in termini C.d.S., Sez. V, 4.3.2011, n.1384 e 19.3.2009, n.1612).
L’ordine di cui all’art.192 in discussione quindi, proprio allo scopo dell’accertamento di eventuali responsabilità , deve essere preceduto da adeguata istruttoria da parte degli organi preposti al controllo, in contraddittorio con tutti i soggetti coinvolti, (cfr. in particolare Tar Lazio, Roma, III ter n.1142/2013 già  citata; in termini Tar Emilia-Romagna, Parma, Sez. I, 8.6.2010, n.281 e Tar Puglia, Lecce, Sez. III, 13.2.2013, n.301).
In mancanza di adeguata dimostrazione dell’imputabilità  soggettiva della condotta da parte dell’amministrazione procedente, sulla base di un’istruttoria completa e di un’esauriente motivazione (quand’anche fondata su ragionevoli presunzioni), devono pertanto ritenersi illegittimi gli ordini di smaltimento di rifiuti abbandonati in un fondo, che siano indiscriminatamente rivolti al proprietario del fondo stesso in ragione della sua sola qualità . E al proprietario dell’area va senza dubbio assimilato -mutatis mutandi- il soggetto che ne ha acquisito la piena disponibilità , anche in via di mero fatto (cfr. sul punto Tar Puglia, Lecce, Sez. III, n.301/2013 appena citata).
Nel caso di specie, la società  ricorrente ha in effetti dedotto sia la violazione del più volte richiamato art.192 per assenza dei relativi presupposti, in particolare della prova dell’elemento soggettivo che integra la fattispecie della responsabilità  ivi contemplata (cfr. motivo 1); sia il difetto di istruttoria e di motivazione, denunziando che sia mancato il contraddittorio con i soggetti coinvolti a partire dalla omessa comunicazione di avvio del procedimento, nonchè qualsiasi accertamento dal quale si possa inferire la corresponsabilità  della società  ricorrente e che possa giustificare, sotto il profilo motivazionale, il provvedimento adottato (cfr. motivo 2).
Le censure appaiono fondate. Deve in effetti convenirsi che, nella fattispecie, non vi è prova agli atti di indagini svolte per accertare la responsabilità  della società  ricorrente, nè come autore del fatto nè come custode dell’area, risultando peraltro il suolo de quo protetto da apposita recinzione.
Il provvedimento impugnato è, pertanto illegittimo e va annullato.
5.- Veniamo infine alla richiesta di risarcimento dei danni, formulata dalla società  ricorrente sotto forma di restituzione della somma complessivamente corrisposta alla ditta specializzata per la bonifica dell’area in questione, che indica in € 88.435,30.
La richiesta va accolta, rinvenendosi nel caso in esame tutti gli elementi della fattispecie risarcitoria.
Il danno corrispondente al costo della bonifica si qualifica invero “ingiusto” in considerazione dell’illegittimità  dell’ordinanza comunale impugnata; è, altresì, configurabile la colpa della pubblica Amministrazione per non aver svolto i dovuti accertamenti in merito alla responsabilità  o corresponsabilità  della ricorrente prima di emettere l’ordine dannoso, nonostante si trovasse ad operare all’interno di un quadro giuridico da tempo definito e non connotato da alcuna incertezza interpretativa; nè può, infine, dubitarsi del nesso eziologico tra condotta colposa e danno ingiusto, avendo la società  ricorrente provveduto alla bonifica dell’area in questione soltanto per ottemperare all’ordine contenuto nell’ordinanza sindacale oggetto di impugnazione.
Sussiste, dunque, in capo all’Amministrazione comunale la responsabilità  per i danni prodotti da attività  provvedimentale illegittima.
Quanto all’ammontare del danno di cui si chiede la liquidazione, esso risulta comprovato dall’esibizione in giudizio di apposita fattura (la n. 294) e del relativo pagamento a mezzo bonifico bancario (cfr. ricevuta agli atti).
6.- In conclusione, respinta l’eccezione di difetto di giurisdizione, il gravame va accolto previa estromissione dal giudizio dell’originario proprietario. Il Collegio ritiene, tuttavia, di procedere alla compensazione delle spese di causa, considerato che nella fattispecie non si è pervenuti ad alcun accertamento di responsabilità  in capo ai soggetti coinvolti, nemmeno negativo.
P.Q.M.
il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, così provvede:
a) lo accoglie nella parte impugnatoria e, per l’effetto, annulla l’ordinanza sindacale impugnata;
b) accoglie altresì la domanda risarcitoria e, per l’effetto, dispone che l’Amministrazione comunale corrisponda alla società  ricorrente, a titolo di risarcimento dei danni derivanti dall’attività  amministrativa illegittima, l’importo di € 88.435,30, oltre interessi legali fino al soddisfo;
c) compensa tra le parti le spese di causa.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità  amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 19 giugno 2013 e del giorno 4 dicembre 2013 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Corrado Allegretta, Presidente
Giacinta Serlenga, Primo Referendario, Estensore
Francesco Cocomile, Primo Referendario
 
 
 
 

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 19/12/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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