1. Procedimento amministrativo – Partecipazione – Divieto detenzione armi e munizioni – Avviso di avvio del procedimento – Omissione – Conseguenze


2. Pubblica sicurezza – Divieto detenzione armi e munizioni – Carattere sanzionatorio – Non sussiste

1. Il provvedimento prefettizio ex art. 39 TULPS recante il divieto di detenzione di armi e munizioni, trattandosi di una misura preventiva per evitare il pericolo di compromissione di interessi pubblici, è di per sè connotato da particolari esigenze di celerità  onde può essere adottato legittimamente pur se non preceduto dall’avviso di avvio del procedimento di cui all’art.7 L.n. 241/1990 e s.m.i..


2. Il divieto di detenzione di armi e munizioni emanato dal Prefetto ai sensi dell’art.39 TULPS non ha carattere sanzionatorio nei confronti del soggetto interessato bensì  cautelativo della sicurezza pubblica impedendo, con giudizio prognostico improntato al massimo rigore,  che sia concessa la disponibilità  di armi in favore di un soggetto  non esente da mende, che  non possa quindi garantirne l’uso corretto.

N. 01702/2013 REG.PROV.COLL.
N. 01559/2007 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1559 del 2007, proposto da I. F., rappresentato e difeso dagli avv.ti Giuseppe Tempesta ed Annamaria Angiuli, con domicilio eletto presso la seconda in Bari, via Montenegro n. 2; 

contro
Ministero dell’Interno – Prefettura di Bari, rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Bari, presso i cui uffici, siti in Bari, via Melo, n. 97, sono domiciliati ex lege; 

per l’annullamento
– del decreto del 28.6.2007, prot. n. 769/6D/Area O.P. 1 Bis, con il quale il Prefetto di Bari ha vietato al ricorrente di “detenere armi, munizioni e materie esplodenti”;
– di ogni altro atto presupposto, connesso consequenziale anche se non conosciuto, comprese le note del 18.6.2007 e del 28.6.2007, “con le quali la Stazione dei Carabinieri di Bari principale ha chiesto l’adozione del provvedimento cautelare del divieto di detenzione di armi e munizioni nei confronti del dott. F. I. (¦)”.
 

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dellai Prefettura di Bari e del Ministero dell’Interno;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 14 novembre 2013 la dott.ssa Desirèe Zonno e uditi per le parti i difensori, avv. Giuseppe Tempesta e avv. dello Stato Grazia Matteo;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 

FATTO e DIRITTO
A seguito di richiesta formulata dai Carabinieri della stazione principale di Bari, in ragione dell’avvenuto arresto in flagranza di reato del ricorrente per reati vari (di cui agli artt. 617 bis, 615 bis, 610, 56-609 bis e 629 c.p.), il Prefetto di Bari adottava il provvedimento in epigrafe meglio indicato, con cui vietava al ricorrente la detenzione delle armi e munizioni fino ad allora detenute legalmente.
Motivava la decisione in considerazione non solo dell’avvenuto arresto in flagranza (che a ben guardare, tuttavia, nel complessivo impianto motivazionale del provvedimento impugnato, si atteggia più quale occasione della segnalazione e del provvedimento che come vera causa giustificativa dello stesso), ma anche del fatto che, a seguito di perquisizione domiciliare, venivano rinvenuti 66 proiettili calibro 7,65, in esubero rispetto a quelli denunciati, con conseguente venir meno del requisito soggettivo dell’assoluta affidabilità .
Contro tale decreto insorge il sig. Inchingolo, lamentando, in primo luogo, l’eccesso di potere.
Il provvedimento di divieto adottato sarebbe caratterizzato da discrezionalità  (non si tratta, infatti, di atto dovuto), sicchè il ritenuto pericolo di abuso avrebbe richiesto una più approfondita istruttoria, anche in considerazione dell’unicità  dell’episodio di detenzione abusiva.
Aggiunge che i reati contestati all’atto dell’arresto in flagranza si sarebbero poi notevolmente ridimensionati all’atto dell’esercizio dell’azione penale, essendo stato disposto il rinvio a giudizio solo per il reato di cui all’art. 617 bis c.p., indubbiamente di minore gravità  rispetto all’originario quadro accusatorio.
Deduce, infine, la violazione delle norme di cui all’art. 7, legge n. 241/1990, per essere mancato ogni momento partecipativo e, in particolare, la comunicazione di avvio del procedimento.
Il ricorso è da respingere.
In primo luogo, va sgomberato il campo da tale ultima censura, da respingersi in base alla giurisprudenza formatasi in materia .
Il provvedimento prefettizio ex art.39 TULPS rientra sicuramente tra gli atti caratterizzati da particolari esigenze di celerità  per i quali può esser omessa la comunicazione predetta.
Ed invero – posto che ai fini dell’osservanza del disposto di legge di cui all’art. 7 citato, la comunicazione di avvio del procedimento può anche essere omessa, a condizione che vengano rappresentate nel provvedimento le particolari esigenze di celerità  che giustificano detta omissione – deve osservare il Collegio che, nella situazione in esame, l’Autorità  di P.S. ha considerato che i fatti e le circostanze descritte nel decreto impugnato costituissero già  di per sè fonte di concreto pericolo per l’ordine pubblico e la sicurezza dei cittadini, rendendo necessaria l’adozione immediata del divieto impugnato, per l’esigenza di evitare il verificarsi di avvenimenti pregiudizievoli per l’ordine e la sicurezza pubblica.
L’urgenza, quindi, è qualificata dal pericolo della compromissione di tali interessi pubblici che caratterizza la misura preventiva con la quale l’Autorità  di Polizia ha disposto il divieto di detenzione di cui trattasi; dette ragioni integrano pertanto quelle particolari esigenze di celerità  del procedimento amministrativo in presenza delle quali l’Amministrazione è sollevata dall’obbligo della comunicazione previsto dal citato art. 7 (ex multis , Cons. Stato, Sez. VI, 7 febbraio 2007, n. 509).
Anche l’ulteriore censura avverso la parte motivazionale fondata sulla detenzione abusiva dei proiettili è infondata.
Il provvedimento in questione non ha carattere sanzionatorio nei confronti del destinatario, ma cautelativo della sicurezza pubblica.
àˆ, infatti, finalizzato ad evitare il pericolo per tale bene giuridico, determinato dalla possibile disponibilità  di armi in capo ad un soggetto che non possa garantirne il corretto uso.
La legislazione affida a tale scopo all’Autorità  di pubblica sicurezza il compito di valutare con il massimo rigore qualsiasi circostanza che consigli l’adozione del provvedimento di divieto della detenzione stessa, in quanto la misura persegue la finalità  di prevenire la commissione di reati e, in genere, di fatti lesivi della pubblica sicurezza.
Ne consegue che, in base al quadro normativo di riferimento, il titolare dell’autorizzazione a detenere armi, deve essere persona assolutamente esente da mende o da indizi negativi e assicurare la sua sicura e personale affidabilità  circa il buon uso, escludendo che vi possa essere pericolo di abusi.
Pertanto, qualunque elemento di pericolo giustifica l’esercizio del potere riconosciuto all’autorità  di P.S.
Nel caso di specie, la denuncia per reati connessi all’uso di armi e munizioni (cioè reati specifici che minano il giudizio di corretto utilizzo delle armi stesse e dei loro accessori) è ben idoneo a fondare la valutazione fatta dal Prefetto, della quale non si evidenzia alcuna irragionevolezza o difetto di istruttoria.
Nè vale obiettare che si è in presenza di unico episodio criminoso, in quanto, a ben vedere, il ricorrente, da un lato, è stato denunciato per reato d’installazione abusiva di apparecchi atti ad intercettare le conversazioni (art. 617 bis c.p.), dall’altro, è stato scoperto detenere proiettili non denunciati, così dimostrando una non episodica violazione delle regole.
D’altro canto, deve rilevarsi che il reato di detenzione dei proiettili costituisce precedente specifico, in ordine alla non affidabilità  del titolare della licenza.
L’ulteriore censura, data la sufficienza motivazionale ed istruttoria del provvedimento sulla scorta di quanto sin qui affermato, va dichiarata assorbita ed inammissibile.
Il ricorso non può, pertanto, essere accolto.
Sussistono giusti motivi per compensare integralmente le spese.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese integralmente compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità  amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 14 novembre 2013 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Giuseppina Adamo, Presidente FF
Desirèe Zonno, Primo Referendario, Estensore
Oscar Marongiu, Referendario
 
 
 
 

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 18/12/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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