1. Risarcimento del danno – Commercio, Industria Turismo – Edicola – Autorizzazione alla vendita – Concessione di suolo pubblico – Necessità – Voltura della titolarità del dante causa – Ammissibilità – Presupposti – Fattispecie
2. Processo amministrativo – Ricorso straordinario al Presidente della Repubblica – Natura impugnatoria – Domanda risarcitoria – Inammissibilità
3. Processo amministrativo – Risarcimento del danno – Azione di annullamento – Tardivo esperimento – Conseguenze
4. Processo amministrativo – Risarcimento del danno – Domanda – Proposizione – Termine decadenziale – Applicabilità
1. La regola secondo cui l’autorizzazione alla vendita di giornali necessiti della previa concessione di suolo pubblico non esclude che la titolarità di tale concessione possa essere acquisita mediante voltura dal dante causa alienante dell’attività in questione, nonostante l’ubicazione del chiosco risulterebbe in violazione delle norme del codice della strada nel frattempo entrato in vigore. Alla fattispecie in esame, infatti, va applicato il regime transitorio del codice stesso (art. 234) che prevedeva che, in attesa degli adeguamenti comunali delle ubicazioni di tali tipologie di chioschi alle nuove norme, potessero permanere le occupazioni e le installazioni esistenti già alla momento della sua entrata in vigore. (D’altro canto, nel caso specifico il Comune si era già determinato in tale senso per le due precedenti volture). Sussistono, pertanto, i presupposti per il riconoscimento della domanda risarcitoria in favore dell’istante l’autorizzazione alla vendita negata dal Comune per mancata concessione di suolo pubblico.
2. La natura impugnatori del ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, determina l’inammissibilità della domanda risarcitoria ivi proposta.
3. Dopo la plenaria 3/2011 non sussiste pregiudizialità tra l’annullamento del provvedimento illegittimo e la proposizione della domanda risarcitoria: ciò implica che il tardivo esperimento dell’azione di annullamento è destinato a rimanere privo di effetti sulla fondatezza della domanda risarcitoria.
4. Il termine decadenziale di 180 giorni per la proposizione dell’azione risarcitoria come previsto dall’art. 30 cpa non è applicabile alle domande proposte prima dell’astratta in vigore del codice, nè la norma può essere suscettibile di estensione analogica, trattandosi di un termine decadenziale, termine per sua natura eccezionale e quindi sottoposto al rispetto di un canone di stretta interpretazione.
N. 01650/2013 REG.PROV.COLL.
N. 01717/2011 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1717 del 2011, proposto da:
Giuseppe Petruzzelli, rappresentato e difeso dall’avv. Nunzia Ingrosso, con domicilio eletto presso Nunzia Ingrosso, in Bari, viale della Resistenza, n.48/F;
contro
Comune di Bari, rappresentato e difeso dall’avv. Rosa Cioffi, con domicilio eletto presso Rosa Cioffi in Bari, c/o Avv. ra Comunale via P.Amedeo, n. 26;
per il risarcimento dei danni derivanti dalla determinazione del 29.12.2008 n. 298 di non accoglimento dell’istanza di autorizzazione alla vendita di quotidiani e periodici per sub ingresso, adottata dal direttore della ripartizione sviluppo economico e polizia urbana del comune di bari ed annullata con d.p.r. del 3.9.2010, a seguito di ricorso straordinario al capo dello stato.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Comune di Bari;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 17 ottobre 2013 la dott.ssa Desirèe Zonno e uditi per le parti i difensori avv. Nunzia Ingrosso e avv. Rosa Cioffi;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Il ricorrente, in data 27.12.2007, ebbe ad acquistare un chiosco adibito ad edicola per la rivendita di giornali, in prossimità del carcere barese.
A seguito dell’acquisto, formulò istanza di “voltura” della concessione di suolo pubblico su cui il chiosco insisteva, chiedendo, altresì, l’autorizzazione all’esercizio della relativa attività di vendita.
Il Comune- ripartizione sviluppo – replicò che, per l’autorizzazione alla vendita, sarebbe stata necessaria la concessione di suolo pubblico.
Al tempo stesso, l’ente (questa volta in sede circoscrizionale) negava, in data 23.10.2008, al ricorrente la concessione di suolo perchè:
-1) i suoi dante causa non avevano volturato la concessione rilasciata al primo proprietario;
-2) il chiosco, come situato, non rispettava le distanze di sicurezza imposte dal codice strada.
Veniva, infine, in data 29.12.2008, rigettata definitivamente anche l’istanza di autorizzazione alla vendita, ritenendo la concessione presupposto necessario, con conseguente chiusura dell’esercizio commerciale nel Gennaio 2009 (per come allegato nel ricorso introduttivo pag. 4).
In parallelo a tale vicenda procedimentale si sviluppava, altresì, quella inerente il potenziale spostamento dell’edicola, determinato dalla necessità dell’Amministrazione penitenziaria di creare, in corrispondenza del muro di cinta della casa circondariale ed in prossimità del chiosco, un passo carrabile (poi in realtà mai realizzato per difetto dei presupposti di legge) per un nuovo ingresso per i familiari dei detenuti ed i mezzi DAP.
Il DAP chiedeva, pertanto, al sig. Petruzzelli l’assenso allo spostamento dell’edicola che questi rilasciava subordinatamente alla concessione di altro e prossimo suolo pubblico.
Tuttavia, il diniego di autorizzazione alla vendita determinava, altresì, l’impossibilità di concedere lo spostamento su altro loco.
Avverso il diniego di autorizzazione alla vendita (determina n.298 del 29.12.2008), nonchè avverso il diniego di concessione di suolo pubblico (nota prot. 272896 del 23.10.2008) e per il conseguente risarcimento dei danni, ebbe a ricorrere il sig. Petruzzelli dinanzi al Capo dello Stato che, con DPR del 3.9.2010 dichiarò inammissibile, perchè tardiva, l’impugnazione avverso il diniego di concessione di suolo pubblico; accolse il ricorso, annullando il diniego di autorizzazione alla vendita e dichiarò inammissibile la domanda risarcitoria, stante la natura esclusivamente impugnatoria del ricorso straordinario.
Si rivolge, pertanto, il sig. Petruzelli a questo Giudice per ottenere il ristoro dei danni patiti, essendo stata dichiarata inammissibile la relativa domanda in sede di tutela straordinaria.
La presente controversia, dunque, ha carattere strettamente strumentale ed accessorio rispetto alla tutela impugnatoria già concessa e si pone quale naturale prosecuzione della lite già definita con il DPR del 2009.
Così riepilogato l’antefatto processuale e fattuale da cui scaturisce l’odierna controversia, non può che giungersi al punto nodale della stessa, rappresentato, in estrema e doverosa sintesi, dalle difese del Comune che eccepisce essere, la domanda risarcitoria del ricorrente, fondata su di un erroneo presupposto, quello per il quale il sig. Petruzzelli, ove avesse ottenuto l’autorizzazione alla vendita, avrebbe potuto legittimamente avviare l’esercizio di vendita di giornali presso il chiosco in questione.
Tanto non sarebbe vero, in quanto egli non avrebbe potuto, comunque, esercitare l’attività di vendita a causa del diniego di concessione di suolo pubblico e del successivo e consequenziale ordine di demolizione : provvedimenti , questi, validi, efficaci ed inoppugnabili.
La difesa non convince.
Essa si fonda, infatti, sulla abbandonata tesi della pregiudizialità della tutela impugnatoria rispetto a quella risarcitoria.
Tesi, ormai, del tutto sconfessata dalla giurisprudenza (v. A.P. 3/2011).
Nè può ritenersi applicabile, al caso di specie, il termine decadenziale di cui all’art. 30 c.p.a, in quanto detto termine non risultava in vigore ratione temporis , nè risulta praticabile la via dell’estensione analogica di un termine decadenziale, termine per sua natura eccezionale e, quindi, sottoposto al rispetto di un canone di stretta interpretazione.
Sulla scorta di tali considerazioni, non può che rilevarsi che la inoppugnabilità del provvedimento di diniego di concessione di suolo pubblico assume carattere del tutto irrilevante e recessivo a fini risarcitori, dovendo essere la vicenda valutata nel suo complesso ed indipendentemente dalla dichiarazione di inammissibilità del ricorso straordinario avverso tale ultimo atto che ne ha determinato la sua inoppugnabilità .
Ed allora, se così è, per la valutazione degli elementi necessari per la concessione della tutela aquiliana non può che prendersi le mosse da quanto affermato nel già citato DPR che ha deciso la tutela impugnatoria, affermando che “Il ricorso risulta, invece, ammissibile e fondato nella parte in cui denuncia, a carico del diniego di autorizzazione del 29 dicembre 2008, i vizi (autonomi) di eccesso di potere per contraddittorietà dell’azione amministrativa, per disparità di trattamento e per manifesta ingiustizia.
Ed invero, risulta documentato in atti che la competente Ripartizione del Comune di Bari, dopo aver rilasciato, a suo tempo, all’originario titolare, sig. Francesco Caradonna, l’autorizzazione alla vendita di quotidiani e periodici sul suolo pubblico antistante il civico 90/A di via Giulio Petroni, ha assentito, a seguito di cessione dell’edicola, per ben due volte, il sub ingresso in favore degli acquirenti, sul solo presupposto della autorizzazione esistente in capo al dante causa, senza richiedere la previa voltura della concessione di suolo pubblico. E ciò anche nella vigenza dell’attuale Codice della strada.
In particolare, con provvedimento del 23 aprile 1999, detta autorizzazione è stata rilasciata al sig. Vincenzo Altini, acquirente dal sig. Caradonna, con la sola clausola di stile della necessità di integrazione, “ove previsto”, con l’atto di concessione di suolo pubblico.
Ugualmente, con provvedimento del 10 ottobre 2001, il Comune ha rilasciato l’autorizzazione in parola, con identica clausola di stile, al sig. Sabatino Bottalico, avente causa dal sig. Altini, ritenendo, con tutta evidenza, valido ed efficace il titolo rilasciato a quest’ultimo il 23 aprile 1999, senza ritenere necessaria alcuna verifica circa l’avvenuta voltura della concessione di suolo pubblico in capo allo stesso.
Un siffatto comportamento concludente, insieme con il rilievo che nessun provvedimento di annullamento delle precedenti autorizzazioni o di irrogazione di sanzioni per occupazione abusiva di suolo pubblico è mai intervenuto a carico dei precedenti titolari, dimostra che l’amministrazione comunale non aveva mai considerato decaduta la concessione di suolo pubblico originariamente rilasciata al sig. Caradonna, ritenendo, evidentemente, applicabile, nella specie, la norma transitoria di cui all’art. 234 del Codice della strada, che consentiva, in attesa degli adeguamenti della disciplina, conseguenti alle disposizioni dell’articolo 20 (mai adottati dal Comune di Bari), il permanere delle occupazioni e delle installazioni esistenti alla data di entrata in vigore del Codice stesso, ancorchè non conformi al disposto dell’art. 20 del Codice della strada.
5. Alla luce di quanto sopra, appare, dunque, del tutto immotivato e fonte di ingiustizia il comportamento del Comune, che, dopo aver determinato, attraverso un univoco perdurante atteggiamento, il legittimo affidamento dell’ultimo cessionario (attuale ricorrente) al conseguimento dell’autorizzazione sul presupposto dell’esistenza di un valido titolo in capo ai danti causa succedutisi nel tempo, gli ha negato l’autorizzazione stessa (inibendogli di far valere un titolo abilitante anche per l’apertura di un punto vendita diversamente localizzato, per il quale lo stesso si era dichiarato disponibile), esigendo da quest’ultimo la dimostrazione dell’avvenuto rilascio, a suo nome, di una concessione di suolo pubblico, mai richiesta in occasione dei precedenti sub-ingressi.”
Il richiamo all’applicabilità dell’art. 234 del CdS, per consentire l’occupazione del suolo pubblico in via derogatoria, lascia chiaramente intendere che anche il provvedimento di diniego di concessione di suolo pubblico risultava illegittimo.
Solo un ulteriore cenno merita l’elemento soggettivo della condotta antigiuridica posta in essere dal Comune, risultando gli estremi dell’illecito aquiliano di tutta evidenza, tanto da non meritare che ci si soffermi oltre.
Orbene, in tema di elemento soggettivo, esso emerge dal pregresso comportamento univoco del Comune, improvvisamente ed immotivatamente modificato, in occasione dell’istanza del ricorrente, tanto da essere definito, in sede di tutela straordinaria, ingiustificatamente discriminatorio.
Con il che si viene all’ulteriore aspetto decisivo della controversia rappresentato dalla quantificazione del danno.
Chiede il ricorrente, in primo luogo, il ristoro del danno patrimoniale nella forma del:
– danno emergente (spese vive sostenute per l’acquisto, rivelatosi inutile, dell’edicola);
– lucro cessante (pari a due annualità di attività quantificate in complessivi euro 51.000,00, sulla scorta della redditività media delle precedenti annualità )
– danno da perdita di chanche, in quanto, laddove fossero stati rilasciati i richiesti provvedimenti di concessione di suolo pubblico e autorizzazione alla vendita, il ricorrente avrebbe avuto possibilità quasi certa di ottenere lo spostamento dell’edicola in altro luogo (quantificato in cifra pari al 50% del danno patrimonilale già richiesto).
La richiesta è accoglibile, ma in misura più ridotta.
E’ certamente provata e circostanziata la voce di danno emergente richiesta, pari alle spese di acquisto, comprensive del prezzo pagato, di quelle notarili e di registrazione etc.
A tale titolo si liquidano Euro 31.500, a titolo di prezzo; Euro 2000,00 a titolo di spese notarili; Euro 569,00 per imposta di registrazione ; euro 490,00 per acquisto software.
Il ricorrente chiede, poi per lucro cessante il corrispettivo medio di due annualità , quantificandolo in circa Euro 25.000,00 per anno.
La richiesta va accolta solo in parte.
Emerge, infatti dalla dichiarazione dei redditi del ricorrente per l’anno 2008 (unico anno di esercizio dell’attività ) che il reddito di impresa (che deve presumersi essere quello per l’esercizio dell’attività di vendita dei giornali) sia stato pari ad euro 9.020,00.
Tale dato va acquisito come parametro medio di redditività dell’attività gestita dal ricorrente.
Pertanto, per le due annualità richieste si liquidano complessivamente, a titolo di lucro cessante euro 18.000,00.
Il danno da perdita di chance viene poi liquidato equitativamente e forfettariamente in somma pari al 50% di quanto sin qui complessivamente riconosciuto.
Quanto al richiesto danno non patrimoniale, per lesione di interessi di rango costituzionale quali – in primo luogo- il diritto allo svolgimento di attività lavorativa, ritiene il Collegio che la liquidazione non possa che avvenire equitativamente, secondo il prudente apprezzamento reso in questa sede.
Esso viene quantificato in euro 15.000,00 ovverosia in misura più ridotta a quanto richiesto.
Sulla cifra così liquidata andranno calcolati gli accessori.
Per il danno patrimoniale, trattandosi in realtà di debito di valuta, spettano solo gli interessi.
Per il danno non patrimoniale, qualificabile, invece, come debito di valore, gli accessori riconosciuti sono rappresentati da interessi e rivalutazione, come per legge.
Il tutto, in entrambi i casi, dal 29.12.2008 (data di consumazione dell’illecito) fino al soddisfo.
Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie in parte, per come precisato in parte motiva.
Condanna il Comune di Bari al pagamento, in favore del ricorrente Giuseppe Petruzzelli, delle spese processuali che liquida in euro 2.500,00 omnicomprensivi per diritti ed onorari, oltre IVA, CAP, spese generali e rifusione del contributo unificato.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 17 ottobre 2013 con l’intervento dei magistrati:
Sabato Guadagno, Presidente
Desirèe Zonno, Primo Referendario, Estensore
Oscar Marongiu, Referendario
L’ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 11/12/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)